Terza domenica di Avvento Anno A
Vangelo Mt 11, 2-11
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Commento 11 dicembre 2022
Giovanni Battista è in carcere, attende ormai solo la sua condanna a morte, sa di aver svolto il suo compito, ma, guardando a quell'uomo Gesù che lui stesso aveva indicato come il Messia, non riesce a riconoscere in lui quel Dio forte, giudice severo ed implacabile che viene per estirpare la zizzania di questo mondo. Giovanni, allora, viene travolto da un dubbio al contempo santo e tremendo: “e se mi fossi sbagliato?”
Giovanni credeva che il Messia avrebbe portato la liberazione dei prigionieri (Is 61,1), eppure lui aveva pagato la sua predicazione contro il sistema religioso e politico corrotto con la prigione; Giovanni aveva annunciato l’imminente venuta del Messia come quella figura forte pronta a spazzare via il mondo vecchio, come fuoco eterno come brucia la pula, come ascia pronta a tagliare alle radici tutti gli alberi privi di frutto (Mt 3,10.12), ma al posto della scure, vi era la zappa paziente di un contadino pronto ancora una volta a concimare e dissodare il terreno del mio cuore. Giovanni aveva vissuto tutto questo predicando la verità non solo con le parole ma anche con la coerenza di una vita vissuta nella giustizia e nell’essenzialità, ma ciò che vedeva intorno a sé non era quello che aveva sperato.
Il Dio annunciato dal Battista era un Dio forte che colpiva duramente i suoi nemici, ricordate le dieci piaghe con cui aveva colpito l'Egitto; al contrario Gesù aveva appena compiuto dieci miracoli, dieci opere d’amore nei confronti degli emarginati e degli esclusi (Mt 8 e 9).
Di fronte a tutto ciò anche nel Battista, colui che “fra i nati da donna” era il più grande, nasce la domanda: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Giovanni non è schiacciato da questa sua perplessità, ha la forza di guardare in faccia al suo dubbio e ci insegna a fare lo stesso, perché solo in questo modo il dubbio diventa opportunità per crescere nella fede, in una fede non cieca, ma consapevole e forte. Giovanni non ha perso la speranza nell’intervento di Dio, non è “canna sbattuta dal vento”: la sua vita è davvero costruita sulla roccia della fede, ma la fede, questo ci dice la Parola di Dio, vive di dubbi! Una fede che non si interroga, che non affronta a viso aperto tutti i momenti tristi e difficili della nostra vita è una fede morta, inutile!
Così al centro di questo nostro Avvento è necessario chiederci quale Dio stiamo aspettando in questo ennesimo Natale. Di fronte all’incredibile notizia di un Dio che viene, che entra nella mia vita, che condivide la mia storia personale e la nostra storia di uomini e donne, il dubbio sorge perché fatico sempre di più nel vedere intorno a me quella salvezza, quel mondo nuovo che tanto desidero nel mio cuore: dov’è quel regno di giustizia e di pace di cui il Signore aveva parlato, dov’è quell’umanità nuova finalmente liberata dal peccato e dal male, se ai miei occhi il mondo appare ancora oggi segnato dalla sofferenza, dalla violenza e dal male, frutti dell’egoismo e dell’indifferenza di tante donne e uomini?
Dobbiamo chiedercelo ancora di più perché come accaduto per Giovanni anche le mie e nostre attese potrebbero andare deluse ed in questo caso sono le nostre attese che devono essere modificate. Chi si aspettasse un Messia che viene per risolvere i problemi a colpi di miracoli sostituendosi a ciò che noi siamo chiamati a fare, sappia che sicuramente rimarrà deluso: qui non ci sono messia, uomini forti, che soli al comando, possano risolvere i nostri problemi, o meglio nascondere la polvere di problemi veri sotto il tappeto di false promesse.
Gesù risponde al dubbio di Giovanni e nostro semplicemente invitandoci ad aprire i nostri occhi per vedere tutti quei segni della presenza e dell’intervento di Dio già presenti nel mondo: l’umanità cieca e chiusa nel peccato ora finalmente può vedere il vero volto di Dio, può camminare lungo le sue vie di giustizia, può uscire dal suo sordo egoismo per ascoltare i bisogni dell’altro, può risorgere a una vita nuova segnata dall’amore e a coloro che non avevano più speranza è annunciata la buona notizia dell’amore incondizionato di Dio.
Può creare scandalo l’idea di un Dio che mi ama incondizionatamente, che scende dal suo cielo lontano per entrare nella mia vita, un Dio che non condanna ma ama tutti, buoni e cattivi, che arriva a morire, a dare la vita per me peccatore, ma mi domando sempre più spesso perché spero in (cerco) un Dio giustiziere implacabile del male e mi scandalizzo di un Dio che mi ama! Allora ecco la decima beatitudine nel vangelo di Matteo: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” Non basta essere un grande uomo "nato da donna" per non lasciarsi scandalizzare da un Dio così diverso da come ce lo siamo da sempre immaginati, è necessario diventare "piccoli nel regno dei cieli": convertiamoci ed apriamo il nostro cuore perché celebrare il Natale è celebrare questo Dio!
Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi! (cfr. Is 35,4)
Giovanni credeva che il Messia avrebbe portato la liberazione dei prigionieri (Is 61,1), eppure lui aveva pagato la sua predicazione contro il sistema religioso e politico corrotto con la prigione; Giovanni aveva annunciato l’imminente venuta del Messia come quella figura forte pronta a spazzare via il mondo vecchio, come fuoco eterno come brucia la pula, come ascia pronta a tagliare alle radici tutti gli alberi privi di frutto (Mt 3,10.12), ma al posto della scure, vi era la zappa paziente di un contadino pronto ancora una volta a concimare e dissodare il terreno del mio cuore. Giovanni aveva vissuto tutto questo predicando la verità non solo con le parole ma anche con la coerenza di una vita vissuta nella giustizia e nell’essenzialità, ma ciò che vedeva intorno a sé non era quello che aveva sperato.
Il Dio annunciato dal Battista era un Dio forte che colpiva duramente i suoi nemici, ricordate le dieci piaghe con cui aveva colpito l'Egitto; al contrario Gesù aveva appena compiuto dieci miracoli, dieci opere d’amore nei confronti degli emarginati e degli esclusi (Mt 8 e 9).
Di fronte a tutto ciò anche nel Battista, colui che “fra i nati da donna” era il più grande, nasce la domanda: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Giovanni non è schiacciato da questa sua perplessità, ha la forza di guardare in faccia al suo dubbio e ci insegna a fare lo stesso, perché solo in questo modo il dubbio diventa opportunità per crescere nella fede, in una fede non cieca, ma consapevole e forte. Giovanni non ha perso la speranza nell’intervento di Dio, non è “canna sbattuta dal vento”: la sua vita è davvero costruita sulla roccia della fede, ma la fede, questo ci dice la Parola di Dio, vive di dubbi! Una fede che non si interroga, che non affronta a viso aperto tutti i momenti tristi e difficili della nostra vita è una fede morta, inutile!
Così al centro di questo nostro Avvento è necessario chiederci quale Dio stiamo aspettando in questo ennesimo Natale. Di fronte all’incredibile notizia di un Dio che viene, che entra nella mia vita, che condivide la mia storia personale e la nostra storia di uomini e donne, il dubbio sorge perché fatico sempre di più nel vedere intorno a me quella salvezza, quel mondo nuovo che tanto desidero nel mio cuore: dov’è quel regno di giustizia e di pace di cui il Signore aveva parlato, dov’è quell’umanità nuova finalmente liberata dal peccato e dal male, se ai miei occhi il mondo appare ancora oggi segnato dalla sofferenza, dalla violenza e dal male, frutti dell’egoismo e dell’indifferenza di tante donne e uomini?
Dobbiamo chiedercelo ancora di più perché come accaduto per Giovanni anche le mie e nostre attese potrebbero andare deluse ed in questo caso sono le nostre attese che devono essere modificate. Chi si aspettasse un Messia che viene per risolvere i problemi a colpi di miracoli sostituendosi a ciò che noi siamo chiamati a fare, sappia che sicuramente rimarrà deluso: qui non ci sono messia, uomini forti, che soli al comando, possano risolvere i nostri problemi, o meglio nascondere la polvere di problemi veri sotto il tappeto di false promesse.
Gesù risponde al dubbio di Giovanni e nostro semplicemente invitandoci ad aprire i nostri occhi per vedere tutti quei segni della presenza e dell’intervento di Dio già presenti nel mondo: l’umanità cieca e chiusa nel peccato ora finalmente può vedere il vero volto di Dio, può camminare lungo le sue vie di giustizia, può uscire dal suo sordo egoismo per ascoltare i bisogni dell’altro, può risorgere a una vita nuova segnata dall’amore e a coloro che non avevano più speranza è annunciata la buona notizia dell’amore incondizionato di Dio.
Può creare scandalo l’idea di un Dio che mi ama incondizionatamente, che scende dal suo cielo lontano per entrare nella mia vita, un Dio che non condanna ma ama tutti, buoni e cattivi, che arriva a morire, a dare la vita per me peccatore, ma mi domando sempre più spesso perché spero in (cerco) un Dio giustiziere implacabile del male e mi scandalizzo di un Dio che mi ama! Allora ecco la decima beatitudine nel vangelo di Matteo: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” Non basta essere un grande uomo "nato da donna" per non lasciarsi scandalizzare da un Dio così diverso da come ce lo siamo da sempre immaginati, è necessario diventare "piccoli nel regno dei cieli": convertiamoci ed apriamo il nostro cuore perché celebrare il Natale è celebrare questo Dio!
Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi! (cfr. Is 35,4)
Commento 15 dicembre 2019
Circondata dal gioioso “sì” di Maria (Immacolata) e da quello più balbettante di Giuseppe (IV di Avvento), la liturgia di oggi ci viene incontro con la figura stupenda ed umanamente a noi più vicina di Giovanni, travolto da un dubbio al contempo santo e tremendo: “e se mi fossi sbagliato?” Insomma la Parola di oggi ci invita al centro di questo nostro Avvento a chiederci quale Dio stiamo aspettando in questo ennesimo Natale. Di fronte all’incredibile notizia di un Dio che viene, che entra nella mia vita, che condivide la mia storia personale, la nostra storia di uomini e donne, il dubbio sorge perché fatico sempre di più nel vedere intorno a me quella salvezza, quel mondo nuovo che tanto desidero nel mio cuore: dov’è quel regno di giustizia e di pace che il Signore avrebbe portato, dov’è quell’umanità nuova finalmente liberata dal peccato e dal male, se ai miei occhi il mondo appare ancora oggi segnato dalla sofferenza, dalla violenza e dal male, frutti dell’egoismo e dell’indifferenza di tante donne e uomini?
Giovanni sapeva che il Messia avrebbe portato la liberazione dei prigionieri (Is 61,1), eppure lui aveva pagato la sua predicazione forte contro un sistema religioso e politico corrotto e prepotente con la prigione; Giovanni aveva annunciato l’imminente venuta del Messia come quella figura forte pronta a spazzare via il mondo vecchio, come fuoco eterno come brucia la pula, come ascia pronta a tagliare alle radici tutti gli alberi privi di frutto (Mt 3,10.12); Giovanni aveva vissuto tutto questo predicando la verità non solo con le parole ma anche con la coerenza di una vita vissuta nella giustizia e nell’essenzialità, ma ciò che vedeva intorno a sé non era quello che aveva sperato.
Il Dio del Battista era un Dio forte che colpiva duramente i suoi nemici (le dieci piaghe in Egitto contro il faraone ed il suo popolo), mentre Gesù ha appena compiuto dieci miracoli, dieci opere d’amore nei confronti degli emarginati e degli esclusi (Mt 8 e 9). È chiaro quindi come il Battista sia andato in crisi di fronte a ciò che vedeva e a ciò che lui si attendeva dall’intervento di Dio nel mondo. Allora ecco che nasce il dubbio in noi, dubbio che prende anche colui che “fra i nati da donna” era il più grande, Giovanni il Battista: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Giovanni ha la forza di guardare in faccia al suo dubbio di fronte alle opere di Gesù ed il dubbio diventa dono di Dio, opportunità per crescere nella fede in una fede non cieca, ma consapevole e forte. Giovanni non ha perso la speranza e la fede nell’intervento di Dio. Giovanni non è “canna sbattuta dal vento”, la sua vita è davvero costruita sulla roccia della fede; ma la fede vive di dubbi! Una fede che non si interroga, che non affronta a viso aperto tutti i momenti tristi e difficili della nostra vita è una fede morta, inutile!
A questo punto al centro del nostro Avvento dobbiamo chiederci quale Dio attendiamo nella nostra vita, perché come per Giovanni le nostre attese potrebbero andare deluse. Gesù non è venuto a risolvere i nostri problemi a colpi di miracoli sostituendosi a ciò che noi siamo chiamati a fare. Chi si aspetta un tale Messia rimarrà deluso e forse cercherà altri messia, uomini forti, che soli al comando, risolveranno i nostri problemi, o meglio nasconderanno la polvere dei veri problemi sotto il tappeto di false promesse.
Gesù risponde al dubbio di Giovanni e nostro semplicemente invitandoci ad aprire i nostri occhi per vedere tutti quei segni apocalittici, cioè rivelatori della presenza e dell’intervento di Dio già presenti nel mondo: l’umanità chiusa nel peccato ora finalmente può vedere il vero volto di Dio, può camminare lungo le sue vie di giustizia, può uscire dal suo sordo egoismo per ascoltare i bisogni dell’altro, può risorgere a una vita nuova segnata dall’amore e a coloro che non avevano più speranza è annunciata la buona notizia dell’amore incondizionato di Dio.
È scandalosa l’idea di un Dio che mi ama incondizionatamente, che scende dal suo cielo lontano per entrare nella mia vita, un Dio che non condanna ma ama tutti, buoni e cattivi, che arriva a morire, a dare la vita per me peccatore.
Mi domando sempre più spesso perché spero in un Dio giustiziere implacabile del male e mi scandalizzo di un Dio che mi ama! Allora ecco la decima beatitudine nel vangelo di Matteo: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” Non lasciamoci scandalizzare da questo Dio così diverso da come ce lo siamo da sempre immaginati. Il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo è questo: convertiamoci ed apriamo il nostro cuore perché celebrare il Natale è celebrare questo Dio!
Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… viene a salvarvi! (cfr. Is 35,4)
Giovanni sapeva che il Messia avrebbe portato la liberazione dei prigionieri (Is 61,1), eppure lui aveva pagato la sua predicazione forte contro un sistema religioso e politico corrotto e prepotente con la prigione; Giovanni aveva annunciato l’imminente venuta del Messia come quella figura forte pronta a spazzare via il mondo vecchio, come fuoco eterno come brucia la pula, come ascia pronta a tagliare alle radici tutti gli alberi privi di frutto (Mt 3,10.12); Giovanni aveva vissuto tutto questo predicando la verità non solo con le parole ma anche con la coerenza di una vita vissuta nella giustizia e nell’essenzialità, ma ciò che vedeva intorno a sé non era quello che aveva sperato.
Il Dio del Battista era un Dio forte che colpiva duramente i suoi nemici (le dieci piaghe in Egitto contro il faraone ed il suo popolo), mentre Gesù ha appena compiuto dieci miracoli, dieci opere d’amore nei confronti degli emarginati e degli esclusi (Mt 8 e 9). È chiaro quindi come il Battista sia andato in crisi di fronte a ciò che vedeva e a ciò che lui si attendeva dall’intervento di Dio nel mondo. Allora ecco che nasce il dubbio in noi, dubbio che prende anche colui che “fra i nati da donna” era il più grande, Giovanni il Battista: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Giovanni ha la forza di guardare in faccia al suo dubbio di fronte alle opere di Gesù ed il dubbio diventa dono di Dio, opportunità per crescere nella fede in una fede non cieca, ma consapevole e forte. Giovanni non ha perso la speranza e la fede nell’intervento di Dio. Giovanni non è “canna sbattuta dal vento”, la sua vita è davvero costruita sulla roccia della fede; ma la fede vive di dubbi! Una fede che non si interroga, che non affronta a viso aperto tutti i momenti tristi e difficili della nostra vita è una fede morta, inutile!
A questo punto al centro del nostro Avvento dobbiamo chiederci quale Dio attendiamo nella nostra vita, perché come per Giovanni le nostre attese potrebbero andare deluse. Gesù non è venuto a risolvere i nostri problemi a colpi di miracoli sostituendosi a ciò che noi siamo chiamati a fare. Chi si aspetta un tale Messia rimarrà deluso e forse cercherà altri messia, uomini forti, che soli al comando, risolveranno i nostri problemi, o meglio nasconderanno la polvere dei veri problemi sotto il tappeto di false promesse.
Gesù risponde al dubbio di Giovanni e nostro semplicemente invitandoci ad aprire i nostri occhi per vedere tutti quei segni apocalittici, cioè rivelatori della presenza e dell’intervento di Dio già presenti nel mondo: l’umanità chiusa nel peccato ora finalmente può vedere il vero volto di Dio, può camminare lungo le sue vie di giustizia, può uscire dal suo sordo egoismo per ascoltare i bisogni dell’altro, può risorgere a una vita nuova segnata dall’amore e a coloro che non avevano più speranza è annunciata la buona notizia dell’amore incondizionato di Dio.
È scandalosa l’idea di un Dio che mi ama incondizionatamente, che scende dal suo cielo lontano per entrare nella mia vita, un Dio che non condanna ma ama tutti, buoni e cattivi, che arriva a morire, a dare la vita per me peccatore.
Mi domando sempre più spesso perché spero in un Dio giustiziere implacabile del male e mi scandalizzo di un Dio che mi ama! Allora ecco la decima beatitudine nel vangelo di Matteo: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” Non lasciamoci scandalizzare da questo Dio così diverso da come ce lo siamo da sempre immaginati. Il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo è questo: convertiamoci ed apriamo il nostro cuore perché celebrare il Natale è celebrare questo Dio!
Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… viene a salvarvi! (cfr. Is 35,4)
Commento 11 dicembre 2016
Ritroviamo in questa domenica la figura di Giovanni Battista: egli non è più il profeta che annuncia l’imminente venuta del Messia, la figura forte che si scaglia contro un sistema religioso e politico corrotto e prepotente predicando la verità non solo con le parole ma anche con la coerenza di una vita vissuta nell’essenzialità e nella giustizia. Giovanni ha pagato la sua predicazione con la prigione e ormai è chiaro anche a lui che il suo destino è segnato; nel suo cuore sorgono dubbi pesanti su quell’uomo che proprio lui aveva in precedenza indicato come l’agnello di Dio.
Giovanni ha perso la speranza e la fede nell’intervento di Dio? No, Giovanni non è “canna sbattuta dal vento”, la sua vita è costruita sulla roccia della fede; ma la fede vive di dubbi, una fede che non si interroga, che non assume tutti i momenti bui e le crisi della quotidianità è una fede morta, imbalsamata, anestetizzata.
Ai nostri occhi il mondo rimane nelle mani dei potenti, chiuso nel male dell’egoismo e allora Giovanni e i suoi discepoli, e forse ancora di più tutti noi oggi, hanno e abbiamo bisogno di un segno per rafforzare il nostro percorso di una coerente testimonianza del vangelo; Gesù offre il segno: i ciechi che vedono, gli zoppi che camminano e soprattutto c’è una strada nuova una via santa poiché ai poveri viene annunciato il vangelo. Sono i segni apocalittici (rivelatori) della presenza e dell’intervento di Dio (prima lettura): non confondiamo il termine apocalisse con il significato di distruzione o di fine del mondo, l’apocalisse è la rivelazione del progetto di Dio che non è un progetto di distruzione, ma semmai di nuova creazione.
Non ci sarà un intervento di Dio che magicamente elimina i cattivi, instaurando il suo regno di giustizia e di pace; il vangelo chiede a ciascuno di noi un coinvolgimento personale, quella conversione personale, che è atteggiamento permanente, come scrivevo qualche giorno fa.
“Siate costanti, rinfrancate il vostro cuore, perché la venuta del Signore è vicina”: ecco che l’invito dell’apostolo Giacomo (seconda lettura) trova la sua ragion d’essere.
Nessuno fra i nati da donna è grande quanto Giovanni, perché la sua testimonianza della verità nella coerenza e nell’essenzialità è davvero preziosa agli occhi di Dio, ma il Signore ci ricorda che la grandezza sta nell’accogliere il regno di Dio, nel lasciare cioè che il Signore regni nei nostri cuori e possa realizzare attraverso noi il suo progetto d’amore.
Giovanni ha perso la speranza e la fede nell’intervento di Dio? No, Giovanni non è “canna sbattuta dal vento”, la sua vita è costruita sulla roccia della fede; ma la fede vive di dubbi, una fede che non si interroga, che non assume tutti i momenti bui e le crisi della quotidianità è una fede morta, imbalsamata, anestetizzata.
Ai nostri occhi il mondo rimane nelle mani dei potenti, chiuso nel male dell’egoismo e allora Giovanni e i suoi discepoli, e forse ancora di più tutti noi oggi, hanno e abbiamo bisogno di un segno per rafforzare il nostro percorso di una coerente testimonianza del vangelo; Gesù offre il segno: i ciechi che vedono, gli zoppi che camminano e soprattutto c’è una strada nuova una via santa poiché ai poveri viene annunciato il vangelo. Sono i segni apocalittici (rivelatori) della presenza e dell’intervento di Dio (prima lettura): non confondiamo il termine apocalisse con il significato di distruzione o di fine del mondo, l’apocalisse è la rivelazione del progetto di Dio che non è un progetto di distruzione, ma semmai di nuova creazione.
Non ci sarà un intervento di Dio che magicamente elimina i cattivi, instaurando il suo regno di giustizia e di pace; il vangelo chiede a ciascuno di noi un coinvolgimento personale, quella conversione personale, che è atteggiamento permanente, come scrivevo qualche giorno fa.
“Siate costanti, rinfrancate il vostro cuore, perché la venuta del Signore è vicina”: ecco che l’invito dell’apostolo Giacomo (seconda lettura) trova la sua ragion d’essere.
Nessuno fra i nati da donna è grande quanto Giovanni, perché la sua testimonianza della verità nella coerenza e nell’essenzialità è davvero preziosa agli occhi di Dio, ma il Signore ci ricorda che la grandezza sta nell’accogliere il regno di Dio, nel lasciare cioè che il Signore regni nei nostri cuori e possa realizzare attraverso noi il suo progetto d’amore.