III Domenica di Pasqua Anno A
Vangelo Lc 24, 13-35
Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli]erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli]erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Commento 23 aprile 2023
Non ci posso credere: è troppo bello che la morte possa essere vinta dall’amore! Così la liturgia si ferma a ripensare all’inconcepibile, a meditare l’assurdo; così torna ancora, quasi incredula di fronte a quanto era successo, a quell’indimenticabile giorno: è questo il senso della Domenica, giorno del Signore e Pasqua settimanale.
Ecco allora due discepoli, passato quel sabato “solenne” (Gv 19,31) della Pasqua ebraica, alle prime luci dell’alba tornare a casa; sono due amici o più probabilmente, e a me piace pensare così, una coppia, marito e moglie, che avevano abbandonato tutto per seguire un sogno, avevano creduto nel messaggio di quell’uomo di Nazareth ed avevano sperato che potesse essere lui il Messia tanto atteso dal popolo, ma ora tutto era finito! Non era lui, crocifisso come un malfattore qualunque, un ribelle sconfitto dal potere politico e religioso in una rivoluzione mai scoppiata!
Luca nel suo vangelo scrive il nome di uno soltanto dei due, forse solo per un retaggio maschilista nomina solo il marito, forse, ed io voglio credere sia così, per lasciare uno spazio perché io possa sentirmi ed essere protagonista di quella stessa esperienza.
Chissà quali pensieri aleggiavano nelle menti di quei due; quanta fatica e quanta tristezza rendevano pesante il loro passo nel ritornare verso casa, nel ritornare alla solita routine quotidiana. Quel momento così esaltante e meraviglioso e l’incontro con quell’uomo che aveva “scaldato loro i cuori” si chiudeva nella delusione più grande e tremenda della loro vita e si esprimeva in quel verbo che sa di futuro “sperare”, ma che ora per quei due era inesorabilmente coniugato al passato: “Noi speravamo che egli fosse…”.
Lungo la strada della delusione, della tristezza, ma direi ancora meglio, lungo il corso della nostra vita ecco il Signore, l’Emanuele, il “Dio con noi!”, si fa nostro compagno di strada. Il nostro Dio è un Dio pellegrino, cammina con noi, non guida i nostri passi, non accelera, non rallenta, ma si adegua al nostro passo, spesso claudicante, pur di camminare con noi. Per Dio la storia non si chiude e quando ci sembra di essere giunti al capolinea, eccolo lì puntare il dito per mostrarci una nuova meta, per indicarci un nuovo cammino per ravvivare col suo soffio il fuoco che ardeva il nostro cuore ora ridotto in brace.
È meravigliosa la pedagogia di Gesù che si fa incontro ai due discepoli tira fuori dai loro cuori feriti la delusione e la sofferenza per cogliere la ragione della loro tristezza fino a raggiungere il cuore del problema: quell’uomo, profeta di Dio potente in opere e parole è morto, è stato crocifisso condannato con la stessa pena prevista per i maledetti da Dio (Dt 21,23).
Essi conoscono, forse perché ne sono stati anche testimoni, le opere meravigliose compiute da Gesù, credono ancora nel messaggio di gioia e di salvezza che ha predicato, ma sono rimasti fermi alla croce, a loro manca l’ultima pagina quella che, come in ogni libro, dà senso a tutto quanto il racconto: la resurrezione! Ciò che è fondamentale nella nostra fede è la resurrezione (cfr. 1Cor 15,17); infatti se manca la fede nel risorto le sconfitte rimangono tali e la vita terminando con la morte è una tragedia senza senso.
Quei discepoli, come a volte capita anche a noi, avevano dimenticato di leggere gli eventi alla luce della parola di Dio ed ecco Gesù si fa loro incontro per aprire loro la mente alle Scritture interpretando ciò che gli era accaduto. Gli avvenimenti rimangono gli stessi, ma cambiano completamente significato se vengono letti alla luce della parola di Dio: il cammino della croce è inconcepibile se lo si vede secondo i criteri di questo mondo, è un fallimento, ma visto alla luce di Dio la vita donata è quella realmente gloriosa ed umanamente riuscita.
Giunti a Emmaus, è sera, ma Gesù sembra voler proseguire il suo cammino; ed ecco l’invocazione di quei discepoli che diventa nostra preghiera soprattutto nei giorni in cui ci appare più vicino il buio della sofferenza e del non-senso: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto!”. È ciò che il Signore aspettava da loro ed aspetta ogni giorno da noi, perché se noi gli apriamo uno spiraglio, gli socchiudiamo la porta nel nostro cuore, il Signore entra “per rimanere” con noi.
Il cristiano deve essere l’uomo che vive nella gioia di sentirsi amato da Dio in modo assolutamente profondo come solo Lui sa fare. Se mi guardo attorno vedo troppi cristiani, e forse anch’io sono così, vivere nella delusione e nella tristezza; troppo spesso viviamo con gli occhi accecati dal nostro egoismo, dal nostro “buon senso” che ci impedisce di abbandonarci all’amore, viviamo privi di quella gioia che è la consapevolezza di essere figli di un Dio che offre tutto sé stesso per noi, che ci ama di un amore infinito, un amore capace di superare i nostri limiti, le nostre incoerenze, in una parola il nostro peccato.
Se è davvero così, allora l’appuntamento settimanale con l’eucaristia non sarà l’arido obbedire ad un comandamento, ma il rinnovato appuntamento d’amore con Colui che da sempre mi ama, il momento per sentirsi abbracciati dall’infinita tenerezza di un Dio che come un Padre, una Madre continua a camminare al nostro fianco lungo il sentiero della vita.
In quel momento settimanale potremo, come i discepoli di Emmaus, riconoscerlo “allo spezzare il pane” non perché fosse un gesto esclusivo di Gesù; era, infatti, il gesto infatti che ogni ebreo di sabato faceva e chissà quante volte anche quei due l’avevano fatto anche loro in quella stessa stanza, ma perché, in quel gesto di Gesù, Dio si rivela come pane che si consegna alla fame dell’uomo, ecco non siamo noi a vivere per Dio, ma Dio vive per noi! (E. Ronchi)
In conclusione non ci rimane che una sola domanda: di fronte alla “bella notizia” dell’amore infinito di Dio non ci arde forse il cuore? È domanda che si fa proposta concreta di vita e missione per gli uomini, perché d’ora in poi, come i discepoli di Emmaus siamo chiamati portare questo fuoco nel mondo, accompagnando ogni uomo e donna chiusi nella tristezza e nella delusione sui sentieri della vita verso la gioia del Risorto!
Ecco allora due discepoli, passato quel sabato “solenne” (Gv 19,31) della Pasqua ebraica, alle prime luci dell’alba tornare a casa; sono due amici o più probabilmente, e a me piace pensare così, una coppia, marito e moglie, che avevano abbandonato tutto per seguire un sogno, avevano creduto nel messaggio di quell’uomo di Nazareth ed avevano sperato che potesse essere lui il Messia tanto atteso dal popolo, ma ora tutto era finito! Non era lui, crocifisso come un malfattore qualunque, un ribelle sconfitto dal potere politico e religioso in una rivoluzione mai scoppiata!
Luca nel suo vangelo scrive il nome di uno soltanto dei due, forse solo per un retaggio maschilista nomina solo il marito, forse, ed io voglio credere sia così, per lasciare uno spazio perché io possa sentirmi ed essere protagonista di quella stessa esperienza.
Chissà quali pensieri aleggiavano nelle menti di quei due; quanta fatica e quanta tristezza rendevano pesante il loro passo nel ritornare verso casa, nel ritornare alla solita routine quotidiana. Quel momento così esaltante e meraviglioso e l’incontro con quell’uomo che aveva “scaldato loro i cuori” si chiudeva nella delusione più grande e tremenda della loro vita e si esprimeva in quel verbo che sa di futuro “sperare”, ma che ora per quei due era inesorabilmente coniugato al passato: “Noi speravamo che egli fosse…”.
Lungo la strada della delusione, della tristezza, ma direi ancora meglio, lungo il corso della nostra vita ecco il Signore, l’Emanuele, il “Dio con noi!”, si fa nostro compagno di strada. Il nostro Dio è un Dio pellegrino, cammina con noi, non guida i nostri passi, non accelera, non rallenta, ma si adegua al nostro passo, spesso claudicante, pur di camminare con noi. Per Dio la storia non si chiude e quando ci sembra di essere giunti al capolinea, eccolo lì puntare il dito per mostrarci una nuova meta, per indicarci un nuovo cammino per ravvivare col suo soffio il fuoco che ardeva il nostro cuore ora ridotto in brace.
È meravigliosa la pedagogia di Gesù che si fa incontro ai due discepoli tira fuori dai loro cuori feriti la delusione e la sofferenza per cogliere la ragione della loro tristezza fino a raggiungere il cuore del problema: quell’uomo, profeta di Dio potente in opere e parole è morto, è stato crocifisso condannato con la stessa pena prevista per i maledetti da Dio (Dt 21,23).
Essi conoscono, forse perché ne sono stati anche testimoni, le opere meravigliose compiute da Gesù, credono ancora nel messaggio di gioia e di salvezza che ha predicato, ma sono rimasti fermi alla croce, a loro manca l’ultima pagina quella che, come in ogni libro, dà senso a tutto quanto il racconto: la resurrezione! Ciò che è fondamentale nella nostra fede è la resurrezione (cfr. 1Cor 15,17); infatti se manca la fede nel risorto le sconfitte rimangono tali e la vita terminando con la morte è una tragedia senza senso.
Quei discepoli, come a volte capita anche a noi, avevano dimenticato di leggere gli eventi alla luce della parola di Dio ed ecco Gesù si fa loro incontro per aprire loro la mente alle Scritture interpretando ciò che gli era accaduto. Gli avvenimenti rimangono gli stessi, ma cambiano completamente significato se vengono letti alla luce della parola di Dio: il cammino della croce è inconcepibile se lo si vede secondo i criteri di questo mondo, è un fallimento, ma visto alla luce di Dio la vita donata è quella realmente gloriosa ed umanamente riuscita.
Giunti a Emmaus, è sera, ma Gesù sembra voler proseguire il suo cammino; ed ecco l’invocazione di quei discepoli che diventa nostra preghiera soprattutto nei giorni in cui ci appare più vicino il buio della sofferenza e del non-senso: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto!”. È ciò che il Signore aspettava da loro ed aspetta ogni giorno da noi, perché se noi gli apriamo uno spiraglio, gli socchiudiamo la porta nel nostro cuore, il Signore entra “per rimanere” con noi.
Il cristiano deve essere l’uomo che vive nella gioia di sentirsi amato da Dio in modo assolutamente profondo come solo Lui sa fare. Se mi guardo attorno vedo troppi cristiani, e forse anch’io sono così, vivere nella delusione e nella tristezza; troppo spesso viviamo con gli occhi accecati dal nostro egoismo, dal nostro “buon senso” che ci impedisce di abbandonarci all’amore, viviamo privi di quella gioia che è la consapevolezza di essere figli di un Dio che offre tutto sé stesso per noi, che ci ama di un amore infinito, un amore capace di superare i nostri limiti, le nostre incoerenze, in una parola il nostro peccato.
Se è davvero così, allora l’appuntamento settimanale con l’eucaristia non sarà l’arido obbedire ad un comandamento, ma il rinnovato appuntamento d’amore con Colui che da sempre mi ama, il momento per sentirsi abbracciati dall’infinita tenerezza di un Dio che come un Padre, una Madre continua a camminare al nostro fianco lungo il sentiero della vita.
In quel momento settimanale potremo, come i discepoli di Emmaus, riconoscerlo “allo spezzare il pane” non perché fosse un gesto esclusivo di Gesù; era, infatti, il gesto infatti che ogni ebreo di sabato faceva e chissà quante volte anche quei due l’avevano fatto anche loro in quella stessa stanza, ma perché, in quel gesto di Gesù, Dio si rivela come pane che si consegna alla fame dell’uomo, ecco non siamo noi a vivere per Dio, ma Dio vive per noi! (E. Ronchi)
In conclusione non ci rimane che una sola domanda: di fronte alla “bella notizia” dell’amore infinito di Dio non ci arde forse il cuore? È domanda che si fa proposta concreta di vita e missione per gli uomini, perché d’ora in poi, come i discepoli di Emmaus siamo chiamati portare questo fuoco nel mondo, accompagnando ogni uomo e donna chiusi nella tristezza e nella delusione sui sentieri della vita verso la gioia del Risorto!
Commento 26 aprile 2020
In quello stesso giorno, la Pasqua del Signore, due discepoli tornano a casa, sono due amici o più probabilmente, e a me piace pensare così, una coppia, marito e moglie, piccola chiesa domestica che avevano abbandonato tutto per seguire un sogno, avevano creduto nel messaggio di quell’uomo di Nazareth, avevano sperato che potesse essere lui il Messia tanto atteso dal popolo, ma ora tutto è finito: non era lui, crocifisso come un malfattore qualunque, un ribelle sconfitto dal potere politico e religioso in una rivoluzione mai scoppiata!
La loro vita si chiudeva nella delusione più tremenda segnalata da quel verbo che sa di futuro “sperare”, ma che era ormai inesorabilmente chiuso nel passato: “Noi speravamo che egli fosse…”. Era stato tutto un sogno una bella favola metterci “una pietra (tombale) sopra”. La delusione è talmente grande che non riescono neppure a credere in chi invece proprio quella mattina ha visto qualcosa di inaspettato: quella pietra ribaltata ed una tomba vuota.
Luca parla solo di Cleopa e non ci ricorda il nome del secondo per inserire il suo e il nostro nome in quella storia eterna dell’amore di Dio; anche Luca come noi oggi non aveva conosciuto Gesù personalmente ed anche Luca come può capitare a tutti noi si sarà chiesto qualche volta se quelle cose che aveva ascoltato da Paolo e dai discepoli fossero tutte favole: amici, sveglia, la morte non si può sconfiggere così facilmente! Meglio tornare alla vita di prima; è impossibile, infatti credere che l’amore sia davvero il senso ultimo e profondo della vita. Questa è soltanto una bella favola per bimbi ingenui!
Lungo la strada della delusione, della tristezza, ma direi ancora meglio, lungo il corso della nostra vita ecco il Signore, l’Emanuele, il “Dio con noi!”, si fa nostro compagno di strada. Il nostro Dio è un Dio pellegrino, cammina con noi, non guida i nostri passi, non accelera, non rallenta, si adegua al nostro passo, spesso claudicante, pur di camminare con noi. Ma la delusione e la fatica impediscono agli occhi dei discepoli e ai nostri di riconoscere il Signore; ecco il Risorto resta accanto ai suoi discepoli per riaccendere in loro la gioia del cuore: il Dio di Gesù Cristo non è un dio lontano, Egli condivide con noi i momenti belli e quelli più difficili della nostra vita.
Quei discepoli avevano amato profondamente Cristo e forse proprio da lì inizia la loro delusione: è meravigliosa la pedagogia di Gesù che si fa loro incontro, tira fuori dai loro cuori feriti la delusione e la sofferenza per cogliere la ragione della loro tristezza fino al cuore del problema: quell’uomo, profeta di Dio potente in opere e parole è stato crocifisso con la morte, appesi al palo, prevista per i maledetti da Dio (Dt 21,23). I due discepoli conoscono le opere meravigliose compiute da Gesù, conoscono il messaggio di gioia e di salvezza che ha predicato, ma a loro manca: ciò che è fondamentale nella nostra fede la resurrezione (cfr. 1Cor 15,17); infatti se manca la fede nel risorto le sconfitte rimangono tali, la vita terminando con la morte è una tragedia senza senso.
Quei discepoli, come a volte capita anche a noi, avevano dimenticato di leggere gli eventi alla luce della parola di Dio e Gesù apre loro la mente alle Scritture interpretando ciò che era accaduto: gli avvenimenti rimangono gli stessi, ma cambiano completamente significato se vengono letti alla luce non dei criteri degli uomini, ma della parola di Dio: il cammino della croce è inconcepibile se lo si vede secondo i criteri di questo mondo, è un fallimento, ma visto alla luce di Dio la vita donata è quella realmente gloriosa.
Un esempio concreto lo vediamo realizzarsi in tutte quelle persone che oggi lottano, sacrificando anche la loro vita familiare, nelle corsie dei nostri ospedali o sulle strade delle nostre città come “santi della porta accanto”, che si fanno compagni delle nostre strade piene di dolore in nome di ciò che solamente può sconfiggere il dolore, la compassione e l’amore!
Giunti a Emmaus, è sera, ma Gesù sembra voler proseguire il suo cammino; ed ecco l’invocazione di quei discepoli che diventa nostra soprattutto nei giorni in cui ci appare più vicino il buio come questi che stiamo vivendo: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto!” Se noi gli apriamo uno spiraglio, gli socchiudiamo la porta nel nostro cuore, il Signore entra “per rimanere” con noi.
E lo riconobbero allo spezzare il pane, non perché fosse un gesto esclusivo di Gesù; era il gesto infatti che ogni padre soprattutto di sabato faceva ai propri figli e chissà quante volte l'avevano fatto anche loro in quella stessa stanza ogni volta che la sera scendeva su Emmaus. Lo riconobbero nello spezzare e nel consegnarsi: Dio è pane che si consegna alla fame dell’uomo, ecco non siamo noi a vivere per Dio, ma Dio vive per noi! (E. Ronchi)
In conclusione non ci rimane che una sola domanda: di fronte al vangelo dell’amore infinito di Dio non ci arde forse il cuore? È domanda che si fa proposta concreta di vita e missione per gli uomini: portare questo fuoco nel mondo!
La loro vita si chiudeva nella delusione più tremenda segnalata da quel verbo che sa di futuro “sperare”, ma che era ormai inesorabilmente chiuso nel passato: “Noi speravamo che egli fosse…”. Era stato tutto un sogno una bella favola metterci “una pietra (tombale) sopra”. La delusione è talmente grande che non riescono neppure a credere in chi invece proprio quella mattina ha visto qualcosa di inaspettato: quella pietra ribaltata ed una tomba vuota.
Luca parla solo di Cleopa e non ci ricorda il nome del secondo per inserire il suo e il nostro nome in quella storia eterna dell’amore di Dio; anche Luca come noi oggi non aveva conosciuto Gesù personalmente ed anche Luca come può capitare a tutti noi si sarà chiesto qualche volta se quelle cose che aveva ascoltato da Paolo e dai discepoli fossero tutte favole: amici, sveglia, la morte non si può sconfiggere così facilmente! Meglio tornare alla vita di prima; è impossibile, infatti credere che l’amore sia davvero il senso ultimo e profondo della vita. Questa è soltanto una bella favola per bimbi ingenui!
Lungo la strada della delusione, della tristezza, ma direi ancora meglio, lungo il corso della nostra vita ecco il Signore, l’Emanuele, il “Dio con noi!”, si fa nostro compagno di strada. Il nostro Dio è un Dio pellegrino, cammina con noi, non guida i nostri passi, non accelera, non rallenta, si adegua al nostro passo, spesso claudicante, pur di camminare con noi. Ma la delusione e la fatica impediscono agli occhi dei discepoli e ai nostri di riconoscere il Signore; ecco il Risorto resta accanto ai suoi discepoli per riaccendere in loro la gioia del cuore: il Dio di Gesù Cristo non è un dio lontano, Egli condivide con noi i momenti belli e quelli più difficili della nostra vita.
Quei discepoli avevano amato profondamente Cristo e forse proprio da lì inizia la loro delusione: è meravigliosa la pedagogia di Gesù che si fa loro incontro, tira fuori dai loro cuori feriti la delusione e la sofferenza per cogliere la ragione della loro tristezza fino al cuore del problema: quell’uomo, profeta di Dio potente in opere e parole è stato crocifisso con la morte, appesi al palo, prevista per i maledetti da Dio (Dt 21,23). I due discepoli conoscono le opere meravigliose compiute da Gesù, conoscono il messaggio di gioia e di salvezza che ha predicato, ma a loro manca: ciò che è fondamentale nella nostra fede la resurrezione (cfr. 1Cor 15,17); infatti se manca la fede nel risorto le sconfitte rimangono tali, la vita terminando con la morte è una tragedia senza senso.
Quei discepoli, come a volte capita anche a noi, avevano dimenticato di leggere gli eventi alla luce della parola di Dio e Gesù apre loro la mente alle Scritture interpretando ciò che era accaduto: gli avvenimenti rimangono gli stessi, ma cambiano completamente significato se vengono letti alla luce non dei criteri degli uomini, ma della parola di Dio: il cammino della croce è inconcepibile se lo si vede secondo i criteri di questo mondo, è un fallimento, ma visto alla luce di Dio la vita donata è quella realmente gloriosa.
Un esempio concreto lo vediamo realizzarsi in tutte quelle persone che oggi lottano, sacrificando anche la loro vita familiare, nelle corsie dei nostri ospedali o sulle strade delle nostre città come “santi della porta accanto”, che si fanno compagni delle nostre strade piene di dolore in nome di ciò che solamente può sconfiggere il dolore, la compassione e l’amore!
Giunti a Emmaus, è sera, ma Gesù sembra voler proseguire il suo cammino; ed ecco l’invocazione di quei discepoli che diventa nostra soprattutto nei giorni in cui ci appare più vicino il buio come questi che stiamo vivendo: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto!” Se noi gli apriamo uno spiraglio, gli socchiudiamo la porta nel nostro cuore, il Signore entra “per rimanere” con noi.
E lo riconobbero allo spezzare il pane, non perché fosse un gesto esclusivo di Gesù; era il gesto infatti che ogni padre soprattutto di sabato faceva ai propri figli e chissà quante volte l'avevano fatto anche loro in quella stessa stanza ogni volta che la sera scendeva su Emmaus. Lo riconobbero nello spezzare e nel consegnarsi: Dio è pane che si consegna alla fame dell’uomo, ecco non siamo noi a vivere per Dio, ma Dio vive per noi! (E. Ronchi)
In conclusione non ci rimane che una sola domanda: di fronte al vangelo dell’amore infinito di Dio non ci arde forse il cuore? È domanda che si fa proposta concreta di vita e missione per gli uomini: portare questo fuoco nel mondo!
Commento 30 aprile 2017
Ritornano a casa alla solita routine quotidiana, i loro sogni, il mondo nuovo ed ideale in cui avevano creduto è rimasto chiuso in una tomba. La delusione è talmente grande che non riescono neppure a credere in chi invece proprio quella mattina ha visto qualcosa di inaspettato: una pietra ribaltata ed una tomba vuota. Tutte favole: la morte non si può sconfiggere così facilmente e allora meglio tornare alla vita di prima; impossibile, infatti credere che l’amore sia davvero il senso ultimo e profondo della vita. Questa è soltanto una bella favola per bimbi ingenui.
In quel cammino verso casa pieno di delusione e di tristezza il Signore risorto si fa incontro ai due discepoli come compagno di strada: è Lui l’Emanuele, il “Dio con noi”, che non ci lascia mai soli. I loro occhi sono ancora accecati dalla tristezza e dalla delusione, ma il Signore resta loro accanto per riaccendere in loro la gioia del cuore.
Il Dio di Gesù Cristo non è un dio lontano, Egli condivide con noi i momenti belli e quelli più difficili della nostra vita.
Il cristiano deve essere l’uomo che vive nella gioia di sentirsi amato da Dio in modo assolutamente profondo come solo Lui sa fare. Se mi guardo attorno, anche nella mia povera vita, vedo troppi cristiani, e forse anch’io sono così, vivere nella delusione e nella tristezza; troppo spesso viviamo con gli occhi accecati dal nostro egoismo, dal nostro “buon senso” che ci impedisce di abbandonarci all’amore speso e donato per tutti i nostri fratelli. Viviamo privi di quella gioia che è la consapevolezza di essere figli di un Padre che offre tutto sé stesso per noi: Dio è morto per me, per ciascuno di noi quando ancora non meritavamo tanto amore; Dio mi ama di un amore infinito, un amore capace di superare i miei limiti, le mie incoerenze, in una parola il mio peccato, ma Dio è fatto così, che ci piaccia o no!
Di fronte ad una tale notizia il mio cuore non può far altro che esultare di gioia ed ardere di quello stesso infinito amore di cui sono oggetto da parte di Dio.
Ecco di conseguenza anche il senso dell’appuntamento settimanale con l’eucaristia: esso non sarà l’arido obbedire ad un comandamento, ma il rinnovato appuntamento d’amore con Colui che da sempre mi ama di un amore totale e definitivo. L’eucaristia è quindi il momento per sentirsi abbracciati dall’infinita tenerezza di Dio che continua a camminare al mio fianco lungo il sentiero della vita.
In quel cammino verso casa pieno di delusione e di tristezza il Signore risorto si fa incontro ai due discepoli come compagno di strada: è Lui l’Emanuele, il “Dio con noi”, che non ci lascia mai soli. I loro occhi sono ancora accecati dalla tristezza e dalla delusione, ma il Signore resta loro accanto per riaccendere in loro la gioia del cuore.
Il Dio di Gesù Cristo non è un dio lontano, Egli condivide con noi i momenti belli e quelli più difficili della nostra vita.
Il cristiano deve essere l’uomo che vive nella gioia di sentirsi amato da Dio in modo assolutamente profondo come solo Lui sa fare. Se mi guardo attorno, anche nella mia povera vita, vedo troppi cristiani, e forse anch’io sono così, vivere nella delusione e nella tristezza; troppo spesso viviamo con gli occhi accecati dal nostro egoismo, dal nostro “buon senso” che ci impedisce di abbandonarci all’amore speso e donato per tutti i nostri fratelli. Viviamo privi di quella gioia che è la consapevolezza di essere figli di un Padre che offre tutto sé stesso per noi: Dio è morto per me, per ciascuno di noi quando ancora non meritavamo tanto amore; Dio mi ama di un amore infinito, un amore capace di superare i miei limiti, le mie incoerenze, in una parola il mio peccato, ma Dio è fatto così, che ci piaccia o no!
Di fronte ad una tale notizia il mio cuore non può far altro che esultare di gioia ed ardere di quello stesso infinito amore di cui sono oggetto da parte di Dio.
Ecco di conseguenza anche il senso dell’appuntamento settimanale con l’eucaristia: esso non sarà l’arido obbedire ad un comandamento, ma il rinnovato appuntamento d’amore con Colui che da sempre mi ama di un amore totale e definitivo. L’eucaristia è quindi il momento per sentirsi abbracciati dall’infinita tenerezza di Dio che continua a camminare al mio fianco lungo il sentiero della vita.