III Domenica T.O.
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Vangelo Lc 1,1-4; 4,14-21
Dal vangelo secondo Luca Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l’unzione / e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,/ a proclamare ai prigionieri la liberazione / e ai ciechi la vista; / a rimettere in libertà gli oppressi / e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». |
Commento 23 gennaio 2022
Il brano evangelico di oggi ci propone due distinti testi del vangelo secondo Luca: l’introduzione al suo vangelo e la prima uscita pubblica di Gesù alla sinagoga di Nazareth; sono due inizi che ci aiutano ad entrare in questo tempo liturgico della Chiesa che da oggi appunto comincia. In questa terza domenica del tempo ordinario che Francesco ha voluto fosse dedicata alla Parola di Dio il “prologo” del vangelo di Luca assume un ruolo importante perché in questi primi 4 versetti l’evangelista ci presenta i destinatari, la storia della composizione, il motivo per il quale ad un certo punto nella comunità cristiana si sia sentita l’esigenza di scrivere i vangeli, ma anche e soprattutto lo scopo che hanno spinto l’evangelista a scrivere questo testo.
Luca scrive il vangelo per Teofilo, un cristiano benestante della comunità di Filippi che lo aveva aiutato economicamente negli anni della composizione del vangelo, ma il cui nome, “colui che è amico di Dio”, assume una simbologia significativa; Luca così rivolge questo suo libro a tutti coloro che si sentono ed intendono essere “amici di Dio”. Se la Parola di Dio è la parola che Dio rivolge all’uomo, ad ogni donna e uomo di questo mondo come ad un amico, saranno proprio gli amici di Dio ad accoglierla nel loro cuore per custodirla e meditarla.
Luca afferma di non essere il primo a scrivere di Gesù: era già molto noto il vangelo scritto da Marco, che riprendeva la testimonianza di Pietro, ma probabilmente vi erano anche altri testi che non sono giunti fino a noi. Luca afferma in modo molto forte che ciò di cui andrà a scrivere non sono racconti mitici, ma fatti storici, di cui, è vero, lui personalmente non fu testimone ma che gli furono “trasmessi (da) coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio”; anche Luca, come noi, ha accolto nella fede il messaggio di Gesù trasmessogli da altri, che non si sono mai considerati i depositari, i padroni di una verità, ma che “fin da principio … divennero ministri, (servi), della Parola”
Luca conclude con lo scopo del suo scrivere: i vangeli non sono la cronaca, la biografia di Gesù, ma una testimonianza che vuole rafforzare la fede, illuminare la speranza, incoraggiare la carità; così anche Luca, il cui procedimento appare molto vicino a quello di uno storico, vuole presentare la storia di Gesù con l’obiettivo di rafforzare in Teofilo e in tutti noi l’adesione al Vangelo poiché questa è fondata sulla roccia solida della Parola di Dio. Le verità di fede non sono dimostrabili, non ci sono prove inoppugnabili, tuttavia la fede non è la scelta ingenua di persone ignoranti disposte ad accettare acriticamente tutto quello che gli viene detto. La fede non spegne il cervello e l’adesione a Cristo non è creduloneria, Luca vuole esporre tutte quelle buone ragioni che ci spingono a credere per giungere ad una fede matura e ci invita così a mettere al centro della nostra vita non le tante belle parole che il mondo urla alle nostre orecchie, ma quella sola Parola di vita, che Dio dall’eternità sussurra al nostro cuore.
Rispetto agli altri sinottici che pongono il viaggio di Gesù a Nazareth all’incirca a metà del suo ministero pubblico, Luca anticipa questo episodio all’inizio e fa di questo discorso l’esposizione programmatica di Gesù della sua missione presentata come il compimento della profezia di Is 61.
In questa domenica dedicata alla Parola come i nazareni in quel sabato alla sinagoga, guardiamo fissi Gesù perché i suoi gesti diventano per noi significativi: egli apre il rotolo del profeta, lo riavvolge, si siede.
Aprì il rotolo del profeta: quel gesto ci dice come solo attraverso la figura di Gesù riusciamo a cogliere il reale significato dell’Antico Testamento; senza Gesù questo libro rimane chiuso, incomprensibile, non ha la sua conclusione, il suo senso pieno.
Letto il passo del profeta, Gesù riavvolse il rotolo: Luca intende esprimere come giungendo Gesù, parola definitiva di Dio per l’uomo, l’Antico Testamento abbia compiuto, concluso la sua missione che tendeva appunto a preparare un popolo fedele per accogliere il Messia.
Infine Gesù si siede nella posizione tipica del maestro che insegna, invitando così tutti noi a porre ascolto alle sue parole; ora possiamo fissare il nostro sguardo solo su colui nel quale ci è rivelato il volto misericordioso di Dio che ci corre incontro per stringerci in un abbraccio eterno.
La conclusione è su quella prima parola che Gesù pronuncia nella sua vita pubblica e che ritornerà ultima e definitiva sulla croce: oggi!
Gesù annuncia il compimento di quanto profetizzato da Isaia, perché il nostro Dio non è il Dio di ieri, un passato di cui avere nostalgia, non è nemmeno il Dio di domani, un futuro paradisiaco che ci è promesso, ma è il Dio dell’oggi, eternamente presente, che incessantemente cerca l’umanità per rivolgerle il suo infinito amore. Questo è anche il nostro “oggi” nel quale siamo chiamati a riconoscere i segni di questo amore, è l’oggi di ogni tempo in cui si realizza la promessa della salvezza da sempre preparata per ogni donna e uomo: “oggi sarai con me in paradiso!” (Lc 23,43)
Questo oggi è segnato innanzitutto dall’annuncio della lieta notizia ai poveri dell’amore gratuito di Dio; è segnato dalla liberazione di tutti noi, prigionieri, perché Gesù è venuto per sciogliere quei legacci che impediscono di realizzare la propria vita; è segnato dal ritorno alla vista e potremo vedere di fronte a noi l’uomo e la donna come un fratello e una sorella perché Gesù è venuto per aprirci gli occhi e farci vedere ciò che davvero conta nella vita; è segnato dall’annuncio di un anno di grazia, la grazia di essere finalmente avvolti dall’amore tenerissimo ed infinito di Dio per ciascuno di noi!
Luca scrive il vangelo per Teofilo, un cristiano benestante della comunità di Filippi che lo aveva aiutato economicamente negli anni della composizione del vangelo, ma il cui nome, “colui che è amico di Dio”, assume una simbologia significativa; Luca così rivolge questo suo libro a tutti coloro che si sentono ed intendono essere “amici di Dio”. Se la Parola di Dio è la parola che Dio rivolge all’uomo, ad ogni donna e uomo di questo mondo come ad un amico, saranno proprio gli amici di Dio ad accoglierla nel loro cuore per custodirla e meditarla.
Luca afferma di non essere il primo a scrivere di Gesù: era già molto noto il vangelo scritto da Marco, che riprendeva la testimonianza di Pietro, ma probabilmente vi erano anche altri testi che non sono giunti fino a noi. Luca afferma in modo molto forte che ciò di cui andrà a scrivere non sono racconti mitici, ma fatti storici, di cui, è vero, lui personalmente non fu testimone ma che gli furono “trasmessi (da) coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio”; anche Luca, come noi, ha accolto nella fede il messaggio di Gesù trasmessogli da altri, che non si sono mai considerati i depositari, i padroni di una verità, ma che “fin da principio … divennero ministri, (servi), della Parola”
Luca conclude con lo scopo del suo scrivere: i vangeli non sono la cronaca, la biografia di Gesù, ma una testimonianza che vuole rafforzare la fede, illuminare la speranza, incoraggiare la carità; così anche Luca, il cui procedimento appare molto vicino a quello di uno storico, vuole presentare la storia di Gesù con l’obiettivo di rafforzare in Teofilo e in tutti noi l’adesione al Vangelo poiché questa è fondata sulla roccia solida della Parola di Dio. Le verità di fede non sono dimostrabili, non ci sono prove inoppugnabili, tuttavia la fede non è la scelta ingenua di persone ignoranti disposte ad accettare acriticamente tutto quello che gli viene detto. La fede non spegne il cervello e l’adesione a Cristo non è creduloneria, Luca vuole esporre tutte quelle buone ragioni che ci spingono a credere per giungere ad una fede matura e ci invita così a mettere al centro della nostra vita non le tante belle parole che il mondo urla alle nostre orecchie, ma quella sola Parola di vita, che Dio dall’eternità sussurra al nostro cuore.
Rispetto agli altri sinottici che pongono il viaggio di Gesù a Nazareth all’incirca a metà del suo ministero pubblico, Luca anticipa questo episodio all’inizio e fa di questo discorso l’esposizione programmatica di Gesù della sua missione presentata come il compimento della profezia di Is 61.
In questa domenica dedicata alla Parola come i nazareni in quel sabato alla sinagoga, guardiamo fissi Gesù perché i suoi gesti diventano per noi significativi: egli apre il rotolo del profeta, lo riavvolge, si siede.
Aprì il rotolo del profeta: quel gesto ci dice come solo attraverso la figura di Gesù riusciamo a cogliere il reale significato dell’Antico Testamento; senza Gesù questo libro rimane chiuso, incomprensibile, non ha la sua conclusione, il suo senso pieno.
Letto il passo del profeta, Gesù riavvolse il rotolo: Luca intende esprimere come giungendo Gesù, parola definitiva di Dio per l’uomo, l’Antico Testamento abbia compiuto, concluso la sua missione che tendeva appunto a preparare un popolo fedele per accogliere il Messia.
Infine Gesù si siede nella posizione tipica del maestro che insegna, invitando così tutti noi a porre ascolto alle sue parole; ora possiamo fissare il nostro sguardo solo su colui nel quale ci è rivelato il volto misericordioso di Dio che ci corre incontro per stringerci in un abbraccio eterno.
La conclusione è su quella prima parola che Gesù pronuncia nella sua vita pubblica e che ritornerà ultima e definitiva sulla croce: oggi!
Gesù annuncia il compimento di quanto profetizzato da Isaia, perché il nostro Dio non è il Dio di ieri, un passato di cui avere nostalgia, non è nemmeno il Dio di domani, un futuro paradisiaco che ci è promesso, ma è il Dio dell’oggi, eternamente presente, che incessantemente cerca l’umanità per rivolgerle il suo infinito amore. Questo è anche il nostro “oggi” nel quale siamo chiamati a riconoscere i segni di questo amore, è l’oggi di ogni tempo in cui si realizza la promessa della salvezza da sempre preparata per ogni donna e uomo: “oggi sarai con me in paradiso!” (Lc 23,43)
Questo oggi è segnato innanzitutto dall’annuncio della lieta notizia ai poveri dell’amore gratuito di Dio; è segnato dalla liberazione di tutti noi, prigionieri, perché Gesù è venuto per sciogliere quei legacci che impediscono di realizzare la propria vita; è segnato dal ritorno alla vista e potremo vedere di fronte a noi l’uomo e la donna come un fratello e una sorella perché Gesù è venuto per aprirci gli occhi e farci vedere ciò che davvero conta nella vita; è segnato dall’annuncio di un anno di grazia, la grazia di essere finalmente avvolti dall’amore tenerissimo ed infinito di Dio per ciascuno di noi!
Commento 27 gennaio 2019
La lettura di oggi si compone di due parti: il prologo del vangelo di Luca e l’inizio dell’attività pubblica di Gesù alla sinagoga di Nazareth.
Nel prologo Luca presenta l’obiettivo della sua composizione e dedica la sua opera a Teofilo, forse un nome fittizio oppure un cristiano benestante della comunità di Filippi che aveva aiutato Luca negli anni della composizione del vangelo. Certamente il suo nome è significativo volendo dire “colui che è amico di Dio”.
Ciò che ci dice Luca nel prologo risulta estremamente importante sia per una storia della composizione dei vangeli, sia per il motivo per il quale ad un certo punto nella comunità cristiana si sia sentita l’esigenza di scrivere i vangeli. Luca infatti afferma di non essere il primo a scrivere di Gesù, ma soprattutto che ciò di cui andrà a scrivere non sono racconti mitici, ma fatti storici anche se lui non ne fu testimone, poiché non ha mai conosciuto Gesù. Anche Luca, come noi, ha accolto nella fede il messaggio di Gesù trasmessogli da altri, da coloro che fin dall’inizio sono divenuti ministri, servi di questa Parola; dopodiché ha voluto presentare questa storia con l’obiettivo di rafforzare in Teofilo e in tutti noi l’adesione al Vangelo poiché questa è fondata su una roccia solida.
Le verità di fede non sono dimostrabili, non ci sono prove inoppugnabili, tuttavia la fede non è la scelta ingenua di persone ignoranti disposte ad accettare acriticamente tutto quello che gli viene detto. La fede non spegne il cervello, l’adesione a Cristo non è creduloneria, Luca vuole esporre tutte quelle buone ragioni che ci spingono a credere per giungere ad una fede matura.
Luca ci invita così a mettere al centro della nostra vita non tante belle parole, ma quella sola parola che dona la vita.
Rispetto agli altri sinottici che pongono il viaggio di Gesù a Nazareth all’incirca a metà del suo ministero pubblico, Luca anticipa questo episodio all’inizio e questo discorso diventa l’esposizione programmatica della sua missione presentata come il compimento della profezia di Isaia 61.
Luca sottolinea i gesti di Gesù: apre il rotolo del profeta, lo riavvolge, si siede mentre tutti gli occhi erano rivolti a lui.
Aprì il rotolo: è attraverso la figura di Gesù che riusciamo a cogliere il reale significato dell’Antico Testamento; senza Gesù questo libro rimane chiuso, incomprensibile, non ha la sua conclusione, il suo senso pieno.
Letto il passo del profeta, Gesù riavvolse il rotolo: così Luca intende esprimere come giungendo Gesù l’Antico Testamento ha compiuto la sua missione che tendeva appunto a preparare un popolo fedele ad accogliere il Messia.
Infine Gesù si siede nella posizione tipica del maestro che insegna, invitando così tutti noi a porre ascolto alle sue parole e a noi come i nazareni non ci rimane altro che fissare il nostro sguardo su colui solo nel quale ci è rivelato il volto misericordioso di Dio che ci corre incontro per stringerci in un abbraccio eterno.
Il commento di Gesù al brano di Isaia è l’annuncio del compimento di quanto atteso da ogni donna e uomo; Luca introduce quella parola che più volte riapparirà nel suo vangelo: oggi. Questo oggi è l’oggi di Dio che incessantemente cerca l’umanità per rivolgerle il suo infinito amore, è il nostro oggi nel quale siamo chiamati a riconoscere i segni di questo amore, è l’oggi di ogni tempo in cui si realizza la promessa della salvezza da sempre preparata per ogni donna e uomo: “oggi sarai con me in paradiso!” (Lc 23,43)
Questo oggi è segnato innanzitutto dall’annuncio della lieta notizia ai poveri, ovvero dall’annuncio della gratuità dell’amore di Dio. Questo oggi è segnato dalla liberazione dei prigionieri: qui viene usato un termine ebraico che indica il legaccio, ciò che impedisce di muoversi, Gesù è venuto per sciogliere quei legami che impediscono di realizzare la propria vita.
Questo oggi è segnato dal ritorno alla vista per vedere di fronte a noi l’uomo e la donna come un fratello e una sorella: Gesù ci dona una luce nuova, poiché se non c’è luce tutto si confonde, il falso può sembrare vero, il male bene; Gesù è venuto per aprirci gli occhi e farci vedere ciò che davvero conta nella vita, i veri valori.
Questo oggi è segnato dall'annuncio di un anno di grazia, la grazia di essere finalmente avvolti dall’amore tenerissimo ed infinito di Dio per ciascuno di noi!
Nel prologo Luca presenta l’obiettivo della sua composizione e dedica la sua opera a Teofilo, forse un nome fittizio oppure un cristiano benestante della comunità di Filippi che aveva aiutato Luca negli anni della composizione del vangelo. Certamente il suo nome è significativo volendo dire “colui che è amico di Dio”.
Ciò che ci dice Luca nel prologo risulta estremamente importante sia per una storia della composizione dei vangeli, sia per il motivo per il quale ad un certo punto nella comunità cristiana si sia sentita l’esigenza di scrivere i vangeli. Luca infatti afferma di non essere il primo a scrivere di Gesù, ma soprattutto che ciò di cui andrà a scrivere non sono racconti mitici, ma fatti storici anche se lui non ne fu testimone, poiché non ha mai conosciuto Gesù. Anche Luca, come noi, ha accolto nella fede il messaggio di Gesù trasmessogli da altri, da coloro che fin dall’inizio sono divenuti ministri, servi di questa Parola; dopodiché ha voluto presentare questa storia con l’obiettivo di rafforzare in Teofilo e in tutti noi l’adesione al Vangelo poiché questa è fondata su una roccia solida.
Le verità di fede non sono dimostrabili, non ci sono prove inoppugnabili, tuttavia la fede non è la scelta ingenua di persone ignoranti disposte ad accettare acriticamente tutto quello che gli viene detto. La fede non spegne il cervello, l’adesione a Cristo non è creduloneria, Luca vuole esporre tutte quelle buone ragioni che ci spingono a credere per giungere ad una fede matura.
Luca ci invita così a mettere al centro della nostra vita non tante belle parole, ma quella sola parola che dona la vita.
Rispetto agli altri sinottici che pongono il viaggio di Gesù a Nazareth all’incirca a metà del suo ministero pubblico, Luca anticipa questo episodio all’inizio e questo discorso diventa l’esposizione programmatica della sua missione presentata come il compimento della profezia di Isaia 61.
Luca sottolinea i gesti di Gesù: apre il rotolo del profeta, lo riavvolge, si siede mentre tutti gli occhi erano rivolti a lui.
Aprì il rotolo: è attraverso la figura di Gesù che riusciamo a cogliere il reale significato dell’Antico Testamento; senza Gesù questo libro rimane chiuso, incomprensibile, non ha la sua conclusione, il suo senso pieno.
Letto il passo del profeta, Gesù riavvolse il rotolo: così Luca intende esprimere come giungendo Gesù l’Antico Testamento ha compiuto la sua missione che tendeva appunto a preparare un popolo fedele ad accogliere il Messia.
Infine Gesù si siede nella posizione tipica del maestro che insegna, invitando così tutti noi a porre ascolto alle sue parole e a noi come i nazareni non ci rimane altro che fissare il nostro sguardo su colui solo nel quale ci è rivelato il volto misericordioso di Dio che ci corre incontro per stringerci in un abbraccio eterno.
Il commento di Gesù al brano di Isaia è l’annuncio del compimento di quanto atteso da ogni donna e uomo; Luca introduce quella parola che più volte riapparirà nel suo vangelo: oggi. Questo oggi è l’oggi di Dio che incessantemente cerca l’umanità per rivolgerle il suo infinito amore, è il nostro oggi nel quale siamo chiamati a riconoscere i segni di questo amore, è l’oggi di ogni tempo in cui si realizza la promessa della salvezza da sempre preparata per ogni donna e uomo: “oggi sarai con me in paradiso!” (Lc 23,43)
Questo oggi è segnato innanzitutto dall’annuncio della lieta notizia ai poveri, ovvero dall’annuncio della gratuità dell’amore di Dio. Questo oggi è segnato dalla liberazione dei prigionieri: qui viene usato un termine ebraico che indica il legaccio, ciò che impedisce di muoversi, Gesù è venuto per sciogliere quei legami che impediscono di realizzare la propria vita.
Questo oggi è segnato dal ritorno alla vista per vedere di fronte a noi l’uomo e la donna come un fratello e una sorella: Gesù ci dona una luce nuova, poiché se non c’è luce tutto si confonde, il falso può sembrare vero, il male bene; Gesù è venuto per aprirci gli occhi e farci vedere ciò che davvero conta nella vita, i veri valori.
Questo oggi è segnato dall'annuncio di un anno di grazia, la grazia di essere finalmente avvolti dall’amore tenerissimo ed infinito di Dio per ciascuno di noi!
Commento 24 gennaio 2016
Il brano di vangelo di Domenica è in realtà composto da due diverse serie di versetti: i primi sono l’introduzione del vangelo di Luca; gli altri rappresentano l’inizio dell’attività di predicazione di Gesù.
I primi versetti sono molto utili oggi per lo studio dei vangeli; ci dicono infatti come sia nato il Vangelo di Luca: egli, a seguito di quanti avevano già scritto si impegna nel raccontare “con ordine” facendo “accurate ricerche” tutto ciò che riguarda la vita di Gesù; ma attenzione i vangeli pur avendo un carattere storico, non vogliono essere dei libri di storia ma di teologia; essi hanno uno scopo più alto: fare in modo che tutti i Teofilo (ovvero coloro che amano Dio, o che sono amici di Dio) possano rendersi “conto della solidità degli insegnamenti” che hanno ricevuto. L’atteggiamento giusto con cui accostarci al vangelo sarà quindi quello di capire la vita di Gesù perché in essa ci si rivela l’amore di Dio nei nostri confronti.
Nella seconda parte del vangelo di Domenica Luca racconta la predicazione di Gesù a Nazareth, il paese nel quale era cresciuto. Dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni, i 40 giorni giorni passati nel deserto e le tentazioni, Gesù, una volta tornato a casa, si presenta alla sinagoga di sabato come era suo solito; tocca a lui leggere e commentare la Bibbia. Legge un brano tratto dal profeta Isaia nel quale si annuncia il grande giubileo, l’anno di grazia del Signore, che verrà proclamato dal Messia. L'istituzione del Giubileo era molto importante in Israele, tanto che molto probabilmente non fu mai celebrato. L'indicazione di Lv 25 era chiara: ogni sette anni doveva essere celebrato l'anno sabbatico per lasciare alla natura il suo riposo e dopo “sette settimane di anni” (49 anni), “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.” (Lv 25,10) Non solo quindi riposo per la natura, ma tutto sarebbe ricominciato da capo, tutto sarebbe dovuto ritornare indietro come 50 anni prima comprese le proprietà e le condizioni di libertà di chi a causa dei debiti o di guerre poteva cadere in uno stato di schiavitù. Il Giubileo fin dalle sue origini ha avuto quindi una valenza non solo spirituale, ma anche politica: è l’anno della liberazione non solo dal male spirituale, ma anche dalle strutture di male nelle quali il mondo appare avvolto, della remissione di tutti i peccati e del perdono, ma anche di tutti i debiti finanziari che troppe volte strangolano le parti più deboli delle popolazioni degli stati poveri. Mi pare importante perciò vivere questo giubileo della misericordia non solo come momento di conversione e di perdono dei peccati, ma anche come momento per una riflessione seria circa le strutture di peccato, che attanagliano la società di oggi, dove al dio denaro offriamo in sacrificio troppi uomini e donne.
Gesù si presenta di fronte come il Messia ed i suoi concittadini rimangono interdetti: ma come non è lui, il figlio di Giuseppe (questo probabilmente era l'indicazione del cognome), quello con cui siamo cresciuti, quello che veniva col padre per aggiustare le porte o i mobili delle nostre case? Non può essere il Messia, il figlio di Dio? Dio si presenta come uno di noi e questo ci può scandalizzare perché in fondo noi abbiamo bisogno di un Dio che sia Altro da noi, che stia fuori dal nostro mondo e ci risolva dall’alto i nostri problemi; invece Dio viene a disturbare la nostra tranquillità con la sua presenza esigente. Se Dio se ne fosse stato nel suo cielo saremmo tutti forse più contenti? Ma Dio nella sua sovrabbondanza d’amore ci è venuto incontro, ha voluto condividere la nostra vita e soprattutto lo ha fatto come uno di noi!!
Gesù non annuncia solo di essere il Messia, annuncia l’oggi eterno di Dio, annuncia l’oggi dell’anno della misericordia di Dio.
Luca, teologo della storia, utilizza spesso il vocabolo “oggi” per indicare il tempo dell’azione di Dio:
I primi versetti sono molto utili oggi per lo studio dei vangeli; ci dicono infatti come sia nato il Vangelo di Luca: egli, a seguito di quanti avevano già scritto si impegna nel raccontare “con ordine” facendo “accurate ricerche” tutto ciò che riguarda la vita di Gesù; ma attenzione i vangeli pur avendo un carattere storico, non vogliono essere dei libri di storia ma di teologia; essi hanno uno scopo più alto: fare in modo che tutti i Teofilo (ovvero coloro che amano Dio, o che sono amici di Dio) possano rendersi “conto della solidità degli insegnamenti” che hanno ricevuto. L’atteggiamento giusto con cui accostarci al vangelo sarà quindi quello di capire la vita di Gesù perché in essa ci si rivela l’amore di Dio nei nostri confronti.
Nella seconda parte del vangelo di Domenica Luca racconta la predicazione di Gesù a Nazareth, il paese nel quale era cresciuto. Dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni, i 40 giorni giorni passati nel deserto e le tentazioni, Gesù, una volta tornato a casa, si presenta alla sinagoga di sabato come era suo solito; tocca a lui leggere e commentare la Bibbia. Legge un brano tratto dal profeta Isaia nel quale si annuncia il grande giubileo, l’anno di grazia del Signore, che verrà proclamato dal Messia. L'istituzione del Giubileo era molto importante in Israele, tanto che molto probabilmente non fu mai celebrato. L'indicazione di Lv 25 era chiara: ogni sette anni doveva essere celebrato l'anno sabbatico per lasciare alla natura il suo riposo e dopo “sette settimane di anni” (49 anni), “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.” (Lv 25,10) Non solo quindi riposo per la natura, ma tutto sarebbe ricominciato da capo, tutto sarebbe dovuto ritornare indietro come 50 anni prima comprese le proprietà e le condizioni di libertà di chi a causa dei debiti o di guerre poteva cadere in uno stato di schiavitù. Il Giubileo fin dalle sue origini ha avuto quindi una valenza non solo spirituale, ma anche politica: è l’anno della liberazione non solo dal male spirituale, ma anche dalle strutture di male nelle quali il mondo appare avvolto, della remissione di tutti i peccati e del perdono, ma anche di tutti i debiti finanziari che troppe volte strangolano le parti più deboli delle popolazioni degli stati poveri. Mi pare importante perciò vivere questo giubileo della misericordia non solo come momento di conversione e di perdono dei peccati, ma anche come momento per una riflessione seria circa le strutture di peccato, che attanagliano la società di oggi, dove al dio denaro offriamo in sacrificio troppi uomini e donne.
Gesù si presenta di fronte come il Messia ed i suoi concittadini rimangono interdetti: ma come non è lui, il figlio di Giuseppe (questo probabilmente era l'indicazione del cognome), quello con cui siamo cresciuti, quello che veniva col padre per aggiustare le porte o i mobili delle nostre case? Non può essere il Messia, il figlio di Dio? Dio si presenta come uno di noi e questo ci può scandalizzare perché in fondo noi abbiamo bisogno di un Dio che sia Altro da noi, che stia fuori dal nostro mondo e ci risolva dall’alto i nostri problemi; invece Dio viene a disturbare la nostra tranquillità con la sua presenza esigente. Se Dio se ne fosse stato nel suo cielo saremmo tutti forse più contenti? Ma Dio nella sua sovrabbondanza d’amore ci è venuto incontro, ha voluto condividere la nostra vita e soprattutto lo ha fatto come uno di noi!!
Gesù non annuncia solo di essere il Messia, annuncia l’oggi eterno di Dio, annuncia l’oggi dell’anno della misericordia di Dio.
Luca, teologo della storia, utilizza spesso il vocabolo “oggi” per indicare il tempo dell’azione di Dio:
- “oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11) è l’annuncio ai pastori degli angeli: l’oggi è il momento dell’intervento di Dio che viene a salvare gli uomini
- “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21): nell’oggi di Dio si compiono le promesse di salvezza che Dio aveva fatto fin dall’inizio dei tempi a tutta l’umanità
- “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” (Lc 5,26) è l’affermazione degli uomini di fronti ai miracoli: nel presente quotidiano della nostra vita possiamo riconoscere i segni meravigliosi di Dio
- “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua…Oggi per questa casa è venuta la salvezza” (Lc 19,5.9): oggi è il momento della conversione
- In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43) infine oggi è il giorno nel quale saremo chiamati a vivere per sempre con Dio nel suo paradiso