XVI domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 13, 24-43
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece ri! ponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece ri! ponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Commento 23 luglio 2023
Ogni volta che mi guardo intorno scopro ancora forte la presenza del male e nasce spontanea la domanda: se il Regno di Dio è ormai presente, se il Signore risorto è in mezzo a noi, se davvero abbiamo inaugurato questa vita nuova e bella del vangelo perché allora sperimentiamo continuamente in noi stessi e attorno a noi una sorta di vittoria del male? Perché facciamo ancora così tanta fatica ad avere delle relazioni armoniose con gli altri, perché non è il bene a prevalere? Tutto questo S. Agostino nelle Confessioni lo riassumeva in una domanda tremenda: “Se Dio esiste, perché, e da dove viene il male?”.
Questa domanda da sempre è presente con la sua drammaticità nella testa e nel cuore dell’uomo perché ci sono tante cose che non vanno come dovrebbero ed allora perché, nonostante il male che c'è nel mondo, Dio non interviene a mettere a posto le cose? Perché Dio permette l’ingiustizia? Ma soprattutto perché la sofferenza dell’uomo in particolare degli innocenti? Insomma, in breve, perché se Dio stesso di fronte alla sua creazione ha espresso il suo compiacimento “vide che ciò era buono” (Gn 1), il mondo resta segnato dal male e Dio non interviene? Ma ancora di più non mi riesco a capacitare come questo male sia presente nella stessa Chiesa, la comunità dei discepoli di Cristo, coloro che hanno accolto la sua proposta d’amore ed infine questo male lo sento presente in me e nonostante io sento il desiderio di operare il bene, perché il mio cuore vive troppe volte ancora nel peccato?
Gesù continua a parlare in parabole e dopo aver presentato Dio come quel seminatore, inguaribile ottimista, che getta il buon seme a piene mani anche là dove non vi è alcuna speranza di avere frutti, nel vangelo di oggi ci viene annunciato come, sebbene il seme sia buono, insieme al grano ecco spuntare la zizzania, per cui se abbiamo la certezza della buona semina di Dio, dobbiamo anche essere consci che nella nostra libertà, di fronte alla quale anche Dio si inchina, possiamo compiere il male: esiste un nemico, un avversario, il diavolo, colui che ci separa da Dio, che semina nel nostro cuore un seme malvagio che si confonde con il grano buono. Di qui nasce l’impressione che la storia sia tutta una catastrofe, un insieme di contraddizioni, ma in questa commistione di bene e di male sappiamo che lo sguardo di Dio, a differenza del nostro, è rivolto non alla zizzania di oggi, ma al buon grano di domani. Dio non vede altro che il bene, così nel mio campo pieno di zizzania, ne sono certo saprà guardare a quell’unica spiga che renderà la mia vita lo splendido progetto che Lui ha pensato per me. Sì, perché per Dio una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania, il bene più piccolo vale più di tutto il male, un semplice raggio di luce conta più del buio.
Allora la santità non è data dalla perfezione, dall’ideale assoluto di una vita senza macchia, ma dal cammino nella quotidianità di piccole spighe, forse attorniate dalla zizzania, che maturano con tenacia sotto il sole di Dio e che riempiono le spighe di vita nuova, di amore. La parabola allora è un invito a liberarci dai falsi esami di coscienza negativi, fatti come un lungo elenco di peccati, ombre e fragilità, troppe volte fotocopiato da quello della sera precedente. Credo che il vero esame di coscienza sia quel momento in cui siamo chiamati a scoprire prima di tutto ciò che di bello, buono, esaltante e promettente, Dio ha seminato in noi: è il nostro giardino che Dio ha affidato alla nostra custodia e cura (cfr. Gen 2,15).
Dio è paziente, attende con fiducia i frutti, perché lo sguardo di Dio è ostinatamente rivolto al futuro, capace di intravvedere in noi anche quei minimi segnali di cambiamento: sono cosciente che esiste la zizzania nel mio cuore, ma più grande è la pazienza di Dio che attende la maturazione dei frutti e solo allora separerà in me ciò che è buono da ciò che non lo è e sarà un giudizio di misericordia, un giudizio d’amore che illuminerà nella nostra vita tutto il bene fatto e abbandonerà al suo destino tutto il male commesso.
Di fronte al male esistono due comportamenti sbagliati: abituarsi ad esso, rendendolo una quotidianità ineluttabile e fingendo di ignorarlo, oppure diventare dei moralisti, per rimettere in ordine le situazioni del mondo, fare piazza pulita, togliere la zizzania a tutti i costi. Gesù richiama all’unico atteggiamento corretto: la pazienza.
In questo senso possiamo leggere le parabole del granello di senapa e del lievito nella pasta, che Matteo inserisce tra la parabola della zizzania e la sua spiegazione che Gesù stesso ci fornisce: il regno di Dio cresce, non ci dobbiamo preoccupare, cresce nei nostri cuori, cresce nel cuore di ogni uomo, cresce nel cuore del mondo, cresce inesorabilmente come il granello di senape fino a diventare così grande da dare ristoro a tutti, cresce con ogni piccolo gesto di bene che saprà far lievitare e trasformare un mondo che sembra oppresso dal male. Serve pazienza, lasciamo fare a Dio il suo mestiere! Pazienza, perché il giorno è avanzato, il regno di Dio cresce nel sorriso dei bimbi, nei piccoli gesti di generosità e di amore che vedo intorno a me!
Soprattutto pazienza quando nelle nostre comunità e nella Chiesa scopriamo le fragilità dei nostri compagni di viaggio, quando un istinto di superiorità ci fa giudicare i fratelli più deboli e peccatori.
Ancor di più pazienza con noi stessi, mentre guardiamo con serenità dentro di noi la zizzania crescere insieme al grano buono seminato dal Signore e tutte le volte che ci sembrerà che troppe tenebre e incoerenze ancora rovinino la nostra vita, ricordiamoci che abbiamo tutta la vita per convertirci. Pazienza se pensavo di essere un uomo migliore, un marito migliore, un padre migliore, talvolta l’esperienza del limite ci spalanca l’unica via che percorre Dio, la via della misericordia.
Pazienza perché di fronte a Dio noi non siamo il nostro peccato, noi siamo e rimarremo per sempre buon grano!
Questa domanda da sempre è presente con la sua drammaticità nella testa e nel cuore dell’uomo perché ci sono tante cose che non vanno come dovrebbero ed allora perché, nonostante il male che c'è nel mondo, Dio non interviene a mettere a posto le cose? Perché Dio permette l’ingiustizia? Ma soprattutto perché la sofferenza dell’uomo in particolare degli innocenti? Insomma, in breve, perché se Dio stesso di fronte alla sua creazione ha espresso il suo compiacimento “vide che ciò era buono” (Gn 1), il mondo resta segnato dal male e Dio non interviene? Ma ancora di più non mi riesco a capacitare come questo male sia presente nella stessa Chiesa, la comunità dei discepoli di Cristo, coloro che hanno accolto la sua proposta d’amore ed infine questo male lo sento presente in me e nonostante io sento il desiderio di operare il bene, perché il mio cuore vive troppe volte ancora nel peccato?
Gesù continua a parlare in parabole e dopo aver presentato Dio come quel seminatore, inguaribile ottimista, che getta il buon seme a piene mani anche là dove non vi è alcuna speranza di avere frutti, nel vangelo di oggi ci viene annunciato come, sebbene il seme sia buono, insieme al grano ecco spuntare la zizzania, per cui se abbiamo la certezza della buona semina di Dio, dobbiamo anche essere consci che nella nostra libertà, di fronte alla quale anche Dio si inchina, possiamo compiere il male: esiste un nemico, un avversario, il diavolo, colui che ci separa da Dio, che semina nel nostro cuore un seme malvagio che si confonde con il grano buono. Di qui nasce l’impressione che la storia sia tutta una catastrofe, un insieme di contraddizioni, ma in questa commistione di bene e di male sappiamo che lo sguardo di Dio, a differenza del nostro, è rivolto non alla zizzania di oggi, ma al buon grano di domani. Dio non vede altro che il bene, così nel mio campo pieno di zizzania, ne sono certo saprà guardare a quell’unica spiga che renderà la mia vita lo splendido progetto che Lui ha pensato per me. Sì, perché per Dio una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania, il bene più piccolo vale più di tutto il male, un semplice raggio di luce conta più del buio.
Allora la santità non è data dalla perfezione, dall’ideale assoluto di una vita senza macchia, ma dal cammino nella quotidianità di piccole spighe, forse attorniate dalla zizzania, che maturano con tenacia sotto il sole di Dio e che riempiono le spighe di vita nuova, di amore. La parabola allora è un invito a liberarci dai falsi esami di coscienza negativi, fatti come un lungo elenco di peccati, ombre e fragilità, troppe volte fotocopiato da quello della sera precedente. Credo che il vero esame di coscienza sia quel momento in cui siamo chiamati a scoprire prima di tutto ciò che di bello, buono, esaltante e promettente, Dio ha seminato in noi: è il nostro giardino che Dio ha affidato alla nostra custodia e cura (cfr. Gen 2,15).
Dio è paziente, attende con fiducia i frutti, perché lo sguardo di Dio è ostinatamente rivolto al futuro, capace di intravvedere in noi anche quei minimi segnali di cambiamento: sono cosciente che esiste la zizzania nel mio cuore, ma più grande è la pazienza di Dio che attende la maturazione dei frutti e solo allora separerà in me ciò che è buono da ciò che non lo è e sarà un giudizio di misericordia, un giudizio d’amore che illuminerà nella nostra vita tutto il bene fatto e abbandonerà al suo destino tutto il male commesso.
Di fronte al male esistono due comportamenti sbagliati: abituarsi ad esso, rendendolo una quotidianità ineluttabile e fingendo di ignorarlo, oppure diventare dei moralisti, per rimettere in ordine le situazioni del mondo, fare piazza pulita, togliere la zizzania a tutti i costi. Gesù richiama all’unico atteggiamento corretto: la pazienza.
In questo senso possiamo leggere le parabole del granello di senapa e del lievito nella pasta, che Matteo inserisce tra la parabola della zizzania e la sua spiegazione che Gesù stesso ci fornisce: il regno di Dio cresce, non ci dobbiamo preoccupare, cresce nei nostri cuori, cresce nel cuore di ogni uomo, cresce nel cuore del mondo, cresce inesorabilmente come il granello di senape fino a diventare così grande da dare ristoro a tutti, cresce con ogni piccolo gesto di bene che saprà far lievitare e trasformare un mondo che sembra oppresso dal male. Serve pazienza, lasciamo fare a Dio il suo mestiere! Pazienza, perché il giorno è avanzato, il regno di Dio cresce nel sorriso dei bimbi, nei piccoli gesti di generosità e di amore che vedo intorno a me!
Soprattutto pazienza quando nelle nostre comunità e nella Chiesa scopriamo le fragilità dei nostri compagni di viaggio, quando un istinto di superiorità ci fa giudicare i fratelli più deboli e peccatori.
Ancor di più pazienza con noi stessi, mentre guardiamo con serenità dentro di noi la zizzania crescere insieme al grano buono seminato dal Signore e tutte le volte che ci sembrerà che troppe tenebre e incoerenze ancora rovinino la nostra vita, ricordiamoci che abbiamo tutta la vita per convertirci. Pazienza se pensavo di essere un uomo migliore, un marito migliore, un padre migliore, talvolta l’esperienza del limite ci spalanca l’unica via che percorre Dio, la via della misericordia.
Pazienza perché di fronte a Dio noi non siamo il nostro peccato, noi siamo e rimarremo per sempre buon grano!
Commento 19 luglio 2020
Nella prima parabola Dio si era presentato come quel seminatore, inguaribile ottimista, che getta il buon seme a piene mani anche là dove non vi è alcuna speranza di avere frutti; il seme è buono, ma insieme al grano ecco spuntare la zizzania; infatti se guardo intorno a me scopro ancora forte la presenza del male e nasce spontanea la domanda: se il Regno di Dio è ormai presente, se il Signore risorto è in mezzo a noi, se davvero abbiamo inaugurato questa vita nuova e bella del vangelo perché allora sperimentiamo continuamente in noi stessi e attorno a noi una sorta di vittoria del male? Perché facciamo ancora così tanta fatica ad avere delle relazioni armoniose con gli altri, perché non è il bene a prevalere? Tutto questo S. Agostino nelle Confessioni lo riassumeva in una domanda tremenda: “Se Dio esiste, perché, e da dove viene il male?”. Questa domanda da sempre è presente con la sua drammaticità nella testa e nel cuore dell’uomo perché ci sono tante cose che non vanno come dovrebbero ed allora perché, nonostante il male che c'è nel mondo, Dio non interviene a mettere a posto le cose? Perché Dio permette l’ingiustizia? Ma soprattutto perché la sofferenza dell’uomo in particolare degli innocenti? Insomma, in breve, perché se Dio stesso di fronte alla sua creazione ha espresso il suo compiacimento “vide che ciò era buono” (Gn 1), il mondo resta segnato dal male e Dio non interviene? Ma ancora di più non mi riesco a capacitare come questo male sia presente anche nella Chiesa, la comunità di coloro che hanno accolto la sua proposta d’amore. Ancora di più questo male lo sento presente in me e nonostante io sento il desiderio di operare il bene, perché il mio cuore vive ancora a volte nel peccato?
La parabola di oggi ci dice con forza che se abbiamo la certezza della buona semina di Dio, dobbiamo essere consci che nella nostra libertà, di fronte alla quale anche Dio si inchina, possiamo compiere il male: esiste un nemico, un avversario, il diavolo che semina nel nostro cuore un seme malvagio che si confonde con il grano buono. Ecco da dove nasce l’impressione che la storia sia tutta una catastrofe, un insieme di contraddizioni, ma in questa commistione di bene e di male sappiamo che lo sguardo di Dio è rivolto al grano e non alla zizzania a differenza del nostro. Sì, Dio guarda al buon grano di domani, non alla zizzania di oggi, Dio che non vede altro che il bene, davanti a Dio una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania del campo, il bene è più importante del male, la luce conta più del buio.
Di conseguenza la santità non è data dalla perfezione, dall’ideale assoluto di una vita senza macchia, ma dal cammino nella quotidianità di piccole spighe, forse attorniate dalla zizzania, che maturano con tenacia sotto il sole di Dio e che riempiono le spighe di vita nuova, di amore. Questa parabola così ci invita a liberarci dai falsi esami di coscienza negativi, fatti come un lungo elenco di peccati, ombre e fragilità, troppe volte fotocopiato da quello della sera precedente. Durante l’esame di coscienza siamo chiamati a scoprire prima di tutto ciò che di bello, buono, esaltante e promettente, Dio ha seminato in noi: è il nostro giardino che Dio ha affidato alla nostra custodia e cura (cfr. Gen 2,15).
Questa attesa dei frutti ci mostra come Dio dia la possibilità a tutti di cambiare: esiste la zizzania nel mio cuore, ma più grande è la pazienza di Dio che attende la maturazione dei frutti e solo allora separerà ciò che è buono da ciò che non lo è e sarà un giudizio di misericordia, un giudizio d’amore che illuminerà nella nostra vita tutto il bene e abbandonerà al suo destino tutto il male commesso.
Di fronte al male esistono due comportamenti sbagliati: abituarsi ad esso, rendendolo una quotidianità ineluttabile e fingendo di ignorarlo, oppure diventare dei moralisti, per rimettere in ordine le situazioni del mondo, fare piazza pulita, togliere la zizzania a tutti i costi. Gesù richiama all’unico atteggiamento corretto: la pazienza. Pazientare è attendere con dolore, credendo fermamente che il male avrà fine e che da tutto questo usciremo vincitori (cfr. Rm 8,35-39).
In questo senso possiamo leggere anche le parabole del granello di senapa e del lievito nella pasta, che Matteo inserisce tra la parabola della zizzania e la sua spiegazione che Gesù stesso ci fornisce: il regno di Dio cresce, non ci dobbiamo preoccupare, cresce nei nostri cuori, cresce nel cuore di ogni uomo, cresce nel cuore del mondo, cresce inesorabilmente come il granello di senape fino a diventare così grande da dare ristoro a tutti, cresce con ogni piccolo gesto di bene che saprà far lievitare e trasformare un mondo che sembra oppresso dal male.
Allora serve pazienza, lasciamo fare a Dio il suo mestiere! Pazienza, perché il giorno è avanzato, il regno di Dio cresce nel sorriso dei bimbi, nei piccoli gesti di generosità e di amore che vedo intorno a me!
Ed ancora pazienza quando nelle nostre comunità e nella Chiesa scopriamo le fragilità dei nostri compagni di viaggio, quando un istinto di superiorità ci fa giudicare i fratelli più deboli e peccatori.
Ma soprattutto pazienza con noi stessi, mentre guardiamo con serenità dentro di noi la zizzania crescere insieme al grano buono seminato dal Signore e tutte le volte che ci sembrerà che troppe tenebre e incoerenze ancora rovinino la nostra vita, ricordiamoci che abbiamo tutta la vita per convertirci. Pazienza se pensavo di essere un uomo migliore, un marito migliore, un padre migliore, talvolta l’esperienza del limite ci spalanca la via della misericordia.
Pazienza perché noi non siamo il nostro peccato noi, ad immagine del Padre, siamo e rimarremo per sempre luce!
La parabola di oggi ci dice con forza che se abbiamo la certezza della buona semina di Dio, dobbiamo essere consci che nella nostra libertà, di fronte alla quale anche Dio si inchina, possiamo compiere il male: esiste un nemico, un avversario, il diavolo che semina nel nostro cuore un seme malvagio che si confonde con il grano buono. Ecco da dove nasce l’impressione che la storia sia tutta una catastrofe, un insieme di contraddizioni, ma in questa commistione di bene e di male sappiamo che lo sguardo di Dio è rivolto al grano e non alla zizzania a differenza del nostro. Sì, Dio guarda al buon grano di domani, non alla zizzania di oggi, Dio che non vede altro che il bene, davanti a Dio una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania del campo, il bene è più importante del male, la luce conta più del buio.
Di conseguenza la santità non è data dalla perfezione, dall’ideale assoluto di una vita senza macchia, ma dal cammino nella quotidianità di piccole spighe, forse attorniate dalla zizzania, che maturano con tenacia sotto il sole di Dio e che riempiono le spighe di vita nuova, di amore. Questa parabola così ci invita a liberarci dai falsi esami di coscienza negativi, fatti come un lungo elenco di peccati, ombre e fragilità, troppe volte fotocopiato da quello della sera precedente. Durante l’esame di coscienza siamo chiamati a scoprire prima di tutto ciò che di bello, buono, esaltante e promettente, Dio ha seminato in noi: è il nostro giardino che Dio ha affidato alla nostra custodia e cura (cfr. Gen 2,15).
Questa attesa dei frutti ci mostra come Dio dia la possibilità a tutti di cambiare: esiste la zizzania nel mio cuore, ma più grande è la pazienza di Dio che attende la maturazione dei frutti e solo allora separerà ciò che è buono da ciò che non lo è e sarà un giudizio di misericordia, un giudizio d’amore che illuminerà nella nostra vita tutto il bene e abbandonerà al suo destino tutto il male commesso.
Di fronte al male esistono due comportamenti sbagliati: abituarsi ad esso, rendendolo una quotidianità ineluttabile e fingendo di ignorarlo, oppure diventare dei moralisti, per rimettere in ordine le situazioni del mondo, fare piazza pulita, togliere la zizzania a tutti i costi. Gesù richiama all’unico atteggiamento corretto: la pazienza. Pazientare è attendere con dolore, credendo fermamente che il male avrà fine e che da tutto questo usciremo vincitori (cfr. Rm 8,35-39).
In questo senso possiamo leggere anche le parabole del granello di senapa e del lievito nella pasta, che Matteo inserisce tra la parabola della zizzania e la sua spiegazione che Gesù stesso ci fornisce: il regno di Dio cresce, non ci dobbiamo preoccupare, cresce nei nostri cuori, cresce nel cuore di ogni uomo, cresce nel cuore del mondo, cresce inesorabilmente come il granello di senape fino a diventare così grande da dare ristoro a tutti, cresce con ogni piccolo gesto di bene che saprà far lievitare e trasformare un mondo che sembra oppresso dal male.
Allora serve pazienza, lasciamo fare a Dio il suo mestiere! Pazienza, perché il giorno è avanzato, il regno di Dio cresce nel sorriso dei bimbi, nei piccoli gesti di generosità e di amore che vedo intorno a me!
Ed ancora pazienza quando nelle nostre comunità e nella Chiesa scopriamo le fragilità dei nostri compagni di viaggio, quando un istinto di superiorità ci fa giudicare i fratelli più deboli e peccatori.
Ma soprattutto pazienza con noi stessi, mentre guardiamo con serenità dentro di noi la zizzania crescere insieme al grano buono seminato dal Signore e tutte le volte che ci sembrerà che troppe tenebre e incoerenze ancora rovinino la nostra vita, ricordiamoci che abbiamo tutta la vita per convertirci. Pazienza se pensavo di essere un uomo migliore, un marito migliore, un padre migliore, talvolta l’esperienza del limite ci spalanca la via della misericordia.
Pazienza perché noi non siamo il nostro peccato noi, ad immagine del Padre, siamo e rimarremo per sempre luce!
Commento 23 luglio 2017
Il vangelo di domenica scorsa aveva suscitato una grande speranza nel cuore di ciascuno di noi, poiché ci presentava Dio come quel contadino, incurabile ottimista, che riesce a seminare anche là dove non vi è alcuna speranza di avere frutti, semina nei cuori induriti, negli spiriti presi dalle preoccupazioni e dalle ansie quotidiane. Semina ed ottiene frutti abbondanti. Oggi si affronta un tema particolarmente sensibile che Agostino nelle sue Confessioni riassume in una domanda tremenda: “Se Dio esiste, perché, e da dove viene il male?”. Questa domanda da sempre frulla nella sua drammaticità nella testa e nel cuore dell’uomo: perché ci sono tante cose che non vanno come dovrebbero? Perché, nonostante il male che c'è nel mondo, Dio non interviene a mettere a posto le cose? Perché dobbiamo concludere che Dio permette l'ingiustizia, e quindi è ingiusto? Ma soprattutto perché la sofferenza dell’uomo in particolare degli innocenti? Insomma in breve perché se Dio stesso di fronte alla sua creazione ha espresso il suo compiacimento “vide che ciò era buono” (Gn 1), il mondo resta segnato dal male?
Perché nella comunità dei discepoli di Cristo, di coloro cioè che hanno accolto la sua proposta d’amore, continua ad esistere il peccato ed il male?
Perché nonostante io sento il desiderio di operare il bene, il mio cuore vive a volte nel peccato?
Innanzitutto Dio ha seminato e semina un seme buono e nonostante le cose negative che vedo intorno a me, voglio credere, anche se è difficile in certi momenti, che il mondo è il luogo dove Dio vuol far crescere il suo progetto d’amore.
In secondo luogo siamo chiamati a vivere questa nostra vita nella pazienza: il grano e la zizzania possono crescere assieme e la saggezza del padrone ci stupisce, quando rimanda a casa propria quei servi che volevano strappare la zizzania, ma che così facendo rischiavano di strappare il grano buono. Gesù ci ha donato la salvezza, ci ha proposto un percorso verso il bene, ma noi stentiamo ad imparare, fatichiamo a metterci in cammino su questa strada.
Di fronte al male esistono due comportamenti sbagliati: abituarsi ad esso, rendendolo una quotidianità ineluttabile e fingendo di ignorarlo, oppure diventare dei moralizzatori, per rimettere in ordine le situazioni del mondo, fare piazza pulita, togliere la zizzania a tutti i costi. Gesù richiama all’unico atteggiamento corretto: la pazienza. Pazientare è attendere con dolore, credendo fermamente che il male avrà fine e che da tutto questo usciremo vincitori (Rm 8,35-39).
In questo senso possiamo leggere anche le parabole del granello di senapa e del lievito nella pasta: il regno di Dio cresce, non ci dobbiamo preoccupare, cresce nei nostri cuori, cresce nel cuore di ogni uomo, cresce nel cuore del mondo.
Allora pazienza, lasciamo fare a Dio il suo mestiere! Pazienza, il giorno è avanzato, il regno di Dio comunque cresce nel sorriso dei bimbi, nei piccoli gesti di generosità e di amore che vedo intorno a me!
Ed ancora pazienza quando nelle nostre comunità e nella Chiesa scopriamo le fragilità dei nostri compagni di viaggio, quando un istinto di superiorità ci fa giudicare i fratelli più deboli e peccatori.
Ma soprattutto pazienza con noi stessi, mentre guardiamo con serenità dentro noi stessi la zizzania crescere insieme al grano buono seminato dal Signore. Pazienza ogni volta che ci sembra che troppe tenebre e incoerenze ancora rovinino la nostra vita: ricordiamoci che abbiamo tutta la vita per imparare a vivere, per convertirci. Pazienza se pensavo di essere un uomo migliore, un marito migliore, un padre migliore, talvolta l’esperienza del limite ci spalanca la porta della misericordia.
Pazienza perché noi non siamo il nostro peccato, le nostre incoerenze, le nostre tenebre, noi, ad immagine del creatore, siamo luce!
Pazienza perché siamo chiamati a fare come Dio, che, “per vincere la notte accende il mattino, per far fiorire la steppa sterile semina milioni di semi, per sollevare la pasta immobile immette un pizzico di lievito” (E. Ronchi).
Guardiamo al mondo, agli uomini, a noi stessi con gli occhi di Dio per il quale vale più una spiga di grano che tutta la zizzania del campo! In fondo basta una piccola luce per sconfiggere le tenebre! Coltiviamo il buon grano seminato nei nostri cuori, coltiviamo i germogli di vita posti nel cuore di ogni uomo e tutto il mondo fiorirà alla luce di Dio.
Perché nella comunità dei discepoli di Cristo, di coloro cioè che hanno accolto la sua proposta d’amore, continua ad esistere il peccato ed il male?
Perché nonostante io sento il desiderio di operare il bene, il mio cuore vive a volte nel peccato?
Innanzitutto Dio ha seminato e semina un seme buono e nonostante le cose negative che vedo intorno a me, voglio credere, anche se è difficile in certi momenti, che il mondo è il luogo dove Dio vuol far crescere il suo progetto d’amore.
In secondo luogo siamo chiamati a vivere questa nostra vita nella pazienza: il grano e la zizzania possono crescere assieme e la saggezza del padrone ci stupisce, quando rimanda a casa propria quei servi che volevano strappare la zizzania, ma che così facendo rischiavano di strappare il grano buono. Gesù ci ha donato la salvezza, ci ha proposto un percorso verso il bene, ma noi stentiamo ad imparare, fatichiamo a metterci in cammino su questa strada.
Di fronte al male esistono due comportamenti sbagliati: abituarsi ad esso, rendendolo una quotidianità ineluttabile e fingendo di ignorarlo, oppure diventare dei moralizzatori, per rimettere in ordine le situazioni del mondo, fare piazza pulita, togliere la zizzania a tutti i costi. Gesù richiama all’unico atteggiamento corretto: la pazienza. Pazientare è attendere con dolore, credendo fermamente che il male avrà fine e che da tutto questo usciremo vincitori (Rm 8,35-39).
In questo senso possiamo leggere anche le parabole del granello di senapa e del lievito nella pasta: il regno di Dio cresce, non ci dobbiamo preoccupare, cresce nei nostri cuori, cresce nel cuore di ogni uomo, cresce nel cuore del mondo.
Allora pazienza, lasciamo fare a Dio il suo mestiere! Pazienza, il giorno è avanzato, il regno di Dio comunque cresce nel sorriso dei bimbi, nei piccoli gesti di generosità e di amore che vedo intorno a me!
Ed ancora pazienza quando nelle nostre comunità e nella Chiesa scopriamo le fragilità dei nostri compagni di viaggio, quando un istinto di superiorità ci fa giudicare i fratelli più deboli e peccatori.
Ma soprattutto pazienza con noi stessi, mentre guardiamo con serenità dentro noi stessi la zizzania crescere insieme al grano buono seminato dal Signore. Pazienza ogni volta che ci sembra che troppe tenebre e incoerenze ancora rovinino la nostra vita: ricordiamoci che abbiamo tutta la vita per imparare a vivere, per convertirci. Pazienza se pensavo di essere un uomo migliore, un marito migliore, un padre migliore, talvolta l’esperienza del limite ci spalanca la porta della misericordia.
Pazienza perché noi non siamo il nostro peccato, le nostre incoerenze, le nostre tenebre, noi, ad immagine del creatore, siamo luce!
Pazienza perché siamo chiamati a fare come Dio, che, “per vincere la notte accende il mattino, per far fiorire la steppa sterile semina milioni di semi, per sollevare la pasta immobile immette un pizzico di lievito” (E. Ronchi).
Guardiamo al mondo, agli uomini, a noi stessi con gli occhi di Dio per il quale vale più una spiga di grano che tutta la zizzania del campo! In fondo basta una piccola luce per sconfiggere le tenebre! Coltiviamo il buon grano seminato nei nostri cuori, coltiviamo i germogli di vita posti nel cuore di ogni uomo e tutto il mondo fiorirà alla luce di Dio.