Vangelo Gv 13, 1-15
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
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Commento 28 marzo 2024
Inizia oggi il triduo pasquale, un’unica grande liturgia che da stasera ci condurrà fino alla veglia pasquale per ricordarci come vivere la Pasqua del Signore significhi accompagnare Gesù in questi suoi ultimi attimi di vita per comprenderne davvero il senso. Così celebrare oggi il memoriale dell’ultima cena e dell’istituzione dell’eucaristia significa entrare nella logica dell’amore donato, del seme che se non muore rimane solo e non porta frutto, di una vita che come quella di Cristo si fa pane spezzato e vino versato per ogni uomo e donna.
Forse proprio in questo senso Giovanni nel racconto dell’ultima cena all’istituzione dell’eucaristia sostituisce la lavanda dei piedi, perché in quel gesto straordinario e assurdo Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia stessa. Così il lavare i piedi, gesto riservato agli schiavi, diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio che si mette al nostro servizio per amore. Diverse volte nelle liturgie di questa santa settimana, Gesù ci viene presentato come il servo, ricordo ad esempio la lettera di Paolo ai Filippesi quando ci invita ad avere gli stessi sentimenti di Cristo il quale “svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo”, o quanto leggeremo domani nel quarto canto del servo di Isaia; Dio, infatti, ci ha salvati esclusivamente con l’umiltà, la pazienza e la forza del suo amore, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
È proprio sotto l’unica luce del servizio e dell’amore che Gesù ha vissuto la sua vita e Giovanni ce lo ricorda nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Questo è il nostro Dio! Un Dio capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso, un Dio che non chiede ma dà, non pretende ma si offre, lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
La sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale e probabilmente come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi padrone delle nostre vite si inginocchia davanti a ciascuno di noi, come umile servo, per lavarci i piedi; potrebbe nascere anche in noi, come in Pietro, la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo dobbiamo sapere che stiamo rifiutando di entrare nel progetto d’amore del Padre, che ci invita a seguire quell’esempio, perché anche noi facciamo come Gesù ha fatto a noi: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi!” (Gv 13,15).
È davvero un dono prezioso questo nel giorno del mio compleanno, un dono su cui costruire il resto dei miei giorni perché nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma anche indica il percorso che ogni cristiano, ogni uomo deve seguire. In questo modo celebrare l’eucaristia non è solo il modo per santificare la festa, ma diventa vivere la propria vita nella logica del servizio e del dono. Amare, perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una via che non conduce al successo e alla realizzazione personale, perché chi ama ha sempre e, comunque, di fronte a sé la croce, la propria croce, che altro non è che il nostro modo particolare e personale di donare e servire.
“Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.” (Francesco, omelia domenica delle Palme 2020). La via vincente, quella che Gesù ci insegna e ci propone, è la via del servizio, l’unica in grado di salvare la nostra vita perché è il solo modo in cui possiamo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita stessa che è, e resta, l’amore donato!
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Forse proprio in questo senso Giovanni nel racconto dell’ultima cena all’istituzione dell’eucaristia sostituisce la lavanda dei piedi, perché in quel gesto straordinario e assurdo Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia stessa. Così il lavare i piedi, gesto riservato agli schiavi, diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio che si mette al nostro servizio per amore. Diverse volte nelle liturgie di questa santa settimana, Gesù ci viene presentato come il servo, ricordo ad esempio la lettera di Paolo ai Filippesi quando ci invita ad avere gli stessi sentimenti di Cristo il quale “svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo”, o quanto leggeremo domani nel quarto canto del servo di Isaia; Dio, infatti, ci ha salvati esclusivamente con l’umiltà, la pazienza e la forza del suo amore, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
È proprio sotto l’unica luce del servizio e dell’amore che Gesù ha vissuto la sua vita e Giovanni ce lo ricorda nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Questo è il nostro Dio! Un Dio capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso, un Dio che non chiede ma dà, non pretende ma si offre, lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
La sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale e probabilmente come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi padrone delle nostre vite si inginocchia davanti a ciascuno di noi, come umile servo, per lavarci i piedi; potrebbe nascere anche in noi, come in Pietro, la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo dobbiamo sapere che stiamo rifiutando di entrare nel progetto d’amore del Padre, che ci invita a seguire quell’esempio, perché anche noi facciamo come Gesù ha fatto a noi: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi!” (Gv 13,15).
È davvero un dono prezioso questo nel giorno del mio compleanno, un dono su cui costruire il resto dei miei giorni perché nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma anche indica il percorso che ogni cristiano, ogni uomo deve seguire. In questo modo celebrare l’eucaristia non è solo il modo per santificare la festa, ma diventa vivere la propria vita nella logica del servizio e del dono. Amare, perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una via che non conduce al successo e alla realizzazione personale, perché chi ama ha sempre e, comunque, di fronte a sé la croce, la propria croce, che altro non è che il nostro modo particolare e personale di donare e servire.
“Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.” (Francesco, omelia domenica delle Palme 2020). La via vincente, quella che Gesù ci insegna e ci propone, è la via del servizio, l’unica in grado di salvare la nostra vita perché è il solo modo in cui possiamo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita stessa che è, e resta, l’amore donato!
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Commento 6 aprile 2023
Inizia oggi la grande liturgia del triduo pasquale, un’unica grande liturgia che da stasera ci condurrà fino alla veglia pasquale, desiderosi di vivere la Pasqua del Signore, accompagnando Gesù nei suoi ultimi attimi di vita.
Entriamo con gioia e con quel santo “timor di Dio”, che non è paura ma sentimento di inadeguatezza di fronte ad un amore così grande, nel mistero incredibile di un Dio che soffre e si offre (oppure “si offre e soffre”) per amore.
“Fate questo” ed ancora “vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” è l’invito ripetuto più volte questa sera a vivere la nostra vita sul modello di quella del Figlio di Dio; così celebrare il memoriale dell’ultima cena e dell’istituzione dell’eucaristia significa accogliere la proposta di Gesù a fare ciò che Lui ha fatto, significa ogni giorno indossare il grembiule del servizio, significa inchinarsi di fronte ai bisogni degli uomini per lavare loro i piedi; significa, insomma, entrare nella logica dell’amore donato, di una vita che come quella di Cristo si fa pane spezzato e vino versato per ogni uomo e donna che incontreremo sulle strade della vita.
Proprio per questo Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce l’istituzione dell’eucaristia con la lavanda dei piedi perché in quel gesto così assurdo Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia, di ogni eucaristia: in questo modo lavare i piedi, gesto caratteristico degli schiavi, diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio.
Gesù ha vissuto tutta la sua vita sotto l’unica luce dell’amore e del servizio e Giovanni lo ricorda proprio nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”: ecco chi è il nostro Dio, un Dio capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso. Così Gesù ha vissuto tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi Signore, o forse sarebbe meglio dire “padrone”, delle nostre vite si inginocchia davanti a ciascuno di noi, come umile servo, per lavarci i piedi; potrebbe nascere in noi, come in Pietro, la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo ci rifiuteremmo di entrare nella logica d’amore del Padre, che ci invita a seguire quell’esempio; infatti, solo chi sarà così umile da lasciarsi lavare i piedi, saprà a sua volta inginocchiarsi per lavare i piedi al proprio fratello.
Così nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica anche il percorso che ogni cristiano, ogni uomo deve seguire: celebrare l’eucaristia non è solo andare a messa o santificare la festa, ma diventa soprattutto vivere la propria vita nella logica del servizio e del dono.
Amare, perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una strada che non conduce a nulla in un mondo dove successo, denaro e potere sembrano la via migliore per gli uomini; infatti chi ama ha sempre e comunque di fronte a sé la croce, la propria croce, che altro non è che il nostro modo particolare di donare e servire. “Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.” (Francesco, omelia domenica delle Palme 2020). Così è necessario ribadire con forza che Gesù ci insegna come la via del servizio sia la via vincente, quella che ci salva la vita perché in essa possiamo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita stessa che è, e resta, l’amore donato!
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi per vivere la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Entriamo con gioia e con quel santo “timor di Dio”, che non è paura ma sentimento di inadeguatezza di fronte ad un amore così grande, nel mistero incredibile di un Dio che soffre e si offre (oppure “si offre e soffre”) per amore.
“Fate questo” ed ancora “vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” è l’invito ripetuto più volte questa sera a vivere la nostra vita sul modello di quella del Figlio di Dio; così celebrare il memoriale dell’ultima cena e dell’istituzione dell’eucaristia significa accogliere la proposta di Gesù a fare ciò che Lui ha fatto, significa ogni giorno indossare il grembiule del servizio, significa inchinarsi di fronte ai bisogni degli uomini per lavare loro i piedi; significa, insomma, entrare nella logica dell’amore donato, di una vita che come quella di Cristo si fa pane spezzato e vino versato per ogni uomo e donna che incontreremo sulle strade della vita.
Proprio per questo Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce l’istituzione dell’eucaristia con la lavanda dei piedi perché in quel gesto così assurdo Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia, di ogni eucaristia: in questo modo lavare i piedi, gesto caratteristico degli schiavi, diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio.
Gesù ha vissuto tutta la sua vita sotto l’unica luce dell’amore e del servizio e Giovanni lo ricorda proprio nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”: ecco chi è il nostro Dio, un Dio capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso. Così Gesù ha vissuto tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi Signore, o forse sarebbe meglio dire “padrone”, delle nostre vite si inginocchia davanti a ciascuno di noi, come umile servo, per lavarci i piedi; potrebbe nascere in noi, come in Pietro, la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo ci rifiuteremmo di entrare nella logica d’amore del Padre, che ci invita a seguire quell’esempio; infatti, solo chi sarà così umile da lasciarsi lavare i piedi, saprà a sua volta inginocchiarsi per lavare i piedi al proprio fratello.
Così nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica anche il percorso che ogni cristiano, ogni uomo deve seguire: celebrare l’eucaristia non è solo andare a messa o santificare la festa, ma diventa soprattutto vivere la propria vita nella logica del servizio e del dono.
Amare, perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una strada che non conduce a nulla in un mondo dove successo, denaro e potere sembrano la via migliore per gli uomini; infatti chi ama ha sempre e comunque di fronte a sé la croce, la propria croce, che altro non è che il nostro modo particolare di donare e servire. “Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.” (Francesco, omelia domenica delle Palme 2020). Così è necessario ribadire con forza che Gesù ci insegna come la via del servizio sia la via vincente, quella che ci salva la vita perché in essa possiamo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita stessa che è, e resta, l’amore donato!
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi per vivere la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Commento 14 aprile 2022
Inizia oggi la grande liturgia del triduo pasquale, un’unica grande liturgia che da stasera ci condurrà fino alla veglia pasquale; vivere la Pasqua del Signore significa accompagnare Gesù in questi suoi ultimi attimi di vita per comprenderne davvero il senso: celebrare oggi il memoriale dell’ultima cena e dell’istituzione dell’eucaristia significa entrare nella logica dell’amore donato, di una vita che come quella di Cristo si fa pane spezzato e vino versato per ogni uomo e donna che incontreremo.
Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce all’istituzione dell’eucaristia la lavanda dei piedi, poiché in quel gesto assurdo e straordinario Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia. Lavare i piedi è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio. Diverse volte nelle liturgie di questa settimana santa Gesù ci viene presentato come il servo, ricordo ad esempio la lettera di Paolo ai Filippesi quando ci invita ad avere gli stessi sentimenti di Cristo il quale “svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo”, o quanto leggeremo domani nel quarto canto del servo di Isaia, ma Dio ci ha salvati esclusivamente con l’umiltà, la pazienza e la forza del suo amore, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
Gesù ha vissuto la sua vita sotto l’unica luce dell’amore; Giovanni lo ricorda proprio nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”: ecco chi è il nostro Dio, un Dio capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso. Così Gesù ha vissuto tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Probabilmente come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi padrone delle nostre vite si inginocchia davanti a ciascuno di noi, come umile servo, per lavarci i piedi; potrebbe nascere anche in noi, come in Pietro, la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo rifiutiamo di entrare nel progetto d’amore del Padre, che ci invita a seguire quell’esempio, perché anche noi facciamo come Gesù ha fatto a noi (cfr. Gv 13, 15): infatti solo chi sarà così umile da lasciarsi lavare i piedi, potrà a sua volta lavare i piedi al proprio fratello.
Così nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, indica il percorso che ogni cristiano, ogni uomo deve seguire: celebrare l’eucaristia non è solo andare a messa o santificare la festa, ma vivere la propria vita nella logica del servizio e del dono. Amare, perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una via che non conduce al successo e alla realizzazione personale, perché chi ama ha sempre e comunque di fronte a sé la croce, la propria croce, che altro non è che il nostro modo particolare di donare e servire.
In questi giorni così drammaticamente segnati dalla guerra, è necessario ribadire con forza che Gesù ci insegna come la via del servizio sia la via vincente, quella che ci salva la vita perché in essa possiamo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita stessa che è, e resta, l’amore donato!
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce all’istituzione dell’eucaristia la lavanda dei piedi, poiché in quel gesto assurdo e straordinario Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia. Lavare i piedi è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio. Diverse volte nelle liturgie di questa settimana santa Gesù ci viene presentato come il servo, ricordo ad esempio la lettera di Paolo ai Filippesi quando ci invita ad avere gli stessi sentimenti di Cristo il quale “svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo”, o quanto leggeremo domani nel quarto canto del servo di Isaia, ma Dio ci ha salvati esclusivamente con l’umiltà, la pazienza e la forza del suo amore, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
Gesù ha vissuto la sua vita sotto l’unica luce dell’amore; Giovanni lo ricorda proprio nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”: ecco chi è il nostro Dio, un Dio capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso. Così Gesù ha vissuto tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Probabilmente come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi padrone delle nostre vite si inginocchia davanti a ciascuno di noi, come umile servo, per lavarci i piedi; potrebbe nascere anche in noi, come in Pietro, la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo rifiutiamo di entrare nel progetto d’amore del Padre, che ci invita a seguire quell’esempio, perché anche noi facciamo come Gesù ha fatto a noi (cfr. Gv 13, 15): infatti solo chi sarà così umile da lasciarsi lavare i piedi, potrà a sua volta lavare i piedi al proprio fratello.
Così nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, indica il percorso che ogni cristiano, ogni uomo deve seguire: celebrare l’eucaristia non è solo andare a messa o santificare la festa, ma vivere la propria vita nella logica del servizio e del dono. Amare, perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una via che non conduce al successo e alla realizzazione personale, perché chi ama ha sempre e comunque di fronte a sé la croce, la propria croce, che altro non è che il nostro modo particolare di donare e servire.
In questi giorni così drammaticamente segnati dalla guerra, è necessario ribadire con forza che Gesù ci insegna come la via del servizio sia la via vincente, quella che ci salva la vita perché in essa possiamo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita stessa che è, e resta, l’amore donato!
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Commento 1 aprile 2021
Giovanni nel racconto dell’ultima cena mette sulle labbra di Gesù un lungo discorso che prende ben cinque capitoli, quasi un quarto dell’intero suo vangelo: è il testamento spirituale di Gesù che sente ormai prossima la sua ora, l’ora in cui dovrà passare da questo mondo al Padre per mostrarne il volto misericordioso. Giovanni non racconta dell’istituzione dell’eucaristia come fanno gli altri evangelisti, ma introduce questo lungo discorso con un gesto incredibile e significativo: Gesù si china e lava i piedi ai suoi discepoli. È un gesto assurdo, non adatto nemmeno ad un maestro figurarsi al Figlio di Dio, ma in quel gesto straordinario Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia: lavare i piedi è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio. Diverse volte nelle liturgie di questa settimana santa Gesù ci viene presentato come il servo, ricordo ad esempio la lettera di Paolo ai Filippesi quando ci invita ad avere gli stessi sentimenti di Cristo il quale “svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo”, o quanto leggeremo domani nel quarto canto del servo di Isaia, ma Dio ci ha salvati con l’umiltà, la pazienza e l’obbedienza del servo, ci ha salvati esclusivamente con la forza del suo amore, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
Gesù ha vissuto la sua vita sotto un’unica luce: l’amore e Gv lo ricorda proprio nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”: ecco chi è il nostro Dio, è semplicemente e puramente amore capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso. Così Gesù ha vissuto tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Di fronte a questo Dio capace di inginocchiarsi di fronte a me per lavarmi i piedi colgo quanto vere siano le parole di Francesco nell’omelia della domenica delle Palme dello scorso anno “Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.”
Probabilmente come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi padrone delle nostre vite si fa umile servo; potrebbe nascere anche in noi come nacque in Pietro la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo, dobbiamo esserne coscienti, rifiutiamo anche di entrare nel progetto d’amore del Padre; solo chi sarà così umile da lasciarsi lavare i piedi, potrà a sua volta lavare i piedi al proprio fratello. Gesù infatti ci invita: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
Amare perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una via che non conduce al successo e alla realizzazione personale, ma Gesù ci insegna che la via del servizio è la via vincente che ci salva la vita perché in essa potremo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita che è e resta l’amore donato!
Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Gesù ha vissuto la sua vita sotto un’unica luce: l’amore e Gv lo ricorda proprio nell’introduzione a questi racconti dell’ultima cena: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”: ecco chi è il nostro Dio, è semplicemente e puramente amore capace soltanto di amare e di amare totalmente fino a donare tutto sé stesso. Così Gesù ha vissuto tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Di fronte a questo Dio capace di inginocchiarsi di fronte a me per lavarmi i piedi colgo quanto vere siano le parole di Francesco nell’omelia della domenica delle Palme dello scorso anno “Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.”
Probabilmente come Pietro possiamo rimanere scandalizzati da un Dio che invece di mostrarsi padrone delle nostre vite si fa umile servo; potrebbe nascere anche in noi come nacque in Pietro la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo, dobbiamo esserne coscienti, rifiutiamo anche di entrare nel progetto d’amore del Padre; solo chi sarà così umile da lasciarsi lavare i piedi, potrà a sua volta lavare i piedi al proprio fratello. Gesù infatti ci invita: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
Amare perdonare, prendersi cura degli altri ci potrà sembrare una via che non conduce al successo e alla realizzazione personale, ma Gesù ci insegna che la via del servizio è la via vincente che ci salva la vita perché in essa potremo riconoscere il senso vero ed ultimo della vita che è e resta l’amore donato!
Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Commento 9 aprile 2020
Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce all’istituzione dell’eucaristia la lavanda dei piedi, poiché in quel gesto assurdo e straordinario Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia.
Gesù si china e si mette a lavare i piedi agli apostoli: è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio.
Egli, il Signore, vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”. Pietro coglie immediatamente lo scandalo di un Dio non più padrone delle nostre vite, ma umile servo e rifiuta quel gesto, ma con la sua opposizione egli rifiuta anche di entrare nel progetto d’amore del Padre. Pietro deve rientrare nella logica dell’amore, deve lasciarsi lavare i piedi, deve imparare a lavare i piedi dei suoi fratelli. Allora Pietro, facile all’entusiasmo, desidera essere completamente purificato, desidera fare il bagno, essere battezzato nell’amore di Dio, ma non ne ha bisogno, ha già capito e potrà guidare la comunità dei discepoli verso la sua mèta definitiva. Ora sappiamo cosa dobbiamo fare: siamo chiamati semplicemente a vivere come il Maestro, secondo la sua parola: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”
Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
Gesù si china e si mette a lavare i piedi agli apostoli: è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio.
Egli, il Signore, vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”. Pietro coglie immediatamente lo scandalo di un Dio non più padrone delle nostre vite, ma umile servo e rifiuta quel gesto, ma con la sua opposizione egli rifiuta anche di entrare nel progetto d’amore del Padre. Pietro deve rientrare nella logica dell’amore, deve lasciarsi lavare i piedi, deve imparare a lavare i piedi dei suoi fratelli. Allora Pietro, facile all’entusiasmo, desidera essere completamente purificato, desidera fare il bagno, essere battezzato nell’amore di Dio, ma non ne ha bisogno, ha già capito e potrà guidare la comunità dei discepoli verso la sua mèta definitiva. Ora sappiamo cosa dobbiamo fare: siamo chiamati semplicemente a vivere come il Maestro, secondo la sua parola: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”
Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
Commento 18 aprile 2019
Nella liturgia della settimana santa molte volte Gesù ci viene presentato come il servo: domenica scorsa nell’inno cristologico ai Filippesi Paolo ci invita a vivere gli stessi sentimenti che furono di Gesù il quale “svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo”; domani lo vedremo nelle vesti del servo sofferente ed oggi nel racconto dell’ultima cena con i suoi discepoli Giovanni all’istituzione dell’eucaristia sostituisce la lavanda dei piedi; un gesto assurdo, un gesto da schiavo non adatto nemmeno ad un maestro figurarsi ad un Dio, ma in quel gesto straordinario Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia. Gesù si china e si mette a lavare i piedi agli apostoli: è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio. Dio ci ha salvati con l’umiltà, la pazienza e l’obbedienza del servo, ci ha salvati esclusivamente con la forza del suo amore, “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” come domani celebreremo.
Gesù vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Di fronte a questo Dio capace di inginocchiarsi di fronte a me per lavarmi i piedi colgo quanto vere siano le parole di Francesco nell’omelia di domenica scorsa “Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.”
Probabilmente come Pietro cogliamo immediatamente lo scandalo di un Dio non più padrone delle nostre vite, ma umile servo; nasce in noi la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo rifiutiamo anche di entrare nel progetto d’amore del Padre. Con Pietro siamo chiamati a entrare nella logica dell’amore, lasciandoci lavare i piedi per imparare a nostra volta a lavare i piedi dei fratelli. Gesù infatti ci invita: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”
Ha detto ancora Francesco: “amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare, ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva la vita”.
In questi giorni segnati dalla sofferenza siamo invitati a guardare ai veri eroi, che “non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire gli altri”! Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Gesù vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”.
Di fronte a questo Dio capace di inginocchiarsi di fronte a me per lavarmi i piedi colgo quanto vere siano le parole di Francesco nell’omelia di domenica scorsa “Siamo al mondo per amare Dio e gli altri. Il resto passa, questo rimane. Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore.”
Probabilmente come Pietro cogliamo immediatamente lo scandalo di un Dio non più padrone delle nostre vite, ma umile servo; nasce in noi la tentazione di rifiutare quel gesto, ma così facendo rifiutiamo anche di entrare nel progetto d’amore del Padre. Con Pietro siamo chiamati a entrare nella logica dell’amore, lasciandoci lavare i piedi per imparare a nostra volta a lavare i piedi dei fratelli. Gesù infatti ci invita: “Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”
Ha detto ancora Francesco: “amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare, ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva la vita”.
In questi giorni segnati dalla sofferenza siamo invitati a guardare ai veri eroi, che “non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire gli altri”! Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Commento 29 marzo 2018
Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce all’istituzione dell’eucaristia la lavanda dei piedi, poiché in quel gesto assurdo e straordinario Giovanni vi legge il senso ultimo e fondamentale dell’eucaristia.
Gesù si china e si mette a lavare i piedi agli apostoli: è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio.
Egli, il Signore, vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”. Pietro coglie immediatamente lo scandalo di un Dio non più padrone delle nostre vite, ma umile servo. Ecco lo scandalo, che sconvolge le nostre idee sbagliate di Dio!
Ed ora cosa dobbiamo fare? Semplice, siamo chiamati a vivere come il Maestro: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”
Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Gesù si china e si mette a lavare i piedi agli apostoli: è il gesto caratteristico degli schiavi, gesto che diventa segno perenne dell’amore infinito di Dio.
Egli, il Signore, vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e dall’interesse personale lasciandoci in cuore una sola domanda: “Capite quello che ho fatto per voi?”. Pietro coglie immediatamente lo scandalo di un Dio non più padrone delle nostre vite, ma umile servo. Ecco lo scandalo, che sconvolge le nostre idee sbagliate di Dio!
Ed ora cosa dobbiamo fare? Semplice, siamo chiamati a vivere come il Maestro: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”
Nel dono della sua vita, Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire: vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono.
“Passare da questo mondo al Padre” con Gesù significa quindi attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello. Liberati, finalmente, dalle catene dell’egoismo, possiamo ritrovare la forza di vivere a servizio degli ultimi: ecco la resurrezione dell’uomo nuovo che è in noi!
Commento 13 aprile 2017
Giovanni nel racconto dell’ultima cena sostituisce all’istituzione dell’eucaristia la lavanda dei piedi. Gesù si china e si mette a lavare i piedi agli apostoli: è il gesto caratteristico degli schiavi; egli così vuole sottolineare come in quel gesto si possa ritrovare il vero senso dell’amore di Dio. Egli, il Signore, vive tra noi come colui che si mette in servizio e la sua proposta ribalta ogni logica umana segnata dall’egoismo e risuona nei nostri cuori: “Capite quello che ho fatto per voi?”. Nel dono della sua vita, Gesù non solo ristabilisce l’armonia tra Dio e l’uomo, ma indica il percorso che ogni cristiano deve seguire; ovvero vivere la propria vita per amore nella logica del servizio e del dono è vivere in pienezza l’eucaristia.
Vivere la Pasqua è attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello.
Liberaci, Signore, dalle catene dell’egoismo e donaci la forza di vivere a servizio degli ultimi, aprendo i nostri occhi perché possiamo riconoscerTi nei fratelli!
Vivere la Pasqua è attraversare il deserto del nostro egoismo per entrare nella terra promessa del servizio e dell’amore che si spende fino alla fine per ogni uomo non più visto come nemico, ma come fratello.
Liberaci, Signore, dalle catene dell’egoismo e donaci la forza di vivere a servizio degli ultimi, aprendo i nostri occhi perché possiamo riconoscerTi nei fratelli!
Commento 24 marzo 2016
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (Gv 13,12-15)
Gesù, tu che sei il Signore e il maestro, insegnami a vivere tutta la mia vita in spirito di servizio, rendendo concreto il mio amore per cambiare questo mondo troppe volte segnato dall’egoismo umano
Venerdì santo (Gv 18,1-19,42) 25/03/2016
Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. (Gv 19,30)
Signore Gesù, tu che dopo aver donato tutta la tua vita, con le tue ultime forze rimaste hai voluto donarmi il tuo Spirito, concedimi di vivere ogni incontro della mia vita nella logica del dono.
Sabato santo 26/03/2016
Dio ha donato in Gesù tutto sé stesso: di fronte alla morte è ora il momento del silenzio. Donami Signore il coraggio di vivere queste ore in trepidante attesa. Ce l’hai promesso “il terzo giorno risorgerò”, ma il mio cuore è pieno di paura: sarà vero? O forse è come quelle favole che mi raccontavano da piccolo per farmi addormentare? Di fronte a questo sepolcro, mi sento solo: Dio dove sei? Mi risponde la tua voce ripetendomi quel tuo nome dolcissimo “JHWH” (che significa “io sono” qua con te)
Gesù, tu che sei il Signore e il maestro, insegnami a vivere tutta la mia vita in spirito di servizio, rendendo concreto il mio amore per cambiare questo mondo troppe volte segnato dall’egoismo umano
Venerdì santo (Gv 18,1-19,42) 25/03/2016
Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. (Gv 19,30)
Signore Gesù, tu che dopo aver donato tutta la tua vita, con le tue ultime forze rimaste hai voluto donarmi il tuo Spirito, concedimi di vivere ogni incontro della mia vita nella logica del dono.
Sabato santo 26/03/2016
Dio ha donato in Gesù tutto sé stesso: di fronte alla morte è ora il momento del silenzio. Donami Signore il coraggio di vivere queste ore in trepidante attesa. Ce l’hai promesso “il terzo giorno risorgerò”, ma il mio cuore è pieno di paura: sarà vero? O forse è come quelle favole che mi raccontavano da piccolo per farmi addormentare? Di fronte a questo sepolcro, mi sento solo: Dio dove sei? Mi risponde la tua voce ripetendomi quel tuo nome dolcissimo “JHWH” (che significa “io sono” qua con te)