IV Domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. |
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». . |
Commento 29 gennaio 2023
Le Beatitudini sono il cuore del Vangelo! Ogni volta che mi accosto a questo brano rimango esterrefatto di fronte alla grandezza di queste parole, che Gandhi considerava “le più alte che l’umanità avesse mai ascoltato”; subito dopo nasce la paura di rovinarlo con le mie riflessioni e condivisioni poiché si tratta di un tesoro prezioso che chiede solo di diventare vita vissuta. Sono parole dolci e precise che ti fanno pensare e ti lasciano disarmato, sono parole che riaccendono nel mio cuore la nostalgia prepotente di un mondo fatto di bontà, di sincerità, di giustizia, senza violenza e senza menzogna, un modo nuovo, completamente diverso, di essere uomini e donne; sono parole che sentiamo difficili eppure suonano amiche, perché non stabiliscono nuovi comandamenti, ma propongono la bella notizia che Dio regala vita a chi produce amore, perché confermano che se uno si fa carico della felicità di qualcuno il Padre/Madre si fa carico della sua felicità.
Le “beatitudini” sono la carta di identità di Gesù, il manifesto del discepolo che vuole seguire il maestro, il discorso programmatico che riassume tutta la logica di Dio.
È davvero questa una pagina sconvolgente, talmente destabilizzante da essere sconosciuta anche a tanti cristiani, una pagina che abbiamo stravolto e travisato, riducendola ad un semplice elenco di buoni propositi morali; al contrario quelle parole sono fuoco vivo che arde nei cuori di tante sante e santi che ancora oggi camminano sulle strade di questo mondo.
Non sono un elenco di ordini o precetti, non sono neanche da intendersi solo come parole di consolazione per gli sfigati di oggi perché un giorno troveranno soddisfazione, tanto meno come oppio dei poveri per anestetizzare qualche voglia di rivalsa, ma promessa di una salvezza attuale, di una felicità vera, di una vita pienamente realizzata già ora e qui.
Lette con la mentalità di questo mondo le beatitudini non possono che apparire come il manifesto degli sconfitti e dei delusi, ma se le accogliamo, la loro logica ci cambia il cuore e di conseguenza con esse possiamo cambiare il mondo; infatti le beatitudini non sono un progetto da rimandare alla vita eterna, Gesù le indica come la via della felicità e della vera vita già da oggi, sono il sogno di Dio per ogni uomo, sono la speranza di un altro modo di essere donne e uomini, il progetto di un mondo fatto di pace, di mitezza, di giustizia, di cuori limpidi. È l’inizio della più grande ed ancora inespressa rivoluzione d’amore della storia dell’uomo!
Voglio provare ad essere “povero in spirito, beato perché mio è il regno dei cieli”, perché ho capito che ciò che è davvero importante è l’amore e lì nell’amore e non nei beni materiali è il mio cuore, perché voglio condividere ciò che ho e ciò che sono affinché nessuno sia mai più povero; beato perché la mia vita, come quella di Gesù, sarà stata tutta un dono per chi ne aveva bisogno.
Quando sono nel pianto, sono beato se ritroverò intorno a me fratelli e sorelle pronti ad essere la mia consolazione, perché così saprò guardare oltre alla difficoltà e alla sofferenza.
Quando sono mite e non intendo rassegnato di fronte alle ingiustizie, ma capace nella sopraffazione di non cedere mai alla tentazione di reagire pieno di ira con la violenza, perché di fronte a conflitti drammatici mi impegnerò ad ottenere giustizia, ma senza mai aggiungere altro male, sono beato perché avrò in eredità la terra, perché con Dio sarò costruttore di una terra nuova, perché voglio costruire ponti e non erigere muri.
Quando avrò fame e sete di giustizia, che non è la giustizia che si vendica, che fa pagare chi ha commesso del male, anche facendo ulteriore male, ma quella giustizia che è il disegno d’amore che Dio vuole realizzare in questo mondo, in ogni uomo che si riconosce vero figlio di Dio e perciò fratello di ogni altro uomo; allora sono beato perché sarò saziato, perché non voglio cedere alle tante ingiustizie che nascono nel cuore dell’uomo e nel mio, perché quel desiderio di un mondo nuovo che arde nel mio cuore sarà colmato.
Se sono misericordioso, se sono capace anche solo in minima parte di vivere di quell’amore incondizionato e fedele che è l’essenza stessa di Dio, allora sono beato perché troverò la misericordia e l’amore capace di perdonare, perché saprò guardare alla miseria del mio ed altrui cuore con gli stessi occhi di Dio, occhi non accecati da un giudizio impietoso, ma illuminati da un amore materno.
Quando sono puro di cuore, quando è solo Dio e il suo amore che detta le scelte e non vi sono altri idoli come il denaro, il successo o il potere a guidare la mia vita, sono beato perché potrò vedere Dio, perché mentre tutti vedono il male ovunque, io vedrò anche e soprattutto quella flebile luce d’amore che brilla in ogni uomo e donna.
Se sono un artigiano, un artefice di pace sono beato perché sarò riconosciuto come un vero figlio di Dio, perché non voglio cedere alla violenza, ma voglio costruire la pace a partire dal mio cuore troppe volte in subbuglio.
E se per tutto questo sarò perseguitato per la giustizia, subirò insulti ed oltraggi allora sono davvero beato perché vorrà dire che ho percorso la tua stessa strada del mio Signore.
Con le “beatitudini” siamo chiamati a vivere in pienezza la nostra vita lottando e costruendo un mondo nuovo secondo il progetto di Dio; in questo modo potremo già adesso generare intorno a noi un piccolo pezzo di paradiso, anticipo di quanto Dio ci donerà al termine della nostra vita. Coraggio, possiamo essere felici e realizzare pienamente la nostra vita se diventiamo uomini e donne delle beatitudini!
Le “beatitudini” sono la carta di identità di Gesù, il manifesto del discepolo che vuole seguire il maestro, il discorso programmatico che riassume tutta la logica di Dio.
È davvero questa una pagina sconvolgente, talmente destabilizzante da essere sconosciuta anche a tanti cristiani, una pagina che abbiamo stravolto e travisato, riducendola ad un semplice elenco di buoni propositi morali; al contrario quelle parole sono fuoco vivo che arde nei cuori di tante sante e santi che ancora oggi camminano sulle strade di questo mondo.
Non sono un elenco di ordini o precetti, non sono neanche da intendersi solo come parole di consolazione per gli sfigati di oggi perché un giorno troveranno soddisfazione, tanto meno come oppio dei poveri per anestetizzare qualche voglia di rivalsa, ma promessa di una salvezza attuale, di una felicità vera, di una vita pienamente realizzata già ora e qui.
Lette con la mentalità di questo mondo le beatitudini non possono che apparire come il manifesto degli sconfitti e dei delusi, ma se le accogliamo, la loro logica ci cambia il cuore e di conseguenza con esse possiamo cambiare il mondo; infatti le beatitudini non sono un progetto da rimandare alla vita eterna, Gesù le indica come la via della felicità e della vera vita già da oggi, sono il sogno di Dio per ogni uomo, sono la speranza di un altro modo di essere donne e uomini, il progetto di un mondo fatto di pace, di mitezza, di giustizia, di cuori limpidi. È l’inizio della più grande ed ancora inespressa rivoluzione d’amore della storia dell’uomo!
Voglio provare ad essere “povero in spirito, beato perché mio è il regno dei cieli”, perché ho capito che ciò che è davvero importante è l’amore e lì nell’amore e non nei beni materiali è il mio cuore, perché voglio condividere ciò che ho e ciò che sono affinché nessuno sia mai più povero; beato perché la mia vita, come quella di Gesù, sarà stata tutta un dono per chi ne aveva bisogno.
Quando sono nel pianto, sono beato se ritroverò intorno a me fratelli e sorelle pronti ad essere la mia consolazione, perché così saprò guardare oltre alla difficoltà e alla sofferenza.
Quando sono mite e non intendo rassegnato di fronte alle ingiustizie, ma capace nella sopraffazione di non cedere mai alla tentazione di reagire pieno di ira con la violenza, perché di fronte a conflitti drammatici mi impegnerò ad ottenere giustizia, ma senza mai aggiungere altro male, sono beato perché avrò in eredità la terra, perché con Dio sarò costruttore di una terra nuova, perché voglio costruire ponti e non erigere muri.
Quando avrò fame e sete di giustizia, che non è la giustizia che si vendica, che fa pagare chi ha commesso del male, anche facendo ulteriore male, ma quella giustizia che è il disegno d’amore che Dio vuole realizzare in questo mondo, in ogni uomo che si riconosce vero figlio di Dio e perciò fratello di ogni altro uomo; allora sono beato perché sarò saziato, perché non voglio cedere alle tante ingiustizie che nascono nel cuore dell’uomo e nel mio, perché quel desiderio di un mondo nuovo che arde nel mio cuore sarà colmato.
Se sono misericordioso, se sono capace anche solo in minima parte di vivere di quell’amore incondizionato e fedele che è l’essenza stessa di Dio, allora sono beato perché troverò la misericordia e l’amore capace di perdonare, perché saprò guardare alla miseria del mio ed altrui cuore con gli stessi occhi di Dio, occhi non accecati da un giudizio impietoso, ma illuminati da un amore materno.
Quando sono puro di cuore, quando è solo Dio e il suo amore che detta le scelte e non vi sono altri idoli come il denaro, il successo o il potere a guidare la mia vita, sono beato perché potrò vedere Dio, perché mentre tutti vedono il male ovunque, io vedrò anche e soprattutto quella flebile luce d’amore che brilla in ogni uomo e donna.
Se sono un artigiano, un artefice di pace sono beato perché sarò riconosciuto come un vero figlio di Dio, perché non voglio cedere alla violenza, ma voglio costruire la pace a partire dal mio cuore troppe volte in subbuglio.
E se per tutto questo sarò perseguitato per la giustizia, subirò insulti ed oltraggi allora sono davvero beato perché vorrà dire che ho percorso la tua stessa strada del mio Signore.
Con le “beatitudini” siamo chiamati a vivere in pienezza la nostra vita lottando e costruendo un mondo nuovo secondo il progetto di Dio; in questo modo potremo già adesso generare intorno a noi un piccolo pezzo di paradiso, anticipo di quanto Dio ci donerà al termine della nostra vita. Coraggio, possiamo essere felici e realizzare pienamente la nostra vita se diventiamo uomini e donne delle beatitudini!
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Commento 2 febbraio 2020 Presentazione del Signore Lc 2,22-40
In questa domenica la festa della Presentazione di Gesù al tempio si sostituisce alla IV domenica del tempo Ordinario, e così ci fermiamo un momento nel nostro percorso per tornare indietro all’inizio della vita di Gesù.
Luca conclude il suo racconto del natale di Gesù facendo riferimento all’osservanza di tre prescrizioni della legge di Israele da parte della santa famiglia: la circoncisione (Lc 2,21), la purificazione della madre che aveva dato alla luce un figlio maschio ed il riscatto del figlio primogenito, che secondo quanto stabilito dalla Legge, era sacro, apparteneva a Dio.
Anche se nelle loro mani vi è la presenza stessa di Dio, infinito amore che si è fatto neonato, Maria e Giuseppe si sottomettono a quanto prescrive la Legge, non cadono nella tentazione di sentirsi superiori, di sentirsi già a posto, ma soprattutto in quell’offerta del figlio al tempio Giuseppe e Maria riconoscono come il figlio non sia loro. Essi presentano, consegnano Gesù al Signore, inserendolo nel progetto di Dio e, ricordiamocelo sempre come genitori cristiani, discepoli di Cristo, i disegni di Dio possono essere molto diversi dai sogni e dai disegni dei genitori. I figli non sono nostri appartengono a Dio, al mondo, al futuro, alla loro vocazione e ai loro sogni. Rendo grazie ogni giorno per i figli che Dio mi ha donato, figli accolti, non generati, figli che donano ogni giorno alla mia vita gioia e speranza. Quanto vorrei che fossero realizzate in me e in mia moglie le parole di Gibran nel “Profeta”: “Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri, perché essi hanno i propri pensieri… Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati. L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane. Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere, poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo”
L’offerta di Maria e di Giuseppe viene interrotta dall’incontro con due anziani: il vecchio Simeone e la profetessa Anna; nella spianata del tempio c’era una moltitudine di gente, ma solo due anziani sanno riconoscere in un neonato, fragile e debole il Messia di Dio, promesso ed atteso, perché i loro occhi erano capaci di vedere al di là delle apparenze. Solo due anziani, forse perché rimbambiti dall’età, potevano accogliere tra le loro braccia un bimbo e pensare di essere in quel momento al cospetto del Dio altissimo.
Simeone era un uomo giusto, una persona retta con il cuore puro, non inquinato dalla menzogna, dalle passioni, dai propri interessi, ma aperto alla ricerca della verità; Simeone era un uomo pio, attento a seguire sempre il cammino indicato dalla parola di Dio, con i suoi pensieri ed il suo cuore sempre sintonizzati con il cuore ed i pensieri di Dio.
Simeone attendeva la consolazione di Israele, è vissuto nella certezza che le promesse di Dio si sarebbero realizzate anche quando le apparenze sembravano smentire quelle parole. Simeone è l’uomo dell’attesa, ma un’attesa non passiva, l’attesa di colui che si gioca la vita, la sua esistenza sulla proposta di mondo nuovo che Dio fa e si impegna con Lui a costruirlo.
Simeone è un uomo libero, pienamente coinvolto dallo Spirito di Dio (per tre volte Luca parla dello Spirito in riferimento a lui); era un uomo anziano ma con lo sguardo rivolto al futuro delle promesse di Dio che vede finalmente realizzate in quel bambino: egli così ci insegna che, per portare Cristo agli altri, è necessario prima riconoscerlo ed accoglierlo tra le proprie braccia.
Infine nelle parole di Simeone, che siamo invitati a ripetere ogni sera prima di addormentarci, ritroviamo la gioia di aver colto il senso profondo della nostra vita: “Ora lascia che (letteralmente “sciogli”) il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola”. Simeone non ha paura della morte perché questa per chi ha vissuto come lui non è altro che il momento supremo che dà il senso a tutta la vita; se come Simeone, avrò vissuto la mia vita a servizio di Dio che è amore, se avrò dedicato tutta la mia vita per realizzare la missione alla quale Dio mi ha chiamato, allora la morte non potrà che essere la porta d’ingresso per la gioia eterna. Lo stesso discorso va riportato alla conclusione delle mie giornate, per cui posso convintamente pregare con quelle parole per ringraziare il Signore dei semi di luce che avrò saputo seminare intorno a me “perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”.
“Preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”: Simeone non vive una dimensione egoistica del suo rapporto con Dio, esprime la gioia di sapere che questo bambino sarà luce non solo per il popolo di Israele, ma per tutti. Gesù è luce di salvezza per ogni uomo, ecco la dimensione universale a cui è destinato questo bambino, segno dell’amore infinito ed eterno di Dio.
A questo punto la presenza di Anna può sembrare superflua nel brano, poiché aveva già fatto tutto Simeone, ma non è così ella infatti svolge il ruolo di secondo testimone, quello necessario come conferma. Anna è il piccolo resto, l’ultima rappresentante della tribù di Aser, tribù infedele, ed ha 84 anni, numero simbolico (7, la totalità, per 12 le tribù di Israele) per indicare un popolo giunto alla completezza della sua missione; Anna è quella parte fedele del popolo, la sposa, che ha saputo, come Simeone, attendere e accogliere il Messia, suo sposo. Anna ci annuncia che il Signore non è un padrone, ma lo sposo che ci ama gratuitamente e che si aspetta da noi un coinvolgimento d’amore, rimanere fedeli a questo amore è molto facile ma mantenere questa fedeltà è più difficile, Anna rappresenta quel resto rimasto fedele anche quando tutti gli altri hanno lasciato.
La figura di Anna mi spinge a ricordare che questa è anche la giornata in cui i religiosi rinnovano il loro “sì” a Dio, vorrei rivolgere un pensiero anche a loro e non solo perché tutti siamo chiamati, ognuno nel suo ruolo, ognuno con le sue capacità ed i suoi limiti a donare la nostra vita a Dio che è amore. In Gesù che si dona a Dio ciascuno di noi può ritrovare la forza per ribadire il proprio “sì”, certi di vedere realizzata nelle nostre vite la salvezza promessaci da Dio!
Luca conclude il suo racconto del natale di Gesù facendo riferimento all’osservanza di tre prescrizioni della legge di Israele da parte della santa famiglia: la circoncisione (Lc 2,21), la purificazione della madre che aveva dato alla luce un figlio maschio ed il riscatto del figlio primogenito, che secondo quanto stabilito dalla Legge, era sacro, apparteneva a Dio.
Anche se nelle loro mani vi è la presenza stessa di Dio, infinito amore che si è fatto neonato, Maria e Giuseppe si sottomettono a quanto prescrive la Legge, non cadono nella tentazione di sentirsi superiori, di sentirsi già a posto, ma soprattutto in quell’offerta del figlio al tempio Giuseppe e Maria riconoscono come il figlio non sia loro. Essi presentano, consegnano Gesù al Signore, inserendolo nel progetto di Dio e, ricordiamocelo sempre come genitori cristiani, discepoli di Cristo, i disegni di Dio possono essere molto diversi dai sogni e dai disegni dei genitori. I figli non sono nostri appartengono a Dio, al mondo, al futuro, alla loro vocazione e ai loro sogni. Rendo grazie ogni giorno per i figli che Dio mi ha donato, figli accolti, non generati, figli che donano ogni giorno alla mia vita gioia e speranza. Quanto vorrei che fossero realizzate in me e in mia moglie le parole di Gibran nel “Profeta”: “Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri, perché essi hanno i propri pensieri… Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati. L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane. Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere, poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo”
L’offerta di Maria e di Giuseppe viene interrotta dall’incontro con due anziani: il vecchio Simeone e la profetessa Anna; nella spianata del tempio c’era una moltitudine di gente, ma solo due anziani sanno riconoscere in un neonato, fragile e debole il Messia di Dio, promesso ed atteso, perché i loro occhi erano capaci di vedere al di là delle apparenze. Solo due anziani, forse perché rimbambiti dall’età, potevano accogliere tra le loro braccia un bimbo e pensare di essere in quel momento al cospetto del Dio altissimo.
Simeone era un uomo giusto, una persona retta con il cuore puro, non inquinato dalla menzogna, dalle passioni, dai propri interessi, ma aperto alla ricerca della verità; Simeone era un uomo pio, attento a seguire sempre il cammino indicato dalla parola di Dio, con i suoi pensieri ed il suo cuore sempre sintonizzati con il cuore ed i pensieri di Dio.
Simeone attendeva la consolazione di Israele, è vissuto nella certezza che le promesse di Dio si sarebbero realizzate anche quando le apparenze sembravano smentire quelle parole. Simeone è l’uomo dell’attesa, ma un’attesa non passiva, l’attesa di colui che si gioca la vita, la sua esistenza sulla proposta di mondo nuovo che Dio fa e si impegna con Lui a costruirlo.
Simeone è un uomo libero, pienamente coinvolto dallo Spirito di Dio (per tre volte Luca parla dello Spirito in riferimento a lui); era un uomo anziano ma con lo sguardo rivolto al futuro delle promesse di Dio che vede finalmente realizzate in quel bambino: egli così ci insegna che, per portare Cristo agli altri, è necessario prima riconoscerlo ed accoglierlo tra le proprie braccia.
Infine nelle parole di Simeone, che siamo invitati a ripetere ogni sera prima di addormentarci, ritroviamo la gioia di aver colto il senso profondo della nostra vita: “Ora lascia che (letteralmente “sciogli”) il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola”. Simeone non ha paura della morte perché questa per chi ha vissuto come lui non è altro che il momento supremo che dà il senso a tutta la vita; se come Simeone, avrò vissuto la mia vita a servizio di Dio che è amore, se avrò dedicato tutta la mia vita per realizzare la missione alla quale Dio mi ha chiamato, allora la morte non potrà che essere la porta d’ingresso per la gioia eterna. Lo stesso discorso va riportato alla conclusione delle mie giornate, per cui posso convintamente pregare con quelle parole per ringraziare il Signore dei semi di luce che avrò saputo seminare intorno a me “perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”.
“Preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”: Simeone non vive una dimensione egoistica del suo rapporto con Dio, esprime la gioia di sapere che questo bambino sarà luce non solo per il popolo di Israele, ma per tutti. Gesù è luce di salvezza per ogni uomo, ecco la dimensione universale a cui è destinato questo bambino, segno dell’amore infinito ed eterno di Dio.
A questo punto la presenza di Anna può sembrare superflua nel brano, poiché aveva già fatto tutto Simeone, ma non è così ella infatti svolge il ruolo di secondo testimone, quello necessario come conferma. Anna è il piccolo resto, l’ultima rappresentante della tribù di Aser, tribù infedele, ed ha 84 anni, numero simbolico (7, la totalità, per 12 le tribù di Israele) per indicare un popolo giunto alla completezza della sua missione; Anna è quella parte fedele del popolo, la sposa, che ha saputo, come Simeone, attendere e accogliere il Messia, suo sposo. Anna ci annuncia che il Signore non è un padrone, ma lo sposo che ci ama gratuitamente e che si aspetta da noi un coinvolgimento d’amore, rimanere fedeli a questo amore è molto facile ma mantenere questa fedeltà è più difficile, Anna rappresenta quel resto rimasto fedele anche quando tutti gli altri hanno lasciato.
La figura di Anna mi spinge a ricordare che questa è anche la giornata in cui i religiosi rinnovano il loro “sì” a Dio, vorrei rivolgere un pensiero anche a loro e non solo perché tutti siamo chiamati, ognuno nel suo ruolo, ognuno con le sue capacità ed i suoi limiti a donare la nostra vita a Dio che è amore. In Gesù che si dona a Dio ciascuno di noi può ritrovare la forza per ribadire il proprio “sì”, certi di vedere realizzata nelle nostre vite la salvezza promessaci da Dio!
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Commento 29 gennaio 2017
Ogni volta che mi accosto a questo brano rimango esterrefatto di fronte alla grandezza di queste parole; Gesù insegna ai suoi discepoli la via per raggiungere la felicità e la ricetta che propone ribalta quella che il mondo quotidianamente ci impone.
Quanto sono lontani, Signore, i nostri pensieri e i nostri progetti dai tuoi! Ma le beatitudini non sono un progetto da rimandare alla vita eterna, Gesù le indica come la via della felicità e della vera vita già da oggi. Allora…
Beati fin d’ora quelli che sono poveri in spirito, poiché sanno riconoscere ciò che è l’essenziale; solo chi è povero sa accogliere come un dono ciò che la vita gli presenta.
Beati fin d’ora quelli che sono nel pianto perché avranno persone capaci di consolare i loro cuori e di condividere le loro pene; solo chi piange è capace di mostrare i propri sentimenti senza provarne vergogna.
Beati fin d’ora quelli che vivono nella mitezza, lasciando da parte l’odio e la rabbia, perché sapranno godere della bellezza della terra; solo chi è mite scopre la gioia della condivisione.
Beati fin d’ora quelli che cercano giustizia perché riusciranno a sognare e a costruire concretamente un mondo più giusto; solo chi vuole giustizia sa creare intorno a sé rapporti e vincoli veramente umani e solidali.
Beati fin d’ora quelli che sanno perdonare perché il loro cuore non sarà avvelenato dal rancore; solo chi perdona costruisce intorno a lui rapporti di perdono e comprensione.
Beati fin d’ora quelli che avranno il loro cuore ripulito dai sentimenti di invidia e gelosia perché saranno capaci di vedere intorno a loro i segni grandi dell’amore di Dio.
Beati fin d’ora quelli che si impegneranno e sapranno costruire un mondo di pace, perché diventeranno strumenti preziosi nelle mani di Dio che vuole portare a tutte le sue creature il dono dell’armonia.
Beati fin d’ora quelli che sapranno pagare, anche a caro prezzo, la creazione di rapporti giusti e solidali; vivere nella giustizia e nella sobrietà è vivere costantemente alla presenza di Dio.
Beati fin d’ora voi quando a motivo della vostra fede nel Dio dell’amore vi insulteranno e vi perseguiteranno, beati se saprete coerentemente rimanere convinti che ciò che vincerà il mondo sarà sempre e solo l’amore.
Gioite, potrete vivere per sempre nell’amore di Dio!
Quanto sono lontani, Signore, i nostri pensieri e i nostri progetti dai tuoi! Ma le beatitudini non sono un progetto da rimandare alla vita eterna, Gesù le indica come la via della felicità e della vera vita già da oggi. Allora…
Beati fin d’ora quelli che sono poveri in spirito, poiché sanno riconoscere ciò che è l’essenziale; solo chi è povero sa accogliere come un dono ciò che la vita gli presenta.
Beati fin d’ora quelli che sono nel pianto perché avranno persone capaci di consolare i loro cuori e di condividere le loro pene; solo chi piange è capace di mostrare i propri sentimenti senza provarne vergogna.
Beati fin d’ora quelli che vivono nella mitezza, lasciando da parte l’odio e la rabbia, perché sapranno godere della bellezza della terra; solo chi è mite scopre la gioia della condivisione.
Beati fin d’ora quelli che cercano giustizia perché riusciranno a sognare e a costruire concretamente un mondo più giusto; solo chi vuole giustizia sa creare intorno a sé rapporti e vincoli veramente umani e solidali.
Beati fin d’ora quelli che sanno perdonare perché il loro cuore non sarà avvelenato dal rancore; solo chi perdona costruisce intorno a lui rapporti di perdono e comprensione.
Beati fin d’ora quelli che avranno il loro cuore ripulito dai sentimenti di invidia e gelosia perché saranno capaci di vedere intorno a loro i segni grandi dell’amore di Dio.
Beati fin d’ora quelli che si impegneranno e sapranno costruire un mondo di pace, perché diventeranno strumenti preziosi nelle mani di Dio che vuole portare a tutte le sue creature il dono dell’armonia.
Beati fin d’ora quelli che sapranno pagare, anche a caro prezzo, la creazione di rapporti giusti e solidali; vivere nella giustizia e nella sobrietà è vivere costantemente alla presenza di Dio.
Beati fin d’ora voi quando a motivo della vostra fede nel Dio dell’amore vi insulteranno e vi perseguiteranno, beati se saprete coerentemente rimanere convinti che ciò che vincerà il mondo sarà sempre e solo l’amore.
Gioite, potrete vivere per sempre nell’amore di Dio!