III Domenica di Pasqua
Vangelo Gv 21, 1-19
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Commento 1 maggio 2022
Gesù risorto incontra i discepoli per la terza volta; se con le prime due apparizioni la comunità dei discepoli viene inserita nel ritmo settimanale dell’incontro con Gesù risorto (“la sera di quel giorno… otto giorni dopo”), dove il Signore viene per “stare” in mezzo ai suoi discepoli ed offrire il dono dello Spirito e della pace, questo terzo incontro appare inaspettato perché avviene in un giorno normale, feriale, mentre i discepoli sono tornati al loro lavoro, tanto che i discepoli faticano a riconoscere Gesù. Se è vero che ci è stato dato un appuntamento privilegiato, nell’eucaristia domenicale, giorno del Signore, è altresì vero che siamo invitati a riconoscere il Risorto presente in ogni istante della nostra vita. Non siamo cristiani della “domenica”, ma discepoli di Cristo ogni giorno, chiamati ad annunciare il Vangelo in ogni circostanza opportuna e non opportuna (2Tim 4,2), perché è troppo bello il Vangelo (la buona notizia) dell’amore di Dio perché non sia urlato al mondo!
“Vado a pescare” sono le parole che ad un certo punto Pietro rivolge ai suoi compagni, parole piene di delusione, parole di chi è stufo di aspettare ulteriormente il Signore risorto in una nuova apparizione, parole che rivelano la sconfitta, la fatica di credere, che sembrano considerare l’esperienza con Gesù quei tre anni, un fallimento totale.
Abbiamo incontrato il Risorto, abbiamo creduto in Lui, ma nulla è cambiato nella nostra vita, niente di nuovo sotto il sole (Qo 1,9) in questa nostra vita che non è più il tranquillo lago di Galilea, ma è diventata il mare impetuoso di Tiberiade, segnati dalla sofferenza di una pandemia che ci ha sconvolto le vite, tramortiti dall’orrore della guerra giunta nel cuore della nostra Europa, costretti in un mondo che sembra sempre più allontanarsi dal “Regno di Dio”, dove ci sembra ormai impossibile il realizzarsi di una umanità nuova. E quella pesca infruttuosa nella “notte” dei nostri progetti umani, buia perché non illuminata dalla fede nel Risorto.
Ma ecco finalmente giungere l’alba, è il giorno nuovo, comincia una vita nuova: il Signore Risorto ci attende sulle rive dei nostri cuori affaticati e delusi, ci chiede quasi con insolenza: “Figlioli, non avete nulla da mangiare (letteralmente del companatico)?” Sì, non serve altro, il Pane, quello vero perché “spezzato”, l’ha già messo Lui. Di fronte al riconoscimento della nostra pochezza, dell’ennesimo nostro fallimento, ecco la parola nuova, quella che cambia la vita, come all’inizio della loro storia di discepoli: “Gettate la rete… e troverete!”: è un nuovo inizio!
Gettate ancora le reti per pescare, per raccogliere, per tirar fuori da quel mare tremendo ed oscuro 153 pesci, come 153 erano le specie di pesci conosciuti allora, perché il Vangelo di Gesù è per tutti nessuno escluso, senza domandarti se quei pesci siano tutti buoni (da mangiare). È vero, ci saranno pesci meno buoni, pesci più asciutti, ma Dio non si ferma di fronte al male e al peccato, vuole che tutti siano salvi!
Il vero protagonista di questo testo rimane, però, Pietro con la sua fatica di fronte alla fede, con la sua delusione perché Gesù non aveva dato risposta ai suoi progetti umani, con la sua testardaggine nel rimanere legato a quell’idea ormai vecchia di Dio, con davanti a sé tutti i suoi fallimenti ed il suo tradimento verso quell’uomo che gli aveva insegnato ad amare, ma soprattutto con la sua consapevolezza di essere peccatore e di non essere capace di dare al suo Signore tutto sé stesso. Questo è Pietro! Questo sono io! Questi siamo noi!
Il dialogo conclusivo è un gioiello teologico sulla pedagogia di Dio: per tre volte Gesù chiede di essere amato, esattamente come per tre volte Pietro aveva negato di conoscerlo; per tre volte Gesù affida la sua Chiesa, la comunità dei suoi discepoli, alle cure amorevoli di quell’uomo, che per tre volte lo aveva tradito. Tre richieste uguali ed ogni volta diverse, perché a Dio non interessa la nostra fede, non interessano i nostri sacrifici, le nostre messe, le nostre preghiere, Dio da noi cerca soltanto amore! Quelle stesse domande il Signore risorto le rivolge a noi quotidianamente.
“Mi ami tu più di costoro?” chiede a Pietro che nel Getsemani aveva promesso di seguirlo fino alla morte per poi negare di conoscerlo poche ore dopo; Claudio mi ami più di costoro? Non perché io sia chiamato davvero ad amarlo più di altri, ma perché chi ama, ama di più, ama senza misure. “Ti voglio bene!” è la sola promessa che, con Pietro, posso fare al Signore.
“Almeno mi ami?” è la seconda richiesta di Gesù a colui che si era rifiutato di farsi lavare i piedi ma che ora di fronte al suo Signore si cinge la veste del servizio per tuffarsi in mare e raggiungerlo sulla riva. “Lo sai che ti voglio bene!” è la risposta di Pietro e mia, che posso solo riconoscere il mio limite.
Alla fine rimane solo l’infinita tenerezza di quella terza domanda: “ma almeno, mi vuoi bene?” Ed ecco nel cuore di Pietro e mio sboccia il perdono e la pace: “Sì, Signore tu lo sai ti voglio bene!”, nella fatica e nella gioia, ti voglio bene!
Che meraviglia questo nostro Dio che non mi chiede di essere perfetto, ma si adegua alle mie limitate possibilità, perché io possa aderire completamente al suo progetto d’amore. Ora rigenerato dal perdono, affido a Te, Signore della mia vita, il mio “sì” al tuo perenne invito: “Seguimi!”
“Vado a pescare” sono le parole che ad un certo punto Pietro rivolge ai suoi compagni, parole piene di delusione, parole di chi è stufo di aspettare ulteriormente il Signore risorto in una nuova apparizione, parole che rivelano la sconfitta, la fatica di credere, che sembrano considerare l’esperienza con Gesù quei tre anni, un fallimento totale.
Abbiamo incontrato il Risorto, abbiamo creduto in Lui, ma nulla è cambiato nella nostra vita, niente di nuovo sotto il sole (Qo 1,9) in questa nostra vita che non è più il tranquillo lago di Galilea, ma è diventata il mare impetuoso di Tiberiade, segnati dalla sofferenza di una pandemia che ci ha sconvolto le vite, tramortiti dall’orrore della guerra giunta nel cuore della nostra Europa, costretti in un mondo che sembra sempre più allontanarsi dal “Regno di Dio”, dove ci sembra ormai impossibile il realizzarsi di una umanità nuova. E quella pesca infruttuosa nella “notte” dei nostri progetti umani, buia perché non illuminata dalla fede nel Risorto.
Ma ecco finalmente giungere l’alba, è il giorno nuovo, comincia una vita nuova: il Signore Risorto ci attende sulle rive dei nostri cuori affaticati e delusi, ci chiede quasi con insolenza: “Figlioli, non avete nulla da mangiare (letteralmente del companatico)?” Sì, non serve altro, il Pane, quello vero perché “spezzato”, l’ha già messo Lui. Di fronte al riconoscimento della nostra pochezza, dell’ennesimo nostro fallimento, ecco la parola nuova, quella che cambia la vita, come all’inizio della loro storia di discepoli: “Gettate la rete… e troverete!”: è un nuovo inizio!
Gettate ancora le reti per pescare, per raccogliere, per tirar fuori da quel mare tremendo ed oscuro 153 pesci, come 153 erano le specie di pesci conosciuti allora, perché il Vangelo di Gesù è per tutti nessuno escluso, senza domandarti se quei pesci siano tutti buoni (da mangiare). È vero, ci saranno pesci meno buoni, pesci più asciutti, ma Dio non si ferma di fronte al male e al peccato, vuole che tutti siano salvi!
Il vero protagonista di questo testo rimane, però, Pietro con la sua fatica di fronte alla fede, con la sua delusione perché Gesù non aveva dato risposta ai suoi progetti umani, con la sua testardaggine nel rimanere legato a quell’idea ormai vecchia di Dio, con davanti a sé tutti i suoi fallimenti ed il suo tradimento verso quell’uomo che gli aveva insegnato ad amare, ma soprattutto con la sua consapevolezza di essere peccatore e di non essere capace di dare al suo Signore tutto sé stesso. Questo è Pietro! Questo sono io! Questi siamo noi!
Il dialogo conclusivo è un gioiello teologico sulla pedagogia di Dio: per tre volte Gesù chiede di essere amato, esattamente come per tre volte Pietro aveva negato di conoscerlo; per tre volte Gesù affida la sua Chiesa, la comunità dei suoi discepoli, alle cure amorevoli di quell’uomo, che per tre volte lo aveva tradito. Tre richieste uguali ed ogni volta diverse, perché a Dio non interessa la nostra fede, non interessano i nostri sacrifici, le nostre messe, le nostre preghiere, Dio da noi cerca soltanto amore! Quelle stesse domande il Signore risorto le rivolge a noi quotidianamente.
“Mi ami tu più di costoro?” chiede a Pietro che nel Getsemani aveva promesso di seguirlo fino alla morte per poi negare di conoscerlo poche ore dopo; Claudio mi ami più di costoro? Non perché io sia chiamato davvero ad amarlo più di altri, ma perché chi ama, ama di più, ama senza misure. “Ti voglio bene!” è la sola promessa che, con Pietro, posso fare al Signore.
“Almeno mi ami?” è la seconda richiesta di Gesù a colui che si era rifiutato di farsi lavare i piedi ma che ora di fronte al suo Signore si cinge la veste del servizio per tuffarsi in mare e raggiungerlo sulla riva. “Lo sai che ti voglio bene!” è la risposta di Pietro e mia, che posso solo riconoscere il mio limite.
Alla fine rimane solo l’infinita tenerezza di quella terza domanda: “ma almeno, mi vuoi bene?” Ed ecco nel cuore di Pietro e mio sboccia il perdono e la pace: “Sì, Signore tu lo sai ti voglio bene!”, nella fatica e nella gioia, ti voglio bene!
Che meraviglia questo nostro Dio che non mi chiede di essere perfetto, ma si adegua alle mie limitate possibilità, perché io possa aderire completamente al suo progetto d’amore. Ora rigenerato dal perdono, affido a Te, Signore della mia vita, il mio “sì” al tuo perenne invito: “Seguimi!”
Commento 5 maggio 2019
Il brano del vangelo di oggi è forse tra i testi letterariamente più belli di tutto il Nuovo Testamento tanto che ogni volta rimango estasiato di fronte a tanta ricchezza in simboli e contenuti. Il testo ci racconta la terza apparizione del Signore Risorto ai discepoli: con le prime due apparizioni la comunità dei discepoli viene inserita nel ritmo settimanale dell’incontro con Gesù risorto (“la sera di quel giorno… otto giorni dopo”), dove il Signore viene per “stare” in mezzo a noi ed offrire il dono dello Spirito e della pace.
Questa appare molto diversa, forse inaspettata, tanto che i discepoli faticano a riconoscere Gesù: se è vero che ci è stato dato un appuntamento privilegiato, nell’eucaristia domenicale, giorno del Signore, è altresì vero che Gesù intende condividere ogni momento con coloro che vogliono essere suoi discepoli e che come Chiesa siamo chiamati ad annunciare il Vangelo in ogni circostanza opportuna e non opportuna (2Tim 4,2): troppo bello il Vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio perché non sia urlato al mondo!
Il brano inizia con quel “Vado a pescare” di Pietro, quasi una resa, di fronte alla sua fatica di credere, il considerare la sua vita con Gesù, quei tre anni, un fallimento totale; poi quella pesca infruttuosa nella “notte” dei nostri progetti umani, buia perché non illuminata dalla fede nel Risorto. Giovanni ci ricorda come a volte ci sembra di navigare non nelle tranquille acque del lago di Galilea, ma nel “mare di Tiberiade” in balia delle onde di un mondo che ci sembra ostile e lontano dal “Regno di Dio”, dove non sembra realizzarsi il progetto di umanità nuova, vera e pienamente realizzata che Dio ha nel suo cuore fin dalla creazione.
Poi l’incontro con il Risorto con quella domanda quasi insolente: “Figlioli, non avete nulla da mangiare (letteralmente del companatico)?” Sì, non serve altro, il pane, quello vero perché “spezzato”, l’ha già messo Lui. Ed ancora di fronte al riconoscimento dell’ennesimo fallimento quell’invito come all’inizio della storia: “Gettate la rete… e troverete!”: ed è un nuovo inizio!
Gettate ancora le reti per pescare, raccogliere, tirar fuori da quel mare tremendo ed oscuro 153 pesci, cioè tutti come 153 erano le specie di pesci conosciuti allora, perché il Vangelo di Gesù è per tutti nessuno escluso!
Mi sono domandato in questi giorni se quei pesci fossero tutti buoni (da mangiare)? Probabilmente no, ma Dio non si ferma di fronte al male e al peccato, vuole che tutti siano salvi!
Ma il vero protagonista di questo testo rimane Pietro con la sua fatica di fronte alla fede, con la sua delusione perché Gesù non aveva dato risposta ai suoi progetti umani, con la sua testardaggine nel rimanere legato a quell’idea ormai vecchia di Dio, con davanti a sé tutti i suoi fallimenti ed il suo tradimento verso quell’uomo che gli aveva insegnato ad amare, ma soprattutto con la sua consapevolezza di essere peccatore e di non essere capace di dare al suo Signore tutto il suo amore. Questo è Pietro! Questo siamo noi!
Il dialogo conclusivo è un gioiello teologico sulla pedagogia di Dio: per tre volte Gesù chiede di essere amato, esattamente come per tre volte Pietro aveva negato di conoscerlo; per tre volte Gesù affida la sua Chiesa, la comunità dei suoi discepoli, alle cure amorevoli di Pietro, colui che per tre volte lo aveva tradito. Tre richieste uguali e ogni volta diverse: a Dio non interessa la nostra fede, non interessano i nostri sacrifici, le nostre messe, le nostre preghiere, Dio da noi cerca soltanto amore!
“Mi ami tu più di costoro?” chiede a Pietro che nel Getsemani aveva promesso di seguirlo fino alla morte per poi negare di conoscerlo poche ore dopo; “Ti voglio bene!” è la sola promessa che Pietro fare al suo Signore.
“Almeno mi ami?” è la seconda richiesta di Gesù a colui che si era rifiutato di farsi lavare i piedi ma che ora di fronte al suo Signore si cinge la veste del servizio per tuffarsi in mare e raggiungerlo sulla riva. “Lo sai che ti voglio bene!” è la risposta di Pietro.
Poi l’infinita tenerezza di quella terza domanda: “ma almeno, mi vuoi bene?” Ed ecco nel cuore di Pietro con il perdono sboccia la gioia: “Sì, Signore tu lo sai ti voglio bene!”
Che meraviglia questo nostro Dio che non mi chiede di essere perfetto, ma si adegua alle mie limitate possibilità, perché io possa aderire completamente al suo progetto d’amore. Ora posso tendere le mie mani per abbracciare ogni uomo e donna che percorre le vie di questo mondo. Ora rigenerato dal perdono di Dio, posso dire il mio “sì” al tuo invito “Seguimi!”
Questa appare molto diversa, forse inaspettata, tanto che i discepoli faticano a riconoscere Gesù: se è vero che ci è stato dato un appuntamento privilegiato, nell’eucaristia domenicale, giorno del Signore, è altresì vero che Gesù intende condividere ogni momento con coloro che vogliono essere suoi discepoli e che come Chiesa siamo chiamati ad annunciare il Vangelo in ogni circostanza opportuna e non opportuna (2Tim 4,2): troppo bello il Vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio perché non sia urlato al mondo!
Il brano inizia con quel “Vado a pescare” di Pietro, quasi una resa, di fronte alla sua fatica di credere, il considerare la sua vita con Gesù, quei tre anni, un fallimento totale; poi quella pesca infruttuosa nella “notte” dei nostri progetti umani, buia perché non illuminata dalla fede nel Risorto. Giovanni ci ricorda come a volte ci sembra di navigare non nelle tranquille acque del lago di Galilea, ma nel “mare di Tiberiade” in balia delle onde di un mondo che ci sembra ostile e lontano dal “Regno di Dio”, dove non sembra realizzarsi il progetto di umanità nuova, vera e pienamente realizzata che Dio ha nel suo cuore fin dalla creazione.
Poi l’incontro con il Risorto con quella domanda quasi insolente: “Figlioli, non avete nulla da mangiare (letteralmente del companatico)?” Sì, non serve altro, il pane, quello vero perché “spezzato”, l’ha già messo Lui. Ed ancora di fronte al riconoscimento dell’ennesimo fallimento quell’invito come all’inizio della storia: “Gettate la rete… e troverete!”: ed è un nuovo inizio!
Gettate ancora le reti per pescare, raccogliere, tirar fuori da quel mare tremendo ed oscuro 153 pesci, cioè tutti come 153 erano le specie di pesci conosciuti allora, perché il Vangelo di Gesù è per tutti nessuno escluso!
Mi sono domandato in questi giorni se quei pesci fossero tutti buoni (da mangiare)? Probabilmente no, ma Dio non si ferma di fronte al male e al peccato, vuole che tutti siano salvi!
Ma il vero protagonista di questo testo rimane Pietro con la sua fatica di fronte alla fede, con la sua delusione perché Gesù non aveva dato risposta ai suoi progetti umani, con la sua testardaggine nel rimanere legato a quell’idea ormai vecchia di Dio, con davanti a sé tutti i suoi fallimenti ed il suo tradimento verso quell’uomo che gli aveva insegnato ad amare, ma soprattutto con la sua consapevolezza di essere peccatore e di non essere capace di dare al suo Signore tutto il suo amore. Questo è Pietro! Questo siamo noi!
Il dialogo conclusivo è un gioiello teologico sulla pedagogia di Dio: per tre volte Gesù chiede di essere amato, esattamente come per tre volte Pietro aveva negato di conoscerlo; per tre volte Gesù affida la sua Chiesa, la comunità dei suoi discepoli, alle cure amorevoli di Pietro, colui che per tre volte lo aveva tradito. Tre richieste uguali e ogni volta diverse: a Dio non interessa la nostra fede, non interessano i nostri sacrifici, le nostre messe, le nostre preghiere, Dio da noi cerca soltanto amore!
“Mi ami tu più di costoro?” chiede a Pietro che nel Getsemani aveva promesso di seguirlo fino alla morte per poi negare di conoscerlo poche ore dopo; “Ti voglio bene!” è la sola promessa che Pietro fare al suo Signore.
“Almeno mi ami?” è la seconda richiesta di Gesù a colui che si era rifiutato di farsi lavare i piedi ma che ora di fronte al suo Signore si cinge la veste del servizio per tuffarsi in mare e raggiungerlo sulla riva. “Lo sai che ti voglio bene!” è la risposta di Pietro.
Poi l’infinita tenerezza di quella terza domanda: “ma almeno, mi vuoi bene?” Ed ecco nel cuore di Pietro con il perdono sboccia la gioia: “Sì, Signore tu lo sai ti voglio bene!”
Che meraviglia questo nostro Dio che non mi chiede di essere perfetto, ma si adegua alle mie limitate possibilità, perché io possa aderire completamente al suo progetto d’amore. Ora posso tendere le mie mani per abbracciare ogni uomo e donna che percorre le vie di questo mondo. Ora rigenerato dal perdono di Dio, posso dire il mio “sì” al tuo invito “Seguimi!”
Commento 10 aprile 2016
Il vangelo si compone di due parti: 1) l’apparizione di Gesù ai discepoli sul lago di Tiberiade; 2) il dialogo tra Gesù e Pietro.
1) Tornati i discepoli in Galilea sul lago di Tiberiade, Pietro propone ai suoi compagni di ritornare a pescare come se nella loro vita non fosse successo niente: pescatore ero e pescatore ritornerò ad essere; vivere accanto a un uomo straordinario come Gesù è stato bello, ma ora tutto è finito! Un sogno bellissimo, ma solo un sogno!
Ma in quella notte, che per Giovanni è sempre anche una “notte spirituale”, fatta di delusioni e disillusioni, non prendono nulla; solo quando verso l’alba, Gesù si fa loro incontro indicando dove dovevano gettare le reti, la pesca ha del miracoloso e questo segno permette al discepolo che Gesù amava di riconoscerlo.
Significativo anche il numero simbolico dei pesci che vengono presi, 153; molte sono le interpretazioni circa questo numero: Girolamo riferisce come gli zoologi antichi avessero identificato in tutto 153 specie diverse di pesci e quindi vede in questo numero la portata universale della vocazione cristiana. Nessuno è escluso dall’annuncio cristiano e chi accoglie questo annuncio diventa l’uomo senza barriere. La prima provocazione di oggi è che in quanto cristiani siamo chiamati ad avere uno sguardo universale che riconosca ogni uomo come nostro fratello; amici carissimi, ogni volta che il nostro sguardo si chiude su noi stessi, sui nostri interessi personali, noi rinunciamo ad essere cristiani.
2) Siamo allo stupendo dialogo tra Gesù e Pietro: vorrei farne una traduzione commentata e rivista per poterne capire insieme il senso; il dialogo ruota intorno a due verbi che in italiano potrebbero essere tradotti nello stesso modo, ma che hanno connotazioni diverse vorrei il verbo philéo esprime l’amore di amicizia, tenero, ma non totalizzante, mentre il verbo agapào significa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Nel dialogo troverete in grassetto le parole di Gesù, in corsivo quelle di Pietro, mentre tra parentesi metto i miei commenti:
Simone di Giovanni, mi ami (Agapas me) più di questi? (l’inizio è solenne, Gesù chiama Pietro con il nome ed il cognome come se si trattasse di qualcosa di estremamente importante, quindi richiede a Pietro un amore forte incondizionato, disposto a tutto)
Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene (Phileo se) (Sì Signore tu lo sai che non so amarti come tu vorresti, come Tu ami me, conosci le mie incoerenze e i miei tradimenti, dai su perdonami se io non so amarti)
Pasci i miei agnelli ( Io ti conosco, mi fido di te e ti chiamo a guidare tutti coloro che vorranno seguirmi; tu amali come un pastore ama le sue pecore e le protegge dai pericoli anche a costo della sua vita, in particolare il tuo sguardo sia rivolto ai più deboli e ai poveri)
Simone di Giovanni, mi ami (Agapas me)? (Dai su Pietro ce la puoi fare, coraggio! Metti tutto il tuo entusiasmo e amami così come io ti ho insegnato!)
Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene (Phileo se) (Forse Pietro si è anche domandato se Gesù aveva capito bene, ma come gliel’ho appena detto che gli voglio bene, perché continua a chiedermi se lo amo)
Pascola le mie pecore (Pietro, perché non capisci, ho bisogno del tuo amore, ho bisogno di te perché tu possa guidare nell’amore il mio popolo; coraggio!)
Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene (Phileis me)? (Dai Simone, ho capito sei ancora convinto di non riuscire ad amarmi come io ti ho insegnato; comincia a volermi bene perché è ciò che voglio, poi un giorno imparerai ad amarmi coma sai già fare. Pietro per si rattrista perché per la terza volta gli viene posta la stessa domanda, forse neanche si accorge della modifica; pensa che è la terza volta come per tre volte aveva negato di conoscerlo e cade nella disperazione, forse come in quel momento tremendo qualche lacrima gli scende sul volto e quelle lacrime sono l’acqua del suo battesimo ora può liberarsi dai suoi dubbi ed esulta nella fede…)
Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene (Phileis se) (finalmente Signore hai capito che ti voglio bene; ce l’hai fatta)
Pasci le mie pecore. (Gesù ripropone a Pietro nuovamente la missione, che dovrà portare avanti; dovrà essere la guida della comunità dei cristiani)
In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma tenderai le tue mani quando sarai vecchio, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi
Osservate il gioco di parole dell’evangelista per sottolineare il destino di Pietro:
quando eri giovane quando sarai vecchio
ti vestivi da solo un altro ti vestirà
andavi dove volevi ti porterà dove non vuoi
tenderai le tue mani
Giovanni quando scrive sa che Pietro è stato crocifisso (“tenderai le mani”); Pietro è chiamato a testimoniare la sua fede nel modo più alto e ha avuto la forza per rispondere con il suo sì definitivo; ecco che assume un nuovo senso l’invito finale che Gesù rivolge a Pietro e a tutti noi:
Seguimi!!!
1) Tornati i discepoli in Galilea sul lago di Tiberiade, Pietro propone ai suoi compagni di ritornare a pescare come se nella loro vita non fosse successo niente: pescatore ero e pescatore ritornerò ad essere; vivere accanto a un uomo straordinario come Gesù è stato bello, ma ora tutto è finito! Un sogno bellissimo, ma solo un sogno!
Ma in quella notte, che per Giovanni è sempre anche una “notte spirituale”, fatta di delusioni e disillusioni, non prendono nulla; solo quando verso l’alba, Gesù si fa loro incontro indicando dove dovevano gettare le reti, la pesca ha del miracoloso e questo segno permette al discepolo che Gesù amava di riconoscerlo.
Significativo anche il numero simbolico dei pesci che vengono presi, 153; molte sono le interpretazioni circa questo numero: Girolamo riferisce come gli zoologi antichi avessero identificato in tutto 153 specie diverse di pesci e quindi vede in questo numero la portata universale della vocazione cristiana. Nessuno è escluso dall’annuncio cristiano e chi accoglie questo annuncio diventa l’uomo senza barriere. La prima provocazione di oggi è che in quanto cristiani siamo chiamati ad avere uno sguardo universale che riconosca ogni uomo come nostro fratello; amici carissimi, ogni volta che il nostro sguardo si chiude su noi stessi, sui nostri interessi personali, noi rinunciamo ad essere cristiani.
2) Siamo allo stupendo dialogo tra Gesù e Pietro: vorrei farne una traduzione commentata e rivista per poterne capire insieme il senso; il dialogo ruota intorno a due verbi che in italiano potrebbero essere tradotti nello stesso modo, ma che hanno connotazioni diverse vorrei il verbo philéo esprime l’amore di amicizia, tenero, ma non totalizzante, mentre il verbo agapào significa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Nel dialogo troverete in grassetto le parole di Gesù, in corsivo quelle di Pietro, mentre tra parentesi metto i miei commenti:
Simone di Giovanni, mi ami (Agapas me) più di questi? (l’inizio è solenne, Gesù chiama Pietro con il nome ed il cognome come se si trattasse di qualcosa di estremamente importante, quindi richiede a Pietro un amore forte incondizionato, disposto a tutto)
Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene (Phileo se) (Sì Signore tu lo sai che non so amarti come tu vorresti, come Tu ami me, conosci le mie incoerenze e i miei tradimenti, dai su perdonami se io non so amarti)
Pasci i miei agnelli ( Io ti conosco, mi fido di te e ti chiamo a guidare tutti coloro che vorranno seguirmi; tu amali come un pastore ama le sue pecore e le protegge dai pericoli anche a costo della sua vita, in particolare il tuo sguardo sia rivolto ai più deboli e ai poveri)
Simone di Giovanni, mi ami (Agapas me)? (Dai su Pietro ce la puoi fare, coraggio! Metti tutto il tuo entusiasmo e amami così come io ti ho insegnato!)
Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene (Phileo se) (Forse Pietro si è anche domandato se Gesù aveva capito bene, ma come gliel’ho appena detto che gli voglio bene, perché continua a chiedermi se lo amo)
Pascola le mie pecore (Pietro, perché non capisci, ho bisogno del tuo amore, ho bisogno di te perché tu possa guidare nell’amore il mio popolo; coraggio!)
Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene (Phileis me)? (Dai Simone, ho capito sei ancora convinto di non riuscire ad amarmi come io ti ho insegnato; comincia a volermi bene perché è ciò che voglio, poi un giorno imparerai ad amarmi coma sai già fare. Pietro per si rattrista perché per la terza volta gli viene posta la stessa domanda, forse neanche si accorge della modifica; pensa che è la terza volta come per tre volte aveva negato di conoscerlo e cade nella disperazione, forse come in quel momento tremendo qualche lacrima gli scende sul volto e quelle lacrime sono l’acqua del suo battesimo ora può liberarsi dai suoi dubbi ed esulta nella fede…)
Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene (Phileis se) (finalmente Signore hai capito che ti voglio bene; ce l’hai fatta)
Pasci le mie pecore. (Gesù ripropone a Pietro nuovamente la missione, che dovrà portare avanti; dovrà essere la guida della comunità dei cristiani)
In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma tenderai le tue mani quando sarai vecchio, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi
Osservate il gioco di parole dell’evangelista per sottolineare il destino di Pietro:
quando eri giovane quando sarai vecchio
ti vestivi da solo un altro ti vestirà
andavi dove volevi ti porterà dove non vuoi
tenderai le tue mani
Giovanni quando scrive sa che Pietro è stato crocifisso (“tenderai le mani”); Pietro è chiamato a testimoniare la sua fede nel modo più alto e ha avuto la forza per rispondere con il suo sì definitivo; ecco che assume un nuovo senso l’invito finale che Gesù rivolge a Pietro e a tutti noi:
Seguimi!!!