XXV domenica T.O. Anno C
Vangelo Lc 16, 1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Vangelo Lc 16, 1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Commento 18 settembre 2022
Alzi la mano chi fra voi non rimane quantomeno sconcertato di fronte ad un simile testo come quello di oggi, io rimango allibito, quasi scandalizzato da quella lode che l’uomo ricco, chiaramente rappresentante Dio, rivolge a quel suo amministratore disonesto: ma come è possibile che Dio apprezzi chi si comporta ed agisce in modo corrotto? Forse che il nostro dio è impazzito? È vero, la logica di Dio è lontana da quella dell’uomo, ma mi sembra poco probabile. Oppure quel racconto di vita quotidiana all’epoca di Gesù oggi è così lontano dalla nostra realtà che non riusciamo più a comprenderlo pienamente? Probabilmente quest’ultima ipotesi è quella che più si avvicina alla verità ed allora il primo sforzo da compiere è quello di rientrare in quel mondo così lontano nel tempo e nella cultura per cercare quale sia il messaggio per noi oggi. Proviamo a capire insieme!
In Israele al tempo di Gesù era presente il latifondismo, le terre più fertili della Galilea, della pianura di Esdrelon erano proprietà di pochissime persone, le quali risiedevano nelle più diverse ed importanti città da Gerusalemme fino ad Alessandria d’Egitto e Roma. Questi proprietari lasciavano le loro terre in mano ad alcuni amministratori che al tempo dovuto procuravano di mandare al padrone i frutti dei loro campi; era normale e legale che questi amministratori tenessero per sé stessi parte di questi raccolti come compenso per il lavoro svolto. Ora la disonestà dell’amministratore protagonista della parabola probabilmente nasceva dal fatto che ciò che tratteneva per sé era davvero troppo, se guardiamo al resto del brano possiamo pensare arrivasse addirittura a trattenere per sé dal 20% al 50% a seconda dei prodotti.
Qui Gesù parla di disonesta ricchezza in primo luogo perché la ricchezza, il denaro non potranno mai dare ciò che promettono, ti abbagliano indicando in loro la felicità, ma non possono garantire l’amore e gli affetti, che sono i veri fondamenti della stessa felicità.
D’altra parte bisogna sottolineare come il termine “disonesto” forse non è proprio quello più esatto, ma mi domando: cosa c’è di “giusto” nella mia vita se io sono nato a Genova nella ricca Europa e non in qualche bidonville dell’Africa o dell’India? Quale merito ritrovo nel mio agire per avere tutto quello che ho e che altri, magari a pochi chilometri da me non hanno? Quale differenza in dignità vi è tra la mia vita e quanti sono costretti a lasciare le loro case per avventurarsi nel nostro mare e raggiungere le nostre opulente coste con la forte probabilità di morire lungo il viaggio? Se Dio ha creato il mondo per tutti e per ciascuno (principio della destinazione universale dei beni) e c’è chi vive nel lusso e chi muore di fame qualcosa di sbagliato, di “disonesto” c’è ed è il mio egoismo, l’accumulo dei beni a scapito di altri che soffrono nell’indigenza, dico questo a livello politico ed internazionale, ma anche a livello personale di ogni singolo uomo e donna!
Anche in questo caso come per il figlio che aveva sperperato l’eredità del Padre, come per l’uomo che doveva costruire la torre o il re che doveva uscire in battaglia, di fronte alla richiesta di rendere conto dell’amministrazione l’uomo disonesto riflette sul da farsi e trova una soluzione astuta: “Quanto devi al mio padrone? Cento? Prendi la ricevuta e scrivi cinquanta”. La truffa continua, eppure sta accadendo qualcosa che rovescia il significato del denaro: l’amministratore trasforma i beni materiali in strumento di amicizia, regala pane, olio, che sono vita, ai debitori, per avere amici, per creare amore intorno a sé. Ed ecco la sorpresa: il padrone loda chi l’ha derubato. Qualche tempo fa un amico fraterno raccontava di come un giorno passeggiando con il fratello prete ha visto venirgli incontro un povero. In quel momento il prete gli disse: “Hai 20 euro? Daglieli!” Poco dopo spiegandogli quanto era successo gli ricordò: “Sai quando saremo davanti a San Pietro, se avrà qualche remora a farci entrare ci verrà incontro questo povero e dirà a San Pietro: lasciali entrare sono miei amici!”; i nostri beni, se condivisi, costruiscono amore e rapporti davvero fraterni e ci acquistano un pezzo di paradiso!
Il benessere di solito serra le case, tira su muri, chiude i porti; scusate l’intrusione politico costituzionale, ma sono state scritte leggi ad esempio sul diritto alla difesa che equipara i miei beni, ciò che possiedo alla vita di coloro che tentano di rubarmeli e su questo piano è una legge antievangelica. Apriamo, dunque, il nostro cuore alla logica della condivisione, poiché se il benessere sbarra porte, il dono le apre: “mi accoglieranno in casa loro”.
Ora comincia a risultare più chiaro il motivo della lode: il padrone loda quell’amministratore non per la disonestà, ma per il capovolgimento di senso (conversione) che ha saputo dare al denaro e, ancor più, alla sua vita: non più il denaro per me, ma il denaro a servizio dell’amicizia e dell’amore.
Ci sono famiglie che riceveranno cinquanta inattesi barili d’olio, venti insperate misure di farina e il padrone vede la loro gioia, vede porte che si spalancano, e ne è contento. Notate non si dice più l’uomo ricco perché anche quel signore è cambiato, non gode più dei suoi beni per sé, ma del clima che viene creato grazie a quel gesto! Non è più un uomo ricco, ma un padrone, un signore, per il quale le persone contano più dell’olio e del grano.
La conclusione è stupenda: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta” perché saranno loro ad accogliervi nel Regno di Dio: fatevi degli amici donando ciò che potete e più di ciò che potete, ciò che è giusto e perfino ciò che non lo è! Donate tutto ciò che avete, donate anche ciò che non è vostro, anche se è nelle vostre mani perché il padrone, Dio ve lo ha affidato! Questi amici che vi fate oggi, vi accoglieranno un giorno in paradiso, perché ciò che creeremo oggi in questo mondo lo ritroveremo in cielo.
Nell’ultimo giorno Dio non guarderà a me, ma intorno a me, ai poveri che avrò aiutato, ai malati che avrò visitato, ai giovani che avrò educato e la domanda che mi porrà, non riguarderà le mie mani pulite o la mia vita senza macchia e senza peccati, ma mi chiederà conto se al mio passaggio sulle strade di questo mondo sarà aumentata la vita e la gioia oppure la morte e la tristezza.
Non è possibile servire due padroni e così sappiamo che se avremo costruito egoismo ed odio intorno a noi, rimarremo soli e “sarà pianto e stridore di denti”, mentre se avremo creato condivisone e amore entreremo nell’abbraccio eterno della comunione dei santi, l’abbraccio di Dio!
In Israele al tempo di Gesù era presente il latifondismo, le terre più fertili della Galilea, della pianura di Esdrelon erano proprietà di pochissime persone, le quali risiedevano nelle più diverse ed importanti città da Gerusalemme fino ad Alessandria d’Egitto e Roma. Questi proprietari lasciavano le loro terre in mano ad alcuni amministratori che al tempo dovuto procuravano di mandare al padrone i frutti dei loro campi; era normale e legale che questi amministratori tenessero per sé stessi parte di questi raccolti come compenso per il lavoro svolto. Ora la disonestà dell’amministratore protagonista della parabola probabilmente nasceva dal fatto che ciò che tratteneva per sé era davvero troppo, se guardiamo al resto del brano possiamo pensare arrivasse addirittura a trattenere per sé dal 20% al 50% a seconda dei prodotti.
Qui Gesù parla di disonesta ricchezza in primo luogo perché la ricchezza, il denaro non potranno mai dare ciò che promettono, ti abbagliano indicando in loro la felicità, ma non possono garantire l’amore e gli affetti, che sono i veri fondamenti della stessa felicità.
D’altra parte bisogna sottolineare come il termine “disonesto” forse non è proprio quello più esatto, ma mi domando: cosa c’è di “giusto” nella mia vita se io sono nato a Genova nella ricca Europa e non in qualche bidonville dell’Africa o dell’India? Quale merito ritrovo nel mio agire per avere tutto quello che ho e che altri, magari a pochi chilometri da me non hanno? Quale differenza in dignità vi è tra la mia vita e quanti sono costretti a lasciare le loro case per avventurarsi nel nostro mare e raggiungere le nostre opulente coste con la forte probabilità di morire lungo il viaggio? Se Dio ha creato il mondo per tutti e per ciascuno (principio della destinazione universale dei beni) e c’è chi vive nel lusso e chi muore di fame qualcosa di sbagliato, di “disonesto” c’è ed è il mio egoismo, l’accumulo dei beni a scapito di altri che soffrono nell’indigenza, dico questo a livello politico ed internazionale, ma anche a livello personale di ogni singolo uomo e donna!
Anche in questo caso come per il figlio che aveva sperperato l’eredità del Padre, come per l’uomo che doveva costruire la torre o il re che doveva uscire in battaglia, di fronte alla richiesta di rendere conto dell’amministrazione l’uomo disonesto riflette sul da farsi e trova una soluzione astuta: “Quanto devi al mio padrone? Cento? Prendi la ricevuta e scrivi cinquanta”. La truffa continua, eppure sta accadendo qualcosa che rovescia il significato del denaro: l’amministratore trasforma i beni materiali in strumento di amicizia, regala pane, olio, che sono vita, ai debitori, per avere amici, per creare amore intorno a sé. Ed ecco la sorpresa: il padrone loda chi l’ha derubato. Qualche tempo fa un amico fraterno raccontava di come un giorno passeggiando con il fratello prete ha visto venirgli incontro un povero. In quel momento il prete gli disse: “Hai 20 euro? Daglieli!” Poco dopo spiegandogli quanto era successo gli ricordò: “Sai quando saremo davanti a San Pietro, se avrà qualche remora a farci entrare ci verrà incontro questo povero e dirà a San Pietro: lasciali entrare sono miei amici!”; i nostri beni, se condivisi, costruiscono amore e rapporti davvero fraterni e ci acquistano un pezzo di paradiso!
Il benessere di solito serra le case, tira su muri, chiude i porti; scusate l’intrusione politico costituzionale, ma sono state scritte leggi ad esempio sul diritto alla difesa che equipara i miei beni, ciò che possiedo alla vita di coloro che tentano di rubarmeli e su questo piano è una legge antievangelica. Apriamo, dunque, il nostro cuore alla logica della condivisione, poiché se il benessere sbarra porte, il dono le apre: “mi accoglieranno in casa loro”.
Ora comincia a risultare più chiaro il motivo della lode: il padrone loda quell’amministratore non per la disonestà, ma per il capovolgimento di senso (conversione) che ha saputo dare al denaro e, ancor più, alla sua vita: non più il denaro per me, ma il denaro a servizio dell’amicizia e dell’amore.
Ci sono famiglie che riceveranno cinquanta inattesi barili d’olio, venti insperate misure di farina e il padrone vede la loro gioia, vede porte che si spalancano, e ne è contento. Notate non si dice più l’uomo ricco perché anche quel signore è cambiato, non gode più dei suoi beni per sé, ma del clima che viene creato grazie a quel gesto! Non è più un uomo ricco, ma un padrone, un signore, per il quale le persone contano più dell’olio e del grano.
La conclusione è stupenda: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta” perché saranno loro ad accogliervi nel Regno di Dio: fatevi degli amici donando ciò che potete e più di ciò che potete, ciò che è giusto e perfino ciò che non lo è! Donate tutto ciò che avete, donate anche ciò che non è vostro, anche se è nelle vostre mani perché il padrone, Dio ve lo ha affidato! Questi amici che vi fate oggi, vi accoglieranno un giorno in paradiso, perché ciò che creeremo oggi in questo mondo lo ritroveremo in cielo.
Nell’ultimo giorno Dio non guarderà a me, ma intorno a me, ai poveri che avrò aiutato, ai malati che avrò visitato, ai giovani che avrò educato e la domanda che mi porrà, non riguarderà le mie mani pulite o la mia vita senza macchia e senza peccati, ma mi chiederà conto se al mio passaggio sulle strade di questo mondo sarà aumentata la vita e la gioia oppure la morte e la tristezza.
Non è possibile servire due padroni e così sappiamo che se avremo costruito egoismo ed odio intorno a noi, rimarremo soli e “sarà pianto e stridore di denti”, mentre se avremo creato condivisone e amore entreremo nell’abbraccio eterno della comunione dei santi, l’abbraccio di Dio!
Commento 22 settembre 2019
Il testo del vangelo di oggi appare particolarmente ostico e difficile da capire, tanto che ogni volta che lo ritrovo rimango allibito, quasi scandalizzato, mi risulta indigesto soprattutto in quella lode che l’uomo ricco fa rivolto a quell’amministratore disonesto: ma come è possibile che Dio apprezzi chi si comporta chi agisce in modo corrotto? Le possibilità sono due. Primo: Dio è impazzito! È vero che la logica di Dio è lontana da quella dell’uomo, ma mi sembra poco probabile. Secondo: quel racconto di vita quotidiana all’epoca di Gesù oggi è così lontano dalla nostra realtà che non riusciamo più a comprenderlo appieno. Forse quest’ultima ipotesi è quella che più si avvicina alla verità ed allora il primo sforzo da compiere è quello di rientrare in quel mondo così lontano nel tempo e nella cultura per cercare quale sia il messaggio per noi oggi. Proviamo a capire insieme!
In Israele al tempo di Gesù era presente il latifondismo, le terre più fertili della Galilea, della pianura di Esdrelon erano proprietà di pochissime persone, le quali risiedevano nelle più diverse ed importanti città da Gerusalemme fino ad Alessandria d’Egitto e Roma. Questi proprietari lasciavano le loro terre in mano ad alcuni amministratori che al tempo dovuto procuravano di mandare al padrone i frutti dei loro campi; era normale e legale che questi amministratori tenessero per sé stessi parte di questi raccolti come compenso per il lavoro svolto. Ora la disonestà probabilmente nasceva dal fatto che ciò che quell’uomo tratteneva per sé era davvero troppo, se guardiamo al resto del brano possiamo pensare arrivasse addirittura al 20% o al 50% su alcuni prodotti.
Gesù parla di “disonesta ricchezza”; ora forse il termine non è proprio quello più esatto, ma cosa c’è di “giusto” nella mia vita se io sono nato a Genova e non a Korogocho, bidonville alle porte di Nairobi in Kenia; quale merito ritrovo nel mio agire per avere tutto quello che ho e che altri, magari a pochi chilometri da me non hanno? Dio ha creato il mondo per tutti e per ciascuno dei suoi figli (principio della destinazione universale dei beni), se c’è chi vive nel lusso e chi muore di fame qualcosa di sbagliato, di “disonesto” c’è! C’è il mio egoismo, c’è l’accumulo dei beni a scapito di altri che soffrono nell’indigenza, dico questo a livello politico ed internazionale, ma anche a livello personale di ogni singolo uomo e donna!
Anche in questo caso come per il figlio che aveva sperperato l’eredità del Padre, per l’uomo che deve costruire la torre o il re che deve partire in battaglia, di fronte alla richiesta di rendere conto dell’amministrazione l’uomo disonesto riflette sul da farsi e trova una soluzione astuta: “Quanto devi al mio padrone? Cento? Prendi la ricevuta e scrivi cinquanta”. La truffa continua, eppure sta accadendo qualcosa che cambia il colore, il sapore del denaro, ne rovescia il significato: l’amministratore trasforma i beni materiali in strumento di amicizia, regala pane, olio, che sono vita, ai debitori, per avere amici, per creare amore intorno a sé. Ed ecco la sorpresa: il padrone loda chi l’ha derubato.
Il benessere di solito chiude le case, tira su muri, chiude i porti, inserisce allarmi e, scusate l’intrusione politico costituzionale, in Italia recentemente abbiamo scritto una legge sul diritto alla difesa che equipara i miei beni, ciò che possiedo alla vita di coloro che tentano di rubarmeli e su questo piano è una legge che il testo di oggi afferma essere antievangelica. Apriamo, dunque, il nostro cuore alla logica della condivisione, poiché se il benessere sbarra porte, il dono le apre: “mi accoglieranno in casa loro”.
Ora comincia a risultare più chiaro il motivo della lode: il padrone loda quell’amministratore non per la disonestà, ma per il capovolgimento di senso (conversione) che ha saputo dare al denaro e, ancor più, alla sua vita: non più il denaro per me, ma il denaro a servizio dell’amicizia e dell’amore.
Ci sono famiglie che riceveranno cinquanta inattesi barili d’olio, venti insperate misure di farina e il padrone vede la loro gioia, vede porte che si spalancano, e ne è contento. Notate non si dice più l’uomo ricco perché anche quel signore è cambiato, non gode più dei suoi beni per sé, ma del clima che viene creato grazie a quel gesto! Non è più un uomo ricco, ma un padrone, un signore, per il quale le persone contano più dell’olio e del grano.
La conclusione è stupenda: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta”.
Fatevi degli amici donando ciò che potete e più di ciò che potete, ciò che è giusto e perfino ciò che non lo è! Donate tutto ciò che avete, donate anche ciò che non è vostro, anche se è nelle vostre mani perché il padrone, Dio ve lo ha affidato! Questi amici che vi fate oggi, vi accoglieranno un giorno in paradiso, perché ciò che creeremo oggi in questo mondo lo ritroveremo in cielo.
Nell’ultimo giorno Dio non guarderà a me, ma intorno a me, ai poveri che avrò aiutato, ai malati che avrò visitato, ai giovani che avrò educato e la domanda che mi porrà, non riguarderà le mie mani pulite o la mia vita senza macchia e senza peccati, ma mi chiederà conto se al mio passaggio sulle strade di questo mondo sarà aumentata la vita e la gioia o la morte.
Non è possibile servire due padroni e così sappiamo che se avremo costruito egoismo ed odio intorno a noi, rimarremo soli e “sarà pianto e stridore di denti”, mentre se avremo creato condivisone e amore entreremo nell’abbraccio eterno della comunione dei santi, l’abbraccio di Dio!
In Israele al tempo di Gesù era presente il latifondismo, le terre più fertili della Galilea, della pianura di Esdrelon erano proprietà di pochissime persone, le quali risiedevano nelle più diverse ed importanti città da Gerusalemme fino ad Alessandria d’Egitto e Roma. Questi proprietari lasciavano le loro terre in mano ad alcuni amministratori che al tempo dovuto procuravano di mandare al padrone i frutti dei loro campi; era normale e legale che questi amministratori tenessero per sé stessi parte di questi raccolti come compenso per il lavoro svolto. Ora la disonestà probabilmente nasceva dal fatto che ciò che quell’uomo tratteneva per sé era davvero troppo, se guardiamo al resto del brano possiamo pensare arrivasse addirittura al 20% o al 50% su alcuni prodotti.
Gesù parla di “disonesta ricchezza”; ora forse il termine non è proprio quello più esatto, ma cosa c’è di “giusto” nella mia vita se io sono nato a Genova e non a Korogocho, bidonville alle porte di Nairobi in Kenia; quale merito ritrovo nel mio agire per avere tutto quello che ho e che altri, magari a pochi chilometri da me non hanno? Dio ha creato il mondo per tutti e per ciascuno dei suoi figli (principio della destinazione universale dei beni), se c’è chi vive nel lusso e chi muore di fame qualcosa di sbagliato, di “disonesto” c’è! C’è il mio egoismo, c’è l’accumulo dei beni a scapito di altri che soffrono nell’indigenza, dico questo a livello politico ed internazionale, ma anche a livello personale di ogni singolo uomo e donna!
Anche in questo caso come per il figlio che aveva sperperato l’eredità del Padre, per l’uomo che deve costruire la torre o il re che deve partire in battaglia, di fronte alla richiesta di rendere conto dell’amministrazione l’uomo disonesto riflette sul da farsi e trova una soluzione astuta: “Quanto devi al mio padrone? Cento? Prendi la ricevuta e scrivi cinquanta”. La truffa continua, eppure sta accadendo qualcosa che cambia il colore, il sapore del denaro, ne rovescia il significato: l’amministratore trasforma i beni materiali in strumento di amicizia, regala pane, olio, che sono vita, ai debitori, per avere amici, per creare amore intorno a sé. Ed ecco la sorpresa: il padrone loda chi l’ha derubato.
Il benessere di solito chiude le case, tira su muri, chiude i porti, inserisce allarmi e, scusate l’intrusione politico costituzionale, in Italia recentemente abbiamo scritto una legge sul diritto alla difesa che equipara i miei beni, ciò che possiedo alla vita di coloro che tentano di rubarmeli e su questo piano è una legge che il testo di oggi afferma essere antievangelica. Apriamo, dunque, il nostro cuore alla logica della condivisione, poiché se il benessere sbarra porte, il dono le apre: “mi accoglieranno in casa loro”.
Ora comincia a risultare più chiaro il motivo della lode: il padrone loda quell’amministratore non per la disonestà, ma per il capovolgimento di senso (conversione) che ha saputo dare al denaro e, ancor più, alla sua vita: non più il denaro per me, ma il denaro a servizio dell’amicizia e dell’amore.
Ci sono famiglie che riceveranno cinquanta inattesi barili d’olio, venti insperate misure di farina e il padrone vede la loro gioia, vede porte che si spalancano, e ne è contento. Notate non si dice più l’uomo ricco perché anche quel signore è cambiato, non gode più dei suoi beni per sé, ma del clima che viene creato grazie a quel gesto! Non è più un uomo ricco, ma un padrone, un signore, per il quale le persone contano più dell’olio e del grano.
La conclusione è stupenda: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta”.
Fatevi degli amici donando ciò che potete e più di ciò che potete, ciò che è giusto e perfino ciò che non lo è! Donate tutto ciò che avete, donate anche ciò che non è vostro, anche se è nelle vostre mani perché il padrone, Dio ve lo ha affidato! Questi amici che vi fate oggi, vi accoglieranno un giorno in paradiso, perché ciò che creeremo oggi in questo mondo lo ritroveremo in cielo.
Nell’ultimo giorno Dio non guarderà a me, ma intorno a me, ai poveri che avrò aiutato, ai malati che avrò visitato, ai giovani che avrò educato e la domanda che mi porrà, non riguarderà le mie mani pulite o la mia vita senza macchia e senza peccati, ma mi chiederà conto se al mio passaggio sulle strade di questo mondo sarà aumentata la vita e la gioia o la morte.
Non è possibile servire due padroni e così sappiamo che se avremo costruito egoismo ed odio intorno a noi, rimarremo soli e “sarà pianto e stridore di denti”, mentre se avremo creato condivisone e amore entreremo nell’abbraccio eterno della comunione dei santi, l’abbraccio di Dio!
Commento 18 settembre 2016
La Parola di questa domenica è sempre risuonata ostica al mio orecchio: certamente Luca scrive ad una comunità particolarmente sensibile al tema delle ricchezze; probabilmente diverse persone erano piuttosto ricche e vi era una frattura tra queste ed altri fratelli più poveri. Ma rimaneva inevasa la domanda circa cosa fossero queste disoneste ricchezze e perché l'amministratore disonesto venga al termine del racconto così lodato dal padrone, da Gesù stesso. occorre capire meglio questi termini: innanzitutto a me pare che le disoneste ricchezze si possa riferire a tutte le ricchezze, infatti Dio ha creato il mondo affidandolo a tutti (principio della destinazione universale dei beni) per cui tutto ciò che è mio è "disonestamente" tolto a tutti gli altri; in questo senso forse si può capire meglio la lode che viene fatta a questo amministratore disonesto: egli usa delle ingiuste ricchezze per prepararsi amici che lo possano accogliere nel momento della difficoltà: è lodevole pertanto utilizzare delle ricchezze in nostro possesso per operare quel bene, in una sorta di "restituzione", che ci garantirà la vera ricchezza quella che non potrà essere contaminata dalla "ruggine dalla tignola" ovvero il Regno di Dio. Allora il "guai a voi ricchi" (Lc 6,24) si rivolge a chi rimane chiuso nel suo egoismo disonesto, mentre entreranno ne novero dei beati coloro che sapranno usare delle loro ricchezze a favore dei vostri fratelli più poveri.
Siate quindi fedeli al vero disegno di Dio, che tutto ha creato perché sia di tutti, nelle ricchezze disoneste, quelle che avete tolto ai vostri fratelli più poveri perché così Dio vi affiderà la ricchezza vera, il Regno di Dio.
La conclusione ci riporta comunque alla grande scelta che ognuno di noi ha di fronte a sé: Dio o la ricchezza. Chi fra loro è il Signore della nostra vita?
A noi "l'ardua sentenza"? Certo, a noi ogni giorno la scelta, su quali basi fondare la nostra vita, poiché da questo dipenderà la nostra felicità .
Siate quindi fedeli al vero disegno di Dio, che tutto ha creato perché sia di tutti, nelle ricchezze disoneste, quelle che avete tolto ai vostri fratelli più poveri perché così Dio vi affiderà la ricchezza vera, il Regno di Dio.
La conclusione ci riporta comunque alla grande scelta che ognuno di noi ha di fronte a sé: Dio o la ricchezza. Chi fra loro è il Signore della nostra vita?
A noi "l'ardua sentenza"? Certo, a noi ogni giorno la scelta, su quali basi fondare la nostra vita, poiché da questo dipenderà la nostra felicità .