XXXII domenica T.O. Anno C
Vangelo Mc 12, 38-44
In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Commento 6 novembre 2022
Con l’avvicinarsi della conclusione dell’anno liturgico la Chiesa ci invita a riflettere circa le “realtà ultime” del mondo nel suo insieme e di ciascuna persona in particolare; oggi, in particolare puntiamo lo sguardo oltre la nostra morte. Il tema della morte è sempre stato particolarmente sentito dall’uomo: di fronte a questa ci sentiamo indifesi, spauriti; essa si presenta a noi come un nemico, che apre un baratro oscuro e misterioso di fronte alla nostra vita, ma la nostra fede ci spinge verso questo futuro con coraggio e speranza. Se è vero che nella nostra professione di fede proclamiamo: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”, nei momenti più cupi e difficili nella nostra vita torna a riproporsi lancinante nei nostri cuori quella domanda sempre presente: cosa c’è dopo la morte? Cosa è la resurrezione e la vita eterna?
Anche nella rivelazione biblica l’idea della resurrezione è entrata tardivamente, tanto che i Sadducei, che ritenevano ispirati solo i libri del Pentateuco, non credevano in essa e l’unica eternità in cui speravano era la sopravvivenza del patrimonio genetico della famiglia, tanto che ciò che mi colpisce nel racconto dei sadducei, parodia di una realtà improponibile, la donna veniva ridotta ad oggetto, dovendo passare di fratello in fratello per cercare di dare una discendenza al primo marito (legge del levirato Dt 25,5-6).
Persino i Farisei che alla resurrezione credevano, avevano di questa un’idea sbagliata: pensavano, infatti, ad una resurrezione dei soli giusti in un ritorno ad una vita simile a quella di questo mondo.
Qualche alunno continua ancora a chiedermi quando affronto questo tema: ma quando saremo risorti che faremo? Così mi chiedo ancora oggi quanti cristiani pensano alla resurrezione come a qualcosa di più simile alla reincarnazione di matrice induista piuttosto che ad un prolungamento della nostra esistenza nel mondo di Dio!
Il racconto della donna sette volte vedova e senza discendenza diventa una caricatura della fede nella resurrezione e può esserlo anche nel nostro mondo cristiano perché è davvero difficile credere nella vita eterna, probabilmente perché la immaginiamo come durata infinita ed indefinita della nostra stessa vita biologica, anziché immaginarla e comprenderla come una vita vissuta in intensità e profondità, come illimitata scoperta di cosa significhi amare con il cuore stesso di Dio.
Ora in quella storiella proposta dai Sadducei ciò che mi lascia perplesso è che, pur parlando di matrimoni, non trovo neppure l’ombra dell’amore o di un sentimento simile: qui la vita della donna e dei fratelli è solo strumento, oggetto per raggiungere i propri scopi. Gesù non ci sta perché se Dio è amore nella questione dei sadducei Dio non c’entra!
Così risponde aprendo lo sguardo verso orizzonti nuovi dove l’unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando tutto il resto finisce, è l’amore (1 Cor 13,8). Gesù annuncia che nel mondo di Dio non finiranno gli affetti, anzi al contrario questi saranno esaltati al punto che il nostro cuore potrà aprirsi verso infiniti rapporti d’amore, perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore ed amare è la pienezza della vita dell’uomo e di Dio. In questo modo la vita in questo mondo dal nostro concepimento alla nostra morte fisica diventa preparazione alla vita eterna, che si può già pregustare qui ed ora, se sapremo vivere nell’amore come unico vero senso della vita.
Dopo la lunga gestazione in questa vita per imparare ad amare, nel nostro “dies natalis” (“giorno natale” così era chiamato il momento della morte) potremo entrare nella vita di Dio e ci sarà concesso di amare con il cuore stesso di Dio.
La conclusione di Gesù apre ad una nuova riflessione: il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; in quella preposizione semplice “di” ripetuta per ben 5 volte ritrovo il segreto dell’eternità. Quelle due lettere contengono la forza di un legame indissolubile e reciproco tra Dio e l’uomo, ogni uomo. Tutti siamo di Dio: da sempre e per sempre viventi e coinvolti nell’immenso abbraccio del Suo amore gratuito. Allora capisco che la vita eterna altro non è che la comunione con Cristo grazie allo Spirito Santo in noi. Per Cristo, con Cristo e in Cristo possiamo sperimentare qui ed ora sia la tenerezza della misericordia del Padre, che ci accompagna fedelmente in ogni momento della nostra vita, sia la forza indistruttibile di ogni relazione d’amore, che avremo saputo costruire. La promessa di Dio è di rendere eterne, cioè pienamente realizzate e capaci di superare la morte, quelle relazioni d’amore che oggi vivo; ancora di più Dio garantisce che potremo vivere questo tipo di relazione con ogni uomo e donna!
Il mio Dio è quel Dio lì, il Dio di Gesù, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il mio Dio si definisce, si rende presente nell’amore che ha per me, per ciascuno di noi. Questo Dio di donne e di uomini vive solo se io e te vivremo, per sempre, con Lui!
Anche nella rivelazione biblica l’idea della resurrezione è entrata tardivamente, tanto che i Sadducei, che ritenevano ispirati solo i libri del Pentateuco, non credevano in essa e l’unica eternità in cui speravano era la sopravvivenza del patrimonio genetico della famiglia, tanto che ciò che mi colpisce nel racconto dei sadducei, parodia di una realtà improponibile, la donna veniva ridotta ad oggetto, dovendo passare di fratello in fratello per cercare di dare una discendenza al primo marito (legge del levirato Dt 25,5-6).
Persino i Farisei che alla resurrezione credevano, avevano di questa un’idea sbagliata: pensavano, infatti, ad una resurrezione dei soli giusti in un ritorno ad una vita simile a quella di questo mondo.
Qualche alunno continua ancora a chiedermi quando affronto questo tema: ma quando saremo risorti che faremo? Così mi chiedo ancora oggi quanti cristiani pensano alla resurrezione come a qualcosa di più simile alla reincarnazione di matrice induista piuttosto che ad un prolungamento della nostra esistenza nel mondo di Dio!
Il racconto della donna sette volte vedova e senza discendenza diventa una caricatura della fede nella resurrezione e può esserlo anche nel nostro mondo cristiano perché è davvero difficile credere nella vita eterna, probabilmente perché la immaginiamo come durata infinita ed indefinita della nostra stessa vita biologica, anziché immaginarla e comprenderla come una vita vissuta in intensità e profondità, come illimitata scoperta di cosa significhi amare con il cuore stesso di Dio.
Ora in quella storiella proposta dai Sadducei ciò che mi lascia perplesso è che, pur parlando di matrimoni, non trovo neppure l’ombra dell’amore o di un sentimento simile: qui la vita della donna e dei fratelli è solo strumento, oggetto per raggiungere i propri scopi. Gesù non ci sta perché se Dio è amore nella questione dei sadducei Dio non c’entra!
Così risponde aprendo lo sguardo verso orizzonti nuovi dove l’unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando tutto il resto finisce, è l’amore (1 Cor 13,8). Gesù annuncia che nel mondo di Dio non finiranno gli affetti, anzi al contrario questi saranno esaltati al punto che il nostro cuore potrà aprirsi verso infiniti rapporti d’amore, perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore ed amare è la pienezza della vita dell’uomo e di Dio. In questo modo la vita in questo mondo dal nostro concepimento alla nostra morte fisica diventa preparazione alla vita eterna, che si può già pregustare qui ed ora, se sapremo vivere nell’amore come unico vero senso della vita.
Dopo la lunga gestazione in questa vita per imparare ad amare, nel nostro “dies natalis” (“giorno natale” così era chiamato il momento della morte) potremo entrare nella vita di Dio e ci sarà concesso di amare con il cuore stesso di Dio.
La conclusione di Gesù apre ad una nuova riflessione: il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; in quella preposizione semplice “di” ripetuta per ben 5 volte ritrovo il segreto dell’eternità. Quelle due lettere contengono la forza di un legame indissolubile e reciproco tra Dio e l’uomo, ogni uomo. Tutti siamo di Dio: da sempre e per sempre viventi e coinvolti nell’immenso abbraccio del Suo amore gratuito. Allora capisco che la vita eterna altro non è che la comunione con Cristo grazie allo Spirito Santo in noi. Per Cristo, con Cristo e in Cristo possiamo sperimentare qui ed ora sia la tenerezza della misericordia del Padre, che ci accompagna fedelmente in ogni momento della nostra vita, sia la forza indistruttibile di ogni relazione d’amore, che avremo saputo costruire. La promessa di Dio è di rendere eterne, cioè pienamente realizzate e capaci di superare la morte, quelle relazioni d’amore che oggi vivo; ancora di più Dio garantisce che potremo vivere questo tipo di relazione con ogni uomo e donna!
Il mio Dio è quel Dio lì, il Dio di Gesù, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il mio Dio si definisce, si rende presente nell’amore che ha per me, per ciascuno di noi. Questo Dio di donne e di uomini vive solo se io e te vivremo, per sempre, con Lui!
Commento 10 novembre 2019
Le ultime domeniche dell’anno liturgico invitano a considerare le “realtà ultime” del mondo nel suo insieme e di ciascuna persona in particolare; oggi puntiamo lo sguardo oltre la nostra morte. Il tema della morte è sempre stato particolarmente sentito dall’uomo: di fronte a questa ci sentiamo indifesi, spauriti. La morte si presenta a noi come un nemico, che apre un baratro oscuro e misterioso di fronte alla nostra vita. La nostra fede ci spinge verso questo futuro, diciamo infatti nel Credo: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”, ma la domanda rimane presente e lancinante nel nostro cuore: cosa c’è dopo la morte? Cosa è la resurrezione e la vita eterna?
Anche nella Bibbia l’idea della resurrezione è entrata tardivamente, tanto che i Sadducei, che ritenevano ispirati solo i libri del Pentateuco, non credevano in essa e l’unica eternità in cui speravano era la sopravvivenza del patrimonio genetico della famiglia; in questo modo la donna era ridotta ad oggetto, dovendo passare di fratello in fratello per cercare di dare una discendenza al primo marito (legge del levirato Dt 25,5-6). Persino i Farisei che vi credevano avevano della resurrezione un’idea sbagliata: pensavano ad una resurrezione dei soli giusti in un ritorno ad una vita simile a quella di questo mondo.
Venendo a noi, mi chiedo ancora oggi quanti cristiani pensano alla resurrezione come a qualcosa di più simile alla reincarnazione di matrice induista piuttosto che ad un prolungamento della nostra esistenza nel mondo di Dio!
Il racconto della donna sette volte vedova e senza discendenza può diventare così una caricatura della fede nella resurrezione anche nel nostro mondo cristiano perché è davvero difficile credere nella vita eterna, probabilmente perché la immaginiamo come durata indefinita, anziché come una vita vissuta in intensità e profondità come infinita scoperta di cosa significhi amare con il cuore stesso di Dio.
Ciò che mi colpisce è che nel racconto dei sadducei, pur parlando di matrimoni, non trovo neppure l’ombra dell’amore: qui la vita della donna e dei fratelli è solo strumento, oggetto per raggiungere i propri scopi.
Gesù non ci sta perché se Dio è amore nella questione dei sadducei Dio non c’entra ed allora Gesù risponde aprendo lo sguardo verso orizzonti nuovi dove l’unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando non rimane più nulla, è l’amore (1 Cor 13,8). Gesù annuncia che nel mondo di Dio non finiranno gli affetti, anzi al contrario questi saranno esaltati al punto che il nostro cuore potrà aprirsi verso infiniti rapporti d’amore, perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore ed amare è la pienezza della vita dell’uomo e di Dio.
La vita in questo mondo dal nostro concepimento alla nostra morte fisica diventa preparazione alla vita eterna, che si può già pregustare qui ed ora, se sapremo vivere nell’amore come unico vero senso della vita. Così nel nostro “dies natalis” (“giorno natale” così era chiamato il momento della morte), dopo la lunga gestazione in questa vita per imparare ad amare, potremo entrare nella vita di Dio e ci sarà concesso di amare con il cuore stesso di Dio.
La conclusione di Gesù apre ad una nuova riflessione: il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; in quella preposizione semplice “di” ripetuta per ben 5 volte ritrovo il segreto dell’eternità. Quelle due lettere contengono la forza di un legame indissolubile e reciproco tra Dio e l’uomo, ogni uomo. Tutti siamo di Dio: da sempre e per sempre viventi e coinvolti nell’immenso abbraccio del Suo amore gratuito. Allora capisco che la vita eterna altro non è che la comunione con Cristo grazie allo Spirito Santo in noi. Per Cristo, con Cristo e in Cristo possiamo sperimentare qui ed ora sia la tenerezza della misericordia del Padre, che ci accompagna fedelmente in ogni momento della nostra vita, sia la forza indistruttibile di ogni relazione d’amore, che avremo saputo costruire. La promessa di Dio è di rendere eterne, cioè pienamente realizzate e capaci di superare la morte, quelle relazioni d’amore che oggi vivo; ancora di più Dio garantisce che potremo vivere questo tipo di relazione con ogni uomo e donna!
Il mio Dio è quel Dio lì, il Dio di Gesù, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il mio Dio si definisce, si rende presente nell’amore che ha per me, per ciascuno di noi. Questo Dio di donne e di uomini vive solo se io e te vivremo, per sempre, con Lui!
Anche nella Bibbia l’idea della resurrezione è entrata tardivamente, tanto che i Sadducei, che ritenevano ispirati solo i libri del Pentateuco, non credevano in essa e l’unica eternità in cui speravano era la sopravvivenza del patrimonio genetico della famiglia; in questo modo la donna era ridotta ad oggetto, dovendo passare di fratello in fratello per cercare di dare una discendenza al primo marito (legge del levirato Dt 25,5-6). Persino i Farisei che vi credevano avevano della resurrezione un’idea sbagliata: pensavano ad una resurrezione dei soli giusti in un ritorno ad una vita simile a quella di questo mondo.
Venendo a noi, mi chiedo ancora oggi quanti cristiani pensano alla resurrezione come a qualcosa di più simile alla reincarnazione di matrice induista piuttosto che ad un prolungamento della nostra esistenza nel mondo di Dio!
Il racconto della donna sette volte vedova e senza discendenza può diventare così una caricatura della fede nella resurrezione anche nel nostro mondo cristiano perché è davvero difficile credere nella vita eterna, probabilmente perché la immaginiamo come durata indefinita, anziché come una vita vissuta in intensità e profondità come infinita scoperta di cosa significhi amare con il cuore stesso di Dio.
Ciò che mi colpisce è che nel racconto dei sadducei, pur parlando di matrimoni, non trovo neppure l’ombra dell’amore: qui la vita della donna e dei fratelli è solo strumento, oggetto per raggiungere i propri scopi.
Gesù non ci sta perché se Dio è amore nella questione dei sadducei Dio non c’entra ed allora Gesù risponde aprendo lo sguardo verso orizzonti nuovi dove l’unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando non rimane più nulla, è l’amore (1 Cor 13,8). Gesù annuncia che nel mondo di Dio non finiranno gli affetti, anzi al contrario questi saranno esaltati al punto che il nostro cuore potrà aprirsi verso infiniti rapporti d’amore, perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore ed amare è la pienezza della vita dell’uomo e di Dio.
La vita in questo mondo dal nostro concepimento alla nostra morte fisica diventa preparazione alla vita eterna, che si può già pregustare qui ed ora, se sapremo vivere nell’amore come unico vero senso della vita. Così nel nostro “dies natalis” (“giorno natale” così era chiamato il momento della morte), dopo la lunga gestazione in questa vita per imparare ad amare, potremo entrare nella vita di Dio e ci sarà concesso di amare con il cuore stesso di Dio.
La conclusione di Gesù apre ad una nuova riflessione: il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; in quella preposizione semplice “di” ripetuta per ben 5 volte ritrovo il segreto dell’eternità. Quelle due lettere contengono la forza di un legame indissolubile e reciproco tra Dio e l’uomo, ogni uomo. Tutti siamo di Dio: da sempre e per sempre viventi e coinvolti nell’immenso abbraccio del Suo amore gratuito. Allora capisco che la vita eterna altro non è che la comunione con Cristo grazie allo Spirito Santo in noi. Per Cristo, con Cristo e in Cristo possiamo sperimentare qui ed ora sia la tenerezza della misericordia del Padre, che ci accompagna fedelmente in ogni momento della nostra vita, sia la forza indistruttibile di ogni relazione d’amore, che avremo saputo costruire. La promessa di Dio è di rendere eterne, cioè pienamente realizzate e capaci di superare la morte, quelle relazioni d’amore che oggi vivo; ancora di più Dio garantisce che potremo vivere questo tipo di relazione con ogni uomo e donna!
Il mio Dio è quel Dio lì, il Dio di Gesù, di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il mio Dio si definisce, si rende presente nell’amore che ha per me, per ciascuno di noi. Questo Dio di donne e di uomini vive solo se io e te vivremo, per sempre, con Lui!
Commento 6 novembre 2016
La domanda dei Sadducei a Gesù ne nasconde un’altra di stampo religioso/politico: ma tu, Gesù, da che parte stai? Sei del partito dei Sadducei, partito tradizionalista e conservatore che si fermava alla forma letterale della Torah ed era abbastanza incline ad adattarsi al potere romano? Oppure appartieni al gruppo dei Farisei più liberal con il loro tentativo di attualizzare la Scrittura alle situazioni della vita quotidiana ed attento al mantenimento della purezza del popolo e quindi tendenzialmente contrario al governo romano?
Il tema proposto era infatti la questione più grande che si era creata tra questi gruppi: mentre i Sadducei negavano la resurrezione per trovare il premio finale di una vita fedele nella generazione dei figli come realizzazione della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo, i Farisei vivevano nella speranza che al termine della vita terrena ci fosse un premio o un castigo eterno a seconda della fedeltà dimostrata da ognuno alla Legge.
Ecco la situazione di questi fratelli che non riescono a dare una discendenza al loro
fratello maggiore (era questo un obbligo prescritto dalla Torah: legge del Levirato) che porta a quella domanda finale capziosa: alla fine dei tempi cosa accadrà, di chi sarà moglie questa donna che non ha generato figli?
La risposta di Gesù è duplice: in primo luogo afferma che in paradiso saremo così immersi nell’infinita tenerezza di Dio che i rapporti umani che avremo vissuto qui sulla terra saranno completamente rinnovati ed assumeranno un senso diverso, dove la comunione di amore moltiplicherà quell’amore che ci avrà unito in questo mondo. Attenzione ciò non vuole dire che i rapporti interpersonali che vivo oggi non abbiano valore, tutt’altro: è attraverso l’amore che oggi vivo con mia moglie ed i miei figli che realizzo quella comunione che più pienamente vivrò nel Regno di Dio; così come nella condivisione del cammino con tanti fratelli trovo la forza per essere fedele a quel progetto eternamente pensato da Dio per me e tutte le esperienze vissute troveranno alla fine un senso quando vedrò nel verso giusto il ricamo di Dio sulla mia vita.
In secondo luogo, Gesù approfitta della domanda per affermare che il Dio di Gesù Cristo non è il dio dei morti ma il Dio dei Viventi: se Dio è Amore allora è il Dio della Vita, perché ne rappresenta non solo la fine, ma il fine ed il senso: vivere per Dio significa vivere per l’amore e la vita.
Il tema proposto era infatti la questione più grande che si era creata tra questi gruppi: mentre i Sadducei negavano la resurrezione per trovare il premio finale di una vita fedele nella generazione dei figli come realizzazione della promessa che Dio aveva fatto ad Abramo, i Farisei vivevano nella speranza che al termine della vita terrena ci fosse un premio o un castigo eterno a seconda della fedeltà dimostrata da ognuno alla Legge.
Ecco la situazione di questi fratelli che non riescono a dare una discendenza al loro
fratello maggiore (era questo un obbligo prescritto dalla Torah: legge del Levirato) che porta a quella domanda finale capziosa: alla fine dei tempi cosa accadrà, di chi sarà moglie questa donna che non ha generato figli?
La risposta di Gesù è duplice: in primo luogo afferma che in paradiso saremo così immersi nell’infinita tenerezza di Dio che i rapporti umani che avremo vissuto qui sulla terra saranno completamente rinnovati ed assumeranno un senso diverso, dove la comunione di amore moltiplicherà quell’amore che ci avrà unito in questo mondo. Attenzione ciò non vuole dire che i rapporti interpersonali che vivo oggi non abbiano valore, tutt’altro: è attraverso l’amore che oggi vivo con mia moglie ed i miei figli che realizzo quella comunione che più pienamente vivrò nel Regno di Dio; così come nella condivisione del cammino con tanti fratelli trovo la forza per essere fedele a quel progetto eternamente pensato da Dio per me e tutte le esperienze vissute troveranno alla fine un senso quando vedrò nel verso giusto il ricamo di Dio sulla mia vita.
In secondo luogo, Gesù approfitta della domanda per affermare che il Dio di Gesù Cristo non è il dio dei morti ma il Dio dei Viventi: se Dio è Amore allora è il Dio della Vita, perché ne rappresenta non solo la fine, ma il fine ed il senso: vivere per Dio significa vivere per l’amore e la vita.