Domenica delle Palme
Vangelo Lc 22,14-23,56
Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». C E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca». Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: A «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». C E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca». Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: A «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
Commento 10 aprile 2019
Quaranta giorni fa nel giorno delle Ceneri ad introdurci in questo nostro cammino verso la Pasqua avevamo ascoltato le parole di Paolo “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2Cor 6,2).
Per Gesù è arrivata l’ora di mostrare al mondo fino a che punto Dio lo ha tanto amato da mandare il suo figlio unigenito perché il mondo creda (Gv3,16) e credendo in Lui si salvi, trovi il senso vero ed unico della vita che è l’amore.
Gesù entra in Gerusalemme condotto dalla sua incredibile passione per l’uomo: è la stupenda novità di un Dio che impazzisce d’amore per la sua creatura. È accolto nel tripudio festante di tanta gente e quel suo ingresso solenne nella città santa voleva essere segno che il Messia tanto atteso da Israele era finalmente tra loro. È accolto come un re in trionfa dopo una battaglia vittoriosa, ma i suoi passi sono passi di pace!
Eppure quel Messia cavalca la mansuetudine e la mitezza di un asino e non la potenza e l’orgoglio di un cavallo: quella folla non ha capito ancora niente, i discepoli per primi, e di lì a qualche giorno lo abbandonerà perché non riuscirà a comprendere il genere di salvezza che quell’uomo veniva a portare, perché Gesù non è il Messia forte e potente ma colui che si fa servo, pronto a presentare il suo dorso ai flagellatori, le guance a coloro che gli strappano la barba, il volto agli insulti e agli sputi (cfr. Is 50,6 prima lettura) e pur di rivelare il vero volto di Dio è pronto a subirne tutte le conseguenze perché solo in Dio trova un abbraccio in cui abbandonarsi (Sal 21). Questo è il nostro Dio! Se questo Dio non vi piace e ne cercate un altro, un Dio consolatorio, potente, giudice inesorabile rivolgetevi a qualchedun altro: questo Dio, il Dio di Gesù Cristo, vi ama soltanto e non può che donarvi amore! È un Dio che svuota sé stesso, si spoglia della sua divinità e si fa schiavo per amore, si fa servo fino al dono più alto, quello della sua propria vita, servo “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8)
È accolto tra la folla che agita rami d’ulivo e palme, simboli di pace e di martirio, che assumono un ulteriore significato in questi giorni segnati dall’orrore e dalla barbarie di una guerra. Così nell’accogliere il Signore agitando i nostri rami d’ulivo e le nostre palme, ricordiamoci di quanto siamo disposti a pagare perché la pace, la fraternità, l’accoglienza dell’altro, ritornino a dimorare nei nostri cuori e nelle nostre giornate. Accogliamo quel Signore che viene a noi sul dorso di un asinello non perché afferrati dall’entusiasmo superficiale verso un Dio trionfante, ma perché davvero desideriamo impegnarci a seguire Gesù in ogni momento del suo percorso, forti del suo esempio: sarà la croce, infatti, il segno regale di Gesù, quella croce dalla quale perennemente, allargando le sue braccia, il Figlio di Dio abbraccerà ogni uomo e donna con il suo infinito amore.
Gesù entra in Gerusalemme per vivere la sua passione; amici carissimi, troppe volte leggiamo questo termine per indicare il patire, il soffrire di Gesù a causa dei nostri peccati, ma voglio ricordare che si può usare il termine passione anche per indicare un amore travolgente, quasi irrazionale, al limite della follia.
Bene, Gesù entra in Gerusalemme per vivere fino al dono completo della sua vita la grande passione di Dio per l’umanità. Non è normale e forse nemmeno straordinario, anzi è proprio assurdo ed illogico pensare che Dio doni la sua vita per uno come me: chi sono io per meritare tutto questo? Non posso, non possiamo vivere questo mistero grande come qualcosa che ci è dovuto: Dio non ci doveva niente, tantomeno doveva morire per noi. Ciò che spinge Dio è solo un amore travolgente e per amore nulla è impossibile. Sì, il nostro Dio è pazzo d’amore e chi è malato d’amore segue solo la follia di quella logica.
Per tre volte viene chiesto a Gesù di mostrarsi potente salvando sé stesso da quel terribile supplizio, ma è proprio nel suo restare attaccato a quella croce, con quelle sue braccia eternamente stese ad abbracciare ogni uomo e donna, che Gesù ci mostra il vero volto di Dio, un Dio che è amore e solo amore!
Quante volte come il primo condannato insieme a lui, urliamo a Dio che si pone al nostro fianco per condividere la nostra stessa fatica “salva te stesso e anche noi!” Solo riconoscendo in quella sofferenza atroce un Dio che ci ama fino alla fine, come ha fatto il secondo condannato, sapremo vivere la nostra vita secondo la logica dell’amore e non dell’egoismo e del potere.
Sulla croce Gesù mostra anche il vero volto dell’uomo: accogliere la croce, prendere ogni giorno la propria croce, non è perverso masochismo, ma impegno costante per costruire già oggi e qui quel regno dove finalmente tacciano le nostre armi e si realizzi il progetto d’amore di Dio per tutti noi!
Scriveva Paolo alla comunità dei cristiani di Roma: “quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”; questa frase risuoni più volte nei nostri cuori in questi giorni per non dimenticare mai i benefici che Dio ha fatto per noi.
E quando la liturgia alle parole del vangelo “Gesù detto questo, spirò” ci chiederà di metterci in ginocchio, vi chiedo davvero di cadere a terra come colpiti da quella notizia incredibile: Dio muore per me!
Vogliamo vivere questi giorni nel silenzio e nello stupore dell’incontro con ciò che è inconcepibile ed ineffabile: il mistero dell’infinito amore di Dio, che dona tutto sé stesso per amore mio, per amore nostro!
Vi auguro, quindi, di vivere questa settimana santa in ginocchio non perché ci sentiamo servi, ma perché sopraffatti dall’amore: è troppo bello pensare di essere amati così e non da uno qualunque, ma da Dio!
Per Gesù è arrivata l’ora di mostrare al mondo fino a che punto Dio lo ha tanto amato da mandare il suo figlio unigenito perché il mondo creda (Gv3,16) e credendo in Lui si salvi, trovi il senso vero ed unico della vita che è l’amore.
Gesù entra in Gerusalemme condotto dalla sua incredibile passione per l’uomo: è la stupenda novità di un Dio che impazzisce d’amore per la sua creatura. È accolto nel tripudio festante di tanta gente e quel suo ingresso solenne nella città santa voleva essere segno che il Messia tanto atteso da Israele era finalmente tra loro. È accolto come un re in trionfa dopo una battaglia vittoriosa, ma i suoi passi sono passi di pace!
Eppure quel Messia cavalca la mansuetudine e la mitezza di un asino e non la potenza e l’orgoglio di un cavallo: quella folla non ha capito ancora niente, i discepoli per primi, e di lì a qualche giorno lo abbandonerà perché non riuscirà a comprendere il genere di salvezza che quell’uomo veniva a portare, perché Gesù non è il Messia forte e potente ma colui che si fa servo, pronto a presentare il suo dorso ai flagellatori, le guance a coloro che gli strappano la barba, il volto agli insulti e agli sputi (cfr. Is 50,6 prima lettura) e pur di rivelare il vero volto di Dio è pronto a subirne tutte le conseguenze perché solo in Dio trova un abbraccio in cui abbandonarsi (Sal 21). Questo è il nostro Dio! Se questo Dio non vi piace e ne cercate un altro, un Dio consolatorio, potente, giudice inesorabile rivolgetevi a qualchedun altro: questo Dio, il Dio di Gesù Cristo, vi ama soltanto e non può che donarvi amore! È un Dio che svuota sé stesso, si spoglia della sua divinità e si fa schiavo per amore, si fa servo fino al dono più alto, quello della sua propria vita, servo “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8)
È accolto tra la folla che agita rami d’ulivo e palme, simboli di pace e di martirio, che assumono un ulteriore significato in questi giorni segnati dall’orrore e dalla barbarie di una guerra. Così nell’accogliere il Signore agitando i nostri rami d’ulivo e le nostre palme, ricordiamoci di quanto siamo disposti a pagare perché la pace, la fraternità, l’accoglienza dell’altro, ritornino a dimorare nei nostri cuori e nelle nostre giornate. Accogliamo quel Signore che viene a noi sul dorso di un asinello non perché afferrati dall’entusiasmo superficiale verso un Dio trionfante, ma perché davvero desideriamo impegnarci a seguire Gesù in ogni momento del suo percorso, forti del suo esempio: sarà la croce, infatti, il segno regale di Gesù, quella croce dalla quale perennemente, allargando le sue braccia, il Figlio di Dio abbraccerà ogni uomo e donna con il suo infinito amore.
Gesù entra in Gerusalemme per vivere la sua passione; amici carissimi, troppe volte leggiamo questo termine per indicare il patire, il soffrire di Gesù a causa dei nostri peccati, ma voglio ricordare che si può usare il termine passione anche per indicare un amore travolgente, quasi irrazionale, al limite della follia.
Bene, Gesù entra in Gerusalemme per vivere fino al dono completo della sua vita la grande passione di Dio per l’umanità. Non è normale e forse nemmeno straordinario, anzi è proprio assurdo ed illogico pensare che Dio doni la sua vita per uno come me: chi sono io per meritare tutto questo? Non posso, non possiamo vivere questo mistero grande come qualcosa che ci è dovuto: Dio non ci doveva niente, tantomeno doveva morire per noi. Ciò che spinge Dio è solo un amore travolgente e per amore nulla è impossibile. Sì, il nostro Dio è pazzo d’amore e chi è malato d’amore segue solo la follia di quella logica.
Per tre volte viene chiesto a Gesù di mostrarsi potente salvando sé stesso da quel terribile supplizio, ma è proprio nel suo restare attaccato a quella croce, con quelle sue braccia eternamente stese ad abbracciare ogni uomo e donna, che Gesù ci mostra il vero volto di Dio, un Dio che è amore e solo amore!
Quante volte come il primo condannato insieme a lui, urliamo a Dio che si pone al nostro fianco per condividere la nostra stessa fatica “salva te stesso e anche noi!” Solo riconoscendo in quella sofferenza atroce un Dio che ci ama fino alla fine, come ha fatto il secondo condannato, sapremo vivere la nostra vita secondo la logica dell’amore e non dell’egoismo e del potere.
Sulla croce Gesù mostra anche il vero volto dell’uomo: accogliere la croce, prendere ogni giorno la propria croce, non è perverso masochismo, ma impegno costante per costruire già oggi e qui quel regno dove finalmente tacciano le nostre armi e si realizzi il progetto d’amore di Dio per tutti noi!
Scriveva Paolo alla comunità dei cristiani di Roma: “quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”; questa frase risuoni più volte nei nostri cuori in questi giorni per non dimenticare mai i benefici che Dio ha fatto per noi.
E quando la liturgia alle parole del vangelo “Gesù detto questo, spirò” ci chiederà di metterci in ginocchio, vi chiedo davvero di cadere a terra come colpiti da quella notizia incredibile: Dio muore per me!
Vogliamo vivere questi giorni nel silenzio e nello stupore dell’incontro con ciò che è inconcepibile ed ineffabile: il mistero dell’infinito amore di Dio, che dona tutto sé stesso per amore mio, per amore nostro!
Vi auguro, quindi, di vivere questa settimana santa in ginocchio non perché ci sentiamo servi, ma perché sopraffatti dall’amore: è troppo bello pensare di essere amati così e non da uno qualunque, ma da Dio!
Commento 14 aprile 2019
“Ecco ora il giorno della salvezza!”: Gesù entra in Gerusalemme accolto nel tripudio festante di tanta gente, un ingresso solenne nella città santa che vuole essere segno del suo essere il Messia tanto atteso. Eppure quel Messia cavalca la mansuetudine e la mitezza di un asino e non la potenza e l’orgoglio di un cavallo: è il segno di Colui che viene per servire e non per essere servito! È accolto come un re, ma i suoi passi sono passi di pace! È accolto da una folla festante che di lì a qualche giorno lo abbandonerà perché non riuscirà a comprendere il genere di salvezza che quell’uomo veniva a portare. Gesù entra in Gerusalemme condotto dalla sua incredibile passione per l’uomo: è la stupenda novità di un Dio che impazzisce d’amore per la sua creatura. Gesù è accolto tra la folla che agita rami d’ulivo e palme, simboli di pace e di martirio ed allora anche noi accogliamo il Signore, agitando i nostri rami d’ulivo e le nostre palme. Accogliamo il Signore non perché attratti dalle imminenti festività e tantomeno perché afferrati dall’entusiasmo superficiale verso un Dio trionfante, ma perché davvero desideriamo impegnarci a seguire Gesù in ogni momento del suo percorso, forti del suo esempio: sarà la croce, infatti, il segno regale di Gesù, quella croce dalla quale perennemente, allargando le sue braccia, il Figlio di Dio abbraccerà ogni uomo e donna con il suo infinito amore.
Troppe volte viviamo questi santi giorni come un film già visto, come un libro giallo di cui avendo letto l’ultima pagina conosciamo già l’assassino. Vorrei ricordarlo innanzitutto a me stesso e a voi che non è normale e forse non è nemmeno straordinario, anzi direi è proprio assurdo ed illogico pensare che Dio doni la sua vita per uno come me. Ma chi sono io per meritare tutto questo? Non posso, non possiamo vivere questo mistero grande come qualcosa che ci è dovuto: Dio non ci doveva niente, tantomeno doveva morire per noi. Ma il nostro Dio è diverso, il nostro Dio è pazzo d’amore e chi è malato d’amore segue solo la follia di quella logica.
E quando la liturgia alle parole del vangelo “Gesù detto questo, spirò” ci chiederà di metterci in ginocchio, vi chiedo davvero di cadere a terra come colpiti da quella notizia incredibile: Dio muore per me!
Vogliamo vivere questi giorni nel silenzio e nello stupore dell’incontro con ciò che è inconcepibile ed ineffabile: il mistero dell’infinito amore di Dio, che dona tutto sé stesso per amore mio, per amore nostro!
Vi auguro, quindi, di vivere questa settimana santa in ginocchio non perché ci sentiamo servi, ma perché sopraffatti dall’amore: è troppo bello pensare di essere amati così e non da uno qualunque, ma da Dio!
Troppe volte viviamo questi santi giorni come un film già visto, come un libro giallo di cui avendo letto l’ultima pagina conosciamo già l’assassino. Vorrei ricordarlo innanzitutto a me stesso e a voi che non è normale e forse non è nemmeno straordinario, anzi direi è proprio assurdo ed illogico pensare che Dio doni la sua vita per uno come me. Ma chi sono io per meritare tutto questo? Non posso, non possiamo vivere questo mistero grande come qualcosa che ci è dovuto: Dio non ci doveva niente, tantomeno doveva morire per noi. Ma il nostro Dio è diverso, il nostro Dio è pazzo d’amore e chi è malato d’amore segue solo la follia di quella logica.
E quando la liturgia alle parole del vangelo “Gesù detto questo, spirò” ci chiederà di metterci in ginocchio, vi chiedo davvero di cadere a terra come colpiti da quella notizia incredibile: Dio muore per me!
Vogliamo vivere questi giorni nel silenzio e nello stupore dell’incontro con ciò che è inconcepibile ed ineffabile: il mistero dell’infinito amore di Dio, che dona tutto sé stesso per amore mio, per amore nostro!
Vi auguro, quindi, di vivere questa settimana santa in ginocchio non perché ci sentiamo servi, ma perché sopraffatti dall’amore: è troppo bello pensare di essere amati così e non da uno qualunque, ma da Dio!
Commento 20 marzo 2016
Con la domenica delle Palme iniziamo le celebrazioni della Settimana Santa e vorrei invitare tutti voi e innanzitutto me stesso a vivere questi momenti non come un film già visto troppe volte, come un libro giallo di cui avendo letto l'ultima pagina conosciamo già l'assassino. Non è normale, forse non è nemmeno straordinario, è proprio impensabile che Dio doni la sua vita per uno come me; pertanto non posso vivere questo mistero grande come qualcosa a me dovuto. Dio non ci doveva niente, tantomeno doveva morire per noi, ma Dio ci ama e per amore nulla è impossibile. Scriveva Paolo alla comunità dei cristiani di Roma: "quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi"; questa frase risuoni più volte nei nostri cuori in questi giorni per non dimenticare mai i benefici che Dio ha fatto per noi.
E quando la liturgia alle parole del vangelo "Gesù detto questo, spirò" ci chiederà di metterci in ginocchio, vi chiedo davvero di cadere a terra come colpiti da una notizia incredibile: Dio muore per me! Vi auguro di vivere questa settimana santa in ginocchio non perché ci sentiamo servi, ma perché sopraffatti dall'amore infatti è troppo bello pensare di essere amati così e non da uno qualunque ma da Dio! Vorrei provare a vivere questi giorni nell'ascolto assiduo della Parola; ogni giorno intendo proporre a tutti noi una riflessione da condividere e pregare assieme.
E quando la liturgia alle parole del vangelo "Gesù detto questo, spirò" ci chiederà di metterci in ginocchio, vi chiedo davvero di cadere a terra come colpiti da una notizia incredibile: Dio muore per me! Vi auguro di vivere questa settimana santa in ginocchio non perché ci sentiamo servi, ma perché sopraffatti dall'amore infatti è troppo bello pensare di essere amati così e non da uno qualunque ma da Dio! Vorrei provare a vivere questi giorni nell'ascolto assiduo della Parola; ogni giorno intendo proporre a tutti noi una riflessione da condividere e pregare assieme.