XVI domenica T.O. Anno C
Vangelo Lc 10, 38-42
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Commento 17 luglio 2022
“Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20): il nostro Dio si rivela come un Dio bisognoso di essere accolto, un Dio che non impone la sua presenza, un Dio che ama talmente la sua creatura da lasciargli la libertà di scegliere se accoglierlo o rifiutarlo; così l’accoglienza diventa l’atteggiamento distintivo del credente Abramo così come dei discepoli di Cristo, Marta e Maria. Nell’ospite, nello straniero siamo chiamati a riconoscere un messaggero di Dio, capace di rinnovare con la sua parola la fede che è in noi così vivere l’accoglienza è vivere nel progetto d’amore di Dio. Costruire muri di separazione piuttosto che ponti capaci di creare luoghi di incontro e di comunione è atteggiamento anticristiano; chi quotidianamente prega invocando il suo Dio come Padre/Madre di tutti non può chiudere il proprio cuore a tante sorelle e fratelli e mi verrebbe da dire con la forza che ritroviamo anche in tante lettere di Paolo: chi non è capace di un cuore aperto e accogliente sia anatema! Sì, amici carissimi, l’accoglienza mi pare sia oggi più che mai la declinazione più vera del comandamento dell’amore.
Solo a colui che è capace di accoglienza può giungere quella Parola in grado di realizzare pienamente la sua vita, mettendo in moto il progetto di Dio: ad Abramo i tre ospiti annunciano la nascita del figlio, compimento della promessa di popolo nuovo che Dio gli aveva fatto; così a Marta e Maria viene annunciato il modo nuovo di essere discepoli di Cristo.
Per troppo tempo si è letto questo brano evangelico, scorgendo in Marta e Maria due aspetti dell’esperienza religiosa: la contemplazione che si nutre dell’ascolto della Parola ed il servizio che rende concreto l’amore per il prossimo. Così facendo si è purtroppo aperta una frattura a volte insanabile tra l’atteggiamento contemplativo di Maria e quello del servizio concreto di Marta.
Credo che questa sia una lettura sbagliata e fuorviante soprattutto in quelle malintese parole di Gesù, secondo le quali Maria avrebbe scelto la parte migliore, giungendo ad affermare come tra l’impegno sociale e la preghiera misticheggiante fosse quest’ultima la parte migliore. Da sempre è stato presente nella comunità cristiana il dibattito se sia preferibile l’aspetto mistico e contemplativo o l’aspetto ascetico e pratico nell’avvicinarsi a Dio, ma è questione di lana caprina, cioè assolutamente irrilevante. Meritano di essere ricordate le parole di un grande santo del XX secolo, Frère Roger Shutz di Taizé, il quale invitava i giovani a vivere secondo il motto “Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione”. Ognuno ha un suo percorso e attraverso la sua particolare strada, è chiamato all’incontro con Dio. Il cristiano non deve mai dimenticare di essere l’uomo della croce, la quale ci offre anche visivamente l’esempio da seguire; nella croce la verticalità del corpo si unisce all’apertura orizzontale delle braccia. Non posso ritenermi veramente cristiano se non riesco nella mia vita a tenere strettamente unite queste due dimensioni poiché la verticalità del mio rapporto con Dio si concretizza unicamente nell’amore verso tutti i fratelli e l’orizzontalità del rapporto con gli altri uomini trova il suo vero senso nel riconoscimento dell’unica paternità e maternità di Dio.
Gesù non rimprovera a Marta il suo cuore generoso che la spinge a mettersi al servizio di quell’amico che aveva bisogno di ristoro dopo il lungo cammino, ma l’agitazione che le impedisce di vedere di che cosa Gesù abbia davvero bisogno; d’altra parte Maria ha scelto non la parte migliore, ma quella giusta perché invece di affannarsi senza trovare un senso vero al suo prodigarsi, si pone ai piedi di Gesù per esserne discepola ed ascoltarne la Parola.
Ecco Maria ha scelto non la parte migliore, ma la sola della quale vi sia bisogno, ovvero rimanere in attento ascolto della voce di Dio che ci richiama all’amore per Dio e verso le sorelle ed i fratelli che quotidianamente incontriamo nelle nostre vie. Preghiera e servizio devono indissolubilmente procedere di pari passo nella vita del cristiano; infatti nella preghiera dobbiamo ritrovare la forza per bene operare, senza dimenticare che il nostro amore verso il Padre deve concretamente realizzarsi nell’amore verso tutti perché nostri fratelli in Cristo.
Solo a colui che è capace di accoglienza può giungere quella Parola in grado di realizzare pienamente la sua vita, mettendo in moto il progetto di Dio: ad Abramo i tre ospiti annunciano la nascita del figlio, compimento della promessa di popolo nuovo che Dio gli aveva fatto; così a Marta e Maria viene annunciato il modo nuovo di essere discepoli di Cristo.
Per troppo tempo si è letto questo brano evangelico, scorgendo in Marta e Maria due aspetti dell’esperienza religiosa: la contemplazione che si nutre dell’ascolto della Parola ed il servizio che rende concreto l’amore per il prossimo. Così facendo si è purtroppo aperta una frattura a volte insanabile tra l’atteggiamento contemplativo di Maria e quello del servizio concreto di Marta.
Credo che questa sia una lettura sbagliata e fuorviante soprattutto in quelle malintese parole di Gesù, secondo le quali Maria avrebbe scelto la parte migliore, giungendo ad affermare come tra l’impegno sociale e la preghiera misticheggiante fosse quest’ultima la parte migliore. Da sempre è stato presente nella comunità cristiana il dibattito se sia preferibile l’aspetto mistico e contemplativo o l’aspetto ascetico e pratico nell’avvicinarsi a Dio, ma è questione di lana caprina, cioè assolutamente irrilevante. Meritano di essere ricordate le parole di un grande santo del XX secolo, Frère Roger Shutz di Taizé, il quale invitava i giovani a vivere secondo il motto “Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione”. Ognuno ha un suo percorso e attraverso la sua particolare strada, è chiamato all’incontro con Dio. Il cristiano non deve mai dimenticare di essere l’uomo della croce, la quale ci offre anche visivamente l’esempio da seguire; nella croce la verticalità del corpo si unisce all’apertura orizzontale delle braccia. Non posso ritenermi veramente cristiano se non riesco nella mia vita a tenere strettamente unite queste due dimensioni poiché la verticalità del mio rapporto con Dio si concretizza unicamente nell’amore verso tutti i fratelli e l’orizzontalità del rapporto con gli altri uomini trova il suo vero senso nel riconoscimento dell’unica paternità e maternità di Dio.
Gesù non rimprovera a Marta il suo cuore generoso che la spinge a mettersi al servizio di quell’amico che aveva bisogno di ristoro dopo il lungo cammino, ma l’agitazione che le impedisce di vedere di che cosa Gesù abbia davvero bisogno; d’altra parte Maria ha scelto non la parte migliore, ma quella giusta perché invece di affannarsi senza trovare un senso vero al suo prodigarsi, si pone ai piedi di Gesù per esserne discepola ed ascoltarne la Parola.
Ecco Maria ha scelto non la parte migliore, ma la sola della quale vi sia bisogno, ovvero rimanere in attento ascolto della voce di Dio che ci richiama all’amore per Dio e verso le sorelle ed i fratelli che quotidianamente incontriamo nelle nostre vie. Preghiera e servizio devono indissolubilmente procedere di pari passo nella vita del cristiano; infatti nella preghiera dobbiamo ritrovare la forza per bene operare, senza dimenticare che il nostro amore verso il Padre deve concretamente realizzarsi nell’amore verso tutti perché nostri fratelli in Cristo.
Commento 21 luglio 2019
Questa domenica è caratterizzata da un tema estremamente attuale: l’accoglienza. “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20), con queste splendide parole di Giovanni il nostro Dio si rivela come un Dio bisognoso di essere accolto, che ama talmente la sua creatura da lasciargli la libertà. Chi vive e dona libertà si affida all’accoglienza e al rifiuto, sta a ciascuno di noi scegliere. L’accoglienza diventa pertanto l’atteggiamento distintivo del credente Abramo e dei discepoli di Cristo, Marta e Maria: nell’ospite, nello straniero possiamo trovare un messaggero di Dio capace di rinnovare con la sua parola la fede che è in noi ed essere accoglienti è vivere nel progetto d’amore di Dio. Potremmo a questo punto aprire una riflessione su come viviamo l’accoglienza in questo particolare momento, dove si preferisce costruire muri di separazione piuttosto che ponti capaci di creare luoghi di incontro e di comunione. Mi verrebbe da dire con la forza che ritroviamo anche in tante lettere di Paolo: chi non è capace di un cuore aperto e accogliente sia anatema! Sì, amici carissimi, l’accoglienza mi pare sia oggi più che mai la declinazione più vera del comandamento dell’amore.
Nei testi di oggi leggiamo come solo a colui che è capace di accoglienza possa giungere quella Parola che realizza i loro sogni, che mette in moto il progetto di Dio: ad Abramo i tre ospiti annunciano la nascita del figlio, compimento della promessa di popolo nuovo che Dio gli aveva fatto; così a Marta e Maria viene annunciato il modo nuovo di essere discepoli di Cristo.
Per troppo tempo si è letto questo brano evangelico, scorgendo in Marta e Maria i due aspetti fondamentali dell’esperienza religiosa e della vita cristiana in particolare: la contemplazione che si nutre dell’ascolto della Parola ed il servizio che rende concreto l’amore per il prossimo. Con questo tipo di lettura si è purtroppo aperta una frattura a volte insanabile tra l’atteggiamento contemplativo di Maria e quello del servizio concreto di Marta.
Credo che questa sia una lettura sbagliata e fuorviante soprattutto in quelle malintese parole di Gesù riguardo a Maria che avrebbe scelto la parte migliore, per affermare come tra l’impegno sociale e la preghiera misticheggiante fosse quest’ultima la parte più giusta. Da sempre è stato presente nella comunità cristiana il dibattito se sia preferibile l’aspetto mistico e contemplativo o l’aspetto ascetico e pratico nell’avvicinarsi a Dio, ma è questione di lana caprina, cioè assolutamente irrilevante. Meritano di essere ricordate in questo momento le parole di un grande santo (è possibile essere santi anche se protestanti) del XX secolo, Frère Roger Shutz di Taizé, il quale invitava i giovani che si ritrovavano intorno a lui a vivere secondo il motto “Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione”. Ognuno ha un suo percorso e attraverso la sua particolare strada, è chiamato all’incontro con Dio. Il cristiano non deve mai dimenticare di essere l’uomo della croce, la quale ci offre anche visivamente l’esempio da seguire; nella croce la verticalità del corpo si unisce all’apertura orizzontale delle braccia. Non posso ritenermi veramente cristiano se non riesco nella mia vita a tenere strettamente unite queste due dimensioni poiché la verticalità del mio rapporto con Dio si concretizza unicamente nell’amore verso tutti i fratelli e l’orizzontalità del rapporto con gli altri uomini trova il suo vero senso nel riconoscimento dell’unica paternità di Dio.
Maria ha scelto non la parte migliore, ma quella giusta perché invece di affannarsi senza trovare un senso vero al suo prodigarsi, si pone ai piedi di Gesù per ascoltarne la Parola. Essere ai piedi di qualcuno vuol dire esserne discepolo e a questo non sarà tolta la parte “buona”, ovvero la libertà di mettersi in ascolto della sua Parola di vita. Ecco non la parte migliore, ma la sola della quale vi sia bisogno, ovvero rimanere in attento ascolto della voce di Dio che ci richiama all’amore per Dio e verso le sorelle ed i fratelli che quotidianamente incontriamo nelle nostre vie. Preghiera e servizio devono indissolubilmente procedere di pari passo nella vita del cristiano; infatti nella preghiera dobbiamo ritrovare la forza per bene operare, senza dimenticare che il nostro amore verso il Padre deve concretamente realizzarsi nell’amore verso tutti perché nostri fratelli in Cristo.
Nei testi di oggi leggiamo come solo a colui che è capace di accoglienza possa giungere quella Parola che realizza i loro sogni, che mette in moto il progetto di Dio: ad Abramo i tre ospiti annunciano la nascita del figlio, compimento della promessa di popolo nuovo che Dio gli aveva fatto; così a Marta e Maria viene annunciato il modo nuovo di essere discepoli di Cristo.
Per troppo tempo si è letto questo brano evangelico, scorgendo in Marta e Maria i due aspetti fondamentali dell’esperienza religiosa e della vita cristiana in particolare: la contemplazione che si nutre dell’ascolto della Parola ed il servizio che rende concreto l’amore per il prossimo. Con questo tipo di lettura si è purtroppo aperta una frattura a volte insanabile tra l’atteggiamento contemplativo di Maria e quello del servizio concreto di Marta.
Credo che questa sia una lettura sbagliata e fuorviante soprattutto in quelle malintese parole di Gesù riguardo a Maria che avrebbe scelto la parte migliore, per affermare come tra l’impegno sociale e la preghiera misticheggiante fosse quest’ultima la parte più giusta. Da sempre è stato presente nella comunità cristiana il dibattito se sia preferibile l’aspetto mistico e contemplativo o l’aspetto ascetico e pratico nell’avvicinarsi a Dio, ma è questione di lana caprina, cioè assolutamente irrilevante. Meritano di essere ricordate in questo momento le parole di un grande santo (è possibile essere santi anche se protestanti) del XX secolo, Frère Roger Shutz di Taizé, il quale invitava i giovani che si ritrovavano intorno a lui a vivere secondo il motto “Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione”. Ognuno ha un suo percorso e attraverso la sua particolare strada, è chiamato all’incontro con Dio. Il cristiano non deve mai dimenticare di essere l’uomo della croce, la quale ci offre anche visivamente l’esempio da seguire; nella croce la verticalità del corpo si unisce all’apertura orizzontale delle braccia. Non posso ritenermi veramente cristiano se non riesco nella mia vita a tenere strettamente unite queste due dimensioni poiché la verticalità del mio rapporto con Dio si concretizza unicamente nell’amore verso tutti i fratelli e l’orizzontalità del rapporto con gli altri uomini trova il suo vero senso nel riconoscimento dell’unica paternità di Dio.
Maria ha scelto non la parte migliore, ma quella giusta perché invece di affannarsi senza trovare un senso vero al suo prodigarsi, si pone ai piedi di Gesù per ascoltarne la Parola. Essere ai piedi di qualcuno vuol dire esserne discepolo e a questo non sarà tolta la parte “buona”, ovvero la libertà di mettersi in ascolto della sua Parola di vita. Ecco non la parte migliore, ma la sola della quale vi sia bisogno, ovvero rimanere in attento ascolto della voce di Dio che ci richiama all’amore per Dio e verso le sorelle ed i fratelli che quotidianamente incontriamo nelle nostre vie. Preghiera e servizio devono indissolubilmente procedere di pari passo nella vita del cristiano; infatti nella preghiera dobbiamo ritrovare la forza per bene operare, senza dimenticare che il nostro amore verso il Padre deve concretamente realizzarsi nell’amore verso tutti perché nostri fratelli in Cristo.
Commento 17 luglio 2016
L’episodio di Marta e Maria ci presenta i due aspetti fondamentali dell’esperienza religiosa e della vita cristiana in particolare: la contemplazione che si nutre dell’ascolto della Parola ed il servizio che rende concreto l’amore per il prossimo. Da sempre è stato presente nella comunità cristiana il dibattito se sia preferibile l’aspetto mistico e contemplativo o l’aspetto ascetico e pratico nell’avvicinarsi a Dio, ma è questione che non ha soluzione: ognuno ha un suo percorso e attraverso questa strada, la sua particolare strada, è chiamato all’incontro con Dio.
Frère Roger Shutz di Taizé aveva trovato una soluzione nel motto “Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione”; la croce ci offre anche visivamente l’esempio da seguire; nella croce la verticalità del corpo si unisce all’apertura orizzontale delle braccia. Non posso ritenermi veramente cristiano se non riesco nella mia vita a tenere strettamente unite queste due dimensioni poiché la verticalità del mio rapporto con Dio si concretizza unicamente nell’amore verso tutti i fratelli e l’orizzontalità del rapporto con gli altri uomini trova il suo vero senso nel riconoscimento dell’unica paternità di Dio. Marta viene rimproverata non per il suo servizio, ma perché nel servire dimentica il senso delle azioni che sta facendo così anche noi dobbiamo ritrovare nella preghiera la forza per bene operare; senza, al contempo dimenticare che il nostro amore verso il Padre deve concretamente mostrarsi nell’amore verso tutti perché nostri fratelli in Cristo.
Frère Roger Shutz di Taizé aveva trovato una soluzione nel motto “Lotta e contemplazione per un mondo di condivisione”; la croce ci offre anche visivamente l’esempio da seguire; nella croce la verticalità del corpo si unisce all’apertura orizzontale delle braccia. Non posso ritenermi veramente cristiano se non riesco nella mia vita a tenere strettamente unite queste due dimensioni poiché la verticalità del mio rapporto con Dio si concretizza unicamente nell’amore verso tutti i fratelli e l’orizzontalità del rapporto con gli altri uomini trova il suo vero senso nel riconoscimento dell’unica paternità di Dio. Marta viene rimproverata non per il suo servizio, ma perché nel servire dimentica il senso delle azioni che sta facendo così anche noi dobbiamo ritrovare nella preghiera la forza per bene operare; senza, al contempo dimenticare che il nostro amore verso il Padre deve concretamente mostrarsi nell’amore verso tutti perché nostri fratelli in Cristo.