Corpus Domini - Domenica dopo la Trinità Anno A
Vangelo Gv 6, 51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Commento 11 giugno 2023
Ho sempre sentito la festa del Corpo e Sangue di Cristo lontana dalla mia personale sensibilità, forse per un certo sentimento di orgoglio cristiano nel portare in giro per le strade delle nostre città e dei nostri paesi quasi a voler affermare mostrandolo a tutti quanti fossimo bravi e devoti al Signore “realmente” presente nel Santissimo Sacramento. Oggi, forse anche grazie al fatto di scrivere queste mie condivisioni, sono sempre più convinto della necessità di riscoprirne il senso profondo; lasciamo ai teologi disquisizioni troppe volte sterili circa il mistero della transustanziazione, con il quale riconosciamo la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” sono parole che aprono il cuore alla meravigliosa notizia dell’amore di Dio; siamo di fronte ad uno dei misteri più grandi e più belli del messaggio cristiano: Dio si fa potabile e commestibile perché noi possiamo vivere di Lui, con Lui e per Lui! Dio si fa pane per donarci forza nel nostro cammino, Dio si fa vino per donarci la gioia di testimoniare il suo vangelo di amore, così questa festa può e deve diventare la festa della vita donata nella quale siamo chiamati a fare un passo avanti, poiché un dono è dono se, e solo se, chi lo riceve è capace di accoglierlo. È Dio che si offre a noi: il pane è spezzato per essere da noi mangiato, il vino è versato per essere da noi bevuto! Dio è in me per farmi come Lui perché io, se voglio, ho il potere di diventare come Lui, di pensare come Lui, di vivere come Lui, di amare come Lui; questa è la vera trasformazione, questo il vero miracolo della transustanziazione!
Quel giorno, dopo aver condiviso quel poco pane con la folla a Cafarnao, Gesù non stava parlando di una liturgia e nemmeno soltanto del sacramento dell’Eucaristia, ma della sua stessa esistenza, corpo e sangue, che diventa per me pane vivo e bevanda di salvezza quando lo prendo come misura ed energia della mia vita. È Gesù che mi fa capace di cose che non pensavo, è inserendo la mia vita nella vita stessa di Cristo che sono abilitato a vivere momenti che meritano di non morire per una vita che non finisce mai.
In questo modo questa solennità può diventare antidoto contro il pericolo, sempre presente di fare di Dio un’idea o, peggio ancora, una dottrina, una religione: il nostro Dio ha un corpo, è reale, si fa presente e storico in tanti fratelli e sorelle che incontriamo nel nostro cammino quotidiano; quel Dio lì siamo chiamati a sfamare, dissetare, vestire, accogliere, visitare ogni giorno!
Oggi celebriamo un Dio che prende il nostro corpo, che ci fa suo corpo, che ama, lotta, salva, attraverso il nostro corpo e che ci dà la sua carne e il suo sangue perché anche noi, nutrendoci di Lui, possiamo prenderci cura del corpo di Cristo presente nei poveri, negli ultimi, nei bambini, negli anziani, negli immigrati; insomma Dio si fa potabile e commestibile perché possiamo dare la nostra vita per la vita del mondo.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”: qui scopriamo il senso essenziale dell’eucaristia, perché celebrare l’eucaristia è celebrare la vita, è celebrare le meraviglie di Dio nella mia vita, poiché quel Dio che ha voluto condividere la sua vita con noi continua, ostinato, a incarnarsi in ciascuno di noi per farci diventare testimoni del suo immenso amore per costruire il suo regno. Dio vuole che nelle nostre vene scorra il flusso della sua vita, che nel nostro cuore metta radici la sua forza, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui, secondo la sua logica di amore infinito, un amore che trova senso nell’essere spezzato e versato per gli altri uomini e donne riconosciuti come fratelli e sorelle nell’unica paternità del Padre. Siamo invitati a mangiare Dio per vivere di Dio, per vivere secondo ciò che Lui ha sognato per me fin dall’inizio dei tempi, cioè per essere in questo mondo “un pezzo di pane buono e un bicchiere di vino genuino” per ogni uomo.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” sono parole che aprono il cuore alla meravigliosa notizia dell’amore di Dio; siamo di fronte ad uno dei misteri più grandi e più belli del messaggio cristiano: Dio si fa potabile e commestibile perché noi possiamo vivere di Lui, con Lui e per Lui! Dio si fa pane per donarci forza nel nostro cammino, Dio si fa vino per donarci la gioia di testimoniare il suo vangelo di amore, così questa festa può e deve diventare la festa della vita donata nella quale siamo chiamati a fare un passo avanti, poiché un dono è dono se, e solo se, chi lo riceve è capace di accoglierlo. È Dio che si offre a noi: il pane è spezzato per essere da noi mangiato, il vino è versato per essere da noi bevuto! Dio è in me per farmi come Lui perché io, se voglio, ho il potere di diventare come Lui, di pensare come Lui, di vivere come Lui, di amare come Lui; questa è la vera trasformazione, questo il vero miracolo della transustanziazione!
Quel giorno, dopo aver condiviso quel poco pane con la folla a Cafarnao, Gesù non stava parlando di una liturgia e nemmeno soltanto del sacramento dell’Eucaristia, ma della sua stessa esistenza, corpo e sangue, che diventa per me pane vivo e bevanda di salvezza quando lo prendo come misura ed energia della mia vita. È Gesù che mi fa capace di cose che non pensavo, è inserendo la mia vita nella vita stessa di Cristo che sono abilitato a vivere momenti che meritano di non morire per una vita che non finisce mai.
In questo modo questa solennità può diventare antidoto contro il pericolo, sempre presente di fare di Dio un’idea o, peggio ancora, una dottrina, una religione: il nostro Dio ha un corpo, è reale, si fa presente e storico in tanti fratelli e sorelle che incontriamo nel nostro cammino quotidiano; quel Dio lì siamo chiamati a sfamare, dissetare, vestire, accogliere, visitare ogni giorno!
Oggi celebriamo un Dio che prende il nostro corpo, che ci fa suo corpo, che ama, lotta, salva, attraverso il nostro corpo e che ci dà la sua carne e il suo sangue perché anche noi, nutrendoci di Lui, possiamo prenderci cura del corpo di Cristo presente nei poveri, negli ultimi, nei bambini, negli anziani, negli immigrati; insomma Dio si fa potabile e commestibile perché possiamo dare la nostra vita per la vita del mondo.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”: qui scopriamo il senso essenziale dell’eucaristia, perché celebrare l’eucaristia è celebrare la vita, è celebrare le meraviglie di Dio nella mia vita, poiché quel Dio che ha voluto condividere la sua vita con noi continua, ostinato, a incarnarsi in ciascuno di noi per farci diventare testimoni del suo immenso amore per costruire il suo regno. Dio vuole che nelle nostre vene scorra il flusso della sua vita, che nel nostro cuore metta radici la sua forza, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui, secondo la sua logica di amore infinito, un amore che trova senso nell’essere spezzato e versato per gli altri uomini e donne riconosciuti come fratelli e sorelle nell’unica paternità del Padre. Siamo invitati a mangiare Dio per vivere di Dio, per vivere secondo ciò che Lui ha sognato per me fin dall’inizio dei tempi, cioè per essere in questo mondo “un pezzo di pane buono e un bicchiere di vino genuino” per ogni uomo.
Commento 14 giugno 2020
Se da una parte sento ancora oggi la festa del Corpus Domini come molto distante dalla mia particolare sensibilità, è anche vero che grazie al fatto di scrivere queste mie condivisioni in questi ultimi anni sto cercando di riscoprirne il senso profondo. Nella festa di oggi non celebriamo solo il mistero della transustanziazione che garantisce la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino, celebriamo Cristo che si dona, corpo spezzato e sangue versato. È la meravigliosa notizia di un Dio che ci ama così profondamente che si fa commestibile e potabile per me, perché io possa vivere di Lui, con Lui e per Lui.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” sono parole che aprono il cuore alla meravigliosa notizia dell’amore di Dio; nutrirsi di Dio dona una vita pienamente realizzata, capace di superare la morte, una vita spesa per amore, una vita che si fa pane buono per sfamare ogni fratello, una vita che si fa vino amabile per creare gioia intorno a ciascuno di noi.
“Ricevendo il corpo e il sangue di Cristo, tu diventi concorporeo e consanguineo di Cristo” (Cirillo di Gerusalemme): ecco il vero miracolo della transustanziazione e mi batte forte il cuore, nasce lo stupore; Dio è in me e così diventiamo una cosa sola, questa è la vera trasformazione.
Come resisterà il nostro cuore, quando alla comunione riceveremo, non solo un piccolo pezzo di pane, ma il corpo reale di Cristo? A volte mi sorprendo per come non mi rendo conto di tanto infinito mistero e devo ringraziare, anche se può apparire strano questo periodo di quarantena a causa di questo terribile virus perché nel forzato digiuno eucaristico ho potuto riscoprire in me la mancanza e la necessità di questo incontro sacramentale con Dio. Quante persone si esaltano per avere toccato il loro attore, cantante o calciatore preferito o persino il papa, io posso vantarmi di aver toccato, di essere entrato in comunione profonda con il mio Dio!
Quel giorno a Cafarnao Gesù non stava parlando di una liturgia e nemmeno soltanto del sacramento dell’Eucaristia, ma della sua stessa esistenza, che diventa per me pane vivo e bevanda di salvezza quando lo prendo come misura ed energia della mia vita. È Gesù che mi fa capace di cose che non pensavo, è inserendo la mia vita nella vita stessa di Cristo che sono abilitato a vivere momenti che meritano di non morire per una vita che non finisce mai.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”: qui scopriamo il senso essenziale dell’eucaristia, perché celebrare l’eucaristia è celebrare la vita, è celebrare le meraviglie di Dio nella mia vita, poiché quel Dio che ha voluto condividere la sua vita con noi continua, ostinato, a incarnarsi in ciascuno di noi per farci diventare testimoni del suo immenso amore per costruire il suo regno. Dio vuole che nelle nostre vene scorra il flusso della sua vita, che nel nostro cuore metta radici la sua forza, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui, secondo la sua logica di amore infinito, un amore che trova senso nell’essere spezzato e versato per gli altri uomini e donne riconosciuti come fratelli e sorelle nell’unica paternità del Padre. Siamo invitati a mangiare Dio per vivere di Dio, per vivere secondo ciò che Lui ha sognato per me fin dall’inizio dei tempi, cioè per essere in questo mondo “un pezzo di pane buono e un bicchiere di vino genuino” per ogni uomo.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” sono parole che aprono il cuore alla meravigliosa notizia dell’amore di Dio; nutrirsi di Dio dona una vita pienamente realizzata, capace di superare la morte, una vita spesa per amore, una vita che si fa pane buono per sfamare ogni fratello, una vita che si fa vino amabile per creare gioia intorno a ciascuno di noi.
“Ricevendo il corpo e il sangue di Cristo, tu diventi concorporeo e consanguineo di Cristo” (Cirillo di Gerusalemme): ecco il vero miracolo della transustanziazione e mi batte forte il cuore, nasce lo stupore; Dio è in me e così diventiamo una cosa sola, questa è la vera trasformazione.
Come resisterà il nostro cuore, quando alla comunione riceveremo, non solo un piccolo pezzo di pane, ma il corpo reale di Cristo? A volte mi sorprendo per come non mi rendo conto di tanto infinito mistero e devo ringraziare, anche se può apparire strano questo periodo di quarantena a causa di questo terribile virus perché nel forzato digiuno eucaristico ho potuto riscoprire in me la mancanza e la necessità di questo incontro sacramentale con Dio. Quante persone si esaltano per avere toccato il loro attore, cantante o calciatore preferito o persino il papa, io posso vantarmi di aver toccato, di essere entrato in comunione profonda con il mio Dio!
Quel giorno a Cafarnao Gesù non stava parlando di una liturgia e nemmeno soltanto del sacramento dell’Eucaristia, ma della sua stessa esistenza, che diventa per me pane vivo e bevanda di salvezza quando lo prendo come misura ed energia della mia vita. È Gesù che mi fa capace di cose che non pensavo, è inserendo la mia vita nella vita stessa di Cristo che sono abilitato a vivere momenti che meritano di non morire per una vita che non finisce mai.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”: qui scopriamo il senso essenziale dell’eucaristia, perché celebrare l’eucaristia è celebrare la vita, è celebrare le meraviglie di Dio nella mia vita, poiché quel Dio che ha voluto condividere la sua vita con noi continua, ostinato, a incarnarsi in ciascuno di noi per farci diventare testimoni del suo immenso amore per costruire il suo regno. Dio vuole che nelle nostre vene scorra il flusso della sua vita, che nel nostro cuore metta radici la sua forza, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui, secondo la sua logica di amore infinito, un amore che trova senso nell’essere spezzato e versato per gli altri uomini e donne riconosciuti come fratelli e sorelle nell’unica paternità del Padre. Siamo invitati a mangiare Dio per vivere di Dio, per vivere secondo ciò che Lui ha sognato per me fin dall’inizio dei tempi, cioè per essere in questo mondo “un pezzo di pane buono e un bicchiere di vino genuino” per ogni uomo.
Commento 18 giugno 2017
Celebriamo oggi la festa del Corpo e Sangue di Cristo, una festa che per le sue origini trionfalistiche e dimostrative è molto lontana dalla mia personale sensibilità, ma della quale forse dobbiamo scoprirne ancora oggi il senso profondo; infatti oggi non celebriamo solo il mistero della transustanziazione che garantisce la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino; non celebriamo soltanto Cristo che si dona, corpo spezzato e sangue versato, ma siamo chiamati a fare un passo avanti, poiché un dono è dono se chi lo riceve è capace di accoglierlo.
Oggi è la festa del “prendete e mangiate, prendete e bevete”, il pane è spezzato per essere mangiato, il vino versato per essere bevuto e per diverse volte si ripetono nel vangelo i verbi mangiare e bere perché sono questi il centro del messaggio di oggi. Allora Gesù non sta parlando del sacramento dell'Eucaristia, ma del sacramento della sua esistenza, che diventa mio pane vivo quando, e solo se, lo prendo come misura ed energia della mia vita. Dio vuole che nelle nostre vene scorra il flusso della sua vita, che nel nostro cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l'esistenza umana come l'ha vissuta lui, secondo la sua logica di amore infinito, un amore che che trova senso nell’essere spezzato e versato per gli altri uomini e donne riconosciuti come fratelli e sorelle nell’unica paternità del Padre.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”: in queste parole scopriamo il senso essenziale dell’eucaristia. Celebrare l’eucaristia o meglio vivere l’eucaristia è celebrare la mia vita, celebrare le meraviglie di Dio nella mia vita, poiché quel Dio che ha voluto condividere la sua vita con noi continua, ostinato, a incarnarsi in ciascuno di noi per farci diventare testimoni del suo immenso amore e concreti costruttori del suo regno.
“Prendete, mangiate” sono parole che mi sorprendono ogni volta, come una dichiarazione d'immenso amore. Ecco il vero miracolo della transustanziazione e mi batte forte il cuore, nasce lo stupore: Dio è in me e così diventiamo una cosa sola, questa è la vera trasformazione. Scrive S. Paolo “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,19b-20); quindi ora sono chiamato a condividere lo stesso progetto di Dio, a vivere secondo ciò che Lui ha sognato per me fin dall’inizio dei tempi: essere in questo mondo per diventare “un pezzo di pane buono e un bicchiere di vino genuino” per ogni uomo.
Oggi è la festa del “prendete e mangiate, prendete e bevete”, il pane è spezzato per essere mangiato, il vino versato per essere bevuto e per diverse volte si ripetono nel vangelo i verbi mangiare e bere perché sono questi il centro del messaggio di oggi. Allora Gesù non sta parlando del sacramento dell'Eucaristia, ma del sacramento della sua esistenza, che diventa mio pane vivo quando, e solo se, lo prendo come misura ed energia della mia vita. Dio vuole che nelle nostre vene scorra il flusso della sua vita, che nel nostro cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l'esistenza umana come l'ha vissuta lui, secondo la sua logica di amore infinito, un amore che che trova senso nell’essere spezzato e versato per gli altri uomini e donne riconosciuti come fratelli e sorelle nell’unica paternità del Padre.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”: in queste parole scopriamo il senso essenziale dell’eucaristia. Celebrare l’eucaristia o meglio vivere l’eucaristia è celebrare la mia vita, celebrare le meraviglie di Dio nella mia vita, poiché quel Dio che ha voluto condividere la sua vita con noi continua, ostinato, a incarnarsi in ciascuno di noi per farci diventare testimoni del suo immenso amore e concreti costruttori del suo regno.
“Prendete, mangiate” sono parole che mi sorprendono ogni volta, come una dichiarazione d'immenso amore. Ecco il vero miracolo della transustanziazione e mi batte forte il cuore, nasce lo stupore: Dio è in me e così diventiamo una cosa sola, questa è la vera trasformazione. Scrive S. Paolo “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,19b-20); quindi ora sono chiamato a condividere lo stesso progetto di Dio, a vivere secondo ciò che Lui ha sognato per me fin dall’inizio dei tempi: essere in questo mondo per diventare “un pezzo di pane buono e un bicchiere di vino genuino” per ogni uomo.