VII Domenica T.O.
Vangelo Mt 5, 38-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Commento 19 febbraio 2023
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli!” Con queste parole Gesù inizia una serie di antitesi per proporre un nuovo rapporto con Dio, la cui legge Gesù non è venuto a demolire, ma a portare a un pieno compimento. Sono sei esempi per affermare che la Legge non era altro che l’indicazione che Dio aveva dato al suo popolo per vivere pienamente nell’amore. Per chi vuol vivere da discepolo non basta non uccidere, occorre rispettare la dignità della vita dell’altro; non basta non tradire l’amore umano è necessaria una fedeltà del cuore perché l’amore sia vero; non basta non giurare chiamando Dio a testimone delle proprie parole, occorre vivere nella sincerità e nella semplicità del linguaggio. Fino a questo punto tutto ciò appare una proposta esaltante e difficile.
Ora Gesù non si ferma ed indica ai suoi discepoli altre due mete oltre le quali, credo, non sia possibile andare; tutta la vita di noi uomini si regge su due pilastri: la giustizia, per cui ad ogni uomo e donna deve essere dato ciò che si merita, e la consapevolezza che di fronte a me avrò sempre persone che sento più vicine e persone che sento lontane se non nemiche. Così Gesù afferma con forza che per la perfezione, l’uomo come figlio di Dio, creato a sua immagine, deve superare questo modo di pensare per abbandonarsi ad una logica di amore incondizionato, infinito, eterno ed universale.
Di fronte alle parole di questo vangelo rimango esterrefatto, forse proprio a questo si riferiva san Francesco quando parlava di un vangelo vissuto “sine glossa”, senza commento alcuno e mi piacerebbe terminare qui questa mia condivisione perché le parole mancano.
Gesù parte dalla legge del taglione: “Occhio per occhio e dente per dente”: questa norma non è la giustificazione per ogni possibile ritorsione o vendetta, ma fu tra le più alte parole umane mai scritte (codice di Hammurabi), tanto da diventare parola di Dio (Es 21; Lv 24; Dt 19); in realtà sono parole poste come limite invalicabile nel diritto per evitare ritorsioni sproporzionate ed una escalation infinita di violenza. Gesù non nega la bontà di questa norma, che però rimane confinata ancora nella logica della giustizia di questo mondo; non è, pertanto, questa la giustizia che siamo chiamati a vivere in quanto figli di Dio e discepoli di Cristo: è da sottolineare come nei quattro esempi concreti che Gesù fa sia utilizzata la seconda persona singolare (tu porgi l’altra guancia, tu lascia il mantello, tu fai due miglia, a chi ti chiede tu dai) quasi a rivolgersi singolarmente a ciascuno di noi, come se ci dovessimo sentire tutti interpellati personalmente da questo nuovo modo di rapportarci con gli altri uomini.
Il discepolo di Cristo non si vendica, non restituisce il male, il torto, l’offesa che ha ricevuto perché questo significherebbe aggiungere altro male oltre a quello che è già stato fatto, chi appartiene al Regno dei Cieli di fronte all’offesa subita restituisce amore, condivisione, perdono. Quello che Gesù propone non è un atteggiamento passivo e dimesso: lo stesso Gesù allo schiaffo della guardia nel Sinedrio non ha porto l’altra guancia, ma ha chiesto il motivo di tale gesto richiamando chi lo aveva colpito alla giustizia. Gesù non propone la passività del debole, ma la forza coraggiosa di chi cerca di ricostruire una relazione compiendo il primo passo del perdono. Il cristianesimo non è una religione di schiavi che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli e dei rassegnati di fronte al male presente in questo mondo, ma la fede di donne e uomini totalmente liberi e perciò capaci di disinnescare ogni spirale di vendetta per costruire relazioni nuove che portano alla vera felicità.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”: qui Gesù fa una forzatura nel citare la Bibbia poiché se era chiaro il comandamento di amare il prossimo, restano molto rare le parole di odio verso i nemici (sal 139); in questo modo Gesù vuole sottolineare, forse, come quelle parole sull’amore riservato ai propri vicini fossero state malintese. Anche in questo caso Gesù invita ad un ulteriore salto di qualità per affermare che tutti gli uomini, ogni uomo e donna sono il mio prossimo: ogni creatura diventa per me “prossimo” e niente e nessuno è da considerare come nemico, se non il male, il peccato che pervade il mondo. Per indicare l’amore verso i nemici qui si usa il termine “agape”, che nel greco classico era molto raro, ma che era diventato il termine “tecnico” che meglio descriveva e caratterizzava il comportamento del discepolo di Cristo: l’agape è l’amore incondizionato, gratuito, che non si aspetta niente in cambio; è l’amore, che come quello di Dio, raggiunge chiunque, anche il nemico, chi ti fa del male; è fare del bene e farsi subito da parte sperando che nessuno si accorga di quanto hai fatto “perché il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà”, è il bisogno di vedere l’altro felice, perché nella gioia del fratello trova vero compimento la mia gioia.
Solo vivendo questo amore potremo essere perfetti come il Padre/Madre nostro celeste, perfetti cioè pieni di misericordia (cfr. passo parallelo di Lc 6,36), ricolmi di quell’amore incondizionato capace di superare il male, il peccato ed ogni offesa. È significativo come Matteo dica Padre e non Dio, perché io sono cosciente che non sarò mai come Dio, ma come figlio sono chiamato ad assomigliare al Padre! La perfezione, la misericordia non è pertanto una meta da conquistare nel corso della vita, ma un dono, una caratteristica genetica dei figli di Dio che è data ad ognuno di noi perché possa ogni giorno diventare vita!
Ora Gesù non si ferma ed indica ai suoi discepoli altre due mete oltre le quali, credo, non sia possibile andare; tutta la vita di noi uomini si regge su due pilastri: la giustizia, per cui ad ogni uomo e donna deve essere dato ciò che si merita, e la consapevolezza che di fronte a me avrò sempre persone che sento più vicine e persone che sento lontane se non nemiche. Così Gesù afferma con forza che per la perfezione, l’uomo come figlio di Dio, creato a sua immagine, deve superare questo modo di pensare per abbandonarsi ad una logica di amore incondizionato, infinito, eterno ed universale.
Di fronte alle parole di questo vangelo rimango esterrefatto, forse proprio a questo si riferiva san Francesco quando parlava di un vangelo vissuto “sine glossa”, senza commento alcuno e mi piacerebbe terminare qui questa mia condivisione perché le parole mancano.
Gesù parte dalla legge del taglione: “Occhio per occhio e dente per dente”: questa norma non è la giustificazione per ogni possibile ritorsione o vendetta, ma fu tra le più alte parole umane mai scritte (codice di Hammurabi), tanto da diventare parola di Dio (Es 21; Lv 24; Dt 19); in realtà sono parole poste come limite invalicabile nel diritto per evitare ritorsioni sproporzionate ed una escalation infinita di violenza. Gesù non nega la bontà di questa norma, che però rimane confinata ancora nella logica della giustizia di questo mondo; non è, pertanto, questa la giustizia che siamo chiamati a vivere in quanto figli di Dio e discepoli di Cristo: è da sottolineare come nei quattro esempi concreti che Gesù fa sia utilizzata la seconda persona singolare (tu porgi l’altra guancia, tu lascia il mantello, tu fai due miglia, a chi ti chiede tu dai) quasi a rivolgersi singolarmente a ciascuno di noi, come se ci dovessimo sentire tutti interpellati personalmente da questo nuovo modo di rapportarci con gli altri uomini.
Il discepolo di Cristo non si vendica, non restituisce il male, il torto, l’offesa che ha ricevuto perché questo significherebbe aggiungere altro male oltre a quello che è già stato fatto, chi appartiene al Regno dei Cieli di fronte all’offesa subita restituisce amore, condivisione, perdono. Quello che Gesù propone non è un atteggiamento passivo e dimesso: lo stesso Gesù allo schiaffo della guardia nel Sinedrio non ha porto l’altra guancia, ma ha chiesto il motivo di tale gesto richiamando chi lo aveva colpito alla giustizia. Gesù non propone la passività del debole, ma la forza coraggiosa di chi cerca di ricostruire una relazione compiendo il primo passo del perdono. Il cristianesimo non è una religione di schiavi che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli e dei rassegnati di fronte al male presente in questo mondo, ma la fede di donne e uomini totalmente liberi e perciò capaci di disinnescare ogni spirale di vendetta per costruire relazioni nuove che portano alla vera felicità.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”: qui Gesù fa una forzatura nel citare la Bibbia poiché se era chiaro il comandamento di amare il prossimo, restano molto rare le parole di odio verso i nemici (sal 139); in questo modo Gesù vuole sottolineare, forse, come quelle parole sull’amore riservato ai propri vicini fossero state malintese. Anche in questo caso Gesù invita ad un ulteriore salto di qualità per affermare che tutti gli uomini, ogni uomo e donna sono il mio prossimo: ogni creatura diventa per me “prossimo” e niente e nessuno è da considerare come nemico, se non il male, il peccato che pervade il mondo. Per indicare l’amore verso i nemici qui si usa il termine “agape”, che nel greco classico era molto raro, ma che era diventato il termine “tecnico” che meglio descriveva e caratterizzava il comportamento del discepolo di Cristo: l’agape è l’amore incondizionato, gratuito, che non si aspetta niente in cambio; è l’amore, che come quello di Dio, raggiunge chiunque, anche il nemico, chi ti fa del male; è fare del bene e farsi subito da parte sperando che nessuno si accorga di quanto hai fatto “perché il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà”, è il bisogno di vedere l’altro felice, perché nella gioia del fratello trova vero compimento la mia gioia.
Solo vivendo questo amore potremo essere perfetti come il Padre/Madre nostro celeste, perfetti cioè pieni di misericordia (cfr. passo parallelo di Lc 6,36), ricolmi di quell’amore incondizionato capace di superare il male, il peccato ed ogni offesa. È significativo come Matteo dica Padre e non Dio, perché io sono cosciente che non sarò mai come Dio, ma come figlio sono chiamato ad assomigliare al Padre! La perfezione, la misericordia non è pertanto una meta da conquistare nel corso della vita, ma un dono, una caratteristica genetica dei figli di Dio che è data ad ognuno di noi perché possa ogni giorno diventare vita!
Commento 23 febbraio 2020
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli!” Con queste parole Gesù inizia una serie di antitesi per proporre un nuovo modo di vivere la Legge di Dio che Gesù non è venuto ad abolire, ma a portare a compimento. Sono sei esempi per affermare che la Legge non era altro che l’indicazione che Dio aveva dato al suo popolo per vivere pienamente nell’amore. Non basta non uccidere, occorre rispettare la dignità della vita dell’altro; non basta non tradire l’amore umano è necessaria una fedeltà del cuore perché l’amore sia vero; non basta non giurare chiamando Dio a testimone delle mie parole, occorre vivere nella sincerità e nella semplicità. È una proposta esaltante anche se difficile, ma ce la posso fare; se non che Gesù non si ferma ed indica ai suoi discepoli altre due mete oltre le quali, credo, non sia possibile andare. Di fronte alle parole del vangelo di oggi rimango esterrefatto, forse proprio a queste si riferiva san Francesco quando parlava di un vangelo vissuto “sine glossa”, senza commento alcuno e mi piacerebbe terminare qui questa mia condivisione perché le parole mancano.
Tutta la vita di noi uomini si regge su due pilastri: la giustizia, per cui ad ogni uomo e donna deve essere dato ciò che si merita, e la consapevolezza che di fronte a me avrò sempre persone più vicine e persone lontane se non nemiche. Gesù afferma con forza che per la perfezione, l’uomo come figlio di Dio, creato a sua immagine, deve superare questo modo di pensare per abbandonarsi ad una logica di amore incondizionato, infinito, eterno ed universale.
Gesù riparte dalla legge del taglione: “Occhio per occhio e dente per dente”, che credo sia la norma giuridica più travisata nella storia dell’umanità; infatti ne abbiamo fatto la giustificazione per ogni possibile ritorsione o vendetta. In realtà questa fu tra le più alte parole umane mai scritte (codice di Hammurabi), tanto da diventare parola di Dio (Es 21; Lv 24; Dt 19), furono parole poste come un limite invalicabile nel diritto per evitare ritorsioni sproporzionate ed una escalation infinita di violenza. Gesù non nega la bontà di questa norma, che però rimane ancora nella logica della giustizia di questo mondo; non è quindi questa la giustizia che siamo chiamati a vivere in quanto figli di Dio e discepoli di Cristo. Nei quattro esempi concreti che Gesù fa usa il la seconda persona singolare (tu porgi l’altra guancia, tu lascia il mantello, tu fai due miglia, a chi ti chiede tu dai) quasi a rivolgersi singolarmente a ciascuno di noi, come se ci dovessimo sentire tutti interpellati personalmente da questo nuovo modo di rapportarci con gli altri uomini. Chi appartiene al regno non si vendica, non restituisce il male, il torto, l’offesa che ha ricevuto perché questo significherebbe aggiungere altro male oltre a quello che è già stato fatto. Chi appartiene al regno restituisce amore, condivisione, perdono.
Quello che Gesù propone non è un atteggiamento passivo e dimesso: lo stesso Gesù allo schiaffo della guardia nel Sinedrio non ha porto l’altra guancia, ma ha chiesto il motivo di tale gesto richiamando chi lo aveva colpito alla giustizia; ecco allora Gesù non propone la passività del debole, ma la forza coraggiosa di chi cerca di ricostruire una relazione compiendo il primo passo del perdono.
Il cristianesimo non è una religione di schiavi che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli, ma la fede di donne e uomini totalmente liberi e perciò capaci di disinnescare ogni spirale di vendetta per costruire relazioni nuove che portano alla vera felicità.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”: bisogna notare che Gesù qui fa una forzatura perché nella Bibbia se era chiaro il comandamento di amare il prossimo, restano molto rare le parole di odio verso i nemici (sal 139); probabilmente in questo modo Gesù vuole sottolineare come quelle parole sull’amore riservato ai propri vicini fossero state malintese.
Gesù invita ad un ulteriore salto di qualità per affermare che tutti gli uomini, ogni uomo e donna sono il mio prossimo: ogni creatura diventa per me “prossimo” e niente e nessuno è da considerare come nemico, se non il male, il peccato che pervade il mondo.
Amate i vostri nemici: qui si utilizza “agapao”, verbo che nel greco classico era molto raro, ma che era diventato il verbo “tecnico” che meglio descriveva e caratterizzava il comportamento del discepolo di Cristo.
L’agape è l’amore incondizionato, gratuito, che non si aspetta niente in cambio; è l’amore, che come quello di Dio, raggiunge chiunque, anche il nemico, chi ti fa del male; è fare del bene e farsi subito da parte sperando che nessuno si accorga di quanto hai fatto “perché il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà”, è il bisogno di vedere l’altro felice, perché nella gioia del fratello trova vero compimento la mia gioia.
Solo vivendo questo amore potremo essere perfetti come il Padre nostro celeste: è significativo come Matteo dica Padre e non Dio, perché io come Dio non lo sarò mai, ma come figlio posso assomigliare al Padre! La perfezione non è una meta da conquistare nel corso della vita, ma un dono, una caratteristica genetica dei figli di Dio che è data ad ognuno di noi e da vivere quotidianamente.
Tutta la vita di noi uomini si regge su due pilastri: la giustizia, per cui ad ogni uomo e donna deve essere dato ciò che si merita, e la consapevolezza che di fronte a me avrò sempre persone più vicine e persone lontane se non nemiche. Gesù afferma con forza che per la perfezione, l’uomo come figlio di Dio, creato a sua immagine, deve superare questo modo di pensare per abbandonarsi ad una logica di amore incondizionato, infinito, eterno ed universale.
Gesù riparte dalla legge del taglione: “Occhio per occhio e dente per dente”, che credo sia la norma giuridica più travisata nella storia dell’umanità; infatti ne abbiamo fatto la giustificazione per ogni possibile ritorsione o vendetta. In realtà questa fu tra le più alte parole umane mai scritte (codice di Hammurabi), tanto da diventare parola di Dio (Es 21; Lv 24; Dt 19), furono parole poste come un limite invalicabile nel diritto per evitare ritorsioni sproporzionate ed una escalation infinita di violenza. Gesù non nega la bontà di questa norma, che però rimane ancora nella logica della giustizia di questo mondo; non è quindi questa la giustizia che siamo chiamati a vivere in quanto figli di Dio e discepoli di Cristo. Nei quattro esempi concreti che Gesù fa usa il la seconda persona singolare (tu porgi l’altra guancia, tu lascia il mantello, tu fai due miglia, a chi ti chiede tu dai) quasi a rivolgersi singolarmente a ciascuno di noi, come se ci dovessimo sentire tutti interpellati personalmente da questo nuovo modo di rapportarci con gli altri uomini. Chi appartiene al regno non si vendica, non restituisce il male, il torto, l’offesa che ha ricevuto perché questo significherebbe aggiungere altro male oltre a quello che è già stato fatto. Chi appartiene al regno restituisce amore, condivisione, perdono.
Quello che Gesù propone non è un atteggiamento passivo e dimesso: lo stesso Gesù allo schiaffo della guardia nel Sinedrio non ha porto l’altra guancia, ma ha chiesto il motivo di tale gesto richiamando chi lo aveva colpito alla giustizia; ecco allora Gesù non propone la passività del debole, ma la forza coraggiosa di chi cerca di ricostruire una relazione compiendo il primo passo del perdono.
Il cristianesimo non è una religione di schiavi che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli, ma la fede di donne e uomini totalmente liberi e perciò capaci di disinnescare ogni spirale di vendetta per costruire relazioni nuove che portano alla vera felicità.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”: bisogna notare che Gesù qui fa una forzatura perché nella Bibbia se era chiaro il comandamento di amare il prossimo, restano molto rare le parole di odio verso i nemici (sal 139); probabilmente in questo modo Gesù vuole sottolineare come quelle parole sull’amore riservato ai propri vicini fossero state malintese.
Gesù invita ad un ulteriore salto di qualità per affermare che tutti gli uomini, ogni uomo e donna sono il mio prossimo: ogni creatura diventa per me “prossimo” e niente e nessuno è da considerare come nemico, se non il male, il peccato che pervade il mondo.
Amate i vostri nemici: qui si utilizza “agapao”, verbo che nel greco classico era molto raro, ma che era diventato il verbo “tecnico” che meglio descriveva e caratterizzava il comportamento del discepolo di Cristo.
L’agape è l’amore incondizionato, gratuito, che non si aspetta niente in cambio; è l’amore, che come quello di Dio, raggiunge chiunque, anche il nemico, chi ti fa del male; è fare del bene e farsi subito da parte sperando che nessuno si accorga di quanto hai fatto “perché il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà”, è il bisogno di vedere l’altro felice, perché nella gioia del fratello trova vero compimento la mia gioia.
Solo vivendo questo amore potremo essere perfetti come il Padre nostro celeste: è significativo come Matteo dica Padre e non Dio, perché io come Dio non lo sarò mai, ma come figlio posso assomigliare al Padre! La perfezione non è una meta da conquistare nel corso della vita, ma un dono, una caratteristica genetica dei figli di Dio che è data ad ognuno di noi e da vivere quotidianamente.
|
Commento 19 febbraio 2017
Nel rileggere la Legge ed affrontando in particolare il tema della giustizia e del rapporto con i nostri nemici ed avversari, Gesù annuncia quella conversione del cuore che è necessaria per essere suoi discepoli ed il suo messaggio impone una radicale svolta della logica umana.
Anche se nel linguaggio comune spesso noi intendiamo l’espressione “Occhio per occhio e dente per dente” come giustificazione alla vendetta, già la Legge mosaica non prevedeva tale diritto, ma semmai lo limitava ad essere proporzionale all’eventuale danno subito: se uno mi danneggia un occhio o un dente, non posso pretendere in cambio la sua vita.
L’insegnamento di Gesù va oltre e poiché la vendetta non fa altro che aumentare il male fatto, ecco la soluzione: bisogna rispondere all’eventuale schiaffo porgendo l’altra guancia. Non è questo un atteggiamento masochista, ma il riporre fiducia nella bontà di ogni uomo, opponendosi non al peccatore, ma al male commesso.
In tal modo il comandamento dell’amore per il prossimo e dell’odio per il nemico si trasforma perché ogni uomo, ogni creatura diventa per me “prossimo” e niente e nessuno è da considerare come nemico, se non il male, il peccato che pervade il mondo.
Ecco la conversione, quel cambiamento di logica, di mentalità alla quale siamo invitati: si deve cambiare gli occhi del cuore e della mente in modo che, guardando all’uomo, ad ogni uomo, io non veda più il nemico, il diverso, l’extracomunitario (colui che viene da fuori il mio paese, la mia regione o città, il mio piccolo gruppo, partito o associazione, la mia famiglia), ma il prossimo, il vicino, il fratello sapendolo riconoscere come figlio dello stesso Dio.
L’amore è per sua natura universale, infatti se rimane chiuso nella cerchia dei “miei” non è più amore. Come Dio illumina ogni uomo con il suo sole e dona la pioggia a chi ne ha bisogno, così il nostro amore deve diffondersi superando le barriere del pregiudizio e dell’egoismo.
Siamo tutti chiamati a vivere nella perfezione del Padre, Egli in Gesù ci ha mostrato il suo vero volto, il volto dell’amore che sa spendersi per la salvezza di ciascuno di noi.
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli…. se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” (Mt 5,20.46-47)
Sembrano parole dure, impossibili da vivere per chi è segnato dal peccato come credo sia per ciascuno di noi, ma Gesù stesso ricorda: “Impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile” (Mt 19,26). Abbandoniamoci con fiducia, poiché sappiamo con certezza che il Dio di Gesù Cristo è fedele e mai ci abbandonerà: Egli è l’Emanuele (“Dio con noi”) e continuamente ci sprona: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste!”
Anche se nel linguaggio comune spesso noi intendiamo l’espressione “Occhio per occhio e dente per dente” come giustificazione alla vendetta, già la Legge mosaica non prevedeva tale diritto, ma semmai lo limitava ad essere proporzionale all’eventuale danno subito: se uno mi danneggia un occhio o un dente, non posso pretendere in cambio la sua vita.
L’insegnamento di Gesù va oltre e poiché la vendetta non fa altro che aumentare il male fatto, ecco la soluzione: bisogna rispondere all’eventuale schiaffo porgendo l’altra guancia. Non è questo un atteggiamento masochista, ma il riporre fiducia nella bontà di ogni uomo, opponendosi non al peccatore, ma al male commesso.
In tal modo il comandamento dell’amore per il prossimo e dell’odio per il nemico si trasforma perché ogni uomo, ogni creatura diventa per me “prossimo” e niente e nessuno è da considerare come nemico, se non il male, il peccato che pervade il mondo.
Ecco la conversione, quel cambiamento di logica, di mentalità alla quale siamo invitati: si deve cambiare gli occhi del cuore e della mente in modo che, guardando all’uomo, ad ogni uomo, io non veda più il nemico, il diverso, l’extracomunitario (colui che viene da fuori il mio paese, la mia regione o città, il mio piccolo gruppo, partito o associazione, la mia famiglia), ma il prossimo, il vicino, il fratello sapendolo riconoscere come figlio dello stesso Dio.
L’amore è per sua natura universale, infatti se rimane chiuso nella cerchia dei “miei” non è più amore. Come Dio illumina ogni uomo con il suo sole e dona la pioggia a chi ne ha bisogno, così il nostro amore deve diffondersi superando le barriere del pregiudizio e dell’egoismo.
Siamo tutti chiamati a vivere nella perfezione del Padre, Egli in Gesù ci ha mostrato il suo vero volto, il volto dell’amore che sa spendersi per la salvezza di ciascuno di noi.
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli…. se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” (Mt 5,20.46-47)
Sembrano parole dure, impossibili da vivere per chi è segnato dal peccato come credo sia per ciascuno di noi, ma Gesù stesso ricorda: “Impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile” (Mt 19,26). Abbandoniamoci con fiducia, poiché sappiamo con certezza che il Dio di Gesù Cristo è fedele e mai ci abbandonerà: Egli è l’Emanuele (“Dio con noi”) e continuamente ci sprona: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste!”