XXX domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Commento 29 ottobre 2023
La domanda che farisei e sadducei pongono a Gesù è tanto semplice quanto ricca di insidie: persino i bambini più piccoli in Israele sapevano che il comandamento, quello grande, riguardava il riposo del sabato, l’unico che Dio stesso aveva osservato al termine dell’opera della creazione (Gn 2,3); d’altra parte la stessa domanda costituiva un tranello per Gesù, accusato di averlo trasgredito più volte. Se infatti avesse risposto ciò che la teologia ufficiale riteneva corretto si sarebbe auto accusato di un peccato che prevedeva la morte, se al contrario avesse citato qualsiasi altro comandamento sarebbe stato accusato di eresia con la conseguente condanna. Di fronte a questa domanda la risposta di Gesù è quantomeno sconcertante, egli ribalta tutto e non cita nessuno tra i dieci comandamenti, ma, riprendendo le parole della professione di fede di Israele, Shemà Israel (“Ascolta Israele!”), richiama un unico verbo “amerai”, suggerito non come imposizione ma come indicazione per una vita felice, pienamente realizzata ed in questo modo fonda la nuova relazione con Dio non più sull’obbedienza ma sull’amore.
Tutta la Legge, tutti i profeti, ed aggiungo io senza timore di cadere in qualche eresia, tutto il Vangelo di Gesù Cristo si riassume in quell’unico verbo coniugato al futuro ad indicare una azione mai conclusa, che durerà per l’eternità in ogni istante della nostra vita perché amare non è un dovere, ma una necessità per vivere, fa respirare il nostro cuore, ci spinge a crescere.
Come ben affermava S. Agostino quando scriveva "Ama e fai ciò che vuoi!", non è importante ciò che ciascuno di noi fa, ma che ogni gesto, ogni momento della nostra vita abbia nell’amore la sua sorgente e nello stesso amore il suo fine ultimo, perché solo l’amore è capace di portare frutti di vita vera.
Quando come dico spesso ai miei studenti, mi sono ritrovato a fare quattro chiacchere con la morte a causa del Covid, mi sono reso conto che ben più importante dell’ossigeno che mi teneva in vita erano le parole di conforto che ogni sera ascoltavo da mia moglie e dai figli, gli sguardi ed i sorrisi sotto le maschere di medici ed infermieri che rischiavano la vita per curare me e quanti erano lì nella mia stessa condizione. Ho capito in quei momenti che solo l'amore è capace di dare senso alla mia e nostra vita: non c’è niente altro che ci rimarrà alla fine della vita e di ogni nostra giornata.
L’amore di cui parla Gesù ha caratteristiche precise e qui ci viene incontro la lingua greca nella quale i vangeli sono scritti perché ben distingue tra varie tipologie di amore: in un mondo dove l’amore può ridursi ad amare sé stessi, amare i propri famigliari, amare i propri amici, amare quelli che professano la mia stessa religione, Gesù usa il termine “àgape” che indica un amore in pura perdita, un amore che non può far altro che amare e fare del bene, che trova gioia nel vedere l’altro felice. È un amore totalizzante, che sembra inarrivabile, di cui solo un cuore davvero innamorato è capace, “Amerai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente”. Ma il nostro Dio non vuole fedeli, non vuole credenti, ma solo innamorati che corrispondano al suo amore!
Ma la sorpresa è che a questo primo, Gesù aggiunge un secondo comandamento della stessa medesima grandezza e pone come oggetto dell’amore non solo Dio ma il prossimo. Questo era un precetto ben noto nella Legge (Lv19,18), ma la vera novità consiste nel fatto che Dio e prossimo, diventano una sola parola, un unico comandamento.
Per Gesù l’amore verso Dio non è reale se non si traduce concretamente in amore al fratello; sono estremamente chiare le parole di Giovanni a questo proposito: “Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (cfr 1Gv 4,19-21).
Ad alcuni infine potrebbe sembrare che possa bastare solo il secondo: è vero! Quante persone dichiaratamente atee ogni giorno lottano per un mondo più giusto portando avanti ideali di giustizia e solidarietà, ma teniamo presente che è molto difficile amare il fratello senza il riferimento all’amore a Dio: è complicato amare in certe situazioni come perdonare chi mi ha tradito, fare del bene a chi mi ha fatto qualche torto, sopportare persone antipatiche e staccare il cuore dai beni per metterli a disposizione di chiunque sia nel bisogno fosse anche un mio nemico e senza trovare forza nell'amore verso Dio anche l'amore verso gli uomini può smarrirsi per ritrovarsi in una nuova forma di egoismo.
Questo comandamento secondo Gesù riassume tutta l’esperienza degli Ebrei (la Legge e i Profeti), ma a noi, suoi discepoli, chiede di più; infatti nell’ultima cena Gesù ci ha lasciato un “comandamento nuovo”, migliore, capace di sostituire e superare tutti gli altri: “Amatevi tra di voi come io vi ho amati” (Gv 13). Ora il modello dell’amore verso l’uomo, ogni uomo non è più l’amore umano, ma l’amore di Dio. Sì, amici, se volete essere discepoli di Cristo è necessario imparare ad amare come Dio ama: è una bella sfida per chi vuol tentare di vivere l’avventura meravigliosa dell’amore!
Tutta la Legge, tutti i profeti, ed aggiungo io senza timore di cadere in qualche eresia, tutto il Vangelo di Gesù Cristo si riassume in quell’unico verbo coniugato al futuro ad indicare una azione mai conclusa, che durerà per l’eternità in ogni istante della nostra vita perché amare non è un dovere, ma una necessità per vivere, fa respirare il nostro cuore, ci spinge a crescere.
Come ben affermava S. Agostino quando scriveva "Ama e fai ciò che vuoi!", non è importante ciò che ciascuno di noi fa, ma che ogni gesto, ogni momento della nostra vita abbia nell’amore la sua sorgente e nello stesso amore il suo fine ultimo, perché solo l’amore è capace di portare frutti di vita vera.
Quando come dico spesso ai miei studenti, mi sono ritrovato a fare quattro chiacchere con la morte a causa del Covid, mi sono reso conto che ben più importante dell’ossigeno che mi teneva in vita erano le parole di conforto che ogni sera ascoltavo da mia moglie e dai figli, gli sguardi ed i sorrisi sotto le maschere di medici ed infermieri che rischiavano la vita per curare me e quanti erano lì nella mia stessa condizione. Ho capito in quei momenti che solo l'amore è capace di dare senso alla mia e nostra vita: non c’è niente altro che ci rimarrà alla fine della vita e di ogni nostra giornata.
L’amore di cui parla Gesù ha caratteristiche precise e qui ci viene incontro la lingua greca nella quale i vangeli sono scritti perché ben distingue tra varie tipologie di amore: in un mondo dove l’amore può ridursi ad amare sé stessi, amare i propri famigliari, amare i propri amici, amare quelli che professano la mia stessa religione, Gesù usa il termine “àgape” che indica un amore in pura perdita, un amore che non può far altro che amare e fare del bene, che trova gioia nel vedere l’altro felice. È un amore totalizzante, che sembra inarrivabile, di cui solo un cuore davvero innamorato è capace, “Amerai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente”. Ma il nostro Dio non vuole fedeli, non vuole credenti, ma solo innamorati che corrispondano al suo amore!
Ma la sorpresa è che a questo primo, Gesù aggiunge un secondo comandamento della stessa medesima grandezza e pone come oggetto dell’amore non solo Dio ma il prossimo. Questo era un precetto ben noto nella Legge (Lv19,18), ma la vera novità consiste nel fatto che Dio e prossimo, diventano una sola parola, un unico comandamento.
Per Gesù l’amore verso Dio non è reale se non si traduce concretamente in amore al fratello; sono estremamente chiare le parole di Giovanni a questo proposito: “Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (cfr 1Gv 4,19-21).
Ad alcuni infine potrebbe sembrare che possa bastare solo il secondo: è vero! Quante persone dichiaratamente atee ogni giorno lottano per un mondo più giusto portando avanti ideali di giustizia e solidarietà, ma teniamo presente che è molto difficile amare il fratello senza il riferimento all’amore a Dio: è complicato amare in certe situazioni come perdonare chi mi ha tradito, fare del bene a chi mi ha fatto qualche torto, sopportare persone antipatiche e staccare il cuore dai beni per metterli a disposizione di chiunque sia nel bisogno fosse anche un mio nemico e senza trovare forza nell'amore verso Dio anche l'amore verso gli uomini può smarrirsi per ritrovarsi in una nuova forma di egoismo.
Questo comandamento secondo Gesù riassume tutta l’esperienza degli Ebrei (la Legge e i Profeti), ma a noi, suoi discepoli, chiede di più; infatti nell’ultima cena Gesù ci ha lasciato un “comandamento nuovo”, migliore, capace di sostituire e superare tutti gli altri: “Amatevi tra di voi come io vi ho amati” (Gv 13). Ora il modello dell’amore verso l’uomo, ogni uomo non è più l’amore umano, ma l’amore di Dio. Sì, amici, se volete essere discepoli di Cristo è necessario imparare ad amare come Dio ama: è una bella sfida per chi vuol tentare di vivere l’avventura meravigliosa dell’amore!
Commento 25 ottobre 2020
La domanda che farisei e sadducei pongono a Gesù è tanto semplice quanto ricca di insidie: persino i bambini più piccoli in Israele sapevano che il comandamento, quello grande, riguardava il riposo del sabato, l’unico che Dio stesso aveva osservato al termine dell’opera della creazione (Gn 2,3); d’altra parte la stessa domanda costituiva un tranello per Gesù, accusato di averlo trasgredito più volte. Se infatti avesse risposto ciò che la teologia ufficiale riteneva corretto si sarebbe auto accusato di un peccato che prevedeva la morte, se al contrario avesse citato qualsiasi altro comandamento sarebbe stato accusato di eresia con la conseguente condanna. Di fronte a questa domanda la risposta di Gesù è quantomeno sconcertante, egli ribalta tutto e non cita nessun comandamento, ma riprendendo le parole della professione di fede di Israele, Shemà Israel (“Ascolta Israele!”), richiama un unico verbo suggerito non come imposizione ma come indicazione per una vita felice, pienamente realizzata ed in questo modo fonda la nuova relazione con Dio non sull’obbedienza ma sull’amore.
Tutta la Legge, tutti i profeti, ed aggiungo io senza timore di cadere in qualche eresia, tutto il Vangelo di Gesù Cristo si riassume in quell’unico verbo coniugato al futuro ad indicare una azione mai conclusa, che durerà per l’eternità in ogni istante della nostra vita perché amare non è un dovere, ma una necessità per vivere, fa respirare il nostro cuore, ci spinge a crescere. Scriveva S. Agostino "Ama e fai ciò che vuoi!": non importa ciò che ciascuno di noi fa, se vive nell’amore perché solo questo è capace di portare frutti di vita vera. In questi lunghi giorni di malattia hanno risuonato in me più volte queste meravigliose parole a ricordarmi che solo l'amore è capace di dare senso alla mia e nostra vita: non c'è altro che ci rimarrà alla fine della vita e di ogni nostra giornata.
L’amore di cui parla Gesù ha caratteristiche precise e qui ci viene incontro la lingua greca nella quale i vangeli sono scritti perché ben distingue tra varie tipologie di amore: in un mondo dove l’amore può ridursi ad amare sé stessi, amare i propri famigliari, amare i propri amici, amare quelli che professano la mia stessa religione, Gesù usa il termine “àgape” che indica un amore in pura perdita, un amore che non può far altro che amare e fare del bene, che trova gioia nel vedere l’altro felice.
Amerai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente: è un amore totalizzante, che sembra inarrivabile, di cui solo un cuore davvero innamorato è capace; Dio non vuole fedeli, non vuole credenti, vuole innamorati che corrispondano al suo amore!
Gesù aggiunge un secondo comandamento grande come il primo e pone come oggetto dell’amore non solo Dio ma il prossimo: questo era un precetto ben noto nella Legge (Lv 19,18), ma la vera novità consiste nel fatto che Dio e prossimo, diventano una sola parola, un unico comandamento.
Per Gesù l’amore verso Dio non è reale se non si traduce concretamente in amore al fratello; sono estremamente chiare le parole di Giovanni a questo proposito: “Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (cfr 1Gv 4,19-21).
Ad alcuni infine potrebbe sembrare che possa bastare solo il secondo: è vero! Quante persone dichiaratamente atee ogni giorno lottano per un mondo più giusto portando avanti ideali di giustizia e solidarietà, ma teniamo presente che è molto difficile amare il fratello senza il riferimento all’amore a Dio: è complicato amare in certe situazioni come perdonare chi mi ha tradito, fare del bene a chi mi ha fatto qualche torto, sopportare persone antipatiche e staccare il cuore dai beni per metterli a disposizione di chiunque sia nel bisogno fosse anche un mio nemico e senza trovare forza nell'amore verso Dio anche l'amore verso gli uomini può smarrirsi per ritrovarsi in una nuova forma di egoismo.
Gesù conclude che con ciò ha voluto riassumere tutta l’esperienza degli Ebrei (la Legge e i Profeti), ma a noi, suoi discepoli, chiede di più e nell’ultima cena Gesù ci ha lasciato un “comandamento nuovo”, migliore che sostituisce tutti gli altri “Amatevi tra di voi come io vi ho amati” (Gv 13): ora il modello dell’amore verso l’uomo, ogni uomo non è più l’amore umano, ma l’amore di Dio: è una bella sfida per chi vuol tentare di vivere l’avventura meravigliosa dell’amore!
Tutta la Legge, tutti i profeti, ed aggiungo io senza timore di cadere in qualche eresia, tutto il Vangelo di Gesù Cristo si riassume in quell’unico verbo coniugato al futuro ad indicare una azione mai conclusa, che durerà per l’eternità in ogni istante della nostra vita perché amare non è un dovere, ma una necessità per vivere, fa respirare il nostro cuore, ci spinge a crescere. Scriveva S. Agostino "Ama e fai ciò che vuoi!": non importa ciò che ciascuno di noi fa, se vive nell’amore perché solo questo è capace di portare frutti di vita vera. In questi lunghi giorni di malattia hanno risuonato in me più volte queste meravigliose parole a ricordarmi che solo l'amore è capace di dare senso alla mia e nostra vita: non c'è altro che ci rimarrà alla fine della vita e di ogni nostra giornata.
L’amore di cui parla Gesù ha caratteristiche precise e qui ci viene incontro la lingua greca nella quale i vangeli sono scritti perché ben distingue tra varie tipologie di amore: in un mondo dove l’amore può ridursi ad amare sé stessi, amare i propri famigliari, amare i propri amici, amare quelli che professano la mia stessa religione, Gesù usa il termine “àgape” che indica un amore in pura perdita, un amore che non può far altro che amare e fare del bene, che trova gioia nel vedere l’altro felice.
Amerai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente: è un amore totalizzante, che sembra inarrivabile, di cui solo un cuore davvero innamorato è capace; Dio non vuole fedeli, non vuole credenti, vuole innamorati che corrispondano al suo amore!
Gesù aggiunge un secondo comandamento grande come il primo e pone come oggetto dell’amore non solo Dio ma il prossimo: questo era un precetto ben noto nella Legge (Lv 19,18), ma la vera novità consiste nel fatto che Dio e prossimo, diventano una sola parola, un unico comandamento.
Per Gesù l’amore verso Dio non è reale se non si traduce concretamente in amore al fratello; sono estremamente chiare le parole di Giovanni a questo proposito: “Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (cfr 1Gv 4,19-21).
Ad alcuni infine potrebbe sembrare che possa bastare solo il secondo: è vero! Quante persone dichiaratamente atee ogni giorno lottano per un mondo più giusto portando avanti ideali di giustizia e solidarietà, ma teniamo presente che è molto difficile amare il fratello senza il riferimento all’amore a Dio: è complicato amare in certe situazioni come perdonare chi mi ha tradito, fare del bene a chi mi ha fatto qualche torto, sopportare persone antipatiche e staccare il cuore dai beni per metterli a disposizione di chiunque sia nel bisogno fosse anche un mio nemico e senza trovare forza nell'amore verso Dio anche l'amore verso gli uomini può smarrirsi per ritrovarsi in una nuova forma di egoismo.
Gesù conclude che con ciò ha voluto riassumere tutta l’esperienza degli Ebrei (la Legge e i Profeti), ma a noi, suoi discepoli, chiede di più e nell’ultima cena Gesù ci ha lasciato un “comandamento nuovo”, migliore che sostituisce tutti gli altri “Amatevi tra di voi come io vi ho amati” (Gv 13): ora il modello dell’amore verso l’uomo, ogni uomo non è più l’amore umano, ma l’amore di Dio: è una bella sfida per chi vuol tentare di vivere l’avventura meravigliosa dell’amore!
Commento 29 ottobre 2017
La domanda che farisei e sadducei pongono a Gesù stavolta è semplice, persino i bambini più piccoli in Israele sapevano che il comandamento, quello grande, era il comandamento del riposo del sabato, l’unico comandamento che Dio stesso aveva osservato (Gn 2,3). Un comandamento così grande che l’osservanza o la trasgressione di questo equivaleva all’osservanza o la trasgressione di tutta la legge divina. Di fronte a questa domanda la risposta di Gesù è quantomeno sconcertante, egli non cita nessun comandamento: la nuova relazione con Dio che Gesù è venuto a proporre non si fonda sull’obbedienza ma sull’amore. Gesù ci chiede di assomigliare a Dio che è amore, per cui l’uomo vero, quello riuscito è colui che assomiglia al Padre, che gli ha infuso la sua stessa vita e non può che amare. Ecco la novità della proposta di Gesù: se per i farisei i comandamenti sono delle disposizioni esterne imposte all’uomo, per Gesù i comandamenti vengono all’uomo da dentro, dalla sua identità di figlio di Dio, dal suo DNA. Gesù cita lo Shemà Israel, il credo di Israele, allora ecco il comandamento “Amerai!”
Amerai: il termine usato è “agape”, ovvero si parla di un amore in pura perdita, un amore che nasce da una natura che non può far altro che amare e fare del bene, che trova gioia nel vedere l’altro felice; in conclusione Gesù non propone un nuovo comandamento, ma una natura nuova. Amerai, dice Gesù, usando un verbo al futuro, perché l’amore è una azione mai conclusa, amare non è un dovere, ma una necessità per vivere. Cosa devo fare oggi, domani, la prossima settimana e tra un anno per essere ancora vivo? Il Signore mi risponde: Tu amerai. Quale sarà il destino dell’umanità, la sua storia? Solo questo: l’uomo amerà. Gesù crede nell’amore, fonda il suo sogno di un mondo nuovo sull’amore. Pensiamo a chi come me è innamorato: io non riuscirò mai a concludere un secondo della mia vita potendo dire sono riuscito ad amare completamente mia moglie perché, lo so, il secondo successivo mi chiederà un amore ancora più grande. È il senso dell’amore che chiede di essere infinito e mai pienamente vissuto!
Con tutto il cuore: il cuore è il centro delle scelte, per i semiti era il luogo del pensiero e delle decisioni; amare Dio con tutto il cuore vuol dire che tutte le scelte dell’uomo, di ogni uomo, le mie scelte devono essere in sintonia con il pensiero di Dio.
Con tutta l’anima: indica tutta la vita, non ci sono dei momenti in cui uno può anche non amare perché ogni uomo è coinvolto, ha ricevuto il DNA di Dio, che è amore.
Con tutta la mente: in realtà il passo del Deuteronomio dice: “con tutte le tue forze” (letteralmente “il tuo molto”) ovvero con tutti i beni che Dio ti ha messo a disposizione; Gesù sostituisce “forze” con “mente”, poiché chi ama ha un unico pensiero, scoprire sempre la bellezza, la ricchezza della persona amata, quindi amare Dio significa porre il nostro interesse nella ricerca di Dio, rivolgere il nostro pensiero costantemente a Dio come punto di riferimento di tutta la nostra vita. La fede in Dio non si può fondare su fugaci emozioni o su pie devozioni a qualche santo per impetrare benefici, la nostra scelta di fede deve essere frutto di una decisione cosciente, ragionevole, ben ponderata, bisogna essere in grado di mostrare la ragionevolezza delle scelte che facciamo, chi non è capace di dare ragione della propria fede non può affermare di amare Dio con tutta la mente e con questo non si intende solo un aspetto intellettuale della nostra testimonianza, ma una azione concreta.
Il dottore della legge gli aveva domandato il comandamento grande e Gesù ne elenca due, ma la vera novità non consiste nell’avere aggiunto l’amore del prossimo, che era un precetto ben noto della legge antica (Lv 19,18), ma nel fatto che le due parole insieme, Dio e prossimo, diventano una sola parola, un unico comandamento. Nell’unico comandamento dell’amore si afferma che l’amore per l’uomo, per ogni uomo è indissolubilmente legato all’amore verso Dio. Chi entra nella dinamica dell’amore realizza una rivoluzione copernicana, non è più lui al centro delle scelte e dell’interesse, ma è l’altro che sta al centro. Dio ci ha davvero creati bene: noi siamo stati fatti da Dio per essere costretti ad amare, per essere costretti ad uscire da noi stessi per donarci all’altro. Se Dio ci avesse fatti autosufficienti non potrebbe scattare l’amore invece Dio ci ha fatti ricchi di doni per gli altri, ma poveri e bisognosi dei doni che Dio ha elargito abbondantemente ad ogni suo figlio per cui ad andare incontro all’altro, siamo costretti ad amare.
Gesù conclude che con ciò ha voluto riassumere tutta l’esperienza degli Ebrei (la Legge e i Profeti), ma ai suoi discepoli chiederà di più. Nella spiritualità ebraica l’amore di Dio è un comandamento totale, assorbe tutto l’uomo, mentre l’amore al prossimo si pone in secondo piano rispetto all’amore verso Dio. Nell’ultima cena Gesù lascerà a noi, sua comunità un “comandamento nuovo”, migliore che sostituisce tutti gli altri “Amatevi tra di voi come io vi ho amati” (Gv 13). Il modello dell’amore verso l’uomo, ogni uomo non è più l’amore umano, ma l’amore di Dio; di fronte alla spiritualità farisaica dei comandamenti in cui io devo obbedire a Dio per ottenere un premio finale, altrimenti sarà solo castigo, Gesù presenta la spiritualità dell’amore incondizionato che va accolto da Dio e riversato come sovrabbondante sul fratello.
Poniamo attenzione al “lievito dei farisei” che potrebbe infettare la nostra spiritualità, quando pensiamo ad una religione dei meriti, dell’osservanza di comandamenti gravosi, dell’esclusione di coloro che non li osservano e nel desiderio di vederli alla fine castigati; questa spiritualità non ha nulla a che fare con la proposta di Gesù, la proposta di un unico comandamento, quello dell’amore. Concludendo lascio a me stesso e a voi l’invito di s. Agostino che a proposito scriveva “Ama e fai ciò che vuoi!”
Amerai: il termine usato è “agape”, ovvero si parla di un amore in pura perdita, un amore che nasce da una natura che non può far altro che amare e fare del bene, che trova gioia nel vedere l’altro felice; in conclusione Gesù non propone un nuovo comandamento, ma una natura nuova. Amerai, dice Gesù, usando un verbo al futuro, perché l’amore è una azione mai conclusa, amare non è un dovere, ma una necessità per vivere. Cosa devo fare oggi, domani, la prossima settimana e tra un anno per essere ancora vivo? Il Signore mi risponde: Tu amerai. Quale sarà il destino dell’umanità, la sua storia? Solo questo: l’uomo amerà. Gesù crede nell’amore, fonda il suo sogno di un mondo nuovo sull’amore. Pensiamo a chi come me è innamorato: io non riuscirò mai a concludere un secondo della mia vita potendo dire sono riuscito ad amare completamente mia moglie perché, lo so, il secondo successivo mi chiederà un amore ancora più grande. È il senso dell’amore che chiede di essere infinito e mai pienamente vissuto!
Con tutto il cuore: il cuore è il centro delle scelte, per i semiti era il luogo del pensiero e delle decisioni; amare Dio con tutto il cuore vuol dire che tutte le scelte dell’uomo, di ogni uomo, le mie scelte devono essere in sintonia con il pensiero di Dio.
Con tutta l’anima: indica tutta la vita, non ci sono dei momenti in cui uno può anche non amare perché ogni uomo è coinvolto, ha ricevuto il DNA di Dio, che è amore.
Con tutta la mente: in realtà il passo del Deuteronomio dice: “con tutte le tue forze” (letteralmente “il tuo molto”) ovvero con tutti i beni che Dio ti ha messo a disposizione; Gesù sostituisce “forze” con “mente”, poiché chi ama ha un unico pensiero, scoprire sempre la bellezza, la ricchezza della persona amata, quindi amare Dio significa porre il nostro interesse nella ricerca di Dio, rivolgere il nostro pensiero costantemente a Dio come punto di riferimento di tutta la nostra vita. La fede in Dio non si può fondare su fugaci emozioni o su pie devozioni a qualche santo per impetrare benefici, la nostra scelta di fede deve essere frutto di una decisione cosciente, ragionevole, ben ponderata, bisogna essere in grado di mostrare la ragionevolezza delle scelte che facciamo, chi non è capace di dare ragione della propria fede non può affermare di amare Dio con tutta la mente e con questo non si intende solo un aspetto intellettuale della nostra testimonianza, ma una azione concreta.
Il dottore della legge gli aveva domandato il comandamento grande e Gesù ne elenca due, ma la vera novità non consiste nell’avere aggiunto l’amore del prossimo, che era un precetto ben noto della legge antica (Lv 19,18), ma nel fatto che le due parole insieme, Dio e prossimo, diventano una sola parola, un unico comandamento. Nell’unico comandamento dell’amore si afferma che l’amore per l’uomo, per ogni uomo è indissolubilmente legato all’amore verso Dio. Chi entra nella dinamica dell’amore realizza una rivoluzione copernicana, non è più lui al centro delle scelte e dell’interesse, ma è l’altro che sta al centro. Dio ci ha davvero creati bene: noi siamo stati fatti da Dio per essere costretti ad amare, per essere costretti ad uscire da noi stessi per donarci all’altro. Se Dio ci avesse fatti autosufficienti non potrebbe scattare l’amore invece Dio ci ha fatti ricchi di doni per gli altri, ma poveri e bisognosi dei doni che Dio ha elargito abbondantemente ad ogni suo figlio per cui ad andare incontro all’altro, siamo costretti ad amare.
Gesù conclude che con ciò ha voluto riassumere tutta l’esperienza degli Ebrei (la Legge e i Profeti), ma ai suoi discepoli chiederà di più. Nella spiritualità ebraica l’amore di Dio è un comandamento totale, assorbe tutto l’uomo, mentre l’amore al prossimo si pone in secondo piano rispetto all’amore verso Dio. Nell’ultima cena Gesù lascerà a noi, sua comunità un “comandamento nuovo”, migliore che sostituisce tutti gli altri “Amatevi tra di voi come io vi ho amati” (Gv 13). Il modello dell’amore verso l’uomo, ogni uomo non è più l’amore umano, ma l’amore di Dio; di fronte alla spiritualità farisaica dei comandamenti in cui io devo obbedire a Dio per ottenere un premio finale, altrimenti sarà solo castigo, Gesù presenta la spiritualità dell’amore incondizionato che va accolto da Dio e riversato come sovrabbondante sul fratello.
Poniamo attenzione al “lievito dei farisei” che potrebbe infettare la nostra spiritualità, quando pensiamo ad una religione dei meriti, dell’osservanza di comandamenti gravosi, dell’esclusione di coloro che non li osservano e nel desiderio di vederli alla fine castigati; questa spiritualità non ha nulla a che fare con la proposta di Gesù, la proposta di un unico comandamento, quello dell’amore. Concludendo lascio a me stesso e a voi l’invito di s. Agostino che a proposito scriveva “Ama e fai ciò che vuoi!”