ASCENSIONE DEL SIGNORE Anno A
Vangelo Mt 28, 16-20
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Commento 21 maggio 2023
Il Signore risorto dà un ultimo appuntamento alla sua comunità laddove tutto era cominciato, in Galilea; proprio là, su quel monte dove per la prima volta avevano ascoltato parole mai sentite prima: “Beati i poveri, beati voi quando vi perseguiteranno, amate i vostri nemici…!”: parole straordinarie, “le parole più alte che l’umanità abbia ascoltato” (Gandhi), parole che tracciavano la strada per una vera e propria rivoluzione d’amore. Proprio in quel momento, su quel monte, quei discepoli si erano innamorati di quell’uomo, si erano innamorati di quel progetto che faceva brillare nelle loro vite il vero volto di un Dio misericordioso ed il vero volto dell’uomo pienamente realizzato nel donarsi per amore, ma ora si ritrovano davanti al Signore Risorto, come un gruppo ferito, segnato da debolezze e paure, ora sono uomini che hanno ben chiaro il loro peccato, le loro incoerenze, i loro tradimenti e che si sono ritrovati incapaci di capire e seguire il maestro.
Proprio su quel monte, a quelle vette di umanità Gesù ci vuole riportare perché soltanto chi ha nel suo cuore quelle parole può riconoscerlo risorto, può riconoscere una prospettiva che va oltre la vita biologica per entrare direttamente nel cuore di Dio.
È necessario anche per noi ritornare in Galilea, alla normalità del nostro quotidiano con le nostre ferite, i nostri peccati, le nostre difficoltà, i nostri dubbi, è doveroso tornare proprio lì per continuare a sognare quel regno d’amore che Gesù ci ha annunciato e inaugurato, per annunciare nuovamente la bella notizia dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Celebrare l’Ascensione del Signore non significa solamente celebrare il ritorno di Gesù al Padre, ma l’inizio di una nuova presenza di Dio nel mondo, una presenza non più limitata nel tempo e nello spazio: una presenza che cammina sulle nostre gambe, che opera con le nostre mani, che ama con i nostri cuori.
Leggere l’ascensione come un disimpegno dalle vicende del mondo è eresia, è non cogliere il significato profondo del vangelo di Gesù; così Matteo ci presenta l’ingresso di Gesù nella gloria del Padre non come una ascesa al cielo, ma come una discesa, una nuova incarnazione attraverso la comunità dei suoi discepoli nel mondo.
Come per i discepoli rimangono incertezze nei nostri cuori, ma Gesù non si preoccupa dei nostri dubbi e nemmeno noi dobbiamo spaventarci: beati, dunque, i dubbi, quelli di chi cerca con passione la verità e non si accontenta di spiegazioni fragili, di frasi fatte! Così nel dubbio di questi primi discepoli noi ritroviamo la nostra stessa fatica, la fatica di una fede che mi vuole coinvolgere in una vita nuova.
Il Signore ci viene incontro e compie un atto di enorme, illogica fiducia in noi che ancora dubitiamo: ci affida il suo Vangelo e il mondo nuovo che fin dalla creazione Dio ha sognato per l’umanità. Lo affida a me, alla mia fragilità, al mio peccato. Di fronte a tutto ciò mi sovviene un unico pensiero: Dio non è esperto di marketing!
Il Signore non lascia, non l'ha mai lasciato e mai lo lascerà questo mondo, vi ritorna attraverso di me: “Andate, dunque!”: è l’invito a camminare per le strade del mondo con un unico compito, predicare il vangelo con la nostra vita; se non annunciamo un vangelo incarnato, reso concreto dalle nostre scelte, dal nostro stile di vita, le nostre parole resteranno lettera morta. È la nostra vita l’omelia più bella e convincente come raccomandava ai suoi frati san Francesco: “Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole!”
Il nostro cammino sia forte di una certezza: al Signore è stato dato ogni potere, o meglio l’unico potere che vale quello di donare vita, quello di amare perché l’amore è la sola cosa che conta nella vita di un uomo: questo il suo progetto, questa la sua forza e questa sarà la nostra forza! Dunque andiamo con una triplice missione: innanzitutto a far sì che tutti gli uomini possano giungere a fare esperienza del Maestro; questo non sia proselitismo, ma amore sparso a piene mani senza risparmiare nulla perché, se Dio è amore, fare esperienza di Dio è sentirsi amati nel profondo così come siamo con i nostri limiti, con il nostro peccato.
Il secondo compito è battezzare, qui non si intende il sacramento ma battezzare come l’immergere tutti i popoli dentro la vita della Trinità, cioè far sì che ogni uomo e donna si senta inserito nell’infinito amore di Dio.
Il terzo compito è insegnare ad osservare tutto quello che Lui ha detto; non siamo chiamati a predicare nuove dottrine, si tratta di insegnare una pratica, il suo comandamento, quello dell’amore non solo a parole, ma attraverso la vita.
Il senso profondo e vero dell’ascensione lo ritroviamo nelle ultime parole di Gesù: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!”; il Signore non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima, se prima era con noi, ora è dentro di noi come infinito amore. Di questo infinito amore oggi siamo chiamati ad essere testimoni cioè a renderlo concreto: Cristo opera con noi in ogni nostro gesto di bontà; in ogni nostra parola di vita è lui che parla; in ogni nostra azione di pace e giustizia nella misericordia è lui che edifica il mondo come regno di Dio.
Dio oggi può operare soltanto attraverso di noi, può camminare lungo le strade dell’uomo soltanto con i nostri piedi, può sussurrare le sue dolci parole d’amore soltanto attraverso le nostre voci, può costruire il mondo nuovo soltanto attraverso le nostre mani. Viviamo con gioia questa nostra avventura d'amore!
Proprio su quel monte, a quelle vette di umanità Gesù ci vuole riportare perché soltanto chi ha nel suo cuore quelle parole può riconoscerlo risorto, può riconoscere una prospettiva che va oltre la vita biologica per entrare direttamente nel cuore di Dio.
È necessario anche per noi ritornare in Galilea, alla normalità del nostro quotidiano con le nostre ferite, i nostri peccati, le nostre difficoltà, i nostri dubbi, è doveroso tornare proprio lì per continuare a sognare quel regno d’amore che Gesù ci ha annunciato e inaugurato, per annunciare nuovamente la bella notizia dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Celebrare l’Ascensione del Signore non significa solamente celebrare il ritorno di Gesù al Padre, ma l’inizio di una nuova presenza di Dio nel mondo, una presenza non più limitata nel tempo e nello spazio: una presenza che cammina sulle nostre gambe, che opera con le nostre mani, che ama con i nostri cuori.
Leggere l’ascensione come un disimpegno dalle vicende del mondo è eresia, è non cogliere il significato profondo del vangelo di Gesù; così Matteo ci presenta l’ingresso di Gesù nella gloria del Padre non come una ascesa al cielo, ma come una discesa, una nuova incarnazione attraverso la comunità dei suoi discepoli nel mondo.
Come per i discepoli rimangono incertezze nei nostri cuori, ma Gesù non si preoccupa dei nostri dubbi e nemmeno noi dobbiamo spaventarci: beati, dunque, i dubbi, quelli di chi cerca con passione la verità e non si accontenta di spiegazioni fragili, di frasi fatte! Così nel dubbio di questi primi discepoli noi ritroviamo la nostra stessa fatica, la fatica di una fede che mi vuole coinvolgere in una vita nuova.
Il Signore ci viene incontro e compie un atto di enorme, illogica fiducia in noi che ancora dubitiamo: ci affida il suo Vangelo e il mondo nuovo che fin dalla creazione Dio ha sognato per l’umanità. Lo affida a me, alla mia fragilità, al mio peccato. Di fronte a tutto ciò mi sovviene un unico pensiero: Dio non è esperto di marketing!
Il Signore non lascia, non l'ha mai lasciato e mai lo lascerà questo mondo, vi ritorna attraverso di me: “Andate, dunque!”: è l’invito a camminare per le strade del mondo con un unico compito, predicare il vangelo con la nostra vita; se non annunciamo un vangelo incarnato, reso concreto dalle nostre scelte, dal nostro stile di vita, le nostre parole resteranno lettera morta. È la nostra vita l’omelia più bella e convincente come raccomandava ai suoi frati san Francesco: “Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole!”
Il nostro cammino sia forte di una certezza: al Signore è stato dato ogni potere, o meglio l’unico potere che vale quello di donare vita, quello di amare perché l’amore è la sola cosa che conta nella vita di un uomo: questo il suo progetto, questa la sua forza e questa sarà la nostra forza! Dunque andiamo con una triplice missione: innanzitutto a far sì che tutti gli uomini possano giungere a fare esperienza del Maestro; questo non sia proselitismo, ma amore sparso a piene mani senza risparmiare nulla perché, se Dio è amore, fare esperienza di Dio è sentirsi amati nel profondo così come siamo con i nostri limiti, con il nostro peccato.
Il secondo compito è battezzare, qui non si intende il sacramento ma battezzare come l’immergere tutti i popoli dentro la vita della Trinità, cioè far sì che ogni uomo e donna si senta inserito nell’infinito amore di Dio.
Il terzo compito è insegnare ad osservare tutto quello che Lui ha detto; non siamo chiamati a predicare nuove dottrine, si tratta di insegnare una pratica, il suo comandamento, quello dell’amore non solo a parole, ma attraverso la vita.
Il senso profondo e vero dell’ascensione lo ritroviamo nelle ultime parole di Gesù: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!”; il Signore non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima, se prima era con noi, ora è dentro di noi come infinito amore. Di questo infinito amore oggi siamo chiamati ad essere testimoni cioè a renderlo concreto: Cristo opera con noi in ogni nostro gesto di bontà; in ogni nostra parola di vita è lui che parla; in ogni nostra azione di pace e giustizia nella misericordia è lui che edifica il mondo come regno di Dio.
Dio oggi può operare soltanto attraverso di noi, può camminare lungo le strade dell’uomo soltanto con i nostri piedi, può sussurrare le sue dolci parole d’amore soltanto attraverso le nostre voci, può costruire il mondo nuovo soltanto attraverso le nostre mani. Viviamo con gioia questa nostra avventura d'amore!
Commento 24 maggio 2020
Il Signore risorto dà un ultimo appuntamento alla sua comunità: i discepoli sono un gruppo ferito, segnato da debolezze e paure, uomini che si erano scontrati con il loro peccato, le loro incoerenze, i loro tradimenti e che si erano ritrovati incapaci di capire e seguire il maestro. Gesù allora li richiama in Galilea, là dove tutto era cominciato, proprio là su quel monte dove per la prima volta avevano ascoltato parole mai sentite prima: “Beati i poveri, beati voi quando vi perseguiteranno, amate i vostri nemici…!”: parole straordinarie, “le parole più alte che l’umanità abbia ascoltato” (Gandhi), parole che tracciavano la strada per una vera e propria rivoluzione d’amore.
Proprio in quel momento forse i discepoli si erano innamorati di quell’uomo, si erano innamorati di quel progetto che faceva brillare nelle loro vite il vero volto di un Dio misericordioso ed il vero volto dell’uomo pienamente realizzato nel donarsi per amore. Proprio su quel monte, a quelle vette di umanità Gesù ci vuole riportare oggi perché soltanto chi ha nel suo cuore quelle parole può riconoscerlo risorto, può riconoscere una prospettiva che va oltre la vita biologica per entrare direttamente nel cuore di Dio. Allora come i discepoli andiamo incontro a Gesù: torniamo in Galilea anche noi, torniamo alla normalità del nostro quotidiano, torniamo oggi a celebrare insieme l’eucaristia, torniamo con le nostre ferite, i nostri peccati, le nostre difficoltà, i nostri dubbi, torniamo nonostante tutto a sognare quel regno d’amore che Gesù ci ha annunciato e inaugurato; torniamo ma sempre disposti a ripartire per annunciare nuovamente la bella notizia dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Celebrare l’Ascensione del Signore non significa solamente celebrare il ritorno di Gesù al Padre, ma l’inizio di una nuova presenza di Dio nel mondo, una presenza non più limitata nel tempo e nello spazio: una presenza che cammina sulle nostre gambe, che opera con le nostre mani, che ama con i nostri cuori.
Leggere l’ascensione come un disimpegno dalle vicende del mondo è eresia, è non cogliere il significato profondo del vangelo di Gesù; così Matteo ci presenta l’ingresso di Gesù nella gloria del Padre non come una ascesa al cielo, ma come una discesa, una nuova incarnazione attraverso la comunità dei suoi discepoli nel mondo.
Come per i discepoli rimangono incertezze nei nostri cuori, ma Gesù non si preoccupa dei nostri dubbi e nemmeno noi dobbiamo spaventarci: beati, dunque, i dubbi, quelli di chi cerca con passione la verità e non si accontenta di spiegazioni fragili, di frasi fatte! Così nel dubbio di questi primi discepoli noi ritroviamo la nostra stessa fatica, la fatica di una fede che mi vuole coinvolgere in una vita nuova.
Il Signore ci viene incontro e compie un atto di enorme, illogica fiducia in noi che ancora dubitiamo: ci affida il suo Vangelo e il mondo nuovo che fin dalla creazione Dio ha sognato per l’umanità. Lo affida a me, alla mia fragilità al mio peccato. Una cosa è certa: Dio non è esperto nel marketing!
Il Signore non lascia questo mondo, vi ritorna attraverso di me: “Andate, dunque!”: è l’invito a camminare per le strade del mondo con un unico compito, predicare il vangelo con la nostra vita; se non annunciamo un vangelo incarnato, reso concreto dalle nostre scelte, dal nostro stile di vita, le nostre parole resteranno lettera morta. È la nostra vita l’omelia più bella e convincente come raccomandava ai suoi frati san Francesco: “Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole!”
Il nostro cammino sia forte di una certezza: al Signore è stato dato ogni potere, o meglio l’unico potere che vale quello di donare vita, quello di amare perché l’amore è la sola cosa che conta nella vita di un uomo: questo il suo progetto, questa la sua forza e questa sarà la nostra forza! Dunque andiamo con una triplice missione: innanzitutto a far sì che tutti gli uomini possano giungere a fare esperienza del Maestro; questo non sia proselitismo, ma amore sparso a piene mani senza risparmiare nulla perché, se Dio è amore, fare esperienza di Dio è sentirsi amati nel profondo così come siamo con i nostri limiti, con il nostro peccato.
Il secondo compito è battezzare, qui non si intende il sacramento ma l’immergere tutti i popoli dentro nella vita della Trinità, cioè far sì che ogni uomo e donna si senta inserito nell’infinito amore di Dio.
Il terzo compito è insegnare ad osservare tutto quello che Lui ha detto; non siamo chiamati a predicare nuove dottrine, si tratta di insegnare una pratica, il suo comandamento, quello dell’amore non solo a parole, ma attraverso la vita.
Il senso profondo e vero dell’ascensione lo ritroviamo nelle ultime parole di Gesù: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!”; il Signore non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima, se prima era con noi, ora è dentro di noi come infinito amore. Di questo infinito amore oggi siamo chiamati ad essere testimoni cioè a renderlo concreto: Cristo opera con noi in ogni nostro gesto di bontà; in ogni nostra parola di vita è lui che parla; in ogni nostra azione di pace e giustizia nella misericordia è lui che edifica il mondo come regno di Dio.
Dio oggi può operare soltanto attraverso di noi, può camminare lungo le strade dell’uomo soltanto con i nostri piedi, può sussurrare le sue dolci parole d’amore soltanto attraverso le nostre voci, può costruire il mondo nuovo soltanto attraverso le nostre mani. Viviamo con gioia questo nostro cammino!
Proprio in quel momento forse i discepoli si erano innamorati di quell’uomo, si erano innamorati di quel progetto che faceva brillare nelle loro vite il vero volto di un Dio misericordioso ed il vero volto dell’uomo pienamente realizzato nel donarsi per amore. Proprio su quel monte, a quelle vette di umanità Gesù ci vuole riportare oggi perché soltanto chi ha nel suo cuore quelle parole può riconoscerlo risorto, può riconoscere una prospettiva che va oltre la vita biologica per entrare direttamente nel cuore di Dio. Allora come i discepoli andiamo incontro a Gesù: torniamo in Galilea anche noi, torniamo alla normalità del nostro quotidiano, torniamo oggi a celebrare insieme l’eucaristia, torniamo con le nostre ferite, i nostri peccati, le nostre difficoltà, i nostri dubbi, torniamo nonostante tutto a sognare quel regno d’amore che Gesù ci ha annunciato e inaugurato; torniamo ma sempre disposti a ripartire per annunciare nuovamente la bella notizia dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Celebrare l’Ascensione del Signore non significa solamente celebrare il ritorno di Gesù al Padre, ma l’inizio di una nuova presenza di Dio nel mondo, una presenza non più limitata nel tempo e nello spazio: una presenza che cammina sulle nostre gambe, che opera con le nostre mani, che ama con i nostri cuori.
Leggere l’ascensione come un disimpegno dalle vicende del mondo è eresia, è non cogliere il significato profondo del vangelo di Gesù; così Matteo ci presenta l’ingresso di Gesù nella gloria del Padre non come una ascesa al cielo, ma come una discesa, una nuova incarnazione attraverso la comunità dei suoi discepoli nel mondo.
Come per i discepoli rimangono incertezze nei nostri cuori, ma Gesù non si preoccupa dei nostri dubbi e nemmeno noi dobbiamo spaventarci: beati, dunque, i dubbi, quelli di chi cerca con passione la verità e non si accontenta di spiegazioni fragili, di frasi fatte! Così nel dubbio di questi primi discepoli noi ritroviamo la nostra stessa fatica, la fatica di una fede che mi vuole coinvolgere in una vita nuova.
Il Signore ci viene incontro e compie un atto di enorme, illogica fiducia in noi che ancora dubitiamo: ci affida il suo Vangelo e il mondo nuovo che fin dalla creazione Dio ha sognato per l’umanità. Lo affida a me, alla mia fragilità al mio peccato. Una cosa è certa: Dio non è esperto nel marketing!
Il Signore non lascia questo mondo, vi ritorna attraverso di me: “Andate, dunque!”: è l’invito a camminare per le strade del mondo con un unico compito, predicare il vangelo con la nostra vita; se non annunciamo un vangelo incarnato, reso concreto dalle nostre scelte, dal nostro stile di vita, le nostre parole resteranno lettera morta. È la nostra vita l’omelia più bella e convincente come raccomandava ai suoi frati san Francesco: “Predicate sempre il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole!”
Il nostro cammino sia forte di una certezza: al Signore è stato dato ogni potere, o meglio l’unico potere che vale quello di donare vita, quello di amare perché l’amore è la sola cosa che conta nella vita di un uomo: questo il suo progetto, questa la sua forza e questa sarà la nostra forza! Dunque andiamo con una triplice missione: innanzitutto a far sì che tutti gli uomini possano giungere a fare esperienza del Maestro; questo non sia proselitismo, ma amore sparso a piene mani senza risparmiare nulla perché, se Dio è amore, fare esperienza di Dio è sentirsi amati nel profondo così come siamo con i nostri limiti, con il nostro peccato.
Il secondo compito è battezzare, qui non si intende il sacramento ma l’immergere tutti i popoli dentro nella vita della Trinità, cioè far sì che ogni uomo e donna si senta inserito nell’infinito amore di Dio.
Il terzo compito è insegnare ad osservare tutto quello che Lui ha detto; non siamo chiamati a predicare nuove dottrine, si tratta di insegnare una pratica, il suo comandamento, quello dell’amore non solo a parole, ma attraverso la vita.
Il senso profondo e vero dell’ascensione lo ritroviamo nelle ultime parole di Gesù: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!”; il Signore non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima, se prima era con noi, ora è dentro di noi come infinito amore. Di questo infinito amore oggi siamo chiamati ad essere testimoni cioè a renderlo concreto: Cristo opera con noi in ogni nostro gesto di bontà; in ogni nostra parola di vita è lui che parla; in ogni nostra azione di pace e giustizia nella misericordia è lui che edifica il mondo come regno di Dio.
Dio oggi può operare soltanto attraverso di noi, può camminare lungo le strade dell’uomo soltanto con i nostri piedi, può sussurrare le sue dolci parole d’amore soltanto attraverso le nostre voci, può costruire il mondo nuovo soltanto attraverso le nostre mani. Viviamo con gioia questo nostro cammino!
Commento 28 maggio 2017
La festa di oggi non solo ricorda il ritorno di Gesù nel mondo di Dio, ma soprattutto celebra l’inizio dell’opera dell’uomo nel mondo per la costruzione del Regno di Dio; non si tratta al centro del vangelo di oggi di una ascensione personale di Gesù, ma dell’inizio di quella che deve essere una ascensione integrale dell’uomo, di ogni uomo e ogni donna. Una ascensione integrale, quindi una ascensione che deve essere innanzitutto politica e sociale, è questo il progetto d’amore di Dio per l’umanità: costruire il regno è costruire una nuova umanità, costruire nuovi rapporti sociali secondo la logica di Dio, che è logica di amore e giustizia.
“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” (At 1,11): il cristiano è chiamato a lavorare in questo progetto d’amore di Dio in modo concreto; non è uomo che vive di espressioni filosofiche sganciate dalla realtà della vita. Il cristiano è l’uomo, che ha certamente il cuore e la testa in cielo con il suo Signore, ma che ha anche mani e piedi ben fissati sulla terra, perché è quello il luogo in cui si realizza la sua vita e la sua missione di testimonianza concreta, facendo “discepoli tutti i popoli, portando loro il dono della fede, ma soprattutto insegnando loro tutto ciò che Gesù ci ha comandato” (Cfr Mt 28,19-20).
In questo periodo che è la vita di ciascuno di noi, di fronte al nostro peccato, alle nostre incoerenze, ai nostri dubbi, ci sostiene una certezza: il nostro Dio non ci abbandona, rimane accanto a noi in ogni momento della vita; Egli non può rinnegare la sua natura d’amore, poiché Egli è l’Emanuele il “Dio con noi” e mai ci abbandonerà.
“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” (At 1,11): il cristiano è chiamato a lavorare in questo progetto d’amore di Dio in modo concreto; non è uomo che vive di espressioni filosofiche sganciate dalla realtà della vita. Il cristiano è l’uomo, che ha certamente il cuore e la testa in cielo con il suo Signore, ma che ha anche mani e piedi ben fissati sulla terra, perché è quello il luogo in cui si realizza la sua vita e la sua missione di testimonianza concreta, facendo “discepoli tutti i popoli, portando loro il dono della fede, ma soprattutto insegnando loro tutto ciò che Gesù ci ha comandato” (Cfr Mt 28,19-20).
In questo periodo che è la vita di ciascuno di noi, di fronte al nostro peccato, alle nostre incoerenze, ai nostri dubbi, ci sostiene una certezza: il nostro Dio non ci abbandona, rimane accanto a noi in ogni momento della vita; Egli non può rinnegare la sua natura d’amore, poiché Egli è l’Emanuele il “Dio con noi” e mai ci abbandonerà.