V Domenica di Pasqua Anno C
Vangelo Gv 13, 31-33a. 34-35
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Commento 13 maggio 2022
Giuda è appena uscito per andare a consegnare Gesù alle autorità giudaiche che lo condanneranno a morte con l’indispensabile complicità del potere romano. È il momento in cui appare in tutta la sua chiarezza il fallimento umano di Gesù: uno dei 12, uno dei suoi migliori amici che con lui avevano condiviso la vita, lo tradisce; eppure con ridondanza quasi ossessiva, Gesù parla di gloria.
Quando noi pensiamo alla gloria, immaginiamo il momento in cui possiamo raccogliere i frutti del nostro successo personale, ma forse proprio qui sta il paradosso cristiano: quel tradimento sarà l’opportunità di mostrare quell’amore incondizionato e libero che è la vera carta di identità di Dio (cfr. 1Gv 4,8.16) e la gloria di cui si parla altro non è che la manifestazione più alta, perfetta e definitiva dell’amore di Dio: la croce.
Gesù sta per finire in croce, una fine che probabilmente non avrebbe voluto, ma che diventa il modo per mostrare nei fatti fino alla fine, fino al dono totale della vita che Dio ama davvero ciascuno di noi. Così, quando sarà innalzato, Gesù potrà davvero attirare a sé tutte le donne e gli uomini
In quell’ultima cena alla vigilia della sua passione, Gesù consegna ai suoi discepoli in un lungo discorso quello che potremo indicare come il suo testamento spirituale, spiegando che una cosa sola conta nella vita: l’amore, l’amore donato e ricevuto, in un infinito reciproco scambio!
La gloria, la piena realizzazione della vita di ogni donna e uomo, consiste nell’amare senza misura: “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”: ecco il comandamento nuovo!
Non è un ordine perché l’amore non si può imporre, ma è comandamento nel senso che deve diventare fondamento della vita degli uomini e del destino del mondo: amatevi gli uni gli altri, cioè tutti, altrimenti la ragione sarà sempre dalla parte del più forte, del più violento o del più furbo, di chi esercita una qualche forma di potere.
In questi anni terribili che hanno sconvolto le nostre vite, che hanno reso quelle vite che noi pensavamo tranquille piene di paure, siamo invitati ad alzare lo sguardo per sentirci amati ed amare coloro che ci stanno accanto? Pensiamoci bene nel frenetico svolgersi delle cose quotidiane presi nei nostri impegni alla fine del giorno cosa ci rimane?
L’amore è l’unica grande e vera rivoluzione che può cambiare il mondo ed il futuro dell’umanità!
Ma non basta amare, perché l’amore vissuto nella logica umana potrebbe essere solo una nuova e diversa forma di possesso e di potere sull’altro, un amore che prende tutto e non dona niente. L’amore vero è un rapporto di comunione, a tu per tu nella reciprocità, perché dare e ricevere amore è ciò su cui si fonda la felicità di questa vita. È un amore vissuto nella concretezza, non si ama l’umanità in generale, si ama quest’uomo, questa donna, questo bambino, questo affamato, questo assetato, questo malato, questo straniero, questo volto in cui finalmente, aperti gli occhi, riconosco un “povero Cristo” (cfr. Mt 25,31-46)
Così amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare aria fresca durante una gita in montagna, come sentirsi sfiorati dalla tenerissima carezza di Dio!
Ma la novità vera di questo comandamento non sta nell’invito ad amare, ma in quelle parole “come io ho amato voi”: lo specifico del cristiano non è amare, lo fanno già molti e in molti modi, ma amare come Gesù. Non si tratta di una unità di misura per noi impossibile da raggiungere, ma nella modalità, ovvero siamo chiamati ad amare con lo stile unico di Gesù; insomma siamo chiamati ad amare l’altro con lo stesso amore con cui Gesù ci ha amati.
Essere discepoli di Cristo dipenderà dall’amore che sapremo esprimere. Scrive Giovanni nella sua prima lettera: “l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio… Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,7.20-21).
In questa domenica della gloria e dell’amore, lasciamoci amare, sentiamoci amati, impariamo ad amare; viviamo nell’amore e per amore perché solo questo ci permetterà di essere riconosciuti come discepoli di Cristo e figli di Dio, che è Amore!
Quando noi pensiamo alla gloria, immaginiamo il momento in cui possiamo raccogliere i frutti del nostro successo personale, ma forse proprio qui sta il paradosso cristiano: quel tradimento sarà l’opportunità di mostrare quell’amore incondizionato e libero che è la vera carta di identità di Dio (cfr. 1Gv 4,8.16) e la gloria di cui si parla altro non è che la manifestazione più alta, perfetta e definitiva dell’amore di Dio: la croce.
Gesù sta per finire in croce, una fine che probabilmente non avrebbe voluto, ma che diventa il modo per mostrare nei fatti fino alla fine, fino al dono totale della vita che Dio ama davvero ciascuno di noi. Così, quando sarà innalzato, Gesù potrà davvero attirare a sé tutte le donne e gli uomini
In quell’ultima cena alla vigilia della sua passione, Gesù consegna ai suoi discepoli in un lungo discorso quello che potremo indicare come il suo testamento spirituale, spiegando che una cosa sola conta nella vita: l’amore, l’amore donato e ricevuto, in un infinito reciproco scambio!
La gloria, la piena realizzazione della vita di ogni donna e uomo, consiste nell’amare senza misura: “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”: ecco il comandamento nuovo!
Non è un ordine perché l’amore non si può imporre, ma è comandamento nel senso che deve diventare fondamento della vita degli uomini e del destino del mondo: amatevi gli uni gli altri, cioè tutti, altrimenti la ragione sarà sempre dalla parte del più forte, del più violento o del più furbo, di chi esercita una qualche forma di potere.
In questi anni terribili che hanno sconvolto le nostre vite, che hanno reso quelle vite che noi pensavamo tranquille piene di paure, siamo invitati ad alzare lo sguardo per sentirci amati ed amare coloro che ci stanno accanto? Pensiamoci bene nel frenetico svolgersi delle cose quotidiane presi nei nostri impegni alla fine del giorno cosa ci rimane?
L’amore è l’unica grande e vera rivoluzione che può cambiare il mondo ed il futuro dell’umanità!
Ma non basta amare, perché l’amore vissuto nella logica umana potrebbe essere solo una nuova e diversa forma di possesso e di potere sull’altro, un amore che prende tutto e non dona niente. L’amore vero è un rapporto di comunione, a tu per tu nella reciprocità, perché dare e ricevere amore è ciò su cui si fonda la felicità di questa vita. È un amore vissuto nella concretezza, non si ama l’umanità in generale, si ama quest’uomo, questa donna, questo bambino, questo affamato, questo assetato, questo malato, questo straniero, questo volto in cui finalmente, aperti gli occhi, riconosco un “povero Cristo” (cfr. Mt 25,31-46)
Così amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare aria fresca durante una gita in montagna, come sentirsi sfiorati dalla tenerissima carezza di Dio!
Ma la novità vera di questo comandamento non sta nell’invito ad amare, ma in quelle parole “come io ho amato voi”: lo specifico del cristiano non è amare, lo fanno già molti e in molti modi, ma amare come Gesù. Non si tratta di una unità di misura per noi impossibile da raggiungere, ma nella modalità, ovvero siamo chiamati ad amare con lo stile unico di Gesù; insomma siamo chiamati ad amare l’altro con lo stesso amore con cui Gesù ci ha amati.
Essere discepoli di Cristo dipenderà dall’amore che sapremo esprimere. Scrive Giovanni nella sua prima lettera: “l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio… Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,7.20-21).
In questa domenica della gloria e dell’amore, lasciamoci amare, sentiamoci amati, impariamo ad amare; viviamo nell’amore e per amore perché solo questo ci permetterà di essere riconosciuti come discepoli di Cristo e figli di Dio, che è Amore!
Commento 19 maggio 2019
Giuda è appena uscito per andare a denunciare e consegnare Gesù alle autorità giudaiche che lo condanneranno a morte unitamente al potere romano.
È il momento in cui appare in tutta la sua chiarezza il fallimento umano di Gesù visto che uno dei suoi migliori amici, uno dei 12 apostoli che Lui stesso aveva scelto, lo tradisce; eppure proprio in questo momento Gesù afferma che sta per essere glorificato con una ridondanza quasi ossessiva. Come è possibile di fronte al fallimento più totale parlare di gloria? Quando noi pensiamo alla gloria, immaginiamo il momento in cui possiamo raccogliere i frutti del nostro successo personale, forse proprio qui sta il paradosso cristiano, perché quel tradimento diventa l’opportunità di mostrare un amore incondizionato e libero e la gloria di cui si parla altro non è che la manifestazione più alta, perfetta e definitiva dell’amore di Dio. Gesù sta per finire in croce, una fine che probabilmente non avrebbe voluto, ma che diventa il modo per mostrare nei fatti che Dio ama davvero ciascuno di noi ed in tal modo Gesù, quando sarà innalzato, potrà davvero attirare tutti a sé. In quell’ultima cena alla vigilia della sua passione, Gesù consegna ai suoi discepoli in un lungo discorso quello che potremo indicare come il suo testamento spirituale, spiegando loro che la gloria, la piena realizzazione della vita di ogni donna e uomo, consiste nell’amare senza misura: “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.
Ecco il comandamento nuovo!
È comandamento nel senso che deve diventare fondamento della vita degli uomini e del destino del mondo: amatevi gli uni gli altri, cioè tutti, altrimenti la ragione sarà sempre dalla parte del più forte, del più violento o del più furbo, di chi esercita una qualche forma di potere. L’amore è l’unica grande e vera rivoluzione che può cambiare il mondo ed il futuro dell’umanità! Ma non basta amare, perché l’amore vissuto nella logica umana potrebbe essere solo una nuova e diversa forma di possesso e di potere sull’altro, un amore che prende tutto e non dona niente. L’amore vero è un rapporto di comunione, a tu per tu nella reciprocità, perché dare e ricevere amore è ciò su cui si fonda la felicità di questa vita. È un amore vissuto nella concretezza, non si ama l’umanità in generale, si ama quest’uomo, questa donna, questo bambino, questo straniero, questo volto; è l’amore che ti spinge a scendere negli scantinati di un palazzo per riaccendere la luce e dare una vita dignitosa a centinaia di “poveri Cristi”. Amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare aria fresca durante una gita in montagna, come sentirsi sfiorati dalla tenerissima carezza di Dio!
Ma la novità vera sta in quelle parole “come io ho amato voi”: lo specifico del cristiano non è amare, lo fanno già molti e in molti modi, ma amare come Gesù. La novità consiste non tanto in quell’unità di misura per noi impossibile da raggiungere, ma in quella modalità ovvero siamo chiamati ad amare con lo stile unico di Gesù; insomma siamo chiamati ad amare l’altro con lo stesso amore con cui Gesù ci ha amati.
Dall’amore che sapremo esprimere dipenderà la nostra testimonianza; scrive Giovanni nella sua prima lettera: “l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4). Allora viviamo nell’amore e per amore perché solo questo ci permetterà di essere riconosciuti come discepoli di Cristo e figli di Dio, che è Amore!
È il momento in cui appare in tutta la sua chiarezza il fallimento umano di Gesù visto che uno dei suoi migliori amici, uno dei 12 apostoli che Lui stesso aveva scelto, lo tradisce; eppure proprio in questo momento Gesù afferma che sta per essere glorificato con una ridondanza quasi ossessiva. Come è possibile di fronte al fallimento più totale parlare di gloria? Quando noi pensiamo alla gloria, immaginiamo il momento in cui possiamo raccogliere i frutti del nostro successo personale, forse proprio qui sta il paradosso cristiano, perché quel tradimento diventa l’opportunità di mostrare un amore incondizionato e libero e la gloria di cui si parla altro non è che la manifestazione più alta, perfetta e definitiva dell’amore di Dio. Gesù sta per finire in croce, una fine che probabilmente non avrebbe voluto, ma che diventa il modo per mostrare nei fatti che Dio ama davvero ciascuno di noi ed in tal modo Gesù, quando sarà innalzato, potrà davvero attirare tutti a sé. In quell’ultima cena alla vigilia della sua passione, Gesù consegna ai suoi discepoli in un lungo discorso quello che potremo indicare come il suo testamento spirituale, spiegando loro che la gloria, la piena realizzazione della vita di ogni donna e uomo, consiste nell’amare senza misura: “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.
Ecco il comandamento nuovo!
È comandamento nel senso che deve diventare fondamento della vita degli uomini e del destino del mondo: amatevi gli uni gli altri, cioè tutti, altrimenti la ragione sarà sempre dalla parte del più forte, del più violento o del più furbo, di chi esercita una qualche forma di potere. L’amore è l’unica grande e vera rivoluzione che può cambiare il mondo ed il futuro dell’umanità! Ma non basta amare, perché l’amore vissuto nella logica umana potrebbe essere solo una nuova e diversa forma di possesso e di potere sull’altro, un amore che prende tutto e non dona niente. L’amore vero è un rapporto di comunione, a tu per tu nella reciprocità, perché dare e ricevere amore è ciò su cui si fonda la felicità di questa vita. È un amore vissuto nella concretezza, non si ama l’umanità in generale, si ama quest’uomo, questa donna, questo bambino, questo straniero, questo volto; è l’amore che ti spinge a scendere negli scantinati di un palazzo per riaccendere la luce e dare una vita dignitosa a centinaia di “poveri Cristi”. Amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare aria fresca durante una gita in montagna, come sentirsi sfiorati dalla tenerissima carezza di Dio!
Ma la novità vera sta in quelle parole “come io ho amato voi”: lo specifico del cristiano non è amare, lo fanno già molti e in molti modi, ma amare come Gesù. La novità consiste non tanto in quell’unità di misura per noi impossibile da raggiungere, ma in quella modalità ovvero siamo chiamati ad amare con lo stile unico di Gesù; insomma siamo chiamati ad amare l’altro con lo stesso amore con cui Gesù ci ha amati.
Dall’amore che sapremo esprimere dipenderà la nostra testimonianza; scrive Giovanni nella sua prima lettera: “l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4). Allora viviamo nell’amore e per amore perché solo questo ci permetterà di essere riconosciuti come discepoli di Cristo e figli di Dio, che è Amore!
Commento 1 maggio 2016
Gesù presenta ai discepoli la grande novità del suo annuncio, un comandamento nuovo, che nessun altro aveva mai neppure pensato di poter dare: amatevi, come io vi ho amato. La grande novità sta proprio lì: in quell’espressione “come io vi ho amato”; Dio, che è amore infinito, Dio che ha voluto condividere la nostra umanità, spogliandosi della sua potenza ed umiliandosi fino alla morte e alla morte di croce, ecco Dio diventa la misura dell’amore che deve legare ogni persona.
Gesù ha voluto mostrarci con la sua vita spesa per gli altri quale era la strada per raggiungere il Regno di Dio; ora tocca a noi perché dalla concretezza del nostro amore per gli altri “tutti sapranno che siete miei discepoli”. Amici, è davvero inutile riempirci la bocca di buoni propositi, se il nostro rapporto con gli altri non è segnato dalla concretezza di un amore donato completamente, un amore “senza se e senza ma…” Non posso dirmi cristiano, se il mio amore è limitato nelle persone, nel tempo e nello spazio; il mio amore sa riconoscere in ogni uomo che incontro un fratello, una sorella e non si ferma al colore della pelle o al passaporto. L’amore per me che mi dico cristiano è universale, nessuno può esserne lasciato fuori; l’amore è gratuito e totale perché Cristo mi ha insegnato a non trattenere nulla per me; l’amore è eterno, capace quindi di sconfiggere la morte, perché i segni di luce che al termine della mia vita potrò aver lasciato continueranno a fiorire nella vita di chi mi avrà conosciuto; ma soprattutto l’amore colora la mia vita con i toni della della gioia, perché l’amore è contagioso e fa nascere intorno a sé altri gesti d’amore.
L’amore infine, lo voglio dire con le parole dell’evangelista Giovanni, glorifica Dio, ovvero risponde positivamente alla chiamata che Dio rivolge a ciascuno di noi: perché, se Dio è amore, ogni gesto d’amore segna la vittoria del bene e del Regno di Dio nella mia vita.
Gesù ha voluto mostrarci con la sua vita spesa per gli altri quale era la strada per raggiungere il Regno di Dio; ora tocca a noi perché dalla concretezza del nostro amore per gli altri “tutti sapranno che siete miei discepoli”. Amici, è davvero inutile riempirci la bocca di buoni propositi, se il nostro rapporto con gli altri non è segnato dalla concretezza di un amore donato completamente, un amore “senza se e senza ma…” Non posso dirmi cristiano, se il mio amore è limitato nelle persone, nel tempo e nello spazio; il mio amore sa riconoscere in ogni uomo che incontro un fratello, una sorella e non si ferma al colore della pelle o al passaporto. L’amore per me che mi dico cristiano è universale, nessuno può esserne lasciato fuori; l’amore è gratuito e totale perché Cristo mi ha insegnato a non trattenere nulla per me; l’amore è eterno, capace quindi di sconfiggere la morte, perché i segni di luce che al termine della mia vita potrò aver lasciato continueranno a fiorire nella vita di chi mi avrà conosciuto; ma soprattutto l’amore colora la mia vita con i toni della della gioia, perché l’amore è contagioso e fa nascere intorno a sé altri gesti d’amore.
L’amore infine, lo voglio dire con le parole dell’evangelista Giovanni, glorifica Dio, ovvero risponde positivamente alla chiamata che Dio rivolge a ciascuno di noi: perché, se Dio è amore, ogni gesto d’amore segna la vittoria del bene e del Regno di Dio nella mia vita.