Venerdì Settimana Santa
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Vangelo Gv 18, 1-19, 42
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
Commento 7 aprile 2023
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Dio offre la sua vita per me, per noi per ciascun uomo e donna!
“Tutto è compiuto!” sono le ultime parole di Gesù sulla croce; tutta la storia della salvezza, la storia dell’incredibile amore di Dio per l’uomo si conclude e si riassume nella croce; ecco perché attoniti e nel silenzio che sempre circonda ciò che appare inconcepibile, ci inginocchiamo di fronte alla croce, “scandalo per i giudei" e coloro che cercano un Dio dei miracoli "e stoltezza per i greci” e tutti coloro che cercano la sapienza.
Sì, la croce da cui in eterno pende un Dio che muore per me, per noi scandalizza chi tra noi cerca e confida in un Dio onnipotente a nostro uso e consumo, sempre pronto a risolvere gli enormi problemi che rendono pesanti i giorni della nostra vita; sì, la croce sconvolge anche tutti coloro che cercano un Dio onnisciente, giudice giusto che premia i buoni e punisce i malvagi.
Ecco nella croce vi è la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! Nei giorni complicati della nostra vita siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, a Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
Saranno gli acciacchi che avanzano con l’età ma continuo a meditare le parole di Gesù a Filippo ed Andrea: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32); infatti è proprio sulla croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi. Così pur scoprendo intorno a me tanti, troppi cristiani “da domenica delle Palme” sempre pronti ad osannare il Messia di turno, finché questo ci serve, io sento sempre più di voler essere un discepolo “del venerdì santo” prima ancora che un salvato “della domenica di Pasqua”, perché se è vero che “se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede” (1Cor 15,17) è altrettanto vero che come Paolo ritengo “di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (1Cor 2,2).
È nella croce che, davanti ad un Dio che si fa “obbediente fino alla morte e ad una morte di croce” (Fil 2), possiamo trovare la sconvolgente “misura dell’amore di Dio per noi”, ma non basta, “davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare” (Francesco, omelia delle Palme 2020).
È di fronte alla croce che possiamo aprire il nostro cuore allo stupore nello scoprirci amati da Dio, amati totalmente, amati “senza se e senza ma” e questo stupore ci aiuterà a rinnovare la nostra fede logorata dall’abitudine.
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione per giustificare le loro guerre mondiali o personali che siano; la croce è salvezza, perché segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
Lasciamoci sconvolgere i cuori dal messaggio della croce che ci invita a fare delle nostre vite “lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” (Frère Roger di Taizé); il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato e nello stesso tempo sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello!
Senza la sua dimensione verticale, ovvero senza alzare il proprio sguardo verso Dio riconoscendolo nel prossimo è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello, mentre senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non può testimoniare concretamente il suo amore per Dio! Così oggi non possiamo inginocchiarci per adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori, perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
“Tutto è compiuto!” sono le ultime parole di Gesù sulla croce; tutta la storia della salvezza, la storia dell’incredibile amore di Dio per l’uomo si conclude e si riassume nella croce; ecco perché attoniti e nel silenzio che sempre circonda ciò che appare inconcepibile, ci inginocchiamo di fronte alla croce, “scandalo per i giudei" e coloro che cercano un Dio dei miracoli "e stoltezza per i greci” e tutti coloro che cercano la sapienza.
Sì, la croce da cui in eterno pende un Dio che muore per me, per noi scandalizza chi tra noi cerca e confida in un Dio onnipotente a nostro uso e consumo, sempre pronto a risolvere gli enormi problemi che rendono pesanti i giorni della nostra vita; sì, la croce sconvolge anche tutti coloro che cercano un Dio onnisciente, giudice giusto che premia i buoni e punisce i malvagi.
Ecco nella croce vi è la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! Nei giorni complicati della nostra vita siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, a Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
Saranno gli acciacchi che avanzano con l’età ma continuo a meditare le parole di Gesù a Filippo ed Andrea: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32); infatti è proprio sulla croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi. Così pur scoprendo intorno a me tanti, troppi cristiani “da domenica delle Palme” sempre pronti ad osannare il Messia di turno, finché questo ci serve, io sento sempre più di voler essere un discepolo “del venerdì santo” prima ancora che un salvato “della domenica di Pasqua”, perché se è vero che “se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede” (1Cor 15,17) è altrettanto vero che come Paolo ritengo “di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (1Cor 2,2).
È nella croce che, davanti ad un Dio che si fa “obbediente fino alla morte e ad una morte di croce” (Fil 2), possiamo trovare la sconvolgente “misura dell’amore di Dio per noi”, ma non basta, “davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare” (Francesco, omelia delle Palme 2020).
È di fronte alla croce che possiamo aprire il nostro cuore allo stupore nello scoprirci amati da Dio, amati totalmente, amati “senza se e senza ma” e questo stupore ci aiuterà a rinnovare la nostra fede logorata dall’abitudine.
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione per giustificare le loro guerre mondiali o personali che siano; la croce è salvezza, perché segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
Lasciamoci sconvolgere i cuori dal messaggio della croce che ci invita a fare delle nostre vite “lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” (Frère Roger di Taizé); il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato e nello stesso tempo sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello!
Senza la sua dimensione verticale, ovvero senza alzare il proprio sguardo verso Dio riconoscendolo nel prossimo è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello, mentre senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non può testimoniare concretamente il suo amore per Dio! Così oggi non possiamo inginocchiarci per adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori, perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 15 aprile 2022
Tutto è compiuto! Attoniti e nel silenzio che sempre circonda ciò che appare inconcepibile, ci inginocchiamo di fronte alla croce, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani”. Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Dio offre la sua vita per me, per noi per ciascun uomo e donna!
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla guerra e dalla pandemia, in cui ogni giorno siamo quasi sopraffatti da immagini di croce, siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, a Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza. Continuo a meditare le parole di Gesù a Filippo ed Andrea: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32); infatti è proprio sulla croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi.
È nella croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi, è nella croce che davanti ad un Dio che si fa “obbediente fino alla morte e ad una morte di croce” (Fil 2), chiediamo la grazia di vivere per servire.
Apriamo allora il nostro cuore allo stupore nello scoprirci amati da Dio, amati totalmente, amati “senza se e senza ma”; lo stupore ci aiuterà a rinnovare la nostra fede logorata, forse dall’abitudine.
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione per giustificare le loro guerre mondiali o personali che siano; la croce è salvezza, perché segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
“Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” scriveva Frère Roger di Taizé: ecco il messaggio della croce. Che questo messaggio possa davvero sconvolgere i nostri cuori.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello!
Non possiamo adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla guerra e dalla pandemia, in cui ogni giorno siamo quasi sopraffatti da immagini di croce, siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, a Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza. Continuo a meditare le parole di Gesù a Filippo ed Andrea: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32); infatti è proprio sulla croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi.
È nella croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi, è nella croce che davanti ad un Dio che si fa “obbediente fino alla morte e ad una morte di croce” (Fil 2), chiediamo la grazia di vivere per servire.
Apriamo allora il nostro cuore allo stupore nello scoprirci amati da Dio, amati totalmente, amati “senza se e senza ma”; lo stupore ci aiuterà a rinnovare la nostra fede logorata, forse dall’abitudine.
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione per giustificare le loro guerre mondiali o personali che siano; la croce è salvezza, perché segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
“Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” scriveva Frère Roger di Taizé: ecco il messaggio della croce. Che questo messaggio possa davvero sconvolgere i nostri cuori.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello!
Non possiamo adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 2 aprile 2021
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Dio offre la sua vita per me, per noi per ciascun uomo e donna! Sgomenti ci inginocchiamo di fronte alla croce, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani”.
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla pandemia siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, A Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
In questi giorni continuo a meditare le parole di Gesù a Filippo ed Andrea: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32); infatti è proprio sulla croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi.
Apriamo il nostro cuore allo stupore nello scoprirci amati da Dio, amati totalmente, amati “senza se e senza ma”; lo stupore ci aiuterà a rinnovare la nostra fede logorata, forse dall’abitudine. Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione; la croce è segno di salvezza, perché è segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello! Non possiamo inginocchiarci ad adorare la croce, dimenticandoci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla pandemia siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, A Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
In questi giorni continuo a meditare le parole di Gesù a Filippo ed Andrea: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me!” (Gv 12,32); infatti è proprio sulla croce che possiamo trovare la sconvolgente misura dell’amore di Dio per noi.
Apriamo il nostro cuore allo stupore nello scoprirci amati da Dio, amati totalmente, amati “senza se e senza ma”; lo stupore ci aiuterà a rinnovare la nostra fede logorata, forse dall’abitudine. Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione; la croce è segno di salvezza, perché è segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello! Non possiamo inginocchiarci ad adorare la croce, dimenticandoci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 10 aprile 2020
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Dio offre la sua vita per me, per noi per ciascun uomo e donna! Sgomenti ci inginocchiamo di fronte alla croce, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani”.
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla pandemia siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, A Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
In questi giorni continuo a meditare le parole di Francesco nell’omelia di domenica scorsa e faccio mio il suo invito che rivolgo anche a tutti voi in questa giornata: “Guardate, guardate il Crocifisso!”
Lì possiamo trovare la sconvolgente “misura dell’amore di Dio per noi”, ma non basta, “davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare” (Francesco, omelia delle Palme 2020).
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione; la croce è segno di salvezza, perché è segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
“Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” scriveva Frère Roger di Taizé: ecco il messaggio della croce. Che questo messaggio possa davvero sconvolgere i nostri cuori.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello!
Non possiamo adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla pandemia siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, A Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
In questi giorni continuo a meditare le parole di Francesco nell’omelia di domenica scorsa e faccio mio il suo invito che rivolgo anche a tutti voi in questa giornata: “Guardate, guardate il Crocifisso!”
Lì possiamo trovare la sconvolgente “misura dell’amore di Dio per noi”, ma non basta, “davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare” (Francesco, omelia delle Palme 2020).
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione; la croce è segno di salvezza, perché è segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
“Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” scriveva Frère Roger di Taizé: ecco il messaggio della croce. Che questo messaggio possa davvero sconvolgere i nostri cuori.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello!
Non possiamo adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 19 aprile 2019
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Dio offre la sua vita per me, per noi per ciascun uomo e donna! Sgomenti ci inginocchiamo di fronte alla croce, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani”.
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla pandemia siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, A Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
In questi giorni continuo a meditare le parole di Francesco nell’omelia di domenica scorsa e faccio mio il suo invito che rivolgo anche a tutti voi in questa giornata: “Guardate, guardate il Crocifisso!”
Lì possiamo trovare la sconvolgente “misura dell’amore di Dio per noi”, ma non basta, “davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare” (Francesco, omelia delle Palme 2020).
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione; la croce è segno di salvezza, perché è segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
“Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” scriveva Frère Roger di Taizé: ecco il messaggio della croce. Che questo messaggio possa davvero sconvolgere i nostri cuori.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello!
Non possiamo adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Ecco la nostra salvezza, ecco il segno della nostra speranza! Sembra assurdo, ma in quel segno noi possiamo ritrovare il senso vero ed ultimo di tutta la nostra esistenza! In questi drammatici giorni segnati dalla pandemia siamo chiamati a tenere fisso il nostro sguardo a Colui che è stato trafitto, A Colui che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza.
In questi giorni continuo a meditare le parole di Francesco nell’omelia di domenica scorsa e faccio mio il suo invito che rivolgo anche a tutti voi in questa giornata: “Guardate, guardate il Crocifisso!”
Lì possiamo trovare la sconvolgente “misura dell’amore di Dio per noi”, ma non basta, “davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare” (Francesco, omelia delle Palme 2020).
Non lasciamoci strappare dalle mani e dal cuore il simbolo della croce da coloro che vogliono farne uno strumento di potere e di orgoglio cristiano e di conseguenza di divisione; la croce è segno di salvezza, perché è segno di un amore infinito, di un amore capace di stravolgere ogni logica umana.
“Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione” scriveva Frère Roger di Taizé: ecco il messaggio della croce. Che questo messaggio possa davvero sconvolgere i nostri cuori.
Il cristiano è l’uomo, la donna della croce, colui che sa aprire le proprie braccia per accogliere ogni altro essere umano come il proprio fratello e sa alzare lo sguardo verso Dio per vivere dell’amore che Gesù ci ha portato! Senza la dimensione orizzontale dell’amore per il fratello il cristiano non testimonia concretamente il suo amore per Dio; senza riconoscere nel prossimo il volto di Dio è impossibile amare la propria sorella ed il proprio fratello!
Non possiamo adorare la croce e dimenticarci del Crocifisso, presente in tutti i crocifissi di questo mondo!
Su quella croce Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori. Apriamo, quindi, i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 30 marzo 2018
Attoniti ci inginocchiamo di fronte alla croce: Dio offre la sua vita per me, per noi, per ciascun uomo e donna! Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori.
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Apriamo i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Apriamo i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 14 aprile 2017
Attoniti ci inginocchiamo di fronte alla croce: Dio offre la sua vita per me, per noi, per ciascun uomo e donna! Gesù apre le sue braccia e lascia che queste siano per sempre inchiodate a quel legno perché ogni uomo possa sentire in eterno l’abbraccio infinito di Dio; lasciamo che questo sentimento di tenerezza irrompa nei nostri cuori.
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Apriamo i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Celebriamo oggi la passione di Cristo, celebriamo l’uomo che è la passione di Dio! Apriamo i nostri cuori perché siano finalmente inondati dell’amore di Dio, un amore capace, ne siamo certi, di vincere la morte!
Commento 25 marzo 2016
Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. (Gv 19,30)
Signore Gesù, tu che dopo aver donato tutta la tua vita, con le tue ultime forze rimaste hai voluto donarmi il tuo Spirito, concedimi di vivere ogni incontro della mia vita nella logica del dono.
Signore Gesù, tu che dopo aver donato tutta la tua vita, con le tue ultime forze rimaste hai voluto donarmi il tuo Spirito, concedimi di vivere ogni incontro della mia vita nella logica del dono.