XVIII domenica T.O. Anno C
Vangelo Lc 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Commento 31 luglio 2022
Gesù non risponde al discepolo, che gli si avvicina per domandargli di essere giudice nella sua disputa con il fratello riguardo all’eredità del padre, perché vuole evitare il pericolo di considerare Dio un giudice, un mediatore nelle nostre dispute umane. Troppe volte usiamo Dio per rafforzare le nostre idee umane, per ottenere vantaggi anche di tipo elettorale. Mi spiego meglio: è inutile fare polemiche sulle radici cristiane della nostra Europa, sul presepe, i crocefissi nelle aule, le recite di Natale nelle nostre scuole se poi non si vivono davvero i valori evangelici dell’amore e della fraternità; è incoerente dichiararsi contro l’aborto o l’eutanasia se poi non difendiamo lo stesso valore della vita nella dignità di chi ha un colore diverso di pelle o di chi proviene da un paese e da una cultura diversa; è vergognoso parlare di sacralità del matrimonio non apprezzando forme d’amore diverse o negando la stessa sacralità nella propria vita privata; è disonesto giurare sulla Bibbia e baciare rosari in pubblico per ottenere dei vantaggi di tipo politico: se qualcuno vuole il mio voto perché cattolico, si comporti come tale vivendo nella logica del vangelo!
Gesù approfitta della questione per avvertire i discepoli: chi lega il proprio cuore alla cupidigia, alla bramosia non può in nessun modo seguire Cristo e il suo vangelo. Gesù non ha mai esaltato la povertà, ma nel vangelo resta centrale l’affermazione che uno è non ciò che possiede, ma ciò che dona: il denaro, il tempo, direi la vita se trattenuti per sé producono morte, al contrario se donati diventano fonte di nuova vita per ciascuno di noi e per tutti coloro che ci circondano. Le ricchezze di beni, tempo e capacità possono impedirci di andare al cuore delle situazioni e delle persone e chi vive per questi si allontana dall’essenziale.
In questo senso la ricchezza diventa grave impedimento per trovare il Regno di Dio; così l’uomo ricco, la cui campagna aveva dato un raccolto abbondante, progetta la sua vita in base ai suoi beni e non si accorge che la sua vita è ben altro. Infatti, se il nostro cuore si lega ai beni della terra non potrà essere libero per volare verso orizzonti più alti.
Il problema dell’uomo ricco non erano tanto i suoi beni quanto la considerazione che di questi beni aveva; infatti il suo ragionare è un meraviglioso esempio di quanto siano lontani i nostri pensieri dai pensieri di Dio. Egli dice sempre “io” (io farò, demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa sempre l’aggettivo possessivo “mio” (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia); in questo modo il suo orizzonte non va oltre il suo naso, è un uomo senza aperture, senza brecce; non è solo privo di generosità, è privo di relazioni, di amicizie, di amore, per cui la sua non è vita. Ecco perché l’uomo è stolto: il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco, ma afferma con forza che la vita non dipende da ciò che si possiede, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà.
Tutto questo vale anche per chi crede di non essere ricco, perché anche se sono nella povertà posso ragionare secondo la stessa logica di egoismo, mentre Dio mi chiede oggi, stanotte la mia vita perché io possa donarla per amore!
Alla conclusione del nostro percorso scolastico chiedo ai miei ragazzi quali siano le cose importanti nella vita, quelle per cui, davvero, vale la pena vivere: c’è chi pensa tra le altre anche all’ultimo i-phone, così un giorno una ragazza mi si avvicina dicendomi: “Sa, prof, ci ho riflettuto e forse ha proprio ragione, è meglio avere un amica con cui confidarsi che chiedere ai miei di comprarmi l’Apple XS”. Risposi “Cara mia, non so cosa sia ‘sto Apple XS, ma credo tu non sia lontana dal trovare la felicità”, tradotto per i teologi dal “regno di Dio”.
Essere o avere: su quale verbo vogliamo fondare la nostra vita? Questa è la fondamentale domanda che ogni giorno ci dobbiamo porre. Sarà la risposta che daremo a questa domanda che segnerà la nostra vita. Certamente le ricchezze possono essere un ostacolo e chi fra noi è più ricco avrà qualche difficoltà in più, ma anche la persona più povera se si lega alle sue piccole cose o alle sue idee, ritenendo di essere salvo solo perché non ha un ricco conto in banca, si pone nella logica malvagia del possesso e dell’avere.
Se la bussola della nostra vita si volgerà verso l’avere ogni cosa avrà valore per noi per quanto ci potrà essere utile, ma questa visione utilitaristica sarà alla base anche dei nostri rapporti interpersonali, per cui l’altra persona varrà solo per quanto mi può dare; al contrario se la nostra vita sarà orientata verso l’essere, sapremo amare ogni persona per quello che è e non per quello che può dare.
Gesù approfitta della questione per avvertire i discepoli: chi lega il proprio cuore alla cupidigia, alla bramosia non può in nessun modo seguire Cristo e il suo vangelo. Gesù non ha mai esaltato la povertà, ma nel vangelo resta centrale l’affermazione che uno è non ciò che possiede, ma ciò che dona: il denaro, il tempo, direi la vita se trattenuti per sé producono morte, al contrario se donati diventano fonte di nuova vita per ciascuno di noi e per tutti coloro che ci circondano. Le ricchezze di beni, tempo e capacità possono impedirci di andare al cuore delle situazioni e delle persone e chi vive per questi si allontana dall’essenziale.
In questo senso la ricchezza diventa grave impedimento per trovare il Regno di Dio; così l’uomo ricco, la cui campagna aveva dato un raccolto abbondante, progetta la sua vita in base ai suoi beni e non si accorge che la sua vita è ben altro. Infatti, se il nostro cuore si lega ai beni della terra non potrà essere libero per volare verso orizzonti più alti.
Il problema dell’uomo ricco non erano tanto i suoi beni quanto la considerazione che di questi beni aveva; infatti il suo ragionare è un meraviglioso esempio di quanto siano lontani i nostri pensieri dai pensieri di Dio. Egli dice sempre “io” (io farò, demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa sempre l’aggettivo possessivo “mio” (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia); in questo modo il suo orizzonte non va oltre il suo naso, è un uomo senza aperture, senza brecce; non è solo privo di generosità, è privo di relazioni, di amicizie, di amore, per cui la sua non è vita. Ecco perché l’uomo è stolto: il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco, ma afferma con forza che la vita non dipende da ciò che si possiede, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà.
Tutto questo vale anche per chi crede di non essere ricco, perché anche se sono nella povertà posso ragionare secondo la stessa logica di egoismo, mentre Dio mi chiede oggi, stanotte la mia vita perché io possa donarla per amore!
Alla conclusione del nostro percorso scolastico chiedo ai miei ragazzi quali siano le cose importanti nella vita, quelle per cui, davvero, vale la pena vivere: c’è chi pensa tra le altre anche all’ultimo i-phone, così un giorno una ragazza mi si avvicina dicendomi: “Sa, prof, ci ho riflettuto e forse ha proprio ragione, è meglio avere un amica con cui confidarsi che chiedere ai miei di comprarmi l’Apple XS”. Risposi “Cara mia, non so cosa sia ‘sto Apple XS, ma credo tu non sia lontana dal trovare la felicità”, tradotto per i teologi dal “regno di Dio”.
Essere o avere: su quale verbo vogliamo fondare la nostra vita? Questa è la fondamentale domanda che ogni giorno ci dobbiamo porre. Sarà la risposta che daremo a questa domanda che segnerà la nostra vita. Certamente le ricchezze possono essere un ostacolo e chi fra noi è più ricco avrà qualche difficoltà in più, ma anche la persona più povera se si lega alle sue piccole cose o alle sue idee, ritenendo di essere salvo solo perché non ha un ricco conto in banca, si pone nella logica malvagia del possesso e dell’avere.
Se la bussola della nostra vita si volgerà verso l’avere ogni cosa avrà valore per noi per quanto ci potrà essere utile, ma questa visione utilitaristica sarà alla base anche dei nostri rapporti interpersonali, per cui l’altra persona varrà solo per quanto mi può dare; al contrario se la nostra vita sarà orientata verso l’essere, sapremo amare ogni persona per quello che è e non per quello che può dare.
Commento 4 agosto 2019
Un discepolo si avvicina a Gesù per domandargli di essere giudice nella sua disputa con il fratello riguardo all’eredità del padre; Gesù non risponde per evitare il pericolo di considerare Dio il giudice, il mediatore nelle nostre dispute umane. Qui nasce una prima riflessione poiché troppe volte usiamo Dio per rafforzare le nostre idee umane; mi spiego meglio: è inutile fare polemiche sulle radici cristiane della nostra Europa, sul presepe, i crocefissi nelle aule, le recite di Natale nelle nostre scuole se poi non si vivono davvero i valori evangelici dell’amore e della fraternità; è incoerente dichiararsi contro l’aborto o l’eutanasia se poi si mette una multa, una taglia sulla vita di persone salvate in mare e si nega l’accoglienza; è disonesto giurare sulla Bibbia e baciare rosari in pubblico per ottenere dei vantaggi di tipo politico: se qualcuno vuole il mio voto da cattolico, si comporti come tale vivendo nella logica del vangelo!
Chiusa questa prima questione, Gesù avverte i suoi discepoli: coloro che legano il proprio cuore alla cupidigia, alla bramosia non possono in nessun modo seguire il messaggio di Cristo. Ecco l’avvertimento di Gesù: fate attenzione! Gesù non ha mai esaltato la povertà, ma nel vangelo resta centrale l’affermazione che uno è non ciò che possiede, ma ciò che dona: il denaro, il tempo, direi la vita se trattenuti per sé producono morte, al contrario se donati diventano fonte di nuova vita per ciascuno di noi e per tutti coloro che ci circondano. Le ricchezze di beni, tempo e capacità possono impedirci di andare al cuore delle situazioni e delle persone e chi vive per questi si allontana dall’essenziale. Diceva la volpe nel Piccolo Principe: “Non si vede bene che col cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi”. In questo senso la ricchezza diventa grave impedimento per trovare il Regno di Dio: l’uomo ricco, la cui campagna aveva dato un raccolto abbondante, progetta la sua vita in base ai suoi beni e non si accorge che la sua vita è ben altro; se il nostro cuore si lega ai beni della terra non potrà essere libero per volare verso orizzonti più alti. Ma il problema di quell’uomo non erano tanto i suoi beni quanto la considerazione che di questi beni aveva. Il ragionamento che l’uomo ricco fa al centro della parabola è un meraviglioso esempio di quanto siano lontani i suoi e forse i nostri pensieri dai pensieri di Dio. Egli dice sempre “io” (io farò, demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa sempre l’aggettivo possessivo “mio” (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia). Il suo orizzonte non va oltre il suo naso e nessun altro vi entra, è un uomo senza aperture, senza brecce; non è solo privo di generosità, è privo di relazioni, di amicizie, di amore, per cui la sua non è vita. Ecco perché “stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita”. Il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco, ma afferma con forza che la vita non dipende da ciò che si possiede, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà.
Facciamo allora attenzione perché anche se sono nella povertà posso ragionare secondo la stessa logica di egoismo: Dio mi chiede oggi, stanotte la mia vita perché io possa donarla per amore!
Un giorno una ragazza mi si avvicina dicendomi: “Sa, prof, ci ho riflettuto e forse ha proprio ragione, è meglio avere un amica con cui confidarsi che chiedere ai miei di comprarmi l’Apple XS”. Risposi “Cara mia, non so cosa sia ‘sto Apple XS, ma credo tu non sia lontana dal trovare la felicità”, tradotto per i teologi dal “regno di Dio”.
Essere o avere: su quale verbo vogliamo fondare la nostra vita? Questa è la fondamentale domanda che ogni giorno ci dobbiamo porre. Sarà la risposta che daremo a questa domanda che segnerà la nostra vita. Certamente le ricchezze possono essere un ostacolo e chi fra noi è più ricco avrà qualche difficoltà in più, ma anche la persona più povera se si lega alle sue piccole cose o alle sue idee, ritenendo di essere salvo solo perché non ha un ricco conto in banca, si pone nella logica malvagia del possesso e dell’avere.
Se la bussola della nostra vita si volgerà verso l’avere ogni cosa avrà valore per noi per quanto ci potrà essere utile, ma questa visione utilitaristica sarà alla base anche dei nostri rapporti interpersonali, per cui l’altra persona varrà solo per quanto mi può dare. Se la nostra vita sarà orientata verso l’essere, sapremo amare ogni persona per quello che è e non per quello che può dare.
Chiusa questa prima questione, Gesù avverte i suoi discepoli: coloro che legano il proprio cuore alla cupidigia, alla bramosia non possono in nessun modo seguire il messaggio di Cristo. Ecco l’avvertimento di Gesù: fate attenzione! Gesù non ha mai esaltato la povertà, ma nel vangelo resta centrale l’affermazione che uno è non ciò che possiede, ma ciò che dona: il denaro, il tempo, direi la vita se trattenuti per sé producono morte, al contrario se donati diventano fonte di nuova vita per ciascuno di noi e per tutti coloro che ci circondano. Le ricchezze di beni, tempo e capacità possono impedirci di andare al cuore delle situazioni e delle persone e chi vive per questi si allontana dall’essenziale. Diceva la volpe nel Piccolo Principe: “Non si vede bene che col cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi”. In questo senso la ricchezza diventa grave impedimento per trovare il Regno di Dio: l’uomo ricco, la cui campagna aveva dato un raccolto abbondante, progetta la sua vita in base ai suoi beni e non si accorge che la sua vita è ben altro; se il nostro cuore si lega ai beni della terra non potrà essere libero per volare verso orizzonti più alti. Ma il problema di quell’uomo non erano tanto i suoi beni quanto la considerazione che di questi beni aveva. Il ragionamento che l’uomo ricco fa al centro della parabola è un meraviglioso esempio di quanto siano lontani i suoi e forse i nostri pensieri dai pensieri di Dio. Egli dice sempre “io” (io farò, demolirò, costruirò, raccoglierò…), usa sempre l’aggettivo possessivo “mio” (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia). Il suo orizzonte non va oltre il suo naso e nessun altro vi entra, è un uomo senza aperture, senza brecce; non è solo privo di generosità, è privo di relazioni, di amicizie, di amore, per cui la sua non è vita. Ecco perché “stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita”. Il Vangelo non contesta il desiderio di godere le brevi gioie della strada come vorrebbe fare il ricco, ma afferma con forza che la vita non dipende da ciò che si possiede, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà.
Facciamo allora attenzione perché anche se sono nella povertà posso ragionare secondo la stessa logica di egoismo: Dio mi chiede oggi, stanotte la mia vita perché io possa donarla per amore!
Un giorno una ragazza mi si avvicina dicendomi: “Sa, prof, ci ho riflettuto e forse ha proprio ragione, è meglio avere un amica con cui confidarsi che chiedere ai miei di comprarmi l’Apple XS”. Risposi “Cara mia, non so cosa sia ‘sto Apple XS, ma credo tu non sia lontana dal trovare la felicità”, tradotto per i teologi dal “regno di Dio”.
Essere o avere: su quale verbo vogliamo fondare la nostra vita? Questa è la fondamentale domanda che ogni giorno ci dobbiamo porre. Sarà la risposta che daremo a questa domanda che segnerà la nostra vita. Certamente le ricchezze possono essere un ostacolo e chi fra noi è più ricco avrà qualche difficoltà in più, ma anche la persona più povera se si lega alle sue piccole cose o alle sue idee, ritenendo di essere salvo solo perché non ha un ricco conto in banca, si pone nella logica malvagia del possesso e dell’avere.
Se la bussola della nostra vita si volgerà verso l’avere ogni cosa avrà valore per noi per quanto ci potrà essere utile, ma questa visione utilitaristica sarà alla base anche dei nostri rapporti interpersonali, per cui l’altra persona varrà solo per quanto mi può dare. Se la nostra vita sarà orientata verso l’essere, sapremo amare ogni persona per quello che è e non per quello che può dare.
Commento 31 luglio 2016
La questione posta a Gesù da quello che presumibilmente era uno dei suoi discepoli circa l’eredità da dividersi con il fratello, è lo spunto che permette a Gesù di annunciare un nuovo modo di porsi con le ricchezze. La nostra vita non dipende dai beni che possediamo, anzi le ricchezze possono impedirci di andare al cuore delle situazioni e delle persone. Chi vive per i beni, si allontana dall’essenziale. Diceva la volpe nel Piccolo Principe: “non si vede bene che col cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi”.
In questo senso la ricchezza diventa grave impedimento per trovare il Regno di Dio: l’uomo ricco, la cui campagna aveva dato un raccolto abbondante, progetta la sua vita in base ai suoi beni e non si accorge che la sua vita è ben altro; se il nostro cuore si lega ai beni della terra non potrà essere libero per volare verso orizzonti più alti.
Essere o avere: su quale verbo vogliamo fondare la nostra vita? Questa è la fondamentale domanda che ogni giorno ci dobbiamo porre. Sarà la risposta che daremo a questa domanda che segnerà la nostra vita. Ma attenzione l’orientamento della nostra vita non dipende dai beni che possediamo; certamente chi fra noi è più ricco avrà qualche difficoltà maggiore, ma anche la persona più povera se si lega alle sue piccole cose o alle sue idee, ritenendo di essere salvo solo perché non ha un ricco conto in banca, si pone nella logica malvagia del possesso e dell’avere.
Se la bussola della nostra vita si volgerà verso l’avere ogni cosa avrà valore per noi per quanto ci potrà essere utile, ma questa visione utilitaristica sarà alla base anche dei nostri rapporti interpersonali, per cui l’altra persona varrà solo per quanto mi può dare.
Se la nostra vita sarà orientata verso l’essere sapremo amare ogni persona per quello che è e soprattutto la vita nostra e di tutti avrà valore non per quello che può dare, ma per la nostra comune dignità di figli di Dio.
In questo senso la ricchezza diventa grave impedimento per trovare il Regno di Dio: l’uomo ricco, la cui campagna aveva dato un raccolto abbondante, progetta la sua vita in base ai suoi beni e non si accorge che la sua vita è ben altro; se il nostro cuore si lega ai beni della terra non potrà essere libero per volare verso orizzonti più alti.
Essere o avere: su quale verbo vogliamo fondare la nostra vita? Questa è la fondamentale domanda che ogni giorno ci dobbiamo porre. Sarà la risposta che daremo a questa domanda che segnerà la nostra vita. Ma attenzione l’orientamento della nostra vita non dipende dai beni che possediamo; certamente chi fra noi è più ricco avrà qualche difficoltà maggiore, ma anche la persona più povera se si lega alle sue piccole cose o alle sue idee, ritenendo di essere salvo solo perché non ha un ricco conto in banca, si pone nella logica malvagia del possesso e dell’avere.
Se la bussola della nostra vita si volgerà verso l’avere ogni cosa avrà valore per noi per quanto ci potrà essere utile, ma questa visione utilitaristica sarà alla base anche dei nostri rapporti interpersonali, per cui l’altra persona varrà solo per quanto mi può dare.
Se la nostra vita sarà orientata verso l’essere sapremo amare ogni persona per quello che è e soprattutto la vita nostra e di tutti avrà valore non per quello che può dare, ma per la nostra comune dignità di figli di Dio.