XXXII domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Commento 12 novembre 2023
Quella di oggi è una parabola strana che i teologi potrebbero definire escatologica perché sembra voler introdurre chi l'ascolta in un clima di attesa dell'incontro definitivo con il Signore che verrà nella gloria. Proseguiremo poi questo clima nell'avvento preparandoci ad accogliere il Signore che è venuto nella storia facendosi uno di noi per donarci la sua salvezza. Di fronte a questo testo che sembra tendere ad un tempo molto lontano (d'altronde chi di noi non si sente almeno un pochino immortale), voglio sforzarmi di credere che questo vangelo voglia parlare proprio a me ed ora, che non riguardi il mio passato quando mi sono accorto di avere il Signore accanto a me, né il giorno futuro in cui mi abbandonerò nelle Sue braccia per godere della sua infinita ed eterna misericordia.
Certamente Gesù nel raccontare questa parabola si riferiva a quella parte del popolo di Israele che attendeva l’arrivo del Messia; forse Matteo scrive questa parabola alla sua comunità che dopo l’entusiasmo iniziale cominciava a perdere la fede delusa dal mancato ritorno del Signore, ma questa parabola cosa dice oggi alla nostra vita? Forse parla ai nostri rimpianti riferiti a quando la comunità cristiana rappresentava qualcosa di importante all’interno della società, a quando eravamo un gruppo forte ed importante e poi un giorno scopri che non è più così, visto che molti dalle nostre comunità se ne vanno, che ormai nel mondo, nel quartiere siamo minoranza e ci chiediamo “È la fine di tutto?”.
Ed è notte! È la notte delle nostre paure, dei nostri dubbi sul fatto che il vangelo possa davvero cambiare il mondo, che il Signore venga per introdurci nel suo Regno. Ma è proprio qui in questa notte che la parabola invita ad attendere lo sposo, quando sembra che queste notti del nostro mondo, le notti delle guerre, delle ingiustizie e dei soprusi, le notti dei dissidi e dei rancori, della fatica e della malattia, possano non terminare mai. Sono notti tremendamente buie, notti create dal nostro egoismo e nelle quali invano cerchiamo una luce, un mondo rischiarato dalla pace, dalla gioia, dall’armonia. Ma ecco, a mezzanotte, proprio quando il buio è più intenso e profondo, ecco lo sposo giunge tra noi, viene perché ha promesso di introdurci nella festa.
La parabola non parla di morte, ma ci invita ad attendere il momento dell'arrivo dello sposo: è il momento dell'arrivo dello sposo è il momento della festa, della gioia, della vera e piena realizzazione della mia vita come il Signore l'ha da sempre sognata.
Farei davvero tanta fatica nel leggere un vangelo che parla solo alla mia morte, tralasciando la mia vita, così voglio inesorabilmente credere che lo sposo venga oggi, sia già alla porta del mio cuore e stia per bussare in ogni incontro, in ogni persona che oggi incontrerò. Per questo ci viene chiesto di essere preparati a riconoscere il suo arrivo per essere pronti a seguirlo anche nella notte di chi pensa che il mondo vada sempre peggio, che precipiti inesorabilmente nell’oscurità e ritiene che il regno annunciato da Cristo non si realizzerà mai, che le beatitudini sono un sogno irrealizzabile, una favoletta per bambini ingenui ed è meglio rassegnarsi.
Io dico no, come cantava Vasco Rossi, voglio continuare ad alimentare la lampada della fede, pronto a vivere questo momento di oscurità della storia come un tempo prezioso, una opportunità da non perdere: forse ciò che sta crollando è soltanto una fede “fatta di abitudini e paure” (Nomadi e Guccini) lontana dalla parola di Dio; lo sposo viene per introdurre la nostra vita in una logica d'amore, più credibile, con tutta la comunità cristiana più coinvolta nella costruzione di un mondo dove ci sia festa per tutti. Sì, poiché lo sposo viene non solo per la sua Chiesa, ma per tutta l’umanità!
In questo tempo di mezzo (Curtaz) a noi viene chiesto di non perdere la speranza, di non rassegnarci, poiché in ciascuno di noi oggi sono presenti due anime, rappresentate dalle vergini stolte e dalle vergini sagge. Quando lasciamo spegnere la lampada della nostra adesione a Cristo e al suo vangelo, quando ci lasciamo cogliere dallo scoraggiamento e ci rassegniamo perché non è più come nei bei tempi passati: ecco siamo vergini stolte!
Comportiamoci, invece, come vergini sagge, alimentando la nostra speranza, nei nostri piccoli vasi, piccoli ma pieni dell’ascolto della Parola di Dio e del nostro coinvolgimento nella vita della comunità e del mondo; solo così potremo rispondere positivamente all’invito del Signore che ci chiede costantemente di operare concretamente, secondo la sua volontà d’amore alla costruzione di quel mondo che Lui è venuto ad inaugurare, ma che tocca a noi oggi portare avanti. E quando al termine dei giorni ci sarà un’ultima venuta dello sposo nella vita di ognuno di noi, saremo chiamati a prendere coscienza delle nostre responsabilità e nessuno potrà amare al posto di un altro, o illudersi di vivere nella gioia dell’amore fraterno, vedendo in quella gioia vivere un altro. Non ci sarà più tempo per condividere l’olio della gioia di chi avrà costruito intorno a sé amore ed ognuno sarà chiamato a vivere del proprio olio!
In conclusione credo non sia corretto leggere il finale di questa parabola, quando si racconta di come lo sposo entrerà nella casa con tutti coloro che saranno trovati pronti prima che le porte saranno chiuse definitivamente lasciando tutti gli altri fuori, come se stessimo parlando del paradiso Non sarà così!
Se il paradiso, come io credo, altro non è che il cuore di Dio, le sue porte non possono essere chiuse perché nel cuore di Dio non esistono porte, né muri perimetrali. In questa parabola, Gesù non sta parlando del paradiso, ma del banchetto di nozze di questo mondo: lo sposo, che ci ama di un amore gratuito ed incondizionato fino al dono della vita, vuole che siamo felici qui ed ora ed è in questa gioia che qualcuno si lascia introdurre, mentre qualcun altro testardamente, nonostante i tentativi di Dio, vuole rimanere fuori.
Rimane quel monito e quella porta chiusa, immagine di tutti quei momenti vissuti senza la gioia del Signore, momenti passati ed ormai irrecuperabili: la festa di nozze è immagine del Regno di Dio, quello che siamo chiamati a costruire oggi e qui, è quel mondo invocato dalla voce purtroppo troppo spesso isolata di Francesco, che insiste a ricordare a tutti gli uomini la nostra comune vocazione nel vivere come “fratelli tutti”! In quella festa di nozze tutti sono invitati a partecipare alla gioia dello sposo perché ciò che si celebra è l’amore, mentre fuori da questo banchetto c’è “pianto e stridore di denti”, esplosioni di bombe e lancio di missili e razzi.
Sì, come ci testimoniano ogni giorno le notizie dai telegiornali, questa appare la realtà del nostro mondo, una realtà creata dalla legge del mercato dove ogni cosa, anche i rapporti umani, ha un valore puramente economico e dove regnano sentimenti di egoismo nella ricerca di una felicità che è solo soddisfazione dei propri piaceri: un mondo dove sembrano regnare incontrastate oppressione e violenza, soprusi ed intolleranza verso coloro che sono diversi per etnia, religione, lingua e cultura, un mondo che vive dei propri interessi e si disinteressa dell’altro che diventa estraneo e viene messo “fuori”.
Al contrario il Regno di Dio, il banchetto delle nozze, è il mondo dell’amore, dove ognuno considera l’altro un fratello e mette la propria vita a disposizione della gioia dell’altro: questo è il mondo che Dio vuole costruire ed in questo mondo vuole introdurci, già oggi prima di raccoglierci tutti un giorno in un grande abbraccio finale.
Al termine dei giorni, di questo sono sempre più convinto, sarà la misericordia e l’infinita tenerezza di Dio ad accogliere nel suo cuore anche coloro che, indifferenti ai suoi richiami, avranno perduto l’occasione nella loro vita terrena di ritagliarsi già oggi in questo mondo un pezzettino di paradiso: sono, infatti, proprio questi figli che avranno più bisogno di incontrare l’amore di Dio, che è Padre/Madre, quell’amore che non hanno saputo vivere nella loro vita terrena!
Certamente Gesù nel raccontare questa parabola si riferiva a quella parte del popolo di Israele che attendeva l’arrivo del Messia; forse Matteo scrive questa parabola alla sua comunità che dopo l’entusiasmo iniziale cominciava a perdere la fede delusa dal mancato ritorno del Signore, ma questa parabola cosa dice oggi alla nostra vita? Forse parla ai nostri rimpianti riferiti a quando la comunità cristiana rappresentava qualcosa di importante all’interno della società, a quando eravamo un gruppo forte ed importante e poi un giorno scopri che non è più così, visto che molti dalle nostre comunità se ne vanno, che ormai nel mondo, nel quartiere siamo minoranza e ci chiediamo “È la fine di tutto?”.
Ed è notte! È la notte delle nostre paure, dei nostri dubbi sul fatto che il vangelo possa davvero cambiare il mondo, che il Signore venga per introdurci nel suo Regno. Ma è proprio qui in questa notte che la parabola invita ad attendere lo sposo, quando sembra che queste notti del nostro mondo, le notti delle guerre, delle ingiustizie e dei soprusi, le notti dei dissidi e dei rancori, della fatica e della malattia, possano non terminare mai. Sono notti tremendamente buie, notti create dal nostro egoismo e nelle quali invano cerchiamo una luce, un mondo rischiarato dalla pace, dalla gioia, dall’armonia. Ma ecco, a mezzanotte, proprio quando il buio è più intenso e profondo, ecco lo sposo giunge tra noi, viene perché ha promesso di introdurci nella festa.
La parabola non parla di morte, ma ci invita ad attendere il momento dell'arrivo dello sposo: è il momento dell'arrivo dello sposo è il momento della festa, della gioia, della vera e piena realizzazione della mia vita come il Signore l'ha da sempre sognata.
Farei davvero tanta fatica nel leggere un vangelo che parla solo alla mia morte, tralasciando la mia vita, così voglio inesorabilmente credere che lo sposo venga oggi, sia già alla porta del mio cuore e stia per bussare in ogni incontro, in ogni persona che oggi incontrerò. Per questo ci viene chiesto di essere preparati a riconoscere il suo arrivo per essere pronti a seguirlo anche nella notte di chi pensa che il mondo vada sempre peggio, che precipiti inesorabilmente nell’oscurità e ritiene che il regno annunciato da Cristo non si realizzerà mai, che le beatitudini sono un sogno irrealizzabile, una favoletta per bambini ingenui ed è meglio rassegnarsi.
Io dico no, come cantava Vasco Rossi, voglio continuare ad alimentare la lampada della fede, pronto a vivere questo momento di oscurità della storia come un tempo prezioso, una opportunità da non perdere: forse ciò che sta crollando è soltanto una fede “fatta di abitudini e paure” (Nomadi e Guccini) lontana dalla parola di Dio; lo sposo viene per introdurre la nostra vita in una logica d'amore, più credibile, con tutta la comunità cristiana più coinvolta nella costruzione di un mondo dove ci sia festa per tutti. Sì, poiché lo sposo viene non solo per la sua Chiesa, ma per tutta l’umanità!
In questo tempo di mezzo (Curtaz) a noi viene chiesto di non perdere la speranza, di non rassegnarci, poiché in ciascuno di noi oggi sono presenti due anime, rappresentate dalle vergini stolte e dalle vergini sagge. Quando lasciamo spegnere la lampada della nostra adesione a Cristo e al suo vangelo, quando ci lasciamo cogliere dallo scoraggiamento e ci rassegniamo perché non è più come nei bei tempi passati: ecco siamo vergini stolte!
Comportiamoci, invece, come vergini sagge, alimentando la nostra speranza, nei nostri piccoli vasi, piccoli ma pieni dell’ascolto della Parola di Dio e del nostro coinvolgimento nella vita della comunità e del mondo; solo così potremo rispondere positivamente all’invito del Signore che ci chiede costantemente di operare concretamente, secondo la sua volontà d’amore alla costruzione di quel mondo che Lui è venuto ad inaugurare, ma che tocca a noi oggi portare avanti. E quando al termine dei giorni ci sarà un’ultima venuta dello sposo nella vita di ognuno di noi, saremo chiamati a prendere coscienza delle nostre responsabilità e nessuno potrà amare al posto di un altro, o illudersi di vivere nella gioia dell’amore fraterno, vedendo in quella gioia vivere un altro. Non ci sarà più tempo per condividere l’olio della gioia di chi avrà costruito intorno a sé amore ed ognuno sarà chiamato a vivere del proprio olio!
In conclusione credo non sia corretto leggere il finale di questa parabola, quando si racconta di come lo sposo entrerà nella casa con tutti coloro che saranno trovati pronti prima che le porte saranno chiuse definitivamente lasciando tutti gli altri fuori, come se stessimo parlando del paradiso Non sarà così!
Se il paradiso, come io credo, altro non è che il cuore di Dio, le sue porte non possono essere chiuse perché nel cuore di Dio non esistono porte, né muri perimetrali. In questa parabola, Gesù non sta parlando del paradiso, ma del banchetto di nozze di questo mondo: lo sposo, che ci ama di un amore gratuito ed incondizionato fino al dono della vita, vuole che siamo felici qui ed ora ed è in questa gioia che qualcuno si lascia introdurre, mentre qualcun altro testardamente, nonostante i tentativi di Dio, vuole rimanere fuori.
Rimane quel monito e quella porta chiusa, immagine di tutti quei momenti vissuti senza la gioia del Signore, momenti passati ed ormai irrecuperabili: la festa di nozze è immagine del Regno di Dio, quello che siamo chiamati a costruire oggi e qui, è quel mondo invocato dalla voce purtroppo troppo spesso isolata di Francesco, che insiste a ricordare a tutti gli uomini la nostra comune vocazione nel vivere come “fratelli tutti”! In quella festa di nozze tutti sono invitati a partecipare alla gioia dello sposo perché ciò che si celebra è l’amore, mentre fuori da questo banchetto c’è “pianto e stridore di denti”, esplosioni di bombe e lancio di missili e razzi.
Sì, come ci testimoniano ogni giorno le notizie dai telegiornali, questa appare la realtà del nostro mondo, una realtà creata dalla legge del mercato dove ogni cosa, anche i rapporti umani, ha un valore puramente economico e dove regnano sentimenti di egoismo nella ricerca di una felicità che è solo soddisfazione dei propri piaceri: un mondo dove sembrano regnare incontrastate oppressione e violenza, soprusi ed intolleranza verso coloro che sono diversi per etnia, religione, lingua e cultura, un mondo che vive dei propri interessi e si disinteressa dell’altro che diventa estraneo e viene messo “fuori”.
Al contrario il Regno di Dio, il banchetto delle nozze, è il mondo dell’amore, dove ognuno considera l’altro un fratello e mette la propria vita a disposizione della gioia dell’altro: questo è il mondo che Dio vuole costruire ed in questo mondo vuole introdurci, già oggi prima di raccoglierci tutti un giorno in un grande abbraccio finale.
Al termine dei giorni, di questo sono sempre più convinto, sarà la misericordia e l’infinita tenerezza di Dio ad accogliere nel suo cuore anche coloro che, indifferenti ai suoi richiami, avranno perduto l’occasione nella loro vita terrena di ritagliarsi già oggi in questo mondo un pezzettino di paradiso: sono, infatti, proprio questi figli che avranno più bisogno di incontrare l’amore di Dio, che è Padre/Madre, quell’amore che non hanno saputo vivere nella loro vita terrena!
Commento 6 novembre 2020
È una parabola strana quella di questa domenica che ci introduce in un clima di attesa dell'incontro con il Signore che verrà nella gloria, clima che proseguirà nell'avvento, preparazione ad accogliere il Signore che è venuto nella storia facendosi uno di noi per donarci la sua salvezza. Ma voglio sforzarmi di credere che questo vangelo voglia parlare proprio a me ed ora, che non riguardi il mio passato quando mi sono accorto di avere il Signore accanto a me, né il giorno futuro in cui mi abbandonerò nelle Sue braccia per godere della sua infinita ed eterna misericordia.
Certamente Gesù nel raccontare questa parabola si riferiva a quella parte del popolo di Israele che attendeva l’arrivo del Messia; forse Matteo scrive questa parabola alla sua comunità che dopo l’entusiasmo iniziale cominciava a perdere la fede delusa dal mancato ritorno del Signore, ma questa parabola cosa dice oggi alla nostra vita?
Forse parla ai nostri rimpianti riferiti a quando la comunità cristiana rappresentava qualcosa di importante all’interno della società, a quando eravamo un gruppo forte ed importante e poi scopri che, oggi, non è più così, visto che molti dalle nostre comunità se ne vanno, che ormai nel mondo, nel quartiere siamo minoranza e ci chiediamo “È la fine di tutto?”. Ed è notte!
È la notte delle nostre paure, dei nostri dubbi sul fatto che il vangelo possa davvero cambiare il mondo, che il Signore venga per introdurci nel suo Regno. Ma è proprio qui in questa notte che la parabola invita ad attendere lo sposo, quando sembra che queste notti del nostro mondo, le notti delle guerre, delle ingiustizie e dei soprusi, le notti dei dissidi e dei rancori, della fatica e della malattia, possano non terminare mai. Sono notti molto buie, notti create dal nostro egoismo ed invano cerchiamo la luce, un mondo rischiarato dalla pace, dalla gioia, dall’armonia. Ma ecco, a mezzanotte, proprio quando il buio è più intenso e profondo, ecco lo sposo giunge perché ha promesso di venire per introdurci nella festa.
Non si parla di morte, il momento dell'arrivo dello sposo è il momento della festa, della gioia, della vera e piena realizzazione della mia vita come il Signore l'ha da sempre sognata. Faccio fatica a leggere un vangelo che parla solo alla mia morte, tralasciando la mia vita: lo sposo viene oggi, ci introduce nella festa e ci vien chiesto di essere preparati a riconoscere il suo arrivo per essere pronti a seguirlo anche nella notte. La notte di chi pensa che il mondo vada sempre peggio, che precipiti inesorabilmente nell’oscurità e ritiene che il regno annunciato da Cristo non si realizzerà mai, che le beatitudini sono un sogno irrealizzabile, una favoletta per bambini ingenui ed è meglio rassegnarsi.
Io dico no, come cantava Vasco Rossi, voglio continuare ad alimentare la lampada della fede, pronto a vivere questo momento di oscurità della storia come un tempo prezioso, una opportunità da non perdere: forse ciò che sta crollando è soltanto una fede “fatta di abitudini e paure” (Nomadi e Guccini) lontana dalla parola di Dio; lo sposo viene per introdurre la nostra vita in una logica d'amore, più credibile, con tutta la comunità cristiana più coinvolta nella costruzione di un mondo dove ci sia festa per tutti.
Sì, poiché lo sposo viene non solo per la sua Chiesa, ma per tutta l’umanità!
A noi viene chiesto di non perdere la speranza, di non rassegnarci, poiché in ciascuno di noi oggi sono presenti due anime, ci sono le vergini stolte e le vergini sagge. Quando lasciamo spegnere la lampada della nostra adesione a Cristo e al suo vangelo, quando ci lasciamo cogliere dallo scoraggiamento e ci rassegniamo perché non è più come nei bei tempi passati: ecco siamo vergini stolte!
Comportiamoci come vergini sagge, alimentando la nostra speranza, nei nostri piccoli vasi, piccoli ma pieni dell’ascolto della Parola di Dio e del nostro coinvolgimento nella vita della comunità e del mondo; solo così potremo rispondere positivamente all’invito del Signore che ci chiede costantemente di operare concretamente, secondo la sua volontà d’amore alla costruzione di quel mondo che Lui è venuto ad inaugurare, ma che tocca a noi oggi portare avanti.
Ecco ci sarà un’ultima venuta dello sposo nella vita di ognuno di noi, dobbiamo prendere coscienza delle nostre responsabilità poiché non sarà possibile condividere l’olio: nessuno può essere buono o amare al posto di un altro, o illudersi di vivere nella gioia perché nella gioia vede vivere un altro; ognuno deve vivere del proprio olio!
Non è corretto leggere il finale di questa parabola come se stessimo parlando del paradiso: lo sposo entra e con lui tutti coloro che erano pronti e poi le porte vengono chiuse e gli altri rimangono fuori. Non credo sia così! Se il paradiso è il cuore di Dio le porte non possono essere chiuse, poiché non ci sono porte, né muri perimetrali; qui Gesù parla del banchetto di nozze in questo mondo. Lo sposo vuole che siamo felici qui ed ora ed è in questa gioia che qualcuno si lascia introdurre e qualcuno testardamente, nonostante i tentativi di Dio, vuole rimanere fuori.
Rimane quel monito e la porta chiusa della parabola rappresenta tutti i momenti vissuti senza la gioia del Signore momenti ormai irrecuperabili; infatti, nella festa di nozze tutti si sentono amici, direi fratelli, sentono di partecipare alla gioia degli sposi perché la dinamica al centro della festa è quella dell’amore, mentre fuori da questo banchetto c’è “pianto e stridore di denti”, ovvero quella realtà del nostro mondo creata dalla legge del mercato dove ogni cosa, anche i rapporti umani, ha un valore puramente economico e dove regnano sentimenti di egoismo nella ricerca di una felicità che è solo soddisfazione dei propri piaceri: un mondo che vive dei propri interessi si disinteressa dell’altro che diventa estraneo e viene messo fuori.
Al contrario il banchetto delle nozze è il mondo dell’amore, dove ognuno considera l’altro un fratello e mette la propria vita a disposizione della gioia dell’altro: questo è il mondo che Dio vuole costruire ed in questo mondo vuole introdurci.
Sarà poi la misericordia e l’infinita tenerezza del Padre ad accogliere nel suo cuore anche chi avrà buttato nella sua vita terrena la possibilità di ritagliarsi già oggi un pezzettino di paradiso.
Certamente Gesù nel raccontare questa parabola si riferiva a quella parte del popolo di Israele che attendeva l’arrivo del Messia; forse Matteo scrive questa parabola alla sua comunità che dopo l’entusiasmo iniziale cominciava a perdere la fede delusa dal mancato ritorno del Signore, ma questa parabola cosa dice oggi alla nostra vita?
Forse parla ai nostri rimpianti riferiti a quando la comunità cristiana rappresentava qualcosa di importante all’interno della società, a quando eravamo un gruppo forte ed importante e poi scopri che, oggi, non è più così, visto che molti dalle nostre comunità se ne vanno, che ormai nel mondo, nel quartiere siamo minoranza e ci chiediamo “È la fine di tutto?”. Ed è notte!
È la notte delle nostre paure, dei nostri dubbi sul fatto che il vangelo possa davvero cambiare il mondo, che il Signore venga per introdurci nel suo Regno. Ma è proprio qui in questa notte che la parabola invita ad attendere lo sposo, quando sembra che queste notti del nostro mondo, le notti delle guerre, delle ingiustizie e dei soprusi, le notti dei dissidi e dei rancori, della fatica e della malattia, possano non terminare mai. Sono notti molto buie, notti create dal nostro egoismo ed invano cerchiamo la luce, un mondo rischiarato dalla pace, dalla gioia, dall’armonia. Ma ecco, a mezzanotte, proprio quando il buio è più intenso e profondo, ecco lo sposo giunge perché ha promesso di venire per introdurci nella festa.
Non si parla di morte, il momento dell'arrivo dello sposo è il momento della festa, della gioia, della vera e piena realizzazione della mia vita come il Signore l'ha da sempre sognata. Faccio fatica a leggere un vangelo che parla solo alla mia morte, tralasciando la mia vita: lo sposo viene oggi, ci introduce nella festa e ci vien chiesto di essere preparati a riconoscere il suo arrivo per essere pronti a seguirlo anche nella notte. La notte di chi pensa che il mondo vada sempre peggio, che precipiti inesorabilmente nell’oscurità e ritiene che il regno annunciato da Cristo non si realizzerà mai, che le beatitudini sono un sogno irrealizzabile, una favoletta per bambini ingenui ed è meglio rassegnarsi.
Io dico no, come cantava Vasco Rossi, voglio continuare ad alimentare la lampada della fede, pronto a vivere questo momento di oscurità della storia come un tempo prezioso, una opportunità da non perdere: forse ciò che sta crollando è soltanto una fede “fatta di abitudini e paure” (Nomadi e Guccini) lontana dalla parola di Dio; lo sposo viene per introdurre la nostra vita in una logica d'amore, più credibile, con tutta la comunità cristiana più coinvolta nella costruzione di un mondo dove ci sia festa per tutti.
Sì, poiché lo sposo viene non solo per la sua Chiesa, ma per tutta l’umanità!
A noi viene chiesto di non perdere la speranza, di non rassegnarci, poiché in ciascuno di noi oggi sono presenti due anime, ci sono le vergini stolte e le vergini sagge. Quando lasciamo spegnere la lampada della nostra adesione a Cristo e al suo vangelo, quando ci lasciamo cogliere dallo scoraggiamento e ci rassegniamo perché non è più come nei bei tempi passati: ecco siamo vergini stolte!
Comportiamoci come vergini sagge, alimentando la nostra speranza, nei nostri piccoli vasi, piccoli ma pieni dell’ascolto della Parola di Dio e del nostro coinvolgimento nella vita della comunità e del mondo; solo così potremo rispondere positivamente all’invito del Signore che ci chiede costantemente di operare concretamente, secondo la sua volontà d’amore alla costruzione di quel mondo che Lui è venuto ad inaugurare, ma che tocca a noi oggi portare avanti.
Ecco ci sarà un’ultima venuta dello sposo nella vita di ognuno di noi, dobbiamo prendere coscienza delle nostre responsabilità poiché non sarà possibile condividere l’olio: nessuno può essere buono o amare al posto di un altro, o illudersi di vivere nella gioia perché nella gioia vede vivere un altro; ognuno deve vivere del proprio olio!
Non è corretto leggere il finale di questa parabola come se stessimo parlando del paradiso: lo sposo entra e con lui tutti coloro che erano pronti e poi le porte vengono chiuse e gli altri rimangono fuori. Non credo sia così! Se il paradiso è il cuore di Dio le porte non possono essere chiuse, poiché non ci sono porte, né muri perimetrali; qui Gesù parla del banchetto di nozze in questo mondo. Lo sposo vuole che siamo felici qui ed ora ed è in questa gioia che qualcuno si lascia introdurre e qualcuno testardamente, nonostante i tentativi di Dio, vuole rimanere fuori.
Rimane quel monito e la porta chiusa della parabola rappresenta tutti i momenti vissuti senza la gioia del Signore momenti ormai irrecuperabili; infatti, nella festa di nozze tutti si sentono amici, direi fratelli, sentono di partecipare alla gioia degli sposi perché la dinamica al centro della festa è quella dell’amore, mentre fuori da questo banchetto c’è “pianto e stridore di denti”, ovvero quella realtà del nostro mondo creata dalla legge del mercato dove ogni cosa, anche i rapporti umani, ha un valore puramente economico e dove regnano sentimenti di egoismo nella ricerca di una felicità che è solo soddisfazione dei propri piaceri: un mondo che vive dei propri interessi si disinteressa dell’altro che diventa estraneo e viene messo fuori.
Al contrario il banchetto delle nozze è il mondo dell’amore, dove ognuno considera l’altro un fratello e mette la propria vita a disposizione della gioia dell’altro: questo è il mondo che Dio vuole costruire ed in questo mondo vuole introdurci.
Sarà poi la misericordia e l’infinita tenerezza del Padre ad accogliere nel suo cuore anche chi avrà buttato nella sua vita terrena la possibilità di ritagliarsi già oggi un pezzettino di paradiso.
Commento 12 novembre 2017
A noi viene chiesto di non perdere la speranza, di non rassegnarci, poiché in ciascuno di noi oggi sono presenti due anime, ci sono le vergini stolte e le vergini sagge. Quando lasciamo spegnere la lampada della nostra adesione a Cristo e al suo vangelo, quando ci lasciamo cogliere dallo scoraggiamento e ci rassegniamo perché non è più come nei bei tempi passati: ecco siamo vergini stolte! Comportiamoci come vergini sagge, alimentando la nostra speranza, nei nostri piccoli vasi, piccoli ma pieni dell’ascolto della Parola di Dio e del nostro coinvolgimento nella vita della comunità e del mondo; chi si è accontentato di qualche pratica devozionale, di partecipare a qualche rito religioso ad un certo punto si risveglia senza olio e la lampada della sua fede pian piano si affievolisce e finisce per spegnersi, adeguandosi ai criteri e ai valori di questo mondo: queste persone non saranno pronte ad accogliere lo sposo e a entrare nella festa di nozze. Comportiamoci come vergini sagge, solo così potremo rispondere positivamente all’invito del Signore che ci chiede costantemente di operare concretamente, secondo la sua volontà d’amore alla costruzione di quel mondo che Lui è venuto ad inaugurare, ma che tocca a noi oggi portare avanti.
Ecco ci sarà un’ultima venuta dello sposo nella vita di ognuno di noi, dobbiamo prendere coscienza delle nostre responsabilità poiché non sarà possibile condividere l’olio: nessuno può essere buono o amare al posto di un altro, o illudersi di vivere nella gioia perché nella gioia vede vivere un altro; ognuno deve vivere del proprio olio!
In conclusione, troppe volte sento leggere il finale di questa parabola come se stessimo parlando del paradiso: lo sposo entra e con lui tutti coloro che erano pronti e poi le porte vengono chiuse e gli altri rimangono fuori. Non credo sia così! Se il paradiso è il cuore di Dio le porte non possono essere chiuse, poiché non ci sono porte, né muri perimetrali; qui Gesù parla del banchetto di nozze in questo mondo. Lo sposo vuole che siamo felici qui ed ora ed è in questa gioia che qualcuno si lascia introdurre e qualcuno testardamente, nonostante i tentativi di Dio, vuole rimanere fuori.
La porta chiusa della parabola rappresenta tutti i momenti vissuti senza la gioia del Signore ormai irrecuperabili; infatti, nella festa di nozze tutti si sentono amici, direi fratelli, sentono di partecipare alla gioia degli sposi perché la dinamica al centro della festa è quella dell’amore, mentre fuori da questo banchetto c’è “pianto e stridore di denti”, ovvero quella realtà del nostro mondo creata dalla legge del mercato dove ogni cosa, anche i rapporti umani, ha un valore puramente economico e dove regnano sentimenti di egoismo nella ricerca di una felicità che è solo soddisfazione dei propri piaceri: un mondo che vive dei propri interessi si disinteressa dell’altro che diventa estraneo e viene messo fuori.
Il banchetto rappresenta il mondo dell’amore, dove ognuno considera l’altro un fratello e mette la propria vita a disposizione della gioia dell’altro: questo è il mondo che Dio vuole costruire ed in questo mondo vuole introdurci.
Sarà poi la misericordia e l’infinita tenerezza del Padre ad accogliere nel suo cuore anche chi avrà buttato nella sua vita terrena la possibilità di ritagliarsi già oggi un pezzettino di paradiso.
Ecco ci sarà un’ultima venuta dello sposo nella vita di ognuno di noi, dobbiamo prendere coscienza delle nostre responsabilità poiché non sarà possibile condividere l’olio: nessuno può essere buono o amare al posto di un altro, o illudersi di vivere nella gioia perché nella gioia vede vivere un altro; ognuno deve vivere del proprio olio!
In conclusione, troppe volte sento leggere il finale di questa parabola come se stessimo parlando del paradiso: lo sposo entra e con lui tutti coloro che erano pronti e poi le porte vengono chiuse e gli altri rimangono fuori. Non credo sia così! Se il paradiso è il cuore di Dio le porte non possono essere chiuse, poiché non ci sono porte, né muri perimetrali; qui Gesù parla del banchetto di nozze in questo mondo. Lo sposo vuole che siamo felici qui ed ora ed è in questa gioia che qualcuno si lascia introdurre e qualcuno testardamente, nonostante i tentativi di Dio, vuole rimanere fuori.
La porta chiusa della parabola rappresenta tutti i momenti vissuti senza la gioia del Signore ormai irrecuperabili; infatti, nella festa di nozze tutti si sentono amici, direi fratelli, sentono di partecipare alla gioia degli sposi perché la dinamica al centro della festa è quella dell’amore, mentre fuori da questo banchetto c’è “pianto e stridore di denti”, ovvero quella realtà del nostro mondo creata dalla legge del mercato dove ogni cosa, anche i rapporti umani, ha un valore puramente economico e dove regnano sentimenti di egoismo nella ricerca di una felicità che è solo soddisfazione dei propri piaceri: un mondo che vive dei propri interessi si disinteressa dell’altro che diventa estraneo e viene messo fuori.
Il banchetto rappresenta il mondo dell’amore, dove ognuno considera l’altro un fratello e mette la propria vita a disposizione della gioia dell’altro: questo è il mondo che Dio vuole costruire ed in questo mondo vuole introdurci.
Sarà poi la misericordia e l’infinita tenerezza del Padre ad accogliere nel suo cuore anche chi avrà buttato nella sua vita terrena la possibilità di ritagliarsi già oggi un pezzettino di paradiso.