XX domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Vangelo Mt 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Commento 20 agosto 2023
Dopo l’ennesimo scontro con gli scribi ed i farisei che gli imputavano la trasgressione delle purificazioni rituali da parte di suoi discepoli, Gesù lascia la terra di Israele perché oramai il popolo eletto onora Dio solo con le labbra mentre il suo cuore è lontano da Lui (Is 29,13). In questo suo esodo personale ecco Gesù incontrare una donna cananea e perciò pagana che gridando gli si rivolge riconoscendolo “Signore, figlio di Davide”: ella non aveva fatto nessun cammino spirituale, nessun percorso particolare di fede, era solo una mamma preoccupata per le condizioni di salute della figlia “tormentata da un demonio”. Probabilmente Gesù non era il primo al quale questa donna si era rivolta: chissà quanti tentativi con guaritori e santoni di ogni tipo aveva fatto in precedenza, poi la notizia di quell’uomo che poteva aiutarla. Quell’uomo era nemico del suo popolo, ma questo non le importava, aveva nel cuore la speranza che in qualche modo potesse essere capace di ridare vita nuova a quella sua figliola!
Certamente rimango frastornato dalla reazione prima indifferente e poi quasi stizzita di Gesù nei confronti di quella mamma che nulla gli aveva fatto se non seguirlo gridando il suo bisogno; infatti la reazione di Gesù è sorprendente da un lato e raggelante dall’altro: quel Gesù, volto umano di un Dio misericordioso che si inchina di fronte alle sofferenze dell’uomo, di ogni uomo per curarne le ferite e allievarne le pene, proprio Lui non rivolge neanche la parola a quella donna che con tanta insistenza gli chiedeva pietà. E i discepoli? Belli loro, a rincarare la dose, se mai ce ne fosse bisogno, invitando Gesù non ad “esaudirla” come maldestramente afferma una traduzione sbagliata, ma a “cacciarla via” per far finire tutto lo strepitio che essa stava creando con le sue urla. Ed ancora Gesù che sembra confermare la loro posizione infastidita ricordando ciò che ogni ebreo credeva ovvero di essere l’unico depositario dei benefici di Dio.
Di fronte a tutto questo che avrebbe bloccato sul nascere ogni speranza di ricevere anche un minimo aiuto ecco l’insistenza della donna: troppo grande è l’amore di una mamma, un amore capace di superare ogni ostacolo, capace, se ve ne fosse bisogno di far cambiare idea anche a Dio!
La testardaggine della donna apre il cuore di Gesù ed inizia un dialogo serrato pieno di battute nel quale la donna tiene testa a Gesù ed alla fine ne risulta vincitrice; è la prima volta, forse l’unica, che Gesù viene sconfitto in un dialogo!
Ma i veri interlocutori di quel meraviglioso dialogo paiono essere non la donna, ma proprio i discepoli: solo loro potevano comprendere pienamente lo strano discorso sul pane dei figli gettato ai cani, poiché era chiaro il riferimento a quel pane della condivisione, segno del pane eucaristico, di cui cinquemila uomini ne avevano mangiato a sazietà per poi avanzarne dodici ceste, una per ciascun discepolo (Mt 14,13-21). Come i discepoli allora, così anche noi oggi siamo chiamati a portare quel pane ad ogni uomo, senza domandarci chi sia, cosa creda e soprattutto se sia buono o malvagio!
È necessario allora comprendere molto bene questa pagina, magari illuminati anche dalla prima lettura perché il tema di oggi è quello dell’universalità della salvezza: Dio è venuto per tutti i popoli. Anche se tutto questo era perfettamente chiaro anche al popolo di Israele, che ben sapeva di dover svolgere quasi un ruolo di sentinella tra i popoli per indicare la luce ed il cammino per riconoscere il vero volto di Dio, come spesso accade, nel corso dei secoli era prevalso il discorso dell’appartenenza al popolo scelto, eletto da Dio, ritenendo esclusivo il dono dell’Alleanza fino ad arrivare ad una sorta di ostilità verso lo straniero.
Questo pericolo lo corre oggi anche la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo: in un momento storico in cui ci sentiamo sempre più minoranza, in cui con fastidio viviamo e mal sopportiamo l’avanzata della religione islamica; ora se vanno certamente rimarcate le radici culturali della nostra Europa, questa sottolineatura non deve diventare segno di divisione e di esclusione per chi non condivide la nostra fede, perché nelle nostre comuni radici cristiane vi è un punto focale ed è proprio l’accoglienza, la fraternità, l’amore universale.
Utilizzare la propria fede come muro di cinta, di divisione da chi non ha la mia stessa fede o i miei stessi valori religiosi significa non aver capito nulla del nostro essere cristiani, i quali devono essere sempre pronti a rendere ragione della propria fede nella costruzione di un mondo più giusto, più solidale, direi, più umano!
Nella sua risposta la donna rivela una intelligenza e una abilità dialettica straordinaria e, pur non conoscendo il discorso del pane, comprende che c’è una benedizione verso i figli e desidera che qualche briciola di questa possa cadere anche su di lei e sui pagani; non risponde risentita per l’insulto, accetta l’immagine dei cani, ma chiede di lasciare che alcune, poche briciole possano cadere perché anche i lontani possano sfamarsi.
Nelle parole di quella donna possiamo cogliere quanto nel mondo ci sia fame di vangelo, fame di quella parola di Dio che sola sa indicare agli uomini e alle donne di oggi la vera realizzazione della nostra umanità nell’amore; ora come discepoli a cui sono state date in custodia le ceste del pane avanzato siamo chiamati a portare questo pane al mondo, testimoniando in ogni “momento opportuno e non opportuno” (2Tm 4,2) la gioia che abbiamo ricevuto in cuore nel nostro incontro con Dio.
Alle parole di questa donna, Gesù rimane stupito della sua grande fede e la loda apertamente perché essa ha compreso prima dei discepoli che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, ma tutti sono suoi figli ugualmente amati, indipendentemente dalla religione che possono praticare; a tutti questi suoi figli Dio offre lo stesso pane, il suo amore!
La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che questi professano. La cananea non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per i loro figli; essa sente il bisogno di incontrare Dio, di affidarsi a Lui come ultima, unica speranza; sente che Dio, o è Padre/Madre amorevole per ogni uomo oppure non è Dio, sente pertanto che il rapporto con Dio non dipende dalla razza o dalla religione. Questo diritto ad incontrare Dio appartiene a tutti i suoi figli, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, bianchi, neri, gialli e rossi, italiani ed immigrati!
Non importa come raggiungiamo Dio, quale sia il nostro personale cammino, ciò che importa è che apriamo il nostro cuore a questo incontro: l’amore non si ferma davanti al silenzio dell’amato, non si ferma neanche davanti al silenzio di Dio o a quella che può apparire una risposta negativa; l’amore è insistente al limite del diventare anche fastidioso e soprattutto l’amore è capace di coinvolgere anche chi può apparire lontano.
“Avvenga per te come desideri”: la fede di quella donna ha compiuto il miracolo, che non sta solo nella guarigione della bimba, ma nella realizzazione di un mondo nuovo dove ogni uomo sia liberato dai suoi demoni, un mondo dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame, dove non ci sono “noi” e “gli altri”, ma solo fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio
Questa donna, che ottiene ciò che voleva perché riesce ad affidarsi totalmente nelle mani di Dio, ci insegna qualcosa di enormemente grande: solo chi ama incontra Dio e trova la gioia!
Certamente rimango frastornato dalla reazione prima indifferente e poi quasi stizzita di Gesù nei confronti di quella mamma che nulla gli aveva fatto se non seguirlo gridando il suo bisogno; infatti la reazione di Gesù è sorprendente da un lato e raggelante dall’altro: quel Gesù, volto umano di un Dio misericordioso che si inchina di fronte alle sofferenze dell’uomo, di ogni uomo per curarne le ferite e allievarne le pene, proprio Lui non rivolge neanche la parola a quella donna che con tanta insistenza gli chiedeva pietà. E i discepoli? Belli loro, a rincarare la dose, se mai ce ne fosse bisogno, invitando Gesù non ad “esaudirla” come maldestramente afferma una traduzione sbagliata, ma a “cacciarla via” per far finire tutto lo strepitio che essa stava creando con le sue urla. Ed ancora Gesù che sembra confermare la loro posizione infastidita ricordando ciò che ogni ebreo credeva ovvero di essere l’unico depositario dei benefici di Dio.
Di fronte a tutto questo che avrebbe bloccato sul nascere ogni speranza di ricevere anche un minimo aiuto ecco l’insistenza della donna: troppo grande è l’amore di una mamma, un amore capace di superare ogni ostacolo, capace, se ve ne fosse bisogno di far cambiare idea anche a Dio!
La testardaggine della donna apre il cuore di Gesù ed inizia un dialogo serrato pieno di battute nel quale la donna tiene testa a Gesù ed alla fine ne risulta vincitrice; è la prima volta, forse l’unica, che Gesù viene sconfitto in un dialogo!
Ma i veri interlocutori di quel meraviglioso dialogo paiono essere non la donna, ma proprio i discepoli: solo loro potevano comprendere pienamente lo strano discorso sul pane dei figli gettato ai cani, poiché era chiaro il riferimento a quel pane della condivisione, segno del pane eucaristico, di cui cinquemila uomini ne avevano mangiato a sazietà per poi avanzarne dodici ceste, una per ciascun discepolo (Mt 14,13-21). Come i discepoli allora, così anche noi oggi siamo chiamati a portare quel pane ad ogni uomo, senza domandarci chi sia, cosa creda e soprattutto se sia buono o malvagio!
È necessario allora comprendere molto bene questa pagina, magari illuminati anche dalla prima lettura perché il tema di oggi è quello dell’universalità della salvezza: Dio è venuto per tutti i popoli. Anche se tutto questo era perfettamente chiaro anche al popolo di Israele, che ben sapeva di dover svolgere quasi un ruolo di sentinella tra i popoli per indicare la luce ed il cammino per riconoscere il vero volto di Dio, come spesso accade, nel corso dei secoli era prevalso il discorso dell’appartenenza al popolo scelto, eletto da Dio, ritenendo esclusivo il dono dell’Alleanza fino ad arrivare ad una sorta di ostilità verso lo straniero.
Questo pericolo lo corre oggi anche la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo: in un momento storico in cui ci sentiamo sempre più minoranza, in cui con fastidio viviamo e mal sopportiamo l’avanzata della religione islamica; ora se vanno certamente rimarcate le radici culturali della nostra Europa, questa sottolineatura non deve diventare segno di divisione e di esclusione per chi non condivide la nostra fede, perché nelle nostre comuni radici cristiane vi è un punto focale ed è proprio l’accoglienza, la fraternità, l’amore universale.
Utilizzare la propria fede come muro di cinta, di divisione da chi non ha la mia stessa fede o i miei stessi valori religiosi significa non aver capito nulla del nostro essere cristiani, i quali devono essere sempre pronti a rendere ragione della propria fede nella costruzione di un mondo più giusto, più solidale, direi, più umano!
Nella sua risposta la donna rivela una intelligenza e una abilità dialettica straordinaria e, pur non conoscendo il discorso del pane, comprende che c’è una benedizione verso i figli e desidera che qualche briciola di questa possa cadere anche su di lei e sui pagani; non risponde risentita per l’insulto, accetta l’immagine dei cani, ma chiede di lasciare che alcune, poche briciole possano cadere perché anche i lontani possano sfamarsi.
Nelle parole di quella donna possiamo cogliere quanto nel mondo ci sia fame di vangelo, fame di quella parola di Dio che sola sa indicare agli uomini e alle donne di oggi la vera realizzazione della nostra umanità nell’amore; ora come discepoli a cui sono state date in custodia le ceste del pane avanzato siamo chiamati a portare questo pane al mondo, testimoniando in ogni “momento opportuno e non opportuno” (2Tm 4,2) la gioia che abbiamo ricevuto in cuore nel nostro incontro con Dio.
Alle parole di questa donna, Gesù rimane stupito della sua grande fede e la loda apertamente perché essa ha compreso prima dei discepoli che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, ma tutti sono suoi figli ugualmente amati, indipendentemente dalla religione che possono praticare; a tutti questi suoi figli Dio offre lo stesso pane, il suo amore!
La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che questi professano. La cananea non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per i loro figli; essa sente il bisogno di incontrare Dio, di affidarsi a Lui come ultima, unica speranza; sente che Dio, o è Padre/Madre amorevole per ogni uomo oppure non è Dio, sente pertanto che il rapporto con Dio non dipende dalla razza o dalla religione. Questo diritto ad incontrare Dio appartiene a tutti i suoi figli, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, bianchi, neri, gialli e rossi, italiani ed immigrati!
Non importa come raggiungiamo Dio, quale sia il nostro personale cammino, ciò che importa è che apriamo il nostro cuore a questo incontro: l’amore non si ferma davanti al silenzio dell’amato, non si ferma neanche davanti al silenzio di Dio o a quella che può apparire una risposta negativa; l’amore è insistente al limite del diventare anche fastidioso e soprattutto l’amore è capace di coinvolgere anche chi può apparire lontano.
“Avvenga per te come desideri”: la fede di quella donna ha compiuto il miracolo, che non sta solo nella guarigione della bimba, ma nella realizzazione di un mondo nuovo dove ogni uomo sia liberato dai suoi demoni, un mondo dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame, dove non ci sono “noi” e “gli altri”, ma solo fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio
Questa donna, che ottiene ciò che voleva perché riesce ad affidarsi totalmente nelle mani di Dio, ci insegna qualcosa di enormemente grande: solo chi ama incontra Dio e trova la gioia!
Commento 16 agosto 2020
Gesù, dopo aver subito un forte rimprovero da parte degli scribi e dei farisei perché trascurava le purificazioni rituali prima dei pasti si ritira in terra straniera, esce da Israele, compiendo un suo personale esodo. Lungo questo cammino incontra una donna cananea. Ella non aveva fatto nessun cammino spirituale, nessun percorso particolare di fede, era solo una mamma preoccupata per le condizioni di salute della figlia “tormentata da un demonio”. Chissà quanti tentativi con guaritori e santoni di ogni tipo aveva fatto in precedenza, poi la notizia di quest’uomo nemico del suo popolo, ma forse capace di ridare vita nuova a quella sua figliola; sì, forse quell’uomo era l’ultima speranza per il suo cuore di mamma.
La reazione di Gesù è sorprendente da un lato e raggelante dall’altro: quel Gesù, volto umano di un Dio misericordioso che si inchina di fronte alle sofferenze dell’uomo, di ogni uomo per curarne le ferite e allievarne le pene, proprio Lui non rivolge neanche la parola a quella donna che con tanta insistenza gli chiedeva pietà. Anche i discepoli rincarano la dose, se mai ce ne fosse bisogno, invitando Gesù non ad “esaudirla” come maldestramente afferma una traduzione sbagliata, ma a “cacciarla via” per far finire tutto lo strepitio che essa stava creando con le sue urla. Infine ancora Gesù nella sua risposta ai discepoli sembra confermare l’esclusiva del popolo ebraico circa il suo rapporto con Dio.
La donna però insiste, troppo grande è l’amore di una mamma, un amore capace di superare ogni ostacolo, capace, se ve ne fosse bisogno di far cambiare idea anche a Dio! Quell’insistenza apre il cuore di Gesù ed inizia un dialogo serrato pieno di battute nel quale la donna tiene testa a Gesù ed alla fine ne risulta vincitrice, ma i veri interlocutori di quel meraviglioso dialogo paiono essere non la donna, ma proprio i discepoli: solo loro potevano comprendere pienamente lo strano discorso sul pane dei figli gettato ai cani, poiché era chiaro il riferimento di quel segno pane al pane eucaristico, pane della condivisione di cui dopo che tutti si erano saziati ne erano avanzate dodici ceste, una per ciascun discepolo; anche noi oggi siamo chiamati a portare quel pane ad ogni uomo.
È necessario allora comprendere molto bene questa pagina, magari illuminati anche dalla prima lettura perché il tema di oggi è quello dell’universalità della salvezza: Dio è venuto per tutti i popoli. Tutto questo era perfettamente chiaro anche al popolo di Israele, che ben sapeva di dover svolgere quasi un ruolo da sentinella tra i popoli per indicare la luce ed il cammino per riconoscere il vero volto di Dio. Poi nel corso dei secoli era prevalso il discorso dell’appartenenza al popolo scelto, eletto da Dio, ritenendo esclusivo il dono dell’Alleanza fino ad arrivare ad una sorta di ostilità verso lo straniero. Anche la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, rischia di vivere oggi lo stesso pericolo del popolo di Israele: vanno certamente rimarcate, ad esempio le radici culturali della nostra Europa, ma questa sottolineatura non deve diventare segno di divisione e di esclusione per chi non condivide la nostra fede. Intendo dire se utilizzo la mia fede come muro di cinta, di divisione da chi non crede non ho capito nulla del mio essere cristiano sempre pronto a rendere ragione della mia fede nella costruzione innanzitutto di un mondo più giusto, più solidale, direi, più umano!
Nella sua risposta la donna rivela una intelligenza e una abilità dialettica straordinaria e, pur non conoscendo il discorso del pane, comprende che c’è una benedizione verso i figli e desidera che qualche briciola di questa possa cadere anche sui pagani. Non risponde risentita per l’insulto, accetta l’immagine dei cani, ma chiede di lasciare che alcune, poche briciole possano cadere perché anche i lontani possano sfamarsi. Nel mondo c’è fame di vangelo, c’è fame di quella parola di Dio che sola sa indicare agli uomini e donne di oggi la vera realizzazione della nostra umanità nell’amore; come discepoli siamo pertanto chiamati a portare questo pane al mondo, testimoniando in ogni occasione la gioia dell’incontro con Dio.
Gesù rimane stupito della grande fede della donna e la loda apertamente perché essa ha compreso prima dei discepoli che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, ma tutti sono suoi figli ugualmente amati, indipendentemente dalla religione che possono praticare; insomma a tutti Dio offre lo stesso pane, il suo amore!
La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che professano. La cananea non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per i loro figli; essa sente il bisogno di incontrare Dio, di affidarsi a Lui come ultima, unica speranza; sente che Dio, o è Padre/Madre amorevole per ogni uomo oppure non è Dio, sente pertanto che il rapporto con Dio non dipende dalla razza o dalla religione. Questo diritto ad incontrare Dio appartiene a tutti i suoi figli, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, comunitari e immigrati!
Non importa come raggiungiamo Dio, quale sia il nostro personale cammino; importa solo che apriamo il nostro cuore a questo incontro. L’amore non si ferma davanti al silenzio dell’amato, non si ferma neanche davanti al silenzio di Dio o a quella che può apparire una risposta negativa; l’amore è insistente al limite del diventare inopportuno, l’amore è capace di coinvolgere anche chi può apparire lontano.
“Avvenga per te come desideri”: la fede di quella donna ha compiuto il miracolo, che non sta solo nella guarigione della bimba, ma nella realizzazione di un mondo nuovo dove ogni uomo sia liberato dai suoi demoni, un mondo dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame, dove non ci sono “noi” e “gli altri”, ma solo fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio
Questa donna ottiene ciò che voleva perché riesce ad affidarsi totalmente nelle mani di Dio. Solo chi ama è in grado di aprire il proprio cuore ad una tale fiducia. Solo chi ama incontra Dio e trova la gioia!
La reazione di Gesù è sorprendente da un lato e raggelante dall’altro: quel Gesù, volto umano di un Dio misericordioso che si inchina di fronte alle sofferenze dell’uomo, di ogni uomo per curarne le ferite e allievarne le pene, proprio Lui non rivolge neanche la parola a quella donna che con tanta insistenza gli chiedeva pietà. Anche i discepoli rincarano la dose, se mai ce ne fosse bisogno, invitando Gesù non ad “esaudirla” come maldestramente afferma una traduzione sbagliata, ma a “cacciarla via” per far finire tutto lo strepitio che essa stava creando con le sue urla. Infine ancora Gesù nella sua risposta ai discepoli sembra confermare l’esclusiva del popolo ebraico circa il suo rapporto con Dio.
La donna però insiste, troppo grande è l’amore di una mamma, un amore capace di superare ogni ostacolo, capace, se ve ne fosse bisogno di far cambiare idea anche a Dio! Quell’insistenza apre il cuore di Gesù ed inizia un dialogo serrato pieno di battute nel quale la donna tiene testa a Gesù ed alla fine ne risulta vincitrice, ma i veri interlocutori di quel meraviglioso dialogo paiono essere non la donna, ma proprio i discepoli: solo loro potevano comprendere pienamente lo strano discorso sul pane dei figli gettato ai cani, poiché era chiaro il riferimento di quel segno pane al pane eucaristico, pane della condivisione di cui dopo che tutti si erano saziati ne erano avanzate dodici ceste, una per ciascun discepolo; anche noi oggi siamo chiamati a portare quel pane ad ogni uomo.
È necessario allora comprendere molto bene questa pagina, magari illuminati anche dalla prima lettura perché il tema di oggi è quello dell’universalità della salvezza: Dio è venuto per tutti i popoli. Tutto questo era perfettamente chiaro anche al popolo di Israele, che ben sapeva di dover svolgere quasi un ruolo da sentinella tra i popoli per indicare la luce ed il cammino per riconoscere il vero volto di Dio. Poi nel corso dei secoli era prevalso il discorso dell’appartenenza al popolo scelto, eletto da Dio, ritenendo esclusivo il dono dell’Alleanza fino ad arrivare ad una sorta di ostilità verso lo straniero. Anche la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, rischia di vivere oggi lo stesso pericolo del popolo di Israele: vanno certamente rimarcate, ad esempio le radici culturali della nostra Europa, ma questa sottolineatura non deve diventare segno di divisione e di esclusione per chi non condivide la nostra fede. Intendo dire se utilizzo la mia fede come muro di cinta, di divisione da chi non crede non ho capito nulla del mio essere cristiano sempre pronto a rendere ragione della mia fede nella costruzione innanzitutto di un mondo più giusto, più solidale, direi, più umano!
Nella sua risposta la donna rivela una intelligenza e una abilità dialettica straordinaria e, pur non conoscendo il discorso del pane, comprende che c’è una benedizione verso i figli e desidera che qualche briciola di questa possa cadere anche sui pagani. Non risponde risentita per l’insulto, accetta l’immagine dei cani, ma chiede di lasciare che alcune, poche briciole possano cadere perché anche i lontani possano sfamarsi. Nel mondo c’è fame di vangelo, c’è fame di quella parola di Dio che sola sa indicare agli uomini e donne di oggi la vera realizzazione della nostra umanità nell’amore; come discepoli siamo pertanto chiamati a portare questo pane al mondo, testimoniando in ogni occasione la gioia dell’incontro con Dio.
Gesù rimane stupito della grande fede della donna e la loda apertamente perché essa ha compreso prima dei discepoli che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, ma tutti sono suoi figli ugualmente amati, indipendentemente dalla religione che possono praticare; insomma a tutti Dio offre lo stesso pane, il suo amore!
La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che professano. La cananea non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per i loro figli; essa sente il bisogno di incontrare Dio, di affidarsi a Lui come ultima, unica speranza; sente che Dio, o è Padre/Madre amorevole per ogni uomo oppure non è Dio, sente pertanto che il rapporto con Dio non dipende dalla razza o dalla religione. Questo diritto ad incontrare Dio appartiene a tutti i suoi figli, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, comunitari e immigrati!
Non importa come raggiungiamo Dio, quale sia il nostro personale cammino; importa solo che apriamo il nostro cuore a questo incontro. L’amore non si ferma davanti al silenzio dell’amato, non si ferma neanche davanti al silenzio di Dio o a quella che può apparire una risposta negativa; l’amore è insistente al limite del diventare inopportuno, l’amore è capace di coinvolgere anche chi può apparire lontano.
“Avvenga per te come desideri”: la fede di quella donna ha compiuto il miracolo, che non sta solo nella guarigione della bimba, ma nella realizzazione di un mondo nuovo dove ogni uomo sia liberato dai suoi demoni, un mondo dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame, dove non ci sono “noi” e “gli altri”, ma solo fratelli e sorelle, figli dello stesso Dio
Questa donna ottiene ciò che voleva perché riesce ad affidarsi totalmente nelle mani di Dio. Solo chi ama è in grado di aprire il proprio cuore ad una tale fiducia. Solo chi ama incontra Dio e trova la gioia!
Commento 20 agosto 2017
Il vangelo ovvero la buona notizia che l’amore è il senso della vita non è esclusiva di un piccolo popolo, ma è un messaggio universale destinato a tutti e capace di essere accolto da chiunque. Già nell’Antico Testamento era chiaro che Israele aveva ricevuto da Dio la missione di testimoniare ed annunciare a tutti i popoli l’amore di Dio ma ad un certo punto questo suo privilegio era diventato motivo di esclusione per tutti coloro che non appartenevano al popolo tanto che era normale parlando degli stranieri la contrapposizione tra i figli di Dio (Israele) e i cani (le genti pagane). Anche alla Chiesa, la comunità dei discepoli, è affidata la missione che fu del popolo ebraico: manifestare, annunciare, testimoniare concretamente al mondo il vangelo di Dio; proprio per questo la lettura di oggi ci invita ad uno sguardo universalistico, cattolico sul mondo e sui figli di Dio. Chi rifiuta l’accoglienza anche se preso dalla paura del diverso, del terrorismo, non può dirsi discepolo del Signore.
Anche Gesù, figlio della cultura del suo popolo, sembra avere atteggiamenti maleducati, direi al limite del rifiuto e del razzismo nei confronti di questa donna straniera che lo importunava. Questo mi permette di fare una riflessione importante: troppe volte guardiamo a Gesù come il Figlio di Dio che vive la perfezione divina, dimenticando che in Lui sono perfettamente presenti la natura umana e quella divina. Gesù, oltre che “vero Dio”, è “vero uomo”, cresciuto all’interno della sua cultura per cui è in grado di crescere, di imparare, di “convertirsi”, cioè di “cambiare la propria testa”. Se noi cambiamo poco, nel corso dell'esistenza, è perché non sappiamo più incontrare l’altro o lo incontriamo male, senza accogliere il dono che l'altro ci porta.
Gesù era uomo di incontri, in ogni incontro realizzava una reciproca fecondazione, accendeva il cuore dell'altro e lui stesso e ne usciva trasformato, come qui. Nell’incontro con la donna cananea, Gesù passa dall’affermare che solo agli ebrei è affidato il messaggio di Dio al riconoscere nella donna pagana una grande fede.
Questo incontro apre il cuore di Gesù alla fame e al dolore di tutti i bambini, che siano d'Israele, di Tiro e Sidone, o di Gaza: la fame è uguale, il dolore è lo stesso, identico l'amore delle madri. Dio non è venuto per quelli di Israele, Gesù è il Pastore di tutto il dolore del mondo.
L’atteggiamento tranciante di Gesù (“Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”) è convertito dalla risposta geniale di quella madre: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. È la svolta del racconto: questa immagine illumina Gesù, qualcosa commuove Gesù e ne cambia l'atteggiamento: è la convinzione assoluta di quella donna che tutti, anche i pagani sono amati, che per Dio non esistono figli e cani, ma solo figli; la donna vive nell'umiltà di chi va in cerca solo di briciole, di pane perduto per saziare la propria fame. Gesù apprezza l’atteggiamento della donna: Donna, grande è la tua fede!
La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda, che la incalza: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che professano. Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per la carne della loro carne: esse conoscono Dio dal di dentro, lo sentono pulsare nel profondo delle loro piaghe, all'unisono con il loro cuore di madre. Credono che il diritto supremo davanti a Dio è dato dalla sofferenza e dal bisogno, non dalla razza o dalla religione. E che questo diritto appartiene a tutti i figli di Dio, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, comunitari e immigrati!
Gesù cambia attraverso l’amore di quella mamma, un amore infinito, capace di rivolgersi a quel profeta e guaritore ebreo, che lei ritiene l’unico in grado, forse l’ultima speranza, di guarire la figlia. Non importa come raggiungiamo Dio, quale sia il nostro personale cammino; importa solo che apriamo il nostro cuore a questo incontro. L’amore non si ferma davanti al silenzio dell’amato, non si ferma neanche davanti al silenzio di Dio o a quella che può apparire una risposta negativa; l’amore è insistente al limite del diventare importuno e inopportuno, l’amore è capace di coinvolgere anche chi può essere lontano.
“Avvenga per te come desideri”: la fede è come un grembo che partorisce il miracolo, che non sta solo nella guarigione della bimba, ma nella realizzazione di un sogno di mondo da far nostro: la terra come un'unica grande casa, una tavola ricca di pane, e intorno tanti figli. Una casa dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame. Dove non ci sono “noi” e non ci sono “altri”, ma solo.
Questa donna ottiene ciò che voleva perché con la forza dell’amore riesce ad affidarsi totalmente nelle mani di Dio. Ecco ciò che ci chiede oggi il vangelo: vivere accoccolati nelle mani di Dio con la fiducia dei bambini che si lasciano sollevare dalle mani forti e tenere dei genitori. Solo chi ama è in grado di aprire il proprio cuore ad una tale fiducia. Solo chi ama incontra Dio e trova la gioia!
Anche Gesù, figlio della cultura del suo popolo, sembra avere atteggiamenti maleducati, direi al limite del rifiuto e del razzismo nei confronti di questa donna straniera che lo importunava. Questo mi permette di fare una riflessione importante: troppe volte guardiamo a Gesù come il Figlio di Dio che vive la perfezione divina, dimenticando che in Lui sono perfettamente presenti la natura umana e quella divina. Gesù, oltre che “vero Dio”, è “vero uomo”, cresciuto all’interno della sua cultura per cui è in grado di crescere, di imparare, di “convertirsi”, cioè di “cambiare la propria testa”. Se noi cambiamo poco, nel corso dell'esistenza, è perché non sappiamo più incontrare l’altro o lo incontriamo male, senza accogliere il dono che l'altro ci porta.
Gesù era uomo di incontri, in ogni incontro realizzava una reciproca fecondazione, accendeva il cuore dell'altro e lui stesso e ne usciva trasformato, come qui. Nell’incontro con la donna cananea, Gesù passa dall’affermare che solo agli ebrei è affidato il messaggio di Dio al riconoscere nella donna pagana una grande fede.
Questo incontro apre il cuore di Gesù alla fame e al dolore di tutti i bambini, che siano d'Israele, di Tiro e Sidone, o di Gaza: la fame è uguale, il dolore è lo stesso, identico l'amore delle madri. Dio non è venuto per quelli di Israele, Gesù è il Pastore di tutto il dolore del mondo.
L’atteggiamento tranciante di Gesù (“Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”) è convertito dalla risposta geniale di quella madre: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. È la svolta del racconto: questa immagine illumina Gesù, qualcosa commuove Gesù e ne cambia l'atteggiamento: è la convinzione assoluta di quella donna che tutti, anche i pagani sono amati, che per Dio non esistono figli e cani, ma solo figli; la donna vive nell'umiltà di chi va in cerca solo di briciole, di pane perduto per saziare la propria fame. Gesù apprezza l’atteggiamento della donna: Donna, grande è la tua fede!
La grande fede della donna non sta in formule o dichiarazioni, ma in una convinzione profonda, che la incalza: Dio è più attento alla vita e al dolore dei suoi figli che non alla fede che professano. Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono per la carne della loro carne: esse conoscono Dio dal di dentro, lo sentono pulsare nel profondo delle loro piaghe, all'unisono con il loro cuore di madre. Credono che il diritto supremo davanti a Dio è dato dalla sofferenza e dal bisogno, non dalla razza o dalla religione. E che questo diritto appartiene a tutti i figli di Dio, che sono tutti uguali, giudei e fenici, credenti e pagani, comunitari e immigrati!
Gesù cambia attraverso l’amore di quella mamma, un amore infinito, capace di rivolgersi a quel profeta e guaritore ebreo, che lei ritiene l’unico in grado, forse l’ultima speranza, di guarire la figlia. Non importa come raggiungiamo Dio, quale sia il nostro personale cammino; importa solo che apriamo il nostro cuore a questo incontro. L’amore non si ferma davanti al silenzio dell’amato, non si ferma neanche davanti al silenzio di Dio o a quella che può apparire una risposta negativa; l’amore è insistente al limite del diventare importuno e inopportuno, l’amore è capace di coinvolgere anche chi può essere lontano.
“Avvenga per te come desideri”: la fede è come un grembo che partorisce il miracolo, che non sta solo nella guarigione della bimba, ma nella realizzazione di un sogno di mondo da far nostro: la terra come un'unica grande casa, una tavola ricca di pane, e intorno tanti figli. Una casa dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame. Dove non ci sono “noi” e non ci sono “altri”, ma solo.
Questa donna ottiene ciò che voleva perché con la forza dell’amore riesce ad affidarsi totalmente nelle mani di Dio. Ecco ciò che ci chiede oggi il vangelo: vivere accoccolati nelle mani di Dio con la fiducia dei bambini che si lasciano sollevare dalle mani forti e tenere dei genitori. Solo chi ama è in grado di aprire il proprio cuore ad una tale fiducia. Solo chi ama incontra Dio e trova la gioia!