Prima domenica di Avvento Anno B
3 dicembre
Vangelo Mc 13, 33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Vangelo Mc 13, 33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Commento 3 dicembre 2023
Inizia un nuovo anno liturgico: il nostro cammino riprende torniamo all’inizio, o forse meglio come ci suggerisce il vangelo di oggi guardiamo già alla meta perché è proprio questo il senso del nostro camminare come discepoli puntare all’obiettivo per dirigere verso di esso decisamente i nostri passi.
È avvento, il tempo che la Chiesa dedica all’attesa del Natale, ma per vivere in pienezza questo momento sarebbe bene domandarsi innanzitutto che cosa stiamo aspettando; scriveva Simone Weil nel saggio “Attesa di Dio”: “le cose più importanti non vanno cercate, vanno attese”; così la nostra vita non si determina da ciò che siamo, ma da ciò che attendiamo!
Dopo il Covid che ci aveva privato anche della dolcezza degli abbracci natalizi, con il rimbombare della guerra in ogni parte di questo nostro mondo dall’Ucraina. alle porte della nostra Europa, alla Palestina dove oltre 2000 anni fa nacque Gesù, fino alla tragedia silenziosa delle migliaia di migranti sepolti nel Mediterraneo.
Insomma ci stiamo tutti chiedendo che Natale sarà, ma in fondo esiste una domanda che precede tutto questo: ma sarà Natale? O anche quest’anno Natale per tanti, troppi cristiani sarà solo cenoni, luci, qualche regalo? Forse è necessario sospendere quel Natale, fatto solo di apparenza e di illusione per riappropriarci del Natale (Curtaz), di quello vero che altro non è che aprire la porta del nostro cuore al Signore che bussa (cfr. Ap 3,20).
Natale è celebrare l’incredibile gioia di un Dio che non rimane chiuso nel suo mondo dorato ed asettico, ma viene a sporcarsi le mani, a camminare lungo le strade della nostra vita con la fatica di un pellegrino che cerca per amore l’uomo fin dall’eternità (cfr Gen 3,9). Ma vi è una seconda attesa perché Dio non solo è venuto nella storia, ma Dio viene incessantemente: questo è Natale!
Mi raccomando evitiamo di fare affermazioni errate, se non blasfeme, come “Gesù se ne è andato, ma un giorno ritornerà” perché Gesù non è mai andato via, è uscito dalla nostra condizione umana in questo mondo, ma continua ad essere presente da Risorto. Frasi del genere hanno dato origine ad una interpretazione tradizionale per cui Dio verrebbe all’improvviso al termine della nostra vita a chiedere conto di ciò che abbiamo fatto e, se ci trovasse impreparati, potremmo andare incontro ad un castigo molto severo. Questo non è vangelo!
Dio viene ogni giorno e viene ad illuminare le notti degli uomini, quelle notti in cui non capiamo più nulla della nostra vita, come quella notte, era il 31 ottobre 2020, segnata indelebilmente nei miei ricordi: notte in cui, sdraiato su una barella in un Pronto Soccorso vicino ad un distributore automatico di bevande e caffè vedevo scorrere di fronte a me immagini di tragedia e di eroismo tra fratelli e sorelle defunte e medici ed infermieri pronti a cercare di salvare qualcuno. In quella notte se solo avessi avuto un po’ di fiato avrei voluto urlare disperato nella mia infinita solitudine seppur vicino a tanti altri che come me soffrivano, avrei voluto urlare contro quel Dio che sembra ti abbia abbandonato: “Ritorna per amore dei tuoi servi… Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17.19). In quella mia notte Dio ha ascoltato ed è venuto! È venuto nel volto mascherato di un ragazzo che un giorno si avvicinò al mio letto con semplici parole “Sei il papà di Riccardo? Sono un suo amico. Sono un medico, come stai?”.
Sì, Dio viene nelle nostre notti più buie, “alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”, non sappiamo quando perché non sappiamo quando i nostri occhi si apriranno e lo riconosceranno, ma siamo certi che arriverà perché il Signore in realtà è già lì.
Dio viene nelle nostre notti perché vuole illuminare la nostra vita con il suo vangelo, ma Dio non si merita, si accoglie, non si conquista, si attende: questo è l’avvento! Gesù nel vangelo di questa domenica non si stanca di ripetere il ritornello, quasi un monotono richiamo: state attenti e vegliate (Mc 13,33.35.37).
Gesù raccomanda attenzione e vigilanza “perché non sapete quando è il momento (kairòs)” (Mc 13,33): ecco il punto! In greco esistono due termini per indicare il tempo: cronos che indica lo scorrere del tempo ed appunto kairòs che definisce il tempo in termini qualitativi; il kairòs è il momento opportuno, l’occasione da non lasciarsi sfuggire. Allora in questo nostro tempo tra la prima venuta del Signore nella storia e la sua seconda venuta, quella nella gloria, noi siamo chiamati a vivere con attenzione per non perdere l’opportunità, il momento favorevole per accogliere il Signore che viene cercando di evitare due pericoli, l’avere un cuore duro e insensibile (“perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te?” Is 63,17) e il vivere una vita addormentata (“Vegliate!”).
Il Signore viene alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo o al mattino, sono le 4 parti in cui era divisa la notte; il Signore viene quindi nella notte degli uomini quando le nostre tenebre sembrano chiudere ogni possibilità alla luce: ecco la promessa del Signore ai suoi servi, non c’è più paura, ma solo attesa da vivere nell’amore.
Viene nella notte il Signore, lo Sposo, allora come le vergini sagge dovremo sfidare questa notte con una piccola fiammella in mano ed invece a volte ci fermiamo a maledire il buio e non accendiamo la nostra, seppur flebile, luce. Voglio smetterla in questo avvento di pensare che è impossibile sconfiggere la notte degli uomini, voglio provare ad accendere la mia vita, vivendo secondo quella logica d’amore che tu Signore sei venuto ad inaugurare.
Vegliate e pregate: è l’invito di Gesù nella notte del Getsemani; allora Signore voglio vivere allora la mia vita nella preghiera, una preghiera che è dialogo intimo con Te, una preghiera che è docile abbandono tra le tue braccia, una preghiera che è concreto agire per la costruzione del tuo Regno!
È avvento, il tempo che la Chiesa dedica all’attesa del Natale, ma per vivere in pienezza questo momento sarebbe bene domandarsi innanzitutto che cosa stiamo aspettando; scriveva Simone Weil nel saggio “Attesa di Dio”: “le cose più importanti non vanno cercate, vanno attese”; così la nostra vita non si determina da ciò che siamo, ma da ciò che attendiamo!
Dopo il Covid che ci aveva privato anche della dolcezza degli abbracci natalizi, con il rimbombare della guerra in ogni parte di questo nostro mondo dall’Ucraina. alle porte della nostra Europa, alla Palestina dove oltre 2000 anni fa nacque Gesù, fino alla tragedia silenziosa delle migliaia di migranti sepolti nel Mediterraneo.
Insomma ci stiamo tutti chiedendo che Natale sarà, ma in fondo esiste una domanda che precede tutto questo: ma sarà Natale? O anche quest’anno Natale per tanti, troppi cristiani sarà solo cenoni, luci, qualche regalo? Forse è necessario sospendere quel Natale, fatto solo di apparenza e di illusione per riappropriarci del Natale (Curtaz), di quello vero che altro non è che aprire la porta del nostro cuore al Signore che bussa (cfr. Ap 3,20).
Natale è celebrare l’incredibile gioia di un Dio che non rimane chiuso nel suo mondo dorato ed asettico, ma viene a sporcarsi le mani, a camminare lungo le strade della nostra vita con la fatica di un pellegrino che cerca per amore l’uomo fin dall’eternità (cfr Gen 3,9). Ma vi è una seconda attesa perché Dio non solo è venuto nella storia, ma Dio viene incessantemente: questo è Natale!
Mi raccomando evitiamo di fare affermazioni errate, se non blasfeme, come “Gesù se ne è andato, ma un giorno ritornerà” perché Gesù non è mai andato via, è uscito dalla nostra condizione umana in questo mondo, ma continua ad essere presente da Risorto. Frasi del genere hanno dato origine ad una interpretazione tradizionale per cui Dio verrebbe all’improvviso al termine della nostra vita a chiedere conto di ciò che abbiamo fatto e, se ci trovasse impreparati, potremmo andare incontro ad un castigo molto severo. Questo non è vangelo!
Dio viene ogni giorno e viene ad illuminare le notti degli uomini, quelle notti in cui non capiamo più nulla della nostra vita, come quella notte, era il 31 ottobre 2020, segnata indelebilmente nei miei ricordi: notte in cui, sdraiato su una barella in un Pronto Soccorso vicino ad un distributore automatico di bevande e caffè vedevo scorrere di fronte a me immagini di tragedia e di eroismo tra fratelli e sorelle defunte e medici ed infermieri pronti a cercare di salvare qualcuno. In quella notte se solo avessi avuto un po’ di fiato avrei voluto urlare disperato nella mia infinita solitudine seppur vicino a tanti altri che come me soffrivano, avrei voluto urlare contro quel Dio che sembra ti abbia abbandonato: “Ritorna per amore dei tuoi servi… Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17.19). In quella mia notte Dio ha ascoltato ed è venuto! È venuto nel volto mascherato di un ragazzo che un giorno si avvicinò al mio letto con semplici parole “Sei il papà di Riccardo? Sono un suo amico. Sono un medico, come stai?”.
Sì, Dio viene nelle nostre notti più buie, “alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”, non sappiamo quando perché non sappiamo quando i nostri occhi si apriranno e lo riconosceranno, ma siamo certi che arriverà perché il Signore in realtà è già lì.
Dio viene nelle nostre notti perché vuole illuminare la nostra vita con il suo vangelo, ma Dio non si merita, si accoglie, non si conquista, si attende: questo è l’avvento! Gesù nel vangelo di questa domenica non si stanca di ripetere il ritornello, quasi un monotono richiamo: state attenti e vegliate (Mc 13,33.35.37).
Gesù raccomanda attenzione e vigilanza “perché non sapete quando è il momento (kairòs)” (Mc 13,33): ecco il punto! In greco esistono due termini per indicare il tempo: cronos che indica lo scorrere del tempo ed appunto kairòs che definisce il tempo in termini qualitativi; il kairòs è il momento opportuno, l’occasione da non lasciarsi sfuggire. Allora in questo nostro tempo tra la prima venuta del Signore nella storia e la sua seconda venuta, quella nella gloria, noi siamo chiamati a vivere con attenzione per non perdere l’opportunità, il momento favorevole per accogliere il Signore che viene cercando di evitare due pericoli, l’avere un cuore duro e insensibile (“perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te?” Is 63,17) e il vivere una vita addormentata (“Vegliate!”).
Il Signore viene alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo o al mattino, sono le 4 parti in cui era divisa la notte; il Signore viene quindi nella notte degli uomini quando le nostre tenebre sembrano chiudere ogni possibilità alla luce: ecco la promessa del Signore ai suoi servi, non c’è più paura, ma solo attesa da vivere nell’amore.
Viene nella notte il Signore, lo Sposo, allora come le vergini sagge dovremo sfidare questa notte con una piccola fiammella in mano ed invece a volte ci fermiamo a maledire il buio e non accendiamo la nostra, seppur flebile, luce. Voglio smetterla in questo avvento di pensare che è impossibile sconfiggere la notte degli uomini, voglio provare ad accendere la mia vita, vivendo secondo quella logica d’amore che tu Signore sei venuto ad inaugurare.
Vegliate e pregate: è l’invito di Gesù nella notte del Getsemani; allora Signore voglio vivere allora la mia vita nella preghiera, una preghiera che è dialogo intimo con Te, una preghiera che è docile abbandono tra le tue braccia, una preghiera che è concreto agire per la costruzione del tuo Regno!
Commento 29 novembre 2020
È avvento, il tempo che la Chiesa dedica all’attesa del Natale, ma sarebbe bene domandarsi che cosa stiamo aspettando; scriveva Simone Weil nel saggio “Attesa di Dio”: “le cose più importanti non vanno cercate, vanno attese”. Credo che tutti gli uomini si aspettino la venuta di qualcosa, un cambiamento: ad esempio stiamo tutti attendendo un vaccino al virus; oppure più semplicemente in Italia in questo particolare momento tutti siamo in attesa di quanto nei prossimi giorni ci dirà il primo ministro Conte su questo Natale, che comunque vada sarà diverso, strano come del resto tutto questo 2020 segnato tragicamente dal Covid 19. Così dopo la scorsa Pasqua, vissuta chiusi nelle nostre case senza che la comunità potesse incontrarsi fisicamente per celebrare il suo Signore Risorto, anche il Natale sarà privo di quegli abbracci, sarà vissuto a distanza da quegli affetti che in fondo ne costituivano il clima familiare, simbolo di questa festa. Insomma ci stiamo tutti chiedendo che Natale sarà, ma in fondo esiste una domanda che precede tutto questo: ma sarà Natale? O anche quest’anno Natale per tanti, troppi cristiani sarà solo cenoni, luci, qualche regalo? Forse è necessario sospendere quel Natale, fatto solo di apparenza e di illusione per riappropriarci del Natale (Curtaz), di quello vero che altro non è che aprire la porta del nostro cuore al Signore che bussa (cfr. Ap 3,20).
Natale è celebrare l’incredibile gioia di un Dio che non rimane chiuso nel suo mondo dorato ed asettico, ma viene a sporcarsi le mani, a camminare lungo le strade della nostra vita con la fatica di un pellegrino che cerca per amore l’uomo fin dall’eternità (cfr Gen 3,9). Ma vi è una seconda attesa perché Dio non solo è venuto nella storia, ma Dio viene incessantemente: questo è Natale!
Mi raccomando evitiamo di fare affermazioni errate, se non blasfeme, come “Gesù se ne è andato, ma un giorno ritornerà” perché Gesù non è mai andato via, è uscito dalla nostra condizione umana in questo mondo, ma continua ad essere presente da Risorto. Frasi del genere hanno dato origine ad una interpretazione tradizionale per cui Dio verrebbe all’improvviso al termine della nostra vita a chiedere conto di ciò che abbiamo fatto e, se ci trovasse impreparati, potremmo andare incontro ad un castigo molto severo. Questo non è vangelo!
Dio viene e viene ad illuminare le notti degli uomini, quelle notti in cui non capiamo più nulla della nostra vita, quelle notti in cui sdraiato su una barella in un Pronto Soccorso vicino ad un distributore automatico di bevande e caffè mentre vedi passare davanti a te un fratello o sorella avvolto in un sacco bianco e, nella tua infinita solitudine insieme a tanti altri che soffrono o muoiono lì accanto a te, disperato, vorresti urlare contro quel Dio che sembra ti abbia abbandonato: “Ritorna per amore dei tuoi servi… Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17.19). In quella mia notte tremenda, lo posso testimoniare, Dio è venuto! È venuto nei sorrisi di tanti medici e infermieri, è venuto nella disponibilità e nella preghiera di tanti fratelli e sorelle, ma soprattutto è venuto nel volto mascherato di un ragazzo che un giorno si avvicina al mio letto con semplici parole “Sei il papà di Riccardo? Sono Lorenzo, un suo amico. Sono un medico, come stai?”.
Sì, Dio viene nelle nostre notti più buie, “alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”, non sappiamo quando perché non sappiamo quando i nostri occhi si apriranno e lo riconosceranno, ma siamo certi che arriverà perché il Signore in realtà è già lì.
Dio viene nelle nostre notti perché vuole illuminare la nostra vita con il suo vangelo, ma Dio non si merita, si accoglie, non si conquista, si attende: questo è l’avvento! Gesù nel vangelo di questa domenica non si stanca di ripetere il ritornello, quasi un monotono richiamo, che nel nostro zaino spirituale lungo questo sentiero dell’attesa dobbiamo mettere due atteggiamenti: state attenti e vegliate (Mc 13,33.35.37).
Gesù raccomanda attenzione e vigilanza “perché non sapete quando è il momento (kairòs)” (Mc 13,33): ecco il punto! In greco esistono due termini per indicare il tempo: cronos che indica lo scorrere del tempo ed appunto kairòs che definisce il tempo in termini qualitativi; il kairòs è il momento opportuno, l’occasione da non lasciarsi sfuggire. Allora in questo tempo di mezzo tra la prima venuta del Signore nella storia e la sua seconda venuta, quella nella gloria, noi siamo chiamati a vivere con attenzione per non perdere l’opportunità, il momento favorevole per accogliere il Signore che viene, innanzitutto nell’essere fedeli testimoni del suo messaggio d’amore ed in secondo luogo nell’evitare due pericoli: un cuore duro e insensibile (“perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te?” Is 63,17) e vivere una vita addormentata (“Vegliate!”).
Viene nella notte il Signore, lo Sposo, ma nelle nostre notti noi ci fermiamo a maledire il buio e non accendiamo la nostra piccola luce; voglio smetterla in questo strano avvento di pensare che è impossibile sconfiggere la notte degli uomini, voglio provare ad accendere la mia vita con la luce dell’amore di Dio.
In quei lunghi giorni in ospedale non sapendo cosa fare ho iniziato a pregare lungo le diverse ore della giornata con la “liturgia delle ore” ed ora tornato a casa voglio provare davvero a vivere la mia vita nella preghiera, una preghiera che è dialogo intimo con Te, o Signore, una preghiera che è docile abbandono tra le Tue braccia, una preghiera che è concreto agire per la costruzione del tuo Regno!
Natale è celebrare l’incredibile gioia di un Dio che non rimane chiuso nel suo mondo dorato ed asettico, ma viene a sporcarsi le mani, a camminare lungo le strade della nostra vita con la fatica di un pellegrino che cerca per amore l’uomo fin dall’eternità (cfr Gen 3,9). Ma vi è una seconda attesa perché Dio non solo è venuto nella storia, ma Dio viene incessantemente: questo è Natale!
Mi raccomando evitiamo di fare affermazioni errate, se non blasfeme, come “Gesù se ne è andato, ma un giorno ritornerà” perché Gesù non è mai andato via, è uscito dalla nostra condizione umana in questo mondo, ma continua ad essere presente da Risorto. Frasi del genere hanno dato origine ad una interpretazione tradizionale per cui Dio verrebbe all’improvviso al termine della nostra vita a chiedere conto di ciò che abbiamo fatto e, se ci trovasse impreparati, potremmo andare incontro ad un castigo molto severo. Questo non è vangelo!
Dio viene e viene ad illuminare le notti degli uomini, quelle notti in cui non capiamo più nulla della nostra vita, quelle notti in cui sdraiato su una barella in un Pronto Soccorso vicino ad un distributore automatico di bevande e caffè mentre vedi passare davanti a te un fratello o sorella avvolto in un sacco bianco e, nella tua infinita solitudine insieme a tanti altri che soffrono o muoiono lì accanto a te, disperato, vorresti urlare contro quel Dio che sembra ti abbia abbandonato: “Ritorna per amore dei tuoi servi… Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,17.19). In quella mia notte tremenda, lo posso testimoniare, Dio è venuto! È venuto nei sorrisi di tanti medici e infermieri, è venuto nella disponibilità e nella preghiera di tanti fratelli e sorelle, ma soprattutto è venuto nel volto mascherato di un ragazzo che un giorno si avvicina al mio letto con semplici parole “Sei il papà di Riccardo? Sono Lorenzo, un suo amico. Sono un medico, come stai?”.
Sì, Dio viene nelle nostre notti più buie, “alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”, non sappiamo quando perché non sappiamo quando i nostri occhi si apriranno e lo riconosceranno, ma siamo certi che arriverà perché il Signore in realtà è già lì.
Dio viene nelle nostre notti perché vuole illuminare la nostra vita con il suo vangelo, ma Dio non si merita, si accoglie, non si conquista, si attende: questo è l’avvento! Gesù nel vangelo di questa domenica non si stanca di ripetere il ritornello, quasi un monotono richiamo, che nel nostro zaino spirituale lungo questo sentiero dell’attesa dobbiamo mettere due atteggiamenti: state attenti e vegliate (Mc 13,33.35.37).
Gesù raccomanda attenzione e vigilanza “perché non sapete quando è il momento (kairòs)” (Mc 13,33): ecco il punto! In greco esistono due termini per indicare il tempo: cronos che indica lo scorrere del tempo ed appunto kairòs che definisce il tempo in termini qualitativi; il kairòs è il momento opportuno, l’occasione da non lasciarsi sfuggire. Allora in questo tempo di mezzo tra la prima venuta del Signore nella storia e la sua seconda venuta, quella nella gloria, noi siamo chiamati a vivere con attenzione per non perdere l’opportunità, il momento favorevole per accogliere il Signore che viene, innanzitutto nell’essere fedeli testimoni del suo messaggio d’amore ed in secondo luogo nell’evitare due pericoli: un cuore duro e insensibile (“perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te?” Is 63,17) e vivere una vita addormentata (“Vegliate!”).
Viene nella notte il Signore, lo Sposo, ma nelle nostre notti noi ci fermiamo a maledire il buio e non accendiamo la nostra piccola luce; voglio smetterla in questo strano avvento di pensare che è impossibile sconfiggere la notte degli uomini, voglio provare ad accendere la mia vita con la luce dell’amore di Dio.
In quei lunghi giorni in ospedale non sapendo cosa fare ho iniziato a pregare lungo le diverse ore della giornata con la “liturgia delle ore” ed ora tornato a casa voglio provare davvero a vivere la mia vita nella preghiera, una preghiera che è dialogo intimo con Te, o Signore, una preghiera che è docile abbandono tra le Tue braccia, una preghiera che è concreto agire per la costruzione del tuo Regno!
Commento 3 dicembre 2017
Inizia oggi l’avvento, la parola significa venuta, celebriamo quindi la venuta del Signore nel tempo, quando ci ha presentato a tutti gli uomini il volto misericordioso del Padre, ma ricordiamo anche che Egli vuole ancora entrare ogni giorno nelle nostre vite, proprio per questo il vangelo ci parla della necessità di una preparazione per essere pronti ad accoglierlo. Avvento è tempo di preparazione al Natale, ma soprattutto tempo nel quale siamo invitati a fare spazio al Signore che viene; insieme al profeta Isaia possiamo invocare: “Signore se tu squarciassi i cieli e discendessi!”. È il grido questo di chi sente il bisogno di incontrare Dio, di chi sente il profondo desiderio di vivere nella logica d’amore.
Gesù riempie questo tempo di attesa con l’invito all’attenzione; attesa e attenzione hanno la stessa radice: tendere a, rivolgere mente e cuore verso qualcosa, che manca, che si fa vicino. Attesa di Dio e attenzione a tutti quei segni che ci indicano la sua presenza già oggi accanto a noi, a partire da un amorevole sguardo verso quei piccoli con cui Gesù stesso ha voluto identificarsi (Mt 25,40).
L’interpretazione tradizionale circa la venuta del Signore individua questo momento, di cui non conosciamo il tempo con la nostra morte alla quale dobbiamo arrivare preparati perché sarà il momento della resa dei conti; non credo sia così perché il vangelo è annuncio di gioia e di festa per tutti e quando il Signore viene, viene solo per portare gioia. Occorre allora restare attenti per non perdere l’opportunità di questo incontro.
Allora l’avvento diventa tempo del cammino, tempo in cui tutto si fa più vicino, Dio a noi, noi agli altri, io a me stesso. Il vangelo di oggi ci racconta di un padrone che lascia tutto nelle mani dei suoi servi a ciascuno con il suo compito da svolgere. In questo tempo di mezzo tra la sua prima venuta nella storia e la seconda, quella nella gloria, noi siamo chiamati a vivere con attenzione innanzitutto per essere fedeli testimoni del suo messaggio d’amore ed in secondo luogo per evitare due pericoli: un cuore duro e insensibile (“perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te?” Is 63,17) e vivere una vita addormentata (“Vegliate!”).
Il Signore viene alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo o al mattino, sono le 4 parti in cui era divisa la notte; il Signore viene quindi nella notte degli uomini quando le nostre tenebre sembrano chiudere ogni possibilità alla luce: ecco la promessa del Signore ai suoi servi, non c’è più paura, ma solo attesa, attesa da vivere nell’amore.
Viene nella notte il Signore, lo Sposo, allora come le vergini sagge sfidiamo ogni notte con una piccola fiammella in mano; noi invece a volte ci fermiamo a maledire il buio e non accendiamo la nostra piccola luce. Voglio smetterla in questo avvento di pensare che è impossibile sconfiggere la notte degli uomini, voglio provare ad accendere la mia vita, a vivere la mia vita secondo quella logica d’amore che tu Signore sei venuto ad inaugurare. Ma come posso vivere sveglio? Risuona ancora in me il tuo invito ai discepoli nel Getsemani “Pregate!”. Voglio vivere allora la mia vita nella preghiera, una preghiera che è dialogo intimo con Te, una preghiera che è docile abbandono tra le tue braccia, una preghiera che è concreto agire per la costruzione del tuo Regno!
Gesù riempie questo tempo di attesa con l’invito all’attenzione; attesa e attenzione hanno la stessa radice: tendere a, rivolgere mente e cuore verso qualcosa, che manca, che si fa vicino. Attesa di Dio e attenzione a tutti quei segni che ci indicano la sua presenza già oggi accanto a noi, a partire da un amorevole sguardo verso quei piccoli con cui Gesù stesso ha voluto identificarsi (Mt 25,40).
L’interpretazione tradizionale circa la venuta del Signore individua questo momento, di cui non conosciamo il tempo con la nostra morte alla quale dobbiamo arrivare preparati perché sarà il momento della resa dei conti; non credo sia così perché il vangelo è annuncio di gioia e di festa per tutti e quando il Signore viene, viene solo per portare gioia. Occorre allora restare attenti per non perdere l’opportunità di questo incontro.
Allora l’avvento diventa tempo del cammino, tempo in cui tutto si fa più vicino, Dio a noi, noi agli altri, io a me stesso. Il vangelo di oggi ci racconta di un padrone che lascia tutto nelle mani dei suoi servi a ciascuno con il suo compito da svolgere. In questo tempo di mezzo tra la sua prima venuta nella storia e la seconda, quella nella gloria, noi siamo chiamati a vivere con attenzione innanzitutto per essere fedeli testimoni del suo messaggio d’amore ed in secondo luogo per evitare due pericoli: un cuore duro e insensibile (“perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te?” Is 63,17) e vivere una vita addormentata (“Vegliate!”).
Il Signore viene alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo o al mattino, sono le 4 parti in cui era divisa la notte; il Signore viene quindi nella notte degli uomini quando le nostre tenebre sembrano chiudere ogni possibilità alla luce: ecco la promessa del Signore ai suoi servi, non c’è più paura, ma solo attesa, attesa da vivere nell’amore.
Viene nella notte il Signore, lo Sposo, allora come le vergini sagge sfidiamo ogni notte con una piccola fiammella in mano; noi invece a volte ci fermiamo a maledire il buio e non accendiamo la nostra piccola luce. Voglio smetterla in questo avvento di pensare che è impossibile sconfiggere la notte degli uomini, voglio provare ad accendere la mia vita, a vivere la mia vita secondo quella logica d’amore che tu Signore sei venuto ad inaugurare. Ma come posso vivere sveglio? Risuona ancora in me il tuo invito ai discepoli nel Getsemani “Pregate!”. Voglio vivere allora la mia vita nella preghiera, una preghiera che è dialogo intimo con Te, una preghiera che è docile abbandono tra le tue braccia, una preghiera che è concreto agire per la costruzione del tuo Regno!