IV Domenica T.O. Anno B
Vangelo Mc 1, 21-28
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,]insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnaménto nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,]insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnaménto nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Commento 28 gennaio 2024
Una giornata tipica di Gesù: chissà quante volte in quei tre anni e forse più trascorsi a Cafarnao nella casa di Simone da lui chiamato Pietro, Gesù avrà attraversato quelle strade polverose, chissà quante volte nel giorno santo del sabato avrà partecipato alla preghiera comune ed ancora chissà quante volte gli fu affidato il rotolo della Legge perché lo leggesse e lo commentasse con tanta gente che ascoltava il suo insegnamento. Il testo di oggi ci propone il racconto di una o, forse meglio, della prima giornata di attività pubblica di Gesù, l’Emanuele, il Dio con noi che cammina lungo le nostre strade, che entra nelle nostre vite ed entra per insegnare, per annunciare che Dio è amore infinito e che ognuno di noi è oggetto di quell’amore incondizionato.
Chi era presente quel giorno rimane stupito a quelle parole che mai prima di allora erano state dette; lo stupore è quel senso di grande meraviglia, di incredulità e di disorientamento provocato da qualcosa di inatteso ed è lecito domandarci come mai noi di fronte al vangelo non rimaniamo stupiti. Forse sono le incrostazioni del nostro cuore incapace di sorprendersi di quanto amore ci abbia inondato Dio, nostro Padre e Madre; o, forse peggio ancora, sono le incrostazioni con i quali in questi oltre duemila anni di storia noi cristiani abbiamo sporcato quel volto di Dio che Gesù ci aveva mostrato! È necessario salvare lo stupore di fronte al vangelo guardando a Gesù come innamorati ed ascoltando le sue parole con la meraviglia tipica dei bambini capaci di credere alla favola vera dell’amore sognando un mondo nuovo.
Quelle parole di Gesù sono molto diverse dalle parole degli scribi, vanno subito al cuore di chi ascolta ed ecco l’autorità o meglio l’autorevolezza del suo insegnamento; autorevole è colui che fa crescere e Gesù è autorevole perché credibile, perché in lui messaggio e messaggero coincidono, perché dice ciò che è, ed è ciò che dice.
Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, al contrario Gesù lo accende, lo fa bruciare d’amore (cfr. Lc 24,32 discepoli di Emmaus) Quante volte ci basta leggere il Vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, qualche volta anche ci piace, ma poi la nostra vita non cambia: la fede non è sapere delle cose, ma farle diventare vita, esperienza concreta (cfr. Gv 1,39) dell’amore di Dio per noi e dell’amore nostro per ogni donna e uomo che incontriamo nel nostro cammino. Quanto queste parole come insegnante e catechista mi richiamano al mio ruolo di educatore nella fede perché oggi più che mai abbiamo bisogno di persone autorevoli e di maestri credibili. Sono sempre più attuali le parole del giudice Rosario Livatino: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”; annunciare il vangelo nel mondo non ha bisogno di una testimonianza di forza ma esige la forza della testimonianza.
In quel giorno ed in quella sinagoga secondo il vangelo di Marco avviene il primo miracolo di Gesù; ora i miracoli non sono le prove dell’esistenza di Dio, ma segni del suo intervento salvifico nella mia vita, perché sono proprio io, quell’uomo, fintamente devoto, che nel giorno della festa sale in chiesa per pregare e che deve essere liberato dai suoi spiriti immondi. Sembra strano parlare di un uomo posseduto da uno spirito immondo che partecipa ad un momento di preghiera nella sinagoga, ma forse Marco ci invita a riflettere sul fatto che il primo demone da cui dobbiamo essere liberati è quello di una fede falsa, di una immagine sbagliata, direi blasfema, di Dio.
Gesù sconvolge ogni idea pagana di Dio per proporre la novità di un Dio Padre/Madre amorevole: Dio non è il Giudice severo e implacabile, non è nemmeno l’Onnipotente pronto a punire coloro che sbagliano o a premiare i meritevoli e se Dio è l’Essere Perfettissimo, Egli è perfetto solo nell’amore e nella misericordia, per il resto si inchina bisognoso del nostro amore per lavarci i piedi. Deve essere chiaro a tutti: se non convertiamo la nostra idea di Dio non potremo diventare discepoli di Cristo!
Tre cose dice l’uomo devoto ma posseduto dallo spirito impuro di quella fede demoniaca:
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?”: il primo aspetto di una fede sbagliata è quello per cui Dio non c’entra niente con la mia vita, quello che ci spinge a chiudere Dio nei tabernacoli delle nostre chiese, quello per cui la fede non si incarna nella vita di ogni giorno; chi mi ha condotto nel mio percorso di fede mi ha sempre insegnato che il vangelo deve essere incartato nel giornale per essere vissuto e parlare alla nostra vita.
“Sei venuto a rovinarci?”: il secondo aspetto di questa fede erronea è quello per cui Dio mi è nemico o quantomeno viene per rovinarmi la vita; è quell’idea sbagliata del cristiano, uomo castrato, a cui è impedita la felicità, la libertà di fare ciò che vuole perché tante, troppe cose sono considerate peccato. Quante volte ci coglie il pensiero che senza Dio la nostra vita sarebbe migliore? In un mondo dove sembra regnare solo l’interesse personale e l’egoismo, Dio suggerisce al nostro cuore che la vera felicità sta nell’amore, nel servizio attento a chi si trova nel bisogno, nella gioia dell’incontro e dell’accoglienza ed è una voce che stravolge la nostra vita, ma per renderla una meravigliosa avventura!
“Io so chi tu sei: il santo di Dio!”: ecco l’ultimo aspetto di una fede falsa, cioè l’idea che la fede sia in realtà sapere delle cose. Vado a messa regolarmente, ho seguito il catechismo ed ho pure studiato teologia e sento che rispetto all’ignoranza generale sono già un bel passo in avanti, ma se dimentico che la fede è un andare a vedere (Gv 1,39), un fare esperienza dell’infinito amore di Dio, sono fuori strada; la fede non è soltanto sapere e conoscere, ma sperimentare e provare; la fede, se non mi spinge ad essere cercatore di verità, ad essere costruttore di un mondo nuovo, fondato su relazioni di giustizia, solidarietà e pace è una fede demoniaca.
A questo punto possiamo definire Satana (l’avversario) come colui che in me si oppone al progetto d’amore di Dio, possiamo definire il Diavolo (il divisore) come colui che mi divide dentro nel mio cuore tra il sogno di un mondo d’amore e il desiderio dei miei egoismi; questi “nostri nemici” esistono e a questi dobbiamo rispondere come Gesù stesso ci ha insegnato: “Taci... Esci!”. Non c’è discussione, non c’è rapporto possibile con il maligno se non la condanna e la forza di chiudergli la bocca ed invitarlo ad uscire da noi e dal mondo.
Sì, dentro ciascuno di noi diversi spiriti impuri continuano con le loro lusinghe a parlare al nostro cuore, tentando di farci deviare la strada verso una vita disumana: questi spiriti è bene chiamarli per nome. Sono l’orgoglio e la sete di potere che accecano i nostri occhi e ci impediscono di vedere l’altro; sono il razzismo e l’intolleranza che ci impediscono di riconoscere nell’altro un fratello. Da questi spiriti immondi dobbiamo essere liberati per accogliere la proposta di Gesù e vivere una vita pienamente realizzata nell’amore!
Chi era presente quel giorno rimane stupito a quelle parole che mai prima di allora erano state dette; lo stupore è quel senso di grande meraviglia, di incredulità e di disorientamento provocato da qualcosa di inatteso ed è lecito domandarci come mai noi di fronte al vangelo non rimaniamo stupiti. Forse sono le incrostazioni del nostro cuore incapace di sorprendersi di quanto amore ci abbia inondato Dio, nostro Padre e Madre; o, forse peggio ancora, sono le incrostazioni con i quali in questi oltre duemila anni di storia noi cristiani abbiamo sporcato quel volto di Dio che Gesù ci aveva mostrato! È necessario salvare lo stupore di fronte al vangelo guardando a Gesù come innamorati ed ascoltando le sue parole con la meraviglia tipica dei bambini capaci di credere alla favola vera dell’amore sognando un mondo nuovo.
Quelle parole di Gesù sono molto diverse dalle parole degli scribi, vanno subito al cuore di chi ascolta ed ecco l’autorità o meglio l’autorevolezza del suo insegnamento; autorevole è colui che fa crescere e Gesù è autorevole perché credibile, perché in lui messaggio e messaggero coincidono, perché dice ciò che è, ed è ciò che dice.
Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, al contrario Gesù lo accende, lo fa bruciare d’amore (cfr. Lc 24,32 discepoli di Emmaus) Quante volte ci basta leggere il Vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, qualche volta anche ci piace, ma poi la nostra vita non cambia: la fede non è sapere delle cose, ma farle diventare vita, esperienza concreta (cfr. Gv 1,39) dell’amore di Dio per noi e dell’amore nostro per ogni donna e uomo che incontriamo nel nostro cammino. Quanto queste parole come insegnante e catechista mi richiamano al mio ruolo di educatore nella fede perché oggi più che mai abbiamo bisogno di persone autorevoli e di maestri credibili. Sono sempre più attuali le parole del giudice Rosario Livatino: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”; annunciare il vangelo nel mondo non ha bisogno di una testimonianza di forza ma esige la forza della testimonianza.
In quel giorno ed in quella sinagoga secondo il vangelo di Marco avviene il primo miracolo di Gesù; ora i miracoli non sono le prove dell’esistenza di Dio, ma segni del suo intervento salvifico nella mia vita, perché sono proprio io, quell’uomo, fintamente devoto, che nel giorno della festa sale in chiesa per pregare e che deve essere liberato dai suoi spiriti immondi. Sembra strano parlare di un uomo posseduto da uno spirito immondo che partecipa ad un momento di preghiera nella sinagoga, ma forse Marco ci invita a riflettere sul fatto che il primo demone da cui dobbiamo essere liberati è quello di una fede falsa, di una immagine sbagliata, direi blasfema, di Dio.
Gesù sconvolge ogni idea pagana di Dio per proporre la novità di un Dio Padre/Madre amorevole: Dio non è il Giudice severo e implacabile, non è nemmeno l’Onnipotente pronto a punire coloro che sbagliano o a premiare i meritevoli e se Dio è l’Essere Perfettissimo, Egli è perfetto solo nell’amore e nella misericordia, per il resto si inchina bisognoso del nostro amore per lavarci i piedi. Deve essere chiaro a tutti: se non convertiamo la nostra idea di Dio non potremo diventare discepoli di Cristo!
Tre cose dice l’uomo devoto ma posseduto dallo spirito impuro di quella fede demoniaca:
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?”: il primo aspetto di una fede sbagliata è quello per cui Dio non c’entra niente con la mia vita, quello che ci spinge a chiudere Dio nei tabernacoli delle nostre chiese, quello per cui la fede non si incarna nella vita di ogni giorno; chi mi ha condotto nel mio percorso di fede mi ha sempre insegnato che il vangelo deve essere incartato nel giornale per essere vissuto e parlare alla nostra vita.
“Sei venuto a rovinarci?”: il secondo aspetto di questa fede erronea è quello per cui Dio mi è nemico o quantomeno viene per rovinarmi la vita; è quell’idea sbagliata del cristiano, uomo castrato, a cui è impedita la felicità, la libertà di fare ciò che vuole perché tante, troppe cose sono considerate peccato. Quante volte ci coglie il pensiero che senza Dio la nostra vita sarebbe migliore? In un mondo dove sembra regnare solo l’interesse personale e l’egoismo, Dio suggerisce al nostro cuore che la vera felicità sta nell’amore, nel servizio attento a chi si trova nel bisogno, nella gioia dell’incontro e dell’accoglienza ed è una voce che stravolge la nostra vita, ma per renderla una meravigliosa avventura!
“Io so chi tu sei: il santo di Dio!”: ecco l’ultimo aspetto di una fede falsa, cioè l’idea che la fede sia in realtà sapere delle cose. Vado a messa regolarmente, ho seguito il catechismo ed ho pure studiato teologia e sento che rispetto all’ignoranza generale sono già un bel passo in avanti, ma se dimentico che la fede è un andare a vedere (Gv 1,39), un fare esperienza dell’infinito amore di Dio, sono fuori strada; la fede non è soltanto sapere e conoscere, ma sperimentare e provare; la fede, se non mi spinge ad essere cercatore di verità, ad essere costruttore di un mondo nuovo, fondato su relazioni di giustizia, solidarietà e pace è una fede demoniaca.
A questo punto possiamo definire Satana (l’avversario) come colui che in me si oppone al progetto d’amore di Dio, possiamo definire il Diavolo (il divisore) come colui che mi divide dentro nel mio cuore tra il sogno di un mondo d’amore e il desiderio dei miei egoismi; questi “nostri nemici” esistono e a questi dobbiamo rispondere come Gesù stesso ci ha insegnato: “Taci... Esci!”. Non c’è discussione, non c’è rapporto possibile con il maligno se non la condanna e la forza di chiudergli la bocca ed invitarlo ad uscire da noi e dal mondo.
Sì, dentro ciascuno di noi diversi spiriti impuri continuano con le loro lusinghe a parlare al nostro cuore, tentando di farci deviare la strada verso una vita disumana: questi spiriti è bene chiamarli per nome. Sono l’orgoglio e la sete di potere che accecano i nostri occhi e ci impediscono di vedere l’altro; sono il razzismo e l’intolleranza che ci impediscono di riconoscere nell’altro un fratello. Da questi spiriti immondi dobbiamo essere liberati per accogliere la proposta di Gesù e vivere una vita pienamente realizzata nell’amore!
Commento 31 gennaio 2021
Il testo di oggi ci propone il racconto della prima giornata di attività pubblica di Gesù; egli inizia la sua pesca di uomini per tirarli fuori dalle acque del male e lo fa in un luogo che non ci saremmo mai aspettati, lo fa entrando di sabato nella sinagoga di Cafarnao per la preghiera. Entra per insegnare, per annunciare che Dio è amore infinito e che ognuno di noi è oggetto di quell’amore incondizionato; chi era presente quel giorno rimane stupito a quelle parole che mai prima di allora erano state dette. Lo stupore è quel senso di grande meraviglia, di incredulità e di disorientamento provocato da qualcosa di inatteso ed è lecito domandarci come mai di fronte al vangelo non rimaniamo stupiti. È necessario salvare lo stupore di fronte al vangelo guardando a Gesù come innamorati ed ascoltando le sue parole con la meraviglia tipica dei bambini capaci di credere alla favola vera dell’amore sognando un mondo nuovo.
Quelle parole di Gesù sono molto diverse dalle parole degli scribi, vanno subito al cuore di chi ascolta ed ecco l’autorità o meglio l’autorevolezza del suo insegnamento; autorevole è colui che fa crescere e Gesù è autorevole perché credibile, perché in lui messaggio e messaggero coincidono, perché dice ciò che è, ed è ciò che dice. Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, al contrario Gesù lo accende, lo fa bruciare d’amore (cfr. Lc 24,32 discepoli di Emmaus) Quante volte ci basta leggere il Vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, qualche volta anche ci piace, ma poi la nostra vita non cambia: la fede non è sapere delle cose, ma farle diventare vita, esperienza concreta (cfr. Gv 1,39) dell’amore di Dio per noi e dell’amore nostro per ogni donna e uomo che incontriamo nel nostro cammino.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di persone autorevoli e di maestri credibili; sono sempre più attuali le parole del giudice Rosario Livatino, di cui è stato riconosciuto il martirio poche settimane fa: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”; annunciare il vangelo nel mondo non ha bisogno di una testimonianza di forza ma esige la forza della testimonianza.
In quel giorno ed in quella sinagoga secondo il vangelo di Marco avviene il primo miracolo di Gesù. Ripeto spesso ai miei alunni che è necessario non dimenticare mai nella lettura del Vangelo e di tutta la Bibbia che ci troviamo di fronte ad un libro certamente storico perché fondato su eventi realmente accaduti, ma che questo non è un libro di storia: il vangelo parla alla nostra vita annunciando la bella ed incredibile notizia dell'infinito amore di Dio. Ecco allora che ogni evento diventa parabola caricandosi di significati che devono coinvolgere la nostra vita. Così i miracoli diventano segni dell’intervento salvifico di Dio nella mia vita: sono io quel cieco che ha bisogno di aprire gli occhi per vedere le meraviglie di Dio, sono io quel sordomuto che deve aprire i propri orecchi alla parola del Vangelo per poterlo annunciare ai fratelli, sono io lo zoppo e lo storpio che deve caricarsi del suo lettuccio per seguire Gesù, sono io l’uomo dalla mano inaridita che deve tornare a lavorare per costruire il regno di Dio ed in particolare oggi sono io l’uomo che deve essere liberato dai suoi spiriti immondi. Sembra strano parlare di un uomo posseduto da uno spirito immondo che partecipa ad un momento di preghiera nella sinagoga, ma forse Marco ci invita a riflettere sul fatto che il primo demone da cui dobbiamo essere liberati è quello di una fede falsa, di una immagine sbagliata, direi blasfema, di Dio.
Gesù sconvolge ogni idea pagana di Dio per proporre la novità di un Dio Padre/Madre amorevole: Dio non è il Giudice severo e implacabile, non è nemmeno l’Onnipotente pronto a punire coloro che sbagliano o a premiare i meritevoli e se Dio è l’Essere Perfettissimo, Egli è perfetto solo nell’amore e nella misericordia, per il resto si inchina bisognoso del nostro amore per lavarci i piedi. Deve essere chiaro a tutti: se non convertiamo la nostra idea di Dio non potremo diventare discepoli di Cristo!
Tre cose dice l’uomo devoto ma posseduto dallo spirito impuro di quella fede demoniaca:
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?”: il primo aspetto di una fede sbagliata è quello per cui Dio non c’entra niente con la mia vita, quello che ci spinge a chiudere Dio nei tabernacoli delle nostre chiese, quello per cui la fede non si incarna nella vita di ogni giorno; chi mi ha condotto nel mio percorso di fede mi ha sempre insegnato che il vangelo deve essere incartato nel giornale per essere vissuto e parlare alla nostra vita.
“Sei venuto a rovinarci?”: il secondo aspetto di questa fede erronea è quello per cui Dio mi è nemico o quantomeno viene per rovinarmi la vita; è quell’idea sbagliata del cristiano, uomo castrato, a cui è impedita la felicità, la libertà di fare ciò che vuole perché tante, troppe cose sono considerate peccato. Quante volte ci coglie il pensiero che senza Dio la nostra vita sarebbe migliore? In un mondo dove sembra regnare solo l’interesse personale e l’egoismo, Dio suggerisce al nostro cuore che la vera felicità sta nell’amore, nel servizio attento a chi si trova nel bisogno, nella gioia dell’incontro e dell’accoglienza ed è una voce che stravolge la nostra vita, ma per renderla una meravigliosa avventura!
“Io so chi tu sei: il santo di Dio!”: ecco l’ultimo aspetto di una fede falsa, cioè l’idea che la fede sia in realtà sapere delle cose. Vado a messa regolarmente, ho seguito il catechismo ed ho pure studiato teologia e sento che rispetto all’ignoranza generale sono già un bel passo in avanti, ma se dimentico che la fede è un andare a vedere (Gv 1,39) sono fuori strada; la fede non è soltanto sapere e conoscere, ma sperimentare e provare; la fede, se non mi spinge ad essere cercatore di verità, ad essere costruttore di un mondo nuovo, fondato su relazioni di giustizia, solidarietà e pace è una fede demoniaca.
Di fronte a questa fede blasfema vi è un’unica risposta: “Taci! Esci!”; voglio, infatti, ascoltare solo parole d’amore, quelle di Dio che parlano al mio cuore!
Quelle parole di Gesù sono molto diverse dalle parole degli scribi, vanno subito al cuore di chi ascolta ed ecco l’autorità o meglio l’autorevolezza del suo insegnamento; autorevole è colui che fa crescere e Gesù è autorevole perché credibile, perché in lui messaggio e messaggero coincidono, perché dice ciò che è, ed è ciò che dice. Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, al contrario Gesù lo accende, lo fa bruciare d’amore (cfr. Lc 24,32 discepoli di Emmaus) Quante volte ci basta leggere il Vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, qualche volta anche ci piace, ma poi la nostra vita non cambia: la fede non è sapere delle cose, ma farle diventare vita, esperienza concreta (cfr. Gv 1,39) dell’amore di Dio per noi e dell’amore nostro per ogni donna e uomo che incontriamo nel nostro cammino.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di persone autorevoli e di maestri credibili; sono sempre più attuali le parole del giudice Rosario Livatino, di cui è stato riconosciuto il martirio poche settimane fa: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”; annunciare il vangelo nel mondo non ha bisogno di una testimonianza di forza ma esige la forza della testimonianza.
In quel giorno ed in quella sinagoga secondo il vangelo di Marco avviene il primo miracolo di Gesù. Ripeto spesso ai miei alunni che è necessario non dimenticare mai nella lettura del Vangelo e di tutta la Bibbia che ci troviamo di fronte ad un libro certamente storico perché fondato su eventi realmente accaduti, ma che questo non è un libro di storia: il vangelo parla alla nostra vita annunciando la bella ed incredibile notizia dell'infinito amore di Dio. Ecco allora che ogni evento diventa parabola caricandosi di significati che devono coinvolgere la nostra vita. Così i miracoli diventano segni dell’intervento salvifico di Dio nella mia vita: sono io quel cieco che ha bisogno di aprire gli occhi per vedere le meraviglie di Dio, sono io quel sordomuto che deve aprire i propri orecchi alla parola del Vangelo per poterlo annunciare ai fratelli, sono io lo zoppo e lo storpio che deve caricarsi del suo lettuccio per seguire Gesù, sono io l’uomo dalla mano inaridita che deve tornare a lavorare per costruire il regno di Dio ed in particolare oggi sono io l’uomo che deve essere liberato dai suoi spiriti immondi. Sembra strano parlare di un uomo posseduto da uno spirito immondo che partecipa ad un momento di preghiera nella sinagoga, ma forse Marco ci invita a riflettere sul fatto che il primo demone da cui dobbiamo essere liberati è quello di una fede falsa, di una immagine sbagliata, direi blasfema, di Dio.
Gesù sconvolge ogni idea pagana di Dio per proporre la novità di un Dio Padre/Madre amorevole: Dio non è il Giudice severo e implacabile, non è nemmeno l’Onnipotente pronto a punire coloro che sbagliano o a premiare i meritevoli e se Dio è l’Essere Perfettissimo, Egli è perfetto solo nell’amore e nella misericordia, per il resto si inchina bisognoso del nostro amore per lavarci i piedi. Deve essere chiaro a tutti: se non convertiamo la nostra idea di Dio non potremo diventare discepoli di Cristo!
Tre cose dice l’uomo devoto ma posseduto dallo spirito impuro di quella fede demoniaca:
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?”: il primo aspetto di una fede sbagliata è quello per cui Dio non c’entra niente con la mia vita, quello che ci spinge a chiudere Dio nei tabernacoli delle nostre chiese, quello per cui la fede non si incarna nella vita di ogni giorno; chi mi ha condotto nel mio percorso di fede mi ha sempre insegnato che il vangelo deve essere incartato nel giornale per essere vissuto e parlare alla nostra vita.
“Sei venuto a rovinarci?”: il secondo aspetto di questa fede erronea è quello per cui Dio mi è nemico o quantomeno viene per rovinarmi la vita; è quell’idea sbagliata del cristiano, uomo castrato, a cui è impedita la felicità, la libertà di fare ciò che vuole perché tante, troppe cose sono considerate peccato. Quante volte ci coglie il pensiero che senza Dio la nostra vita sarebbe migliore? In un mondo dove sembra regnare solo l’interesse personale e l’egoismo, Dio suggerisce al nostro cuore che la vera felicità sta nell’amore, nel servizio attento a chi si trova nel bisogno, nella gioia dell’incontro e dell’accoglienza ed è una voce che stravolge la nostra vita, ma per renderla una meravigliosa avventura!
“Io so chi tu sei: il santo di Dio!”: ecco l’ultimo aspetto di una fede falsa, cioè l’idea che la fede sia in realtà sapere delle cose. Vado a messa regolarmente, ho seguito il catechismo ed ho pure studiato teologia e sento che rispetto all’ignoranza generale sono già un bel passo in avanti, ma se dimentico che la fede è un andare a vedere (Gv 1,39) sono fuori strada; la fede non è soltanto sapere e conoscere, ma sperimentare e provare; la fede, se non mi spinge ad essere cercatore di verità, ad essere costruttore di un mondo nuovo, fondato su relazioni di giustizia, solidarietà e pace è una fede demoniaca.
Di fronte a questa fede blasfema vi è un’unica risposta: “Taci! Esci!”; voglio, infatti, ascoltare solo parole d’amore, quelle di Dio che parlano al mio cuore!
Commento 28 gennaio 2018
Ricevuto il battesimo e lasciato Giovanni, Gesù ritorna in Galilea, ma non nello sperduto villaggio sulle montagne di Nazareth, dove era cresciuto, bensì a Cafarnao, che probabilmente non era molto più grande di Nazareth, ma che per la sua posizione era certamente più funzionale alla sua predicazione essendo un crocevia di strade mercantili.
Qui Marco sembra raccontare una giornata di Gesù: un sabato, nel quale egli andava in sinagoga per partecipare al culto ed in alcune occasioni Gesù era incaricato di spiegare le Scritture, di predicare, di fare l’omelia. Il suo modo di insegnare lasciava stupiti tutti coloro che l’ascoltavano poiché quelle parole non erano solo ricche di sapienza, ma esprimevano probabilmente con entusiasmo la bellezza del progetto d’amore di Dio ed erano parole supportate dalla coerente testimonianza della vita di Gesù; ecco perché si afferma che egli insegnava ed insegnava “come uno che ha autorità, e non come gli scribi”.
L’autorità di Gesù era diversa da quella degli scribi: gli scribi insegnavano ripetendo quanto i grandi rabbini, maestri della fede ebraica, avevano già proclamato ed insegnato. Per Gesù non è così, il suo insegnamento appare come qualcosa di nuovo, non nel senso cronologico di ultimo arrivato, ma nel senso che il suo messaggio è qualitativamente diverso da tutti gli insegnamenti precedenti, diverso nelle parole, nel tono, ma soprattutto diverso nel modo di presentare Dio.
Il Dio di Gesù non è più quel giudice severo che dall’alto castiga e punisce chi sbaglia, ma un Padre che ama con tenerezza infinita i suoi figli, soprattutto quelli più bisognosi del suo amore e dall’amore nasce la misericordia ed il perdono. Il Dio di Gesù non è più quel Dio lontano e insensibile che lascia soffrire le sue creature, ma l’Emanuele, il Dio con noi che resta accanto all’uomo in ogni istante della sua vita.
La predica di Gesù venne interrotta da un uomo “posseduto da uno spirito impuro”. Questo versetto ci apre alla riflessione circa il male e alla sua personificazione. Credo che quando ci troviamo di fronte a quello che noi chiamiamo “diavolo” purtroppo rischiamo di cadere in due atteggiamenti opposti, entrambi scorretti: da una parte pensiamo a Satana come il retaggio antico di qualche religione manichea che al dio buono oppone un dio malvagio, utilizzato in qualche predica per incutere paure nei fedeli; dall’altra di trovarci di fronte ad un essere divino per cui siamo presi da una sorta di paura o al contrario proviamo sentimenti di venerazione verso colui che è autore di ogni male nel tentativo, anche, di evitarne l’influsso malefico.
Eppure la liturgia annualmente nella veglia pasquale e durante diversi riti sacramentali (battesimo, cresima, matrimonio,..) nel chiederci di ribadire le nostre promesse battesimali ci invita a rinunciare, a dire no a Satana e a tutte le sue possibili seduzioni.
Credo che l’atteggiamento corretto sia quello che ci propone Paolo in una sua testimonianza personale nella lettera ai Romani: “Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, [...] quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. [...] infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (cfr. Rm 7, 14-25).
A questo punto possiamo definire Satana (l’avversario) come colui che in me si oppone al progetto d’amore di Dio, possiamo definire il Diavolo (il divisore) come colui che mi divide dentro nel mio cuore tra il sogno di un mondo d’amore e il desiderio dei miei egoismi; questi “nostri nemici” esistono e a questi dobbiamo rispondere come Gesù stesso ci ha insegnato: “Taci... Esci!”. Non c’è discussione, non c’è rapporto possibile con il maligno se non la condanna e la forza di chiudergli la bocca ed invitarlo ad uscire da noi e dal mondo.
Sì, dentro ciascuno di noi diversi spiriti impuri continuano con le loro lusinghe a parlare al nostro cuore, tentando di farci deviare la strada verso una vita disumana: questi spiriti è bene chiamarli per nome. Sono l’orgoglio e la sete di potere che accecano i nostri occhi e ci impediscono di vedere l’altro; sono il razzismo e l’intolleranza che ci impediscono di riconoscere nell’altro un fratello. Da questi spiriti immondi dobbiamo essere liberati per accogliere la proposta di Gesù e vivere una vita pienamente realizzata nell’amore!
Qui Marco sembra raccontare una giornata di Gesù: un sabato, nel quale egli andava in sinagoga per partecipare al culto ed in alcune occasioni Gesù era incaricato di spiegare le Scritture, di predicare, di fare l’omelia. Il suo modo di insegnare lasciava stupiti tutti coloro che l’ascoltavano poiché quelle parole non erano solo ricche di sapienza, ma esprimevano probabilmente con entusiasmo la bellezza del progetto d’amore di Dio ed erano parole supportate dalla coerente testimonianza della vita di Gesù; ecco perché si afferma che egli insegnava ed insegnava “come uno che ha autorità, e non come gli scribi”.
L’autorità di Gesù era diversa da quella degli scribi: gli scribi insegnavano ripetendo quanto i grandi rabbini, maestri della fede ebraica, avevano già proclamato ed insegnato. Per Gesù non è così, il suo insegnamento appare come qualcosa di nuovo, non nel senso cronologico di ultimo arrivato, ma nel senso che il suo messaggio è qualitativamente diverso da tutti gli insegnamenti precedenti, diverso nelle parole, nel tono, ma soprattutto diverso nel modo di presentare Dio.
Il Dio di Gesù non è più quel giudice severo che dall’alto castiga e punisce chi sbaglia, ma un Padre che ama con tenerezza infinita i suoi figli, soprattutto quelli più bisognosi del suo amore e dall’amore nasce la misericordia ed il perdono. Il Dio di Gesù non è più quel Dio lontano e insensibile che lascia soffrire le sue creature, ma l’Emanuele, il Dio con noi che resta accanto all’uomo in ogni istante della sua vita.
La predica di Gesù venne interrotta da un uomo “posseduto da uno spirito impuro”. Questo versetto ci apre alla riflessione circa il male e alla sua personificazione. Credo che quando ci troviamo di fronte a quello che noi chiamiamo “diavolo” purtroppo rischiamo di cadere in due atteggiamenti opposti, entrambi scorretti: da una parte pensiamo a Satana come il retaggio antico di qualche religione manichea che al dio buono oppone un dio malvagio, utilizzato in qualche predica per incutere paure nei fedeli; dall’altra di trovarci di fronte ad un essere divino per cui siamo presi da una sorta di paura o al contrario proviamo sentimenti di venerazione verso colui che è autore di ogni male nel tentativo, anche, di evitarne l’influsso malefico.
Eppure la liturgia annualmente nella veglia pasquale e durante diversi riti sacramentali (battesimo, cresima, matrimonio,..) nel chiederci di ribadire le nostre promesse battesimali ci invita a rinunciare, a dire no a Satana e a tutte le sue possibili seduzioni.
Credo che l’atteggiamento corretto sia quello che ci propone Paolo in una sua testimonianza personale nella lettera ai Romani: “Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, [...] quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. [...] infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (cfr. Rm 7, 14-25).
A questo punto possiamo definire Satana (l’avversario) come colui che in me si oppone al progetto d’amore di Dio, possiamo definire il Diavolo (il divisore) come colui che mi divide dentro nel mio cuore tra il sogno di un mondo d’amore e il desiderio dei miei egoismi; questi “nostri nemici” esistono e a questi dobbiamo rispondere come Gesù stesso ci ha insegnato: “Taci... Esci!”. Non c’è discussione, non c’è rapporto possibile con il maligno se non la condanna e la forza di chiudergli la bocca ed invitarlo ad uscire da noi e dal mondo.
Sì, dentro ciascuno di noi diversi spiriti impuri continuano con le loro lusinghe a parlare al nostro cuore, tentando di farci deviare la strada verso una vita disumana: questi spiriti è bene chiamarli per nome. Sono l’orgoglio e la sete di potere che accecano i nostri occhi e ci impediscono di vedere l’altro; sono il razzismo e l’intolleranza che ci impediscono di riconoscere nell’altro un fratello. Da questi spiriti immondi dobbiamo essere liberati per accogliere la proposta di Gesù e vivere una vita pienamente realizzata nell’amore!