XXXII domenica T.O. Anno B
Vangelo Mc 12, 38-44
In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Commento 7 novembre 2021
Due persone insignificanti, deboli, inutili, escluse da ogni contesto sociale; due donne, vedove e povere diventano le inattese protagoniste della Parola di Dio di oggi dove in due quadretti si scontrano il superfluo dell’uomo e l’essenziale di Dio, l’apparenza e il cuore. È lo sguardo di Dio il vero protagonista di oggi capace di entrare in profondità: noi vediamo i potenti, Dio vede gli umili; noi vediamo i ricchi e chi si può permettere lo spreco, Dio vede i poveri e la loro inspiegabile e silenziosa generosità. Mi diceva mio nonno nella sua semplice sapienza da contadino: “Se hai fame, bussa alla porta di un povero, lì troverai sempre un pezzo di pane e un piatto di minestra!”. Forse così pensava anche il profeta Elia che si rivolge a chi non ha niente, solo un pugno di farina e un po’ d’olio, per chiedere un po’ d’acqua e un pezzo di pane. Ecco il miracolo di chi dona tutto ciò che ha nella totale fiducia che Dio gli restituirà il centuplo.
Così superfluo ed essenziale sono al centro del vangelo di oggi: da un lato troviamo la condanna verso tutti coloro che ostentano vesti stupende e ricche offerte per il tempio in ricostruzione; dall’altro troviamo l’elogio per chi dona solo due spiccioli, ma è tutto quello che ha. Mi sono sempre chiesto quante energie noi impegniamo alla ricerca del superfluo: desideriamo apparire, fare bella figura perché in fondo dipendiamo dal giudizio degli altri, ci teniamo a quello che gli altri pensano di noi e perdiamo di vista ciò che è davvero fondamentale. Ma Dio, che è amore, non chiede qualcosa alle nostre vite richiede tutto, perché così è l’amore!
Gesù, che aveva elogiato (“non sei lontano dal regno di Dio”) lo scriba incontrato poco prima poiché aveva colto quanto centrale fosse l’amore verso Dio ed il prossimo rispetto anche ai riti e ai sacrifici, oggi si scaglia contro quanti, tra gli scribi, studiosi ed interpreti della Parola, si ritenevano per ciò stesso salvi e meritevoli della stima del popolo e di Dio. La loro condanna nasce dal fatto che si mostrano mentre “pregano a lungo”, ma in realtà come belve feroci e fameliche “divorano le case delle vedove”.
Se vivo il mio rapporto con Dio e la sua Parola come qualcosa di esteriore e superficiale, se non riesco ad incarnare nella mia vita quel progetto d’amore per cui Dio fin dall’origine mi ha creato allora a nulla serve il mio pregare, il mio studiare, resterò sempre lontano da quel Dio che è semplicemente amore e quella condanna è rivolta direttamente a me e alla mia vita sprecata.
Chi è dunque il vero discepolo? Nel cammino di queste ultime domeniche insieme a Marco abbiamo cercato di scoprirlo, non certamente il ricco, troppo legato ai suoi beni ed incapace di condividerli con chi era nel bisogno, neppure gli apostoli, tutti intenti ad accaparrarsi i posti migliori nel sognato regno “umano” di Gesù, ma Bartimeo, il cieco mendicante capace di gettare via il mantello per seguire Gesù verso Gerusalemme e la vedova capace di condividere non il superfluo, ma l’essenziale.
A volte sento che la mia vita può contare come “due monetine, che fanno un soldo”, sono due e non una soltanto perché Dio mi dà la possibilità di scegliere se dare tutto o trattenere qualcosa! Così vere silenziose maestre di fede e di amore sono quelle donne vedove capaci di dare tutto per amore perché è questo il vero senso del nostro essere cristiani, discepoli di quel Dio che si è lasciato inchiodare ad una croce per rendere eterno il suo infinito abbraccio d’amore.
Quante volte mi rifugio, cercando scuse, nei miei difetti e nei miei limiti! Eppure esiste un solo modo perché il mio, nostro rapporto con gli altri e con Dio sia autentico: dare tutto, dare il vero di sé con tutti i nostri difetti e pregi, con tutti i nostri limiti e le nostre possibilità. Dio non vuole persone perfette, vuole persone generose che danno non solo tutto quello che hanno, ma soprattutto tutto quello che sono.
Così superfluo ed essenziale sono al centro del vangelo di oggi: da un lato troviamo la condanna verso tutti coloro che ostentano vesti stupende e ricche offerte per il tempio in ricostruzione; dall’altro troviamo l’elogio per chi dona solo due spiccioli, ma è tutto quello che ha. Mi sono sempre chiesto quante energie noi impegniamo alla ricerca del superfluo: desideriamo apparire, fare bella figura perché in fondo dipendiamo dal giudizio degli altri, ci teniamo a quello che gli altri pensano di noi e perdiamo di vista ciò che è davvero fondamentale. Ma Dio, che è amore, non chiede qualcosa alle nostre vite richiede tutto, perché così è l’amore!
Gesù, che aveva elogiato (“non sei lontano dal regno di Dio”) lo scriba incontrato poco prima poiché aveva colto quanto centrale fosse l’amore verso Dio ed il prossimo rispetto anche ai riti e ai sacrifici, oggi si scaglia contro quanti, tra gli scribi, studiosi ed interpreti della Parola, si ritenevano per ciò stesso salvi e meritevoli della stima del popolo e di Dio. La loro condanna nasce dal fatto che si mostrano mentre “pregano a lungo”, ma in realtà come belve feroci e fameliche “divorano le case delle vedove”.
Se vivo il mio rapporto con Dio e la sua Parola come qualcosa di esteriore e superficiale, se non riesco ad incarnare nella mia vita quel progetto d’amore per cui Dio fin dall’origine mi ha creato allora a nulla serve il mio pregare, il mio studiare, resterò sempre lontano da quel Dio che è semplicemente amore e quella condanna è rivolta direttamente a me e alla mia vita sprecata.
Chi è dunque il vero discepolo? Nel cammino di queste ultime domeniche insieme a Marco abbiamo cercato di scoprirlo, non certamente il ricco, troppo legato ai suoi beni ed incapace di condividerli con chi era nel bisogno, neppure gli apostoli, tutti intenti ad accaparrarsi i posti migliori nel sognato regno “umano” di Gesù, ma Bartimeo, il cieco mendicante capace di gettare via il mantello per seguire Gesù verso Gerusalemme e la vedova capace di condividere non il superfluo, ma l’essenziale.
A volte sento che la mia vita può contare come “due monetine, che fanno un soldo”, sono due e non una soltanto perché Dio mi dà la possibilità di scegliere se dare tutto o trattenere qualcosa! Così vere silenziose maestre di fede e di amore sono quelle donne vedove capaci di dare tutto per amore perché è questo il vero senso del nostro essere cristiani, discepoli di quel Dio che si è lasciato inchiodare ad una croce per rendere eterno il suo infinito abbraccio d’amore.
Quante volte mi rifugio, cercando scuse, nei miei difetti e nei miei limiti! Eppure esiste un solo modo perché il mio, nostro rapporto con gli altri e con Dio sia autentico: dare tutto, dare il vero di sé con tutti i nostri difetti e pregi, con tutti i nostri limiti e le nostre possibilità. Dio non vuole persone perfette, vuole persone generose che danno non solo tutto quello che hanno, ma soprattutto tutto quello che sono.
Commento 11 novembre 2018
Il vangelo di oggi dipinge di fronte ai nostri occhi un meraviglioso dittico, che potremo intitolare: superfluo ed essenziale.
Da un lato troviamo la condanna verso tutti coloro che ostentano vesti stupende e ricche offerte per il tempio in ricostruzione; dall’altro troviamo l’elogio per chi dona solo due spiccioli, ma è tutto quello che ha.
A ben pensarci dobbiamo anche noi chiederci quante energie noi impegniamo alla ricerca del superfluo: desideriamo apparire, fare bella figura perché in fondo dipendiamo dal giudizio degli altri, ci teniamo a quello che gli altri pensano di noi e perdiamo di vista ciò che è davvero fondamentale. Ma il nostro Dio, che è amore, non chiede qualcosa alle nostre vite richiede tutto, perché così è l’amore, che non si accontenta mai di una piccola o grande parte, desidera tutto.
II vangelo di domenica scorsa si concludeva con l’elogio di Gesù nei confronti di uno scriba, “non sei lontano dal regno di Dio”, in quanto questi aveva colto quanto centrale fosse l’amore verso Dio ed il prossimo rispetto anche ai riti e ai sacrifici. Gesù non aveva nulla contro la categoria ed il gruppo degli scribi, ma giustamente va a sottolineare nel vangelo di oggi un atteggiamento di fondo ed ecco la critica feroce verso quanti, interpreti della Parola, si ritenevano per ciò stesso salvi e meritevoli della stima del popolo e di Dio stesso. Gesù condanna quegli scribi che, pur essendo stimabili interpreti della Parola di Dio, non hanno capito nulla, poiché come belve feroci e fameliche “divorano le case delle vedove”, elemento debole della società, e “in apparenza pregano a lungo”: essi sono assidui frequentatori della Parola, ma la loro preghiera è solo esteriorità. Allora se vivo il mio rapporto con Dio e la sua Parola come qualcosa di esteriore e superficiale, se non riesco ad incarnare nella mia vita quel progetto d’amore per cui Dio fin dall’origine mi ha creato allora a nulla serve il mio pregare, il mio studiare, resterò sempre lontano da quel Dio che è semplicemente amore.
Resta pertanto inevasa la solita domanda: chi è il vero discepolo? Nel cammino di queste ultime domeniche insieme a Marco abbiamo cercato di capirlo, incontrando il giovane ricco, gli apostoli Giovanni e Giacomo, Bartimeo, lo scriba; oggi ci viene incontro questa povera vedova per gridare con la sua vita che vero discepolo è colui che dona tutto sé stesso e non importa quanto sia questo tutto, poco o tanto. Quante volte mi rifugio, cercando scuse, nei miei difetti e nei miei limiti! Eppure esiste un solo modo perché un rapporto con gli altri e soprattutto con Dio sia autentico: dare tutto, dare il vero di sé con tutti i nostri difetti e pregi, con tutti i nostri limiti e le nostre possibilità. Dio non vuole persone perfette, vuole persone generose che danno non solo tutto quello che hanno, ma soprattutto tutto quello che sono.
Da un lato troviamo la condanna verso tutti coloro che ostentano vesti stupende e ricche offerte per il tempio in ricostruzione; dall’altro troviamo l’elogio per chi dona solo due spiccioli, ma è tutto quello che ha.
A ben pensarci dobbiamo anche noi chiederci quante energie noi impegniamo alla ricerca del superfluo: desideriamo apparire, fare bella figura perché in fondo dipendiamo dal giudizio degli altri, ci teniamo a quello che gli altri pensano di noi e perdiamo di vista ciò che è davvero fondamentale. Ma il nostro Dio, che è amore, non chiede qualcosa alle nostre vite richiede tutto, perché così è l’amore, che non si accontenta mai di una piccola o grande parte, desidera tutto.
II vangelo di domenica scorsa si concludeva con l’elogio di Gesù nei confronti di uno scriba, “non sei lontano dal regno di Dio”, in quanto questi aveva colto quanto centrale fosse l’amore verso Dio ed il prossimo rispetto anche ai riti e ai sacrifici. Gesù non aveva nulla contro la categoria ed il gruppo degli scribi, ma giustamente va a sottolineare nel vangelo di oggi un atteggiamento di fondo ed ecco la critica feroce verso quanti, interpreti della Parola, si ritenevano per ciò stesso salvi e meritevoli della stima del popolo e di Dio stesso. Gesù condanna quegli scribi che, pur essendo stimabili interpreti della Parola di Dio, non hanno capito nulla, poiché come belve feroci e fameliche “divorano le case delle vedove”, elemento debole della società, e “in apparenza pregano a lungo”: essi sono assidui frequentatori della Parola, ma la loro preghiera è solo esteriorità. Allora se vivo il mio rapporto con Dio e la sua Parola come qualcosa di esteriore e superficiale, se non riesco ad incarnare nella mia vita quel progetto d’amore per cui Dio fin dall’origine mi ha creato allora a nulla serve il mio pregare, il mio studiare, resterò sempre lontano da quel Dio che è semplicemente amore.
Resta pertanto inevasa la solita domanda: chi è il vero discepolo? Nel cammino di queste ultime domeniche insieme a Marco abbiamo cercato di capirlo, incontrando il giovane ricco, gli apostoli Giovanni e Giacomo, Bartimeo, lo scriba; oggi ci viene incontro questa povera vedova per gridare con la sua vita che vero discepolo è colui che dona tutto sé stesso e non importa quanto sia questo tutto, poco o tanto. Quante volte mi rifugio, cercando scuse, nei miei difetti e nei miei limiti! Eppure esiste un solo modo perché un rapporto con gli altri e soprattutto con Dio sia autentico: dare tutto, dare il vero di sé con tutti i nostri difetti e pregi, con tutti i nostri limiti e le nostre possibilità. Dio non vuole persone perfette, vuole persone generose che danno non solo tutto quello che hanno, ma soprattutto tutto quello che sono.