Mercoledì delle Ceneri
Vangelo Mt 6,1-6.16-18
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Commento 14 febbraio 2024
Eccoci qua ad iniziare un nuovo cammino quaresimale, 40 giorni che Dio ci regala perché possiamo comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Probabilmente se ci credessimo davvero il cuore rischierebbe di scoppiare: come posso io che non valgo nulla essere così prezioso agli occhi di Dio da meritare il suo sacrificio, da meritare un dono così infinitamente più grande di me! Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità, questo tempo favorevole per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede davvero un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità: a questo ci inviterà il sacerdote spargendo un pizzico di cenere sulla nostra testa, un po’ di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento. La quaresima è, dunque, il tempo dell’incontro con Dio ed il Signore ci vuole indicare i momenti privilegiati di questo incontro: l’elemosina, la preghiera, il digiuno.
Vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero e al più debole: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare e amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: troppe volte ricorro alla preghiera nel momento del bisogno mentre in realtà è Dio che ha bisogno della mia preghiera: è lui che ci chiede in ogni momento di essere in relazione, a tu per tu.
Nel digiuno affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale.
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donato questo tempo: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero e al più debole: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare e amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: troppe volte ricorro alla preghiera nel momento del bisogno mentre in realtà è Dio che ha bisogno della mia preghiera: è lui che ci chiede in ogni momento di essere in relazione, a tu per tu.
Nel digiuno affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale.
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donato questo tempo: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Commento 22 febbraio 2023
“Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”: la quaresima è quel tempo propizio che ci vuole introdurre al grande mistero dell’amore di Dio, un amore capace di sconfiggere la morte e di dare senso ad ogni vita. È questa la meravigliosa novità del cristianesimo che ci si rivela in Gesù: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna! (Gv 3,16); prendiamoceli tutti questi 40 giorni per comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Il cuore rischierebbe di scoppiare se davvero comprendessimo la grandezza di un tale vangelo: ma come posso io che non valgo nulla essere così prezioso agli occhi di Dio da meritare il suo sacrificio?
Ad aprire questo tempo, che per troppe volte abbiamo vissuto questo come il tempo del sacrificio, del lutto ci vengono incontro le parole del Signore riportate dal profeta Gioele: “Ritornate a me!”: sia questo, quindi, il tempo per ritornare a quel Dio che è Padre/Madre di ogni uomo e donna; è già lì, davanti a noi con le sue infinite braccia aperte per accoglierci tutti; sia questo, quindi, il tempo favorevole (“καιρός” kairos) per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità. Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità! A questo ci inviterà il sacerdote spargendo un pizzico di cenere sulla nostra testa, un po’ di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento. Un gesto antico e semplice, utilizzando la cenere ottenuta bruciando le palme e gli ulivi benedetti nella domenica delle Palme lo scorso anno per ricordare a tutti il senso del martirio e della pace; sì, perché proprio oggi ad un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina siamo chiamati a pregare perché finiscano le guerre e questo nostro mondo possa conoscere finalmente la pace. Gridiamo forte con tutte le nostre vite, supplicando come fece Paolo verso la comunità dei cristiani in Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio!” (2Cor 5,21)
Terminato il carnevale possiamo gettare via le maschere che, quotidianamente, indossiamo per piacere agli uomini, possiamo vivere liberi da ogni condizionamento alla luce dell’amore di Dio. Per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere il nostro rapporto con Dio a partire dalle pratiche religiose che caratterizzavano la pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Innanzitutto è da sottolineare come in ebraico non esista il termine “elemosina”, ma piuttosto si parli di giustizia; la proposta di Gesù prevede un mondo dove non c’è più bisogno di elemosina perché questa è sostituita dalla giustizia e dalla condivisione. Così vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Riguardo al digiuno, pratica comune a tutte le religioni, al tempo di Gesù era vissuto dagli Ebrei come un modo per convincere Dio ad essere buono nei loro confronti, ma Gesù ne parla pochissimo nonostante i Giudei più fervidi, i farisei, lo praticassero per ben due volte alla settimana. Con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia (“profumati il capo, lavati il volto”): il digiuno è segno di vita. Il digiuno deve diventare segno di una rivoluzione d’amore; scrive Isaia: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare chi è tua stessa carne?” Vivere il digiuno consiste nel condividere i propri beni senza trascurare chi è tua stessa carne!
Ecco cosa è la Quaresima, ecco perché ci è donato questo tempo, il necessario, ogni anno: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Ad aprire questo tempo, che per troppe volte abbiamo vissuto questo come il tempo del sacrificio, del lutto ci vengono incontro le parole del Signore riportate dal profeta Gioele: “Ritornate a me!”: sia questo, quindi, il tempo per ritornare a quel Dio che è Padre/Madre di ogni uomo e donna; è già lì, davanti a noi con le sue infinite braccia aperte per accoglierci tutti; sia questo, quindi, il tempo favorevole (“καιρός” kairos) per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità. Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità! A questo ci inviterà il sacerdote spargendo un pizzico di cenere sulla nostra testa, un po’ di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento. Un gesto antico e semplice, utilizzando la cenere ottenuta bruciando le palme e gli ulivi benedetti nella domenica delle Palme lo scorso anno per ricordare a tutti il senso del martirio e della pace; sì, perché proprio oggi ad un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina siamo chiamati a pregare perché finiscano le guerre e questo nostro mondo possa conoscere finalmente la pace. Gridiamo forte con tutte le nostre vite, supplicando come fece Paolo verso la comunità dei cristiani in Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio!” (2Cor 5,21)
Terminato il carnevale possiamo gettare via le maschere che, quotidianamente, indossiamo per piacere agli uomini, possiamo vivere liberi da ogni condizionamento alla luce dell’amore di Dio. Per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere il nostro rapporto con Dio a partire dalle pratiche religiose che caratterizzavano la pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Innanzitutto è da sottolineare come in ebraico non esista il termine “elemosina”, ma piuttosto si parli di giustizia; la proposta di Gesù prevede un mondo dove non c’è più bisogno di elemosina perché questa è sostituita dalla giustizia e dalla condivisione. Così vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Riguardo al digiuno, pratica comune a tutte le religioni, al tempo di Gesù era vissuto dagli Ebrei come un modo per convincere Dio ad essere buono nei loro confronti, ma Gesù ne parla pochissimo nonostante i Giudei più fervidi, i farisei, lo praticassero per ben due volte alla settimana. Con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia (“profumati il capo, lavati il volto”): il digiuno è segno di vita. Il digiuno deve diventare segno di una rivoluzione d’amore; scrive Isaia: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare chi è tua stessa carne?” Vivere il digiuno consiste nel condividere i propri beni senza trascurare chi è tua stessa carne!
Ecco cosa è la Quaresima, ecco perché ci è donato questo tempo, il necessario, ogni anno: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Commento 2 marzo 2022
“Ritornate a me!”, “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”: sono queste le parole che ci introducono in questo propizio, la quaresima, che ci vuole preparare a vivere il grande mistero dell’amore di Dio, un amore capace di sconfiggere la morte e di dare senso ad ogni vita. Sono 40 giorni che ci possiamo regalare per comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità, questo tempo favorevole per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità. Questo è il significato di quello strano gesto molto antico eppure sempre nuovo!
Un gesto che quest’anno assume un ulteriore significato perché in quella cenere siamo invitati a vedere un’altra cenere, quella cenere frutto della distruzione dei bombardamenti che in questi giorni cade sulle teste di chi vive in Ucraina. Francesco ci ha chiesto di vivere questo giorno di penitenza per alzare la nostra preghiera perché ritorni la pace non solo nella nostra Europa, ma in tutto il mondo, gridando forte come fece Paolo verso la comunità dei cristiani in Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio!” (2Cor 5,21)
Per fermare la guerra ed ogni guerra anche quelle mie piccole guerre personali basta quindi solo un pizzico di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento, basta un pizzico di cenere perché io deponga le armi per indossare il grembiule del servizio e dell’amore!
Terminato il carnevale siamo chiamati a gettare le maschere che indossiamo per piacere agli uomini per vivere liberi da ogni condizionamento alla luce dell’amore di Dio; per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere le pratiche religiose che caratterizzavano la pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina (ma in ebraico si usa il termine che indica la “giustizia”) è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia, il digiuno è segno di vita e di una rivoluzione d’amore perché il digiuno gradito a Dio è “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… consiste nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare” il tuo prossimo (Is 58,6-7).
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donata la quaresima: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Un gesto che quest’anno assume un ulteriore significato perché in quella cenere siamo invitati a vedere un’altra cenere, quella cenere frutto della distruzione dei bombardamenti che in questi giorni cade sulle teste di chi vive in Ucraina. Francesco ci ha chiesto di vivere questo giorno di penitenza per alzare la nostra preghiera perché ritorni la pace non solo nella nostra Europa, ma in tutto il mondo, gridando forte come fece Paolo verso la comunità dei cristiani in Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio!” (2Cor 5,21)
Per fermare la guerra ed ogni guerra anche quelle mie piccole guerre personali basta quindi solo un pizzico di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento, basta un pizzico di cenere perché io deponga le armi per indossare il grembiule del servizio e dell’amore!
Terminato il carnevale siamo chiamati a gettare le maschere che indossiamo per piacere agli uomini per vivere liberi da ogni condizionamento alla luce dell’amore di Dio; per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere le pratiche religiose che caratterizzavano la pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina (ma in ebraico si usa il termine che indica la “giustizia”) è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia, il digiuno è segno di vita e di una rivoluzione d’amore perché il digiuno gradito a Dio è “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… consiste nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare” il tuo prossimo (Is 58,6-7).
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donata la quaresima: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Commento 17 febbraio 2021
Sembra un’eternità, ma è trascorso solo un anno liturgico, poco meno di un anno solare, da quando per la prima volta, non per malattia o per mia volontà sono stato costretto a rinunciare a celebrare con la comunità la messa: allora fummo soltanto noi nel nord Italia e nelle Marche, ma di lì a poco dopo la parentesi della prima domenica di Quaresima iniziò quel confinamento che ci ha costretto nelle nostre case, impedendoci di andare in chiesa, allo stadio, al cinema, a teatro o semplicemente di uscire per andare a trovare amici e parenti.
Quando ci si avvicina a certi anniversari è quasi inevitabile fare un bilancio, cercare di capire cosa è cambiato nella nostra vita, fare un’analisi di quello che è stato, di tutto quello che abbiamo perso ed anche di quello che abbiamo ritrovato. Allora il primo pensiero nasce da quelle parole che accompagneranno la cenere sul nostro capo: “Convertiti e credi al vangelo!” C’è un bellissimo testo nel vangelo secondo Luca (Lc 13, 1-5) che troppe volte giudichiamo difficile e fatichiamo a comprendere: a Gesù viene chiesto di commentare alcuni fatti di cronaca: la strage ad opera dei Romani di alcuni Galilei al tempio ed il crollo di una torre che uccise diverse persone; il problema che gli interlocutori ponevano a Gesù in buona sostanza era se quanto accaduto fosse una punizione di Dio a causa dei peccati di quegli uomini.
Forse è la stessa questione che ci possiamo porre oggi in questo momento segnato da una pandemia di cui non vediamo, nonostante i tentativi di tornare ad una certa normalità, la fine. È persistente infatti ancora oggi l’idea che tutto ciò che non comprendiamo e che in qualche misura ci colpisce spiritualmente e fisicamente sia un castigo, anche meritato, che Dio ci vuole infliggere a causa di qualche nostro peccato: ricordo ancora la battuta semplice ed efficace che imputava a papa Francesco la pandemia per aver colpito con un piccolo schiaffo sulla mano una donna, tra l’altro proprio cinese, che cercava di trattenerlo. Ebbene il commento di Gesù su quei fatti e sull’idea di una punizione divina fu estremamente lapidario “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.”
Allora oggi in questa celebrazione delle ceneri che dà inizio a questa nuova quaresima il richiamo alla conversione diventa ancora più stringente, ancora più urgente: una conversione totale del nostro modo di pensare e di vivere, una conversione totale del nostro modo di rapportarci con gli altri a partire dai nostri familiari per giungere a tutto il mondo e a tutta la società.
Cari amici, se in questo anno orribile e tremendo che ci ha strappato persone vicine e lontane e che ci ha allontanato dagli affetti più cari abbiamo solo imparato termini nuovi come lock-down, distanziamento sociale, DPCM, ma non ci siamo convertiti all’amore come unico senso della vita allora periremo allo stesso modo; se in questi lunghi mesi abbiamo solo imparato che esiste anche una comunione spirituale oltre che sacramentale, ma non ci siamo convertiti periremo allo stesso modo; se il nostro cambiamento si è limitato a passare dall’acqua santa all’igienizzante periremo allo stesso modo ovvero rimarremo chiusi nel nostro modo sbagliato e blasfemo di concepire Dio, giudice severo e dispensatore di premi, ricompense per i santi e castighi per noi poveri peccatori.
In secondo luogo il vangelo di oggi ci invita a passare dallo sguardo degli uomini pronto al giudizio allo sguardo misericordioso di Dio: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli!”
Credo sia questa conversione di sguardi il primo passo verso la felicità: tutti noi abbiamo bisogno di essere apprezzati da qualcuno, ma il Signore ci mette in guardia su quali siano gli sguardi importanti nella nostra vita; occorre infatti verificare se le nostre azioni, i nostri atteggiamenti sono dettati dal compiacere gli uomini o dal compiacere Dio, se sono gesti vissuti secondo una logica di interesse egoistico o se esprimono una logica d’amore a cominciare proprio da quei gesti che specificatamente esprimono il mio rapporto con Dio: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno. Qui Gesù intende proporre uno stile di vita ai suoi discepoli: vi sono tre modi di relazione con Dio, ma un solo atteggiamento, quello del nascondimento e dell’umiltà.
Il primo modo di relazione è l’elemosina, ovvero quell’amore che vive la concretezza dell’attenzione all’altro, in particolare al più povero e al più debole; è proprio nel fratello che noi possiamo incontrare Dio, è verso il fratello che possiamo sperimentare l’amore.
Il secondo modo è la preghiera che deve diventare relazione continua e decisiva per la nostra vita con Dio, una relazione personale, a tu per tu con Dio. Dio ci vuole incontrare personalmente, non ama le adunate oceaniche, dove nessuno si riconosce ed è nascosto nella folla. Certamente questo va visto in riferimento a quanto appena detto, chiudersi nella propria stanza non vuol dire dimenticarsi degli altri che stanno fuori.
Il terzo modo è quello del digiuno che deve essere vissuto nello spirito di chi sa di rinunciare a qualcosa (il cibo) di importante per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Tutto questo deve essere vissuto nel nascondimento perché Dio è nel nascondimento, deve essere vissuto nel cuore, perché Dio è nel cuore.
Ad aprire questo tempo sono le parole del Signore riportate dal profeta Gioele: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti!”; troppe volte abbiamo vissuto questo come il tempo del sacrificio, ed anche la liturgia di oggi ricordandoci il limite della nostra vita creaturale (“Ricordati che sei polvere e polvere tornerai!”) potrebbe spingerci a vivere questo periodo come un tempo di tristezza, ma la quaresima resta un tempo da vivere nella gioia perché questo è il momento favorevole, questo è il giorno della salvezza! (Cfr. 1Cor 6,2). Sì, perché è la felicità ciò che Dio vuole per noi e da noi, perché chi vive nell’amore e per amore è felice perché ha ritrovato il senso quello vero di una vita che altrimenti senza questo è vuota ed inutile.
La quaresima ci insegni, preparandoci a celebrare il mistero di un Dio che ci ama da morire, a vivere ogni momento delle nostre giornate come un’opportunità per fare della nostra vita quel capolavoro di gioia e di felicità per cui Dio l’ha creata. Regaliamoci questi 40 giorni come un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Ecco cosa è la quaresima, ecco il nostro impegno per questo momento favorevole, per questo tempo propizio!
Quando ci si avvicina a certi anniversari è quasi inevitabile fare un bilancio, cercare di capire cosa è cambiato nella nostra vita, fare un’analisi di quello che è stato, di tutto quello che abbiamo perso ed anche di quello che abbiamo ritrovato. Allora il primo pensiero nasce da quelle parole che accompagneranno la cenere sul nostro capo: “Convertiti e credi al vangelo!” C’è un bellissimo testo nel vangelo secondo Luca (Lc 13, 1-5) che troppe volte giudichiamo difficile e fatichiamo a comprendere: a Gesù viene chiesto di commentare alcuni fatti di cronaca: la strage ad opera dei Romani di alcuni Galilei al tempio ed il crollo di una torre che uccise diverse persone; il problema che gli interlocutori ponevano a Gesù in buona sostanza era se quanto accaduto fosse una punizione di Dio a causa dei peccati di quegli uomini.
Forse è la stessa questione che ci possiamo porre oggi in questo momento segnato da una pandemia di cui non vediamo, nonostante i tentativi di tornare ad una certa normalità, la fine. È persistente infatti ancora oggi l’idea che tutto ciò che non comprendiamo e che in qualche misura ci colpisce spiritualmente e fisicamente sia un castigo, anche meritato, che Dio ci vuole infliggere a causa di qualche nostro peccato: ricordo ancora la battuta semplice ed efficace che imputava a papa Francesco la pandemia per aver colpito con un piccolo schiaffo sulla mano una donna, tra l’altro proprio cinese, che cercava di trattenerlo. Ebbene il commento di Gesù su quei fatti e sull’idea di una punizione divina fu estremamente lapidario “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.”
Allora oggi in questa celebrazione delle ceneri che dà inizio a questa nuova quaresima il richiamo alla conversione diventa ancora più stringente, ancora più urgente: una conversione totale del nostro modo di pensare e di vivere, una conversione totale del nostro modo di rapportarci con gli altri a partire dai nostri familiari per giungere a tutto il mondo e a tutta la società.
Cari amici, se in questo anno orribile e tremendo che ci ha strappato persone vicine e lontane e che ci ha allontanato dagli affetti più cari abbiamo solo imparato termini nuovi come lock-down, distanziamento sociale, DPCM, ma non ci siamo convertiti all’amore come unico senso della vita allora periremo allo stesso modo; se in questi lunghi mesi abbiamo solo imparato che esiste anche una comunione spirituale oltre che sacramentale, ma non ci siamo convertiti periremo allo stesso modo; se il nostro cambiamento si è limitato a passare dall’acqua santa all’igienizzante periremo allo stesso modo ovvero rimarremo chiusi nel nostro modo sbagliato e blasfemo di concepire Dio, giudice severo e dispensatore di premi, ricompense per i santi e castighi per noi poveri peccatori.
In secondo luogo il vangelo di oggi ci invita a passare dallo sguardo degli uomini pronto al giudizio allo sguardo misericordioso di Dio: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli!”
Credo sia questa conversione di sguardi il primo passo verso la felicità: tutti noi abbiamo bisogno di essere apprezzati da qualcuno, ma il Signore ci mette in guardia su quali siano gli sguardi importanti nella nostra vita; occorre infatti verificare se le nostre azioni, i nostri atteggiamenti sono dettati dal compiacere gli uomini o dal compiacere Dio, se sono gesti vissuti secondo una logica di interesse egoistico o se esprimono una logica d’amore a cominciare proprio da quei gesti che specificatamente esprimono il mio rapporto con Dio: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno. Qui Gesù intende proporre uno stile di vita ai suoi discepoli: vi sono tre modi di relazione con Dio, ma un solo atteggiamento, quello del nascondimento e dell’umiltà.
Il primo modo di relazione è l’elemosina, ovvero quell’amore che vive la concretezza dell’attenzione all’altro, in particolare al più povero e al più debole; è proprio nel fratello che noi possiamo incontrare Dio, è verso il fratello che possiamo sperimentare l’amore.
Il secondo modo è la preghiera che deve diventare relazione continua e decisiva per la nostra vita con Dio, una relazione personale, a tu per tu con Dio. Dio ci vuole incontrare personalmente, non ama le adunate oceaniche, dove nessuno si riconosce ed è nascosto nella folla. Certamente questo va visto in riferimento a quanto appena detto, chiudersi nella propria stanza non vuol dire dimenticarsi degli altri che stanno fuori.
Il terzo modo è quello del digiuno che deve essere vissuto nello spirito di chi sa di rinunciare a qualcosa (il cibo) di importante per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Tutto questo deve essere vissuto nel nascondimento perché Dio è nel nascondimento, deve essere vissuto nel cuore, perché Dio è nel cuore.
Ad aprire questo tempo sono le parole del Signore riportate dal profeta Gioele: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti!”; troppe volte abbiamo vissuto questo come il tempo del sacrificio, ed anche la liturgia di oggi ricordandoci il limite della nostra vita creaturale (“Ricordati che sei polvere e polvere tornerai!”) potrebbe spingerci a vivere questo periodo come un tempo di tristezza, ma la quaresima resta un tempo da vivere nella gioia perché questo è il momento favorevole, questo è il giorno della salvezza! (Cfr. 1Cor 6,2). Sì, perché è la felicità ciò che Dio vuole per noi e da noi, perché chi vive nell’amore e per amore è felice perché ha ritrovato il senso quello vero di una vita che altrimenti senza questo è vuota ed inutile.
La quaresima ci insegni, preparandoci a celebrare il mistero di un Dio che ci ama da morire, a vivere ogni momento delle nostre giornate come un’opportunità per fare della nostra vita quel capolavoro di gioia e di felicità per cui Dio l’ha creata. Regaliamoci questi 40 giorni come un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Ecco cosa è la quaresima, ecco il nostro impegno per questo momento favorevole, per questo tempo propizio!
Commento 26 febbraio 2020
“Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”: la quaresima è quel tempo propizio che ci vuole introdurre al grande mistero dell’amore di Dio, un amore capace di sconfiggere la morte e di dare senso ad ogni vita. È questa la meravigliosa novità del cristianesimo che ci si rivela in Gesù: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna! (Gv 3,16); prendiamoceli tutti questi 40 giorni per comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Il cuore rischierebbe di scoppiare se davvero comprendessimo la grandezza di un tale vangelo: ma come posso io che non valgo nulla essere così prezioso agli occhi di Dio da meritare il suo sacrificio?
Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità.
“Ritornate a me!” sono le parole del profeta Gioele che apriranno questo tempo da vivere nella gioia e nel desiderio di fare della nostra vita la piena realizzazione del sogno che fin dall’origine Dio ha su ciascuno di noi.; ecco perché voglio riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento.
In questo momento così difficile a causa dell’epidemia del Corona Virus mi sembra importante ricordare che siamo chiamati a riconoscere l’amore di Dio e ad accogliere le sue benedizioni come bene ci ha ricordato l’arcivescovo di Milano
Per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere le pratiche religiose al centro della pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
In ebraico non esiste il termine “elemosina”, ma piuttosto si parla di giustizia: la proposta di Gesù prevede un mondo dove non c’è più bisogno di elemosina perché questa è sostituita dalla giustizia e dalla condivisione; allora vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
Proprio la sospensione qua a Genova ed in gran parte dell’Italia settentrionale delle liturgie ci invita a far diventare la preghiera uno stile di vita, anche da vivere nel chiuso della propria stanza: Dio è lì accanto a me in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera, come ogni persona che ama ha bisogno di stare accanto all’amato.
Infine con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia (“profumati il capo, lavati il volto”): il digiuno è segno di vita. Il digiuno deve diventare segno di una rivoluzione d’amore; scrive Isaia: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare chi è tua stessa carne?” Vivere il digiuno consiste nel condividere i propri beni senza trascurare chi è tua stessa carne!
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donato questo tempo: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità.
“Ritornate a me!” sono le parole del profeta Gioele che apriranno questo tempo da vivere nella gioia e nel desiderio di fare della nostra vita la piena realizzazione del sogno che fin dall’origine Dio ha su ciascuno di noi.; ecco perché voglio riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento.
In questo momento così difficile a causa dell’epidemia del Corona Virus mi sembra importante ricordare che siamo chiamati a riconoscere l’amore di Dio e ad accogliere le sue benedizioni come bene ci ha ricordato l’arcivescovo di Milano
Per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere le pratiche religiose al centro della pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
In ebraico non esiste il termine “elemosina”, ma piuttosto si parla di giustizia: la proposta di Gesù prevede un mondo dove non c’è più bisogno di elemosina perché questa è sostituita dalla giustizia e dalla condivisione; allora vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
Proprio la sospensione qua a Genova ed in gran parte dell’Italia settentrionale delle liturgie ci invita a far diventare la preghiera uno stile di vita, anche da vivere nel chiuso della propria stanza: Dio è lì accanto a me in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera, come ogni persona che ama ha bisogno di stare accanto all’amato.
Infine con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia (“profumati il capo, lavati il volto”): il digiuno è segno di vita. Il digiuno deve diventare segno di una rivoluzione d’amore; scrive Isaia: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare chi è tua stessa carne?” Vivere il digiuno consiste nel condividere i propri beni senza trascurare chi è tua stessa carne!
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donato questo tempo: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Commento 6 marzo 2019
“Ritornate a me!”, “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”: sono queste le parole che ci introducono in questo propizio, la quaresima, che ci vuole preparare a vivere il grande mistero dell’amore di Dio, un amore capace di sconfiggere la morte e di dare senso ad ogni vita. Sono 40 giorni che ci possiamo regalare per comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità, questo tempo favorevole per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità. Questo è il significato di quello strano gesto molto antico eppure sempre nuovo!
Un gesto che quest’anno assume un ulteriore significato perché in quella cenere siamo invitati a vedere un’altra cenere, quella cenere frutto della distruzione dei bombardamenti che in questi giorni cade sulle teste di chi vive in Ucraina. Francesco ci ha chiesto di vivere questo giorno di penitenza per alzare la nostra preghiera perché ritorni la pace non solo nella nostra Europa, ma in tutto il mondo, gridando forte come fece Paolo verso la comunità dei cristiani in Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio!” (2Cor 5,21)
Per fermare la guerra ed ogni guerra anche quelle mie piccole guerre personali basta quindi solo un pizzico di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento, basta un pizzico di cenere perché io deponga le armi per indossare il grembiule del servizio e dell’amore!
Terminato il carnevale siamo chiamati a gettare le maschere che indossiamo per piacere agli uomini per vivere liberi da ogni condizionamento alla luce dell’amore di Dio; per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere le pratiche religiose che caratterizzavano la pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina (ma in ebraico si usa il termine che indica la “giustizia”) è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia, il digiuno è segno di vita e di una rivoluzione d’amore perché il digiuno gradito a Dio è “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… consiste nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare” il tuo prossimo (Is 58,6-7).
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donata la quaresima: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Un gesto che quest’anno assume un ulteriore significato perché in quella cenere siamo invitati a vedere un’altra cenere, quella cenere frutto della distruzione dei bombardamenti che in questi giorni cade sulle teste di chi vive in Ucraina. Francesco ci ha chiesto di vivere questo giorno di penitenza per alzare la nostra preghiera perché ritorni la pace non solo nella nostra Europa, ma in tutto il mondo, gridando forte come fece Paolo verso la comunità dei cristiani in Corinto: “lasciatevi riconciliare con Dio!” (2Cor 5,21)
Per fermare la guerra ed ogni guerra anche quelle mie piccole guerre personali basta quindi solo un pizzico di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento, basta un pizzico di cenere perché io deponga le armi per indossare il grembiule del servizio e dell’amore!
Terminato il carnevale siamo chiamati a gettare le maschere che indossiamo per piacere agli uomini per vivere liberi da ogni condizionamento alla luce dell’amore di Dio; per tre volte Gesù ci invita ad un atteggiamento che non sia ipocrita e falso presentando un modo nuovo di vivere le pratiche religiose che caratterizzavano la pietà giudaica: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina (ma in ebraico si usa il termine che indica la “giustizia”) è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare ed amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita affinché io possa restare con Lui, perché in fondo è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Con il digiuno io affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale. Per il discepolo non è una espressione di lutto e di dolore, ma di gioia, il digiuno è segno di vita e di una rivoluzione d’amore perché il digiuno gradito a Dio è “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo… consiste nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, e non trascurare” il tuo prossimo (Is 58,6-7).
Chi è capace di vivere tutto questo non solo in questo tempo, ma in tutta la vita avrà da Dio la ricompensa, o meglio una “restituzione”: ci sarà restituita lo splendore della nostra somiglianza con Dio; infatti, una volta che avremo tolto la maschera dei nostri atteggiamenti ipocriti, il nostro volto potrà tornare a risplendere nella luce dell’amore di Dio. Per tutto questo ci è donata la quaresima: un tempo per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro alle sorelle, ai fratelli e a Dio. Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo!
Commento 14 febbraio 2018
La quaresima è quel tempo propizio che ci vuole introdurre al grande mistero dell’amore di Dio, un amore capace di sconfiggere la morte e di dare senso ad ogni vita. Sono 40 giorni che ci possiamo regalare per comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Il cuore rischierebbe di scoppiare se davvero comprendessimo la grandezza di un tale “vangelo”: come posso io che non valgo nulla essere così prezioso agli occhi di Dio da meritare il suo sacrificio. Ecco l’importanza di cogliere questa opportunità, questo tempo favorevole per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede davvero un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità: a questo ci inviterà il sacerdote spargendo un pizzico di cenere sulla nostra testa, un po’ di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste, i miei insensati momenti di orgoglio per vivere nello stile di Dio, quello dell’umiltà e del nascondimento. È questo il tempo dell’incontro personale con Dio ed il Signore ci vuole indicare i momenti privilegiati di questo incontro: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero e al più debole: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare e amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita perché io possa restare con Lui, perché è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Nel digiuno affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale.
Occorre pertanto vivere la quaresima come un tempo propizio: un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo, primizia di tutti coloro che sono di Cristo (1Cor 15,20-23).
Vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero e al più debole: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare e amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: Dio mi aspetta in ogni istante della mia vita perché io possa restare con Lui, perché è Dio che ha bisogno della mia preghiera per essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Nel digiuno affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale.
Occorre pertanto vivere la quaresima come un tempo propizio: un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Solo così potremo celebrare con gioia la resurrezione di Cristo, primizia di tutti coloro che sono di Cristo (1Cor 15,20-23).
Commento 1 marzo 2017
Inizia oggi la quaresima, un lungo periodo che ci introdurrà al grande mistero dell’amore di Dio che si offre per la salvezza dell’uomo, di ogni uomo: è il mistero dell’amore che sconfigge la morte e che dà senso ad ogni vita. Sono 40 giorni che Dio ci regala perché possiamo comprendere l’incredibile novità di un Dio che ci ama fino alla morte. Il cuore rischierebbe di scoppiare se davvero comprendessimo la grandezza di un tale “vangelo”: come posso io che non valgo nulla essere così prezioso agli occhi di Dio da meritare il suo sacrificio. Allora mi pare importante prepararci con impegno e la lettura di oggi ci propone di vivere questo periodo nello stile di Dio: quello dell’umiltà e del nascondimento.
Questo periodo diventa così il tempo propizio per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede davvero un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità: a questo ci inviterà il sacerdote spargendo un pizzico di cenere sulla nostra testa, un po’ di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste.
Ma soprattutto la quaresima è il momento dell’incontro personale con Dio ed il Signore ci vuole indicare i momenti privilegiati di questo incontro: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero e al più debole: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare e amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: troppe volte ricorro alla preghiera nel momento del bisogno mentre in realtà è Dio che ha bisogno della mia preghiera: è lui che ci chiede in ogni momento di essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Nel digiuno affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale
Mi impegno e vi invito ad impegnarvi a vivere la quaresima come un tempo propizio: un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Questo periodo diventa così il tempo propizio per iniziare o proseguire nel nostro cammino di conversione; un cammino che richiede davvero un cambiamento totale di logica, una vera rivoluzione di mentalità: a questo ci inviterà il sacerdote spargendo un pizzico di cenere sulla nostra testa, un po’ di cenere perché io cominci a riconoscere la necessità di abbassare le mie creste.
Ma soprattutto la quaresima è il momento dell’incontro personale con Dio ed il Signore ci vuole indicare i momenti privilegiati di questo incontro: l’elemosina, la preghiera ed il digiuno.
Vivere l’elemosina è vivere l’amore nella concretezza dell’attenzione al fratello, in particolare al più povero e al più debole: è nel fratello che oggi io posso concretamente incontrare e amare Dio.
La preghiera deve diventare uno stile di vita: troppe volte ricorro alla preghiera nel momento del bisogno mentre in realtà è Dio che ha bisogno della mia preghiera: è lui che ci chiede in ogni momento di essere in relazione personale con me, con ciascuno di noi, a tu per tu.
Nel digiuno affermo il mio impegno a rinunciare anche a qualcosa di importante per la mia vita come il cibo per vivere di Qualcuno (Dio) che è fondamentale
Mi impegno e vi invito ad impegnarvi a vivere la quaresima come un tempo propizio: un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Commento 10 febbraio 2016
Iniziamo oggi il percorso che ci porterà alla celebrazione della Pasqua: il brano di vangelo di oggi si trova al centro di quello che noi tutti conosciamo come il discorso della Montagna, una sorta di manifesto del cristiano. Qui Gesù intende proporre uno stile d vita ai suoi discepoli: vi sono tre modi di relazione con Dio, ma un solo atteggiamento, quello del nascondimento e dell’umiltà.
Il primo modo di relazione è l’elemosina, ovvero quell’amore che vive la concretezza dell’attenzione all’altro, in particolare al più povero e al più debole; è proprio nel fratello che noi possiamo incontrare Dio, è verso il fratello che possiamo sperimentare l’amore.
Il secondo modo è la preghiera che deve diventare relazione continua e decisiva per la nostra vita con Dio, una relazione personale, a tu per tu con Dio. Dio ci vuole incontrare personalmente, non ama le adunate oceaniche, dove nessuno si riconosce ed è nascosto nella folla. Certamente questo va visto in riferimento a quanto appena detto chiudersi nella propria stanza non vuol dire dimenticarsi degli altri che stanno fuori.
Il terzo modo è quello del digiuno che deve essere vissuto nello spirito di chi sa di rinunciare a qualcosa (il cibo) di importante per vivere di Qualcuno (Dio) che è più importante.
Tutto questo deve essere vissuto nel nascondimento perché Dio è nel nascondimento, deve essere vissuto nel cuore, perché Dio è nel cuore.
La quaresima allora è un tempo propizio per convertirci e credere al vangelo come ci ricorderà oggi il sacerdote mentre ci imporrà il segno meraviglioso delle Ceneri: un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Allora auguro a me e a tutti una buona, vera e santa quaresima per arrivare pronti a celebrare la resurrezione di Cristo
Il primo modo di relazione è l’elemosina, ovvero quell’amore che vive la concretezza dell’attenzione all’altro, in particolare al più povero e al più debole; è proprio nel fratello che noi possiamo incontrare Dio, è verso il fratello che possiamo sperimentare l’amore.
Il secondo modo è la preghiera che deve diventare relazione continua e decisiva per la nostra vita con Dio, una relazione personale, a tu per tu con Dio. Dio ci vuole incontrare personalmente, non ama le adunate oceaniche, dove nessuno si riconosce ed è nascosto nella folla. Certamente questo va visto in riferimento a quanto appena detto chiudersi nella propria stanza non vuol dire dimenticarsi degli altri che stanno fuori.
Il terzo modo è quello del digiuno che deve essere vissuto nello spirito di chi sa di rinunciare a qualcosa (il cibo) di importante per vivere di Qualcuno (Dio) che è più importante.
Tutto questo deve essere vissuto nel nascondimento perché Dio è nel nascondimento, deve essere vissuto nel cuore, perché Dio è nel cuore.
La quaresima allora è un tempo propizio per convertirci e credere al vangelo come ci ricorderà oggi il sacerdote mentre ci imporrà il segno meraviglioso delle Ceneri: un tempo propizio per essere più attenti ai fratelli perché nei fratelli potremo incontrare Dio, un tempo propizio per ritagliare alcuni istanti da dedicare al Signore nella preghiera dove cogliere la voce di Dio che ci chiama, un tempo propizio per digiunare da tutte le cose superflue che ci impediscono di correre incontro a Dio.
Allora auguro a me e a tutti una buona, vera e santa quaresima per arrivare pronti a celebrare la resurrezione di Cristo