XVII domenica T.O. Anno B
Vangelo Gv 6, 1-15
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?».
Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Commento 25 luglio 2021
C'è qui un ragazzo con cinque pani e due pesci: ecco il regno di Dio, ecco la rivoluzione d'amore capace di cambiare il mondo trasformandolo in quel posto meraviglioso dove vivere e dove ogni uomo e donna potrà sentirsi pienamente realizzato nella sua infinita dignità di figlio di Dio così come voluto e sognato fin dalle origini dal creatore. È proprio vero il Regno di Dio nasce, cresce, si realizza nella semplicità di un bimbo che per stare più a lungo con Gesù si era portato dietro la cena e che, venuto a sapere che per continuare quella festa era necessario trovare del cibo, offre tutto ciò che aveva, alcuni pani e due piccoli pesci, senza riflettere che quello era ben poca cosa e che non avrebbe sfamato nessuna delle 5000 famiglie là presenti. Gesù valorizza quel semplice gesto facendolo diventare segno per tutti di una realtà nuova che sta per nascere.
La gente segue Gesù perché le sue sono parole nuove, capaci di scaldare il cuore, di dare un senso alla vita, così la folla non vuole lasciare Gesù, poiché vede in lui qualcosa di grande, il pastore quello buono, quello vero, quello bello, quello che cura ognuna delle sue pecore ed è disposto a donare per loro persino la vita; insomma qualcuno che può indicare loro un senso, una strada verso la gioia che sola rende piena la vita.
Quel giorno il tempo passa velocemente e la gente di fronte a tanta bellezza si dimentica delle necessità quotidiane al punto che Gesù è richiamato dai discepoli circa la necessità di congedare la gente perché potesse tornare a casa a mangiare. Nel vangelo di Marco che abbiamo lasciato domenica scorsa per continuare il nostro racconto oggi con Giovanni, Gesù risponde loro: “Date voi stessi loro da mangiare”; è stupendo cogliere come in italiano quel “voi stessi” possa al contempo essere letto sia come soggetto che come complemento oggetto del verbo “dare” per cui l’invito di Gesù può essere inteso non solo come la richiesta di procurare il cibo per quella moltitudine di persone, ma anche come la proposta fatta ai discepoli di diventare loro stessi cibo per quella folla. Qui sta l’inizio del Regno, nella proposta che il Signore rivolge a noi suoi discepoli di diventare come Lui, cibo e bevanda di salvezza. Così nella risposta del ragazzino che offre tutta la sua cena sappiamo che il Regno di Dio non si realizzerà nella concretezza contabile di chi ha i piedi ben piantati in terra e vuole mandare tutti a casa perché ognuno possa pensare a sé stesso, ma nella profezia sognatrice e nella semplicità di un bambino capace di vedere e realizzare il mondo nuovo donando tutto ciò che ha.
In questo episodio, che è fra i pochi citati da tutti gli evangelisti, siamo chiamati a riconoscere non un miracolo spettacolare, ma l’azione generosa e aggiungerei politica di un ragazzino: da sempre ed ancora oggi la fame e la povertà in tanta parte del mondo non sono frutto della scarsità di beni, ma della colpevole assenza di generosità nel cuore di tanti uomini che non sono disposti a condividere le ricchezze in loro possesso; parlare “moltiplicazione dei pani e dei pesci” potrebbe essere deresponsabilizzante per chi ascolta, poiché quanto accaduto sull’“altra riva del mare di Galilea” rimarrebbe classificato come un’opera miracolosa di Dio senza nessuna ricaduta, lo ripeto, anche politica sulla nostra vita.
Nel racconto evangelico il miracolo non lo compie Gesù, ma quel ragazzo capace di condividere i suoi “cinque pani d’orzo e due pesci”. Quel gesto è tremenda condanna verso i nostri cuori chiusi! Quel ragazzo ha condiviso il suo poco ed è bastato per tutti, anzi da quel suo gesto sono avanzate addirittura “dodici ceste” piene di pezzi avanzati ed erano ceste piene d’amore, perché l’amore è l’unica realtà che se (con)divisa, si moltiplica, si dilata, cresce, ce n’è per tutti e ne avanza.
Di fronte ai problemi economici e politici del nostro tempo che la pandemia ha reso, se possibile, ancor più drammatici, Gesù propone una soluzione politica diversa e al tempo stesso rivoluzionaria: la condivisione capace di creare legami d’amore e non l’egoismo; il riconoscere l’altro non come un nemico, ma come un fratello. È la rivoluzione dell’amore! L’unica rivoluzione in grado di cambiare il mondo creando rapporti di armonia e di pace!
Il male che colpisce il nostro mondo occidentale è l’essere ricco di molte cose materiali, ma privo forse di ciò che davvero conta: non si tratta dei chiusi ai tanti disperati in cerca solamente di una vita degna di essere vissuta, ma del nostro cuore chiuso che impedisce di riconoscerci donne e uomini, sorelle e fratelli, figli dell’unico Dio. Provo amarezza e dolore per la discussione a cui partecipano anche diversi esponenti politici che insistono a definirsi cristiani su quanto accaduto in questi giorni a Voghera: come cristiani difendiamo la vita nascente contro l’aborto e nella sua conclusione naturale contro l’eutanasia e poi invochiamo la legittima difesa per chi ha sparato ad un altro uomo senza armi che mendicava sulla strada; ricordo che per noi cristiani non esiste legittima difesa, ma solo amore incondizionato anche per i nemici, che non è mai comprensione o approvazione del male, ma tentativo inesorabile di indicare al peccatore una via di salvezza, scindendo sempre “l’errante dall’errore!” Sappia il vangelo di oggi risvegliare le nostre coscienze addormentate, perché possiamo finalmente uscire da questo torpore che uccide la nostra umanità.
Anche quella gente con la pancia ormai piena non capisce più la proposta di Gesù e vuole farlo re, ma il Signore è re solo per coloro che sanno lasciarsi coinvolgere dal suo progetto d’amore tanto da esserne riempiti fin nel profondo dei loro cuori! Apriamo le porte dei nostri cuori alle sorelle e ai fratelli, lì troveremo Cristo che riempirà i nostri cuori del suo immenso amore!
La gente segue Gesù perché le sue sono parole nuove, capaci di scaldare il cuore, di dare un senso alla vita, così la folla non vuole lasciare Gesù, poiché vede in lui qualcosa di grande, il pastore quello buono, quello vero, quello bello, quello che cura ognuna delle sue pecore ed è disposto a donare per loro persino la vita; insomma qualcuno che può indicare loro un senso, una strada verso la gioia che sola rende piena la vita.
Quel giorno il tempo passa velocemente e la gente di fronte a tanta bellezza si dimentica delle necessità quotidiane al punto che Gesù è richiamato dai discepoli circa la necessità di congedare la gente perché potesse tornare a casa a mangiare. Nel vangelo di Marco che abbiamo lasciato domenica scorsa per continuare il nostro racconto oggi con Giovanni, Gesù risponde loro: “Date voi stessi loro da mangiare”; è stupendo cogliere come in italiano quel “voi stessi” possa al contempo essere letto sia come soggetto che come complemento oggetto del verbo “dare” per cui l’invito di Gesù può essere inteso non solo come la richiesta di procurare il cibo per quella moltitudine di persone, ma anche come la proposta fatta ai discepoli di diventare loro stessi cibo per quella folla. Qui sta l’inizio del Regno, nella proposta che il Signore rivolge a noi suoi discepoli di diventare come Lui, cibo e bevanda di salvezza. Così nella risposta del ragazzino che offre tutta la sua cena sappiamo che il Regno di Dio non si realizzerà nella concretezza contabile di chi ha i piedi ben piantati in terra e vuole mandare tutti a casa perché ognuno possa pensare a sé stesso, ma nella profezia sognatrice e nella semplicità di un bambino capace di vedere e realizzare il mondo nuovo donando tutto ciò che ha.
In questo episodio, che è fra i pochi citati da tutti gli evangelisti, siamo chiamati a riconoscere non un miracolo spettacolare, ma l’azione generosa e aggiungerei politica di un ragazzino: da sempre ed ancora oggi la fame e la povertà in tanta parte del mondo non sono frutto della scarsità di beni, ma della colpevole assenza di generosità nel cuore di tanti uomini che non sono disposti a condividere le ricchezze in loro possesso; parlare “moltiplicazione dei pani e dei pesci” potrebbe essere deresponsabilizzante per chi ascolta, poiché quanto accaduto sull’“altra riva del mare di Galilea” rimarrebbe classificato come un’opera miracolosa di Dio senza nessuna ricaduta, lo ripeto, anche politica sulla nostra vita.
Nel racconto evangelico il miracolo non lo compie Gesù, ma quel ragazzo capace di condividere i suoi “cinque pani d’orzo e due pesci”. Quel gesto è tremenda condanna verso i nostri cuori chiusi! Quel ragazzo ha condiviso il suo poco ed è bastato per tutti, anzi da quel suo gesto sono avanzate addirittura “dodici ceste” piene di pezzi avanzati ed erano ceste piene d’amore, perché l’amore è l’unica realtà che se (con)divisa, si moltiplica, si dilata, cresce, ce n’è per tutti e ne avanza.
Di fronte ai problemi economici e politici del nostro tempo che la pandemia ha reso, se possibile, ancor più drammatici, Gesù propone una soluzione politica diversa e al tempo stesso rivoluzionaria: la condivisione capace di creare legami d’amore e non l’egoismo; il riconoscere l’altro non come un nemico, ma come un fratello. È la rivoluzione dell’amore! L’unica rivoluzione in grado di cambiare il mondo creando rapporti di armonia e di pace!
Il male che colpisce il nostro mondo occidentale è l’essere ricco di molte cose materiali, ma privo forse di ciò che davvero conta: non si tratta dei chiusi ai tanti disperati in cerca solamente di una vita degna di essere vissuta, ma del nostro cuore chiuso che impedisce di riconoscerci donne e uomini, sorelle e fratelli, figli dell’unico Dio. Provo amarezza e dolore per la discussione a cui partecipano anche diversi esponenti politici che insistono a definirsi cristiani su quanto accaduto in questi giorni a Voghera: come cristiani difendiamo la vita nascente contro l’aborto e nella sua conclusione naturale contro l’eutanasia e poi invochiamo la legittima difesa per chi ha sparato ad un altro uomo senza armi che mendicava sulla strada; ricordo che per noi cristiani non esiste legittima difesa, ma solo amore incondizionato anche per i nemici, che non è mai comprensione o approvazione del male, ma tentativo inesorabile di indicare al peccatore una via di salvezza, scindendo sempre “l’errante dall’errore!” Sappia il vangelo di oggi risvegliare le nostre coscienze addormentate, perché possiamo finalmente uscire da questo torpore che uccide la nostra umanità.
Anche quella gente con la pancia ormai piena non capisce più la proposta di Gesù e vuole farlo re, ma il Signore è re solo per coloro che sanno lasciarsi coinvolgere dal suo progetto d’amore tanto da esserne riempiti fin nel profondo dei loro cuori! Apriamo le porte dei nostri cuori alle sorelle e ai fratelli, lì troveremo Cristo che riempirà i nostri cuori del suo immenso amore!
Commento 29 luglio 2018
Innanzitutto vorrei fare una premessa a questo brano conosciuto con il titolo “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, titolo assolutamente lontano dal testo evangelico, poiché non si parla in nessun modo di moltiplicazione, ma piuttosto di divisione o meglio di condivisione dei pani. Parlare di moltiplicazione, infatti, potrebbe essere deresponsabilizzante per chi ascolta, poiché quanto accaduto sull’ “altra riva del mare di Galilea” rimarrebbe classificata come un’opera miracolosa di Dio; in realtà nel racconto siamo chiamati a riconoscere l’azione generosa e direi eminentemente politica di un ragazzino. Se a noi sembra che qui si parli di un grande miracolo, voglio sottolinearlo, non è così!
La fame e la povertà in tanta parte del mondo non è ineluttabile mancanza di cibo, ma una colpevole assenza di generosità nel cuore di tanti altri uomini che non sono disposti a condividere le ricchezze in loro possesso. Nel racconto evangelico il miracolo non lo compie Gesù, ma un ragazzo capace di condividere i suoi “cinque pani d’orzo e due pesci”. Quel gesto è tremenda condanna verso i nostri cuori chiusi! Quel ragazzo ha condiviso il suo poco ed è bastato per tutti, anzi da quel suo gesto sono avanzate addirittura “dodici ceste” piene di pezzi avanzati. Mi sono sempre chiesto cosa fossero questi avanzi, ritengo di poter dire che quelle ceste fossero piene d’amore. L’amore, infatti è l’unica realtà che se divisa, condivisa, si moltiplica, si dilata, cresce, ce n’è per tutti e ne avanza.
Amici, sapete che non intendo entrare in questioni di tipo partitico, ma il male che colpisce la nostra nazione non sono i porti chiusi ai tanti disperati in cerca non di una vita migliore, ma di una vita degna di essere vissuta. Il problema è il nostro cuore chiuso: non si tratta di essere di questa o di quella parte politica, ma di riconoscersi donne e uomini, sorelle e fratelli, figli dell’unico Dio che è davvero Padre/Madre di tutti. Sappia il vangelo di oggi risvegliare le nostre coscienze addormentate, usciamo da questo torpore che uccide la nostra umanità, il nostro essere donne e uomini. Di fronte ai problemi economici e politici del nostro tempo, Gesù propone una soluzione politica diversa e al tempo stesso rivoluzionaria: la condivisione capace di creare legami d’amore e non l’egoismo; il riconoscere l’altro non come un nemico, ma come un fratello. È la rivoluzione dell’amore! L’unica rivoluzione in grado di cambiare il mondo creando rapporti di armonia e di pace!
La gente non capisce e vuole fare di Gesù il loro re perché aveva riempito le loro pance, Gesù può diventare re solo di coloro che sanno lasciarsi coinvolgere dal suo progetto d’amore per esserne riempiti fin nel profondo dei loro cuori! Aprite le porte dei vostri cuori alle sorelle e ai fratelli, lì troverete Cristo che riempirà i vostri cuori del suo immenso amore!
La fame e la povertà in tanta parte del mondo non è ineluttabile mancanza di cibo, ma una colpevole assenza di generosità nel cuore di tanti altri uomini che non sono disposti a condividere le ricchezze in loro possesso. Nel racconto evangelico il miracolo non lo compie Gesù, ma un ragazzo capace di condividere i suoi “cinque pani d’orzo e due pesci”. Quel gesto è tremenda condanna verso i nostri cuori chiusi! Quel ragazzo ha condiviso il suo poco ed è bastato per tutti, anzi da quel suo gesto sono avanzate addirittura “dodici ceste” piene di pezzi avanzati. Mi sono sempre chiesto cosa fossero questi avanzi, ritengo di poter dire che quelle ceste fossero piene d’amore. L’amore, infatti è l’unica realtà che se divisa, condivisa, si moltiplica, si dilata, cresce, ce n’è per tutti e ne avanza.
Amici, sapete che non intendo entrare in questioni di tipo partitico, ma il male che colpisce la nostra nazione non sono i porti chiusi ai tanti disperati in cerca non di una vita migliore, ma di una vita degna di essere vissuta. Il problema è il nostro cuore chiuso: non si tratta di essere di questa o di quella parte politica, ma di riconoscersi donne e uomini, sorelle e fratelli, figli dell’unico Dio che è davvero Padre/Madre di tutti. Sappia il vangelo di oggi risvegliare le nostre coscienze addormentate, usciamo da questo torpore che uccide la nostra umanità, il nostro essere donne e uomini. Di fronte ai problemi economici e politici del nostro tempo, Gesù propone una soluzione politica diversa e al tempo stesso rivoluzionaria: la condivisione capace di creare legami d’amore e non l’egoismo; il riconoscere l’altro non come un nemico, ma come un fratello. È la rivoluzione dell’amore! L’unica rivoluzione in grado di cambiare il mondo creando rapporti di armonia e di pace!
La gente non capisce e vuole fare di Gesù il loro re perché aveva riempito le loro pance, Gesù può diventare re solo di coloro che sanno lasciarsi coinvolgere dal suo progetto d’amore per esserne riempiti fin nel profondo dei loro cuori! Aprite le porte dei vostri cuori alle sorelle e ai fratelli, lì troverete Cristo che riempirà i vostri cuori del suo immenso amore!