XXVIII domenica T.O. Anno B
Vangelo Mc 10, 17-30
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?».
Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?».
Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Commento 10 ottobre 2021
Ci sono momenti destinati a cambiare la vita: il vangelo ci racconta l’incontro di Gesù con un “tale”, non sappiamo nulla di lui se non che era molto ricco; è da notare la finezza di Marco che non ci dice il nome di quell’uomo come se la sua identità fosse nascosta sotto i numerosi suoi beni. Quest’uomo corre incontro a Gesù spinto da una certa insoddisfazione, da una certa inquietudine, corre come uno che ha fretta, fretta di vivere, di vivere davvero. È la stessa inquietudine così ben descritta da Agostino: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1). Quell’uomo possedeva molti beni, ma non era felice perché qualcosa o forse meglio qualcuno mancava alla sua vita che gli appariva vuota.
Cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Eterna non nel senso della sua infinita durata, ma di una vita pienamente realizzata, una vita che abbia trovato il suo vero e definitivo senso. Bella domanda, anche se ha in sé una contraddizione: si parla di ereditare la vita eterna dove si sottolinea la gratuità del dono e allo stesso tempo di un “dover fare” come se quella stessa vita fosse il premio di una vita perfettamente riuscita. È una domanda universale, valida per ogni donna e uomo che percorre le strade di questo mondo, ma è soprattutto una domanda personale che vuole coinvolgere tutta la vita perché quell'uomo non chiede che cosa si deve fare, ma cosa lui debba fare, sente l'urgenza di trovare di seguire un “suo” cammino della felicità per vivere una vita bella!
Gesù gli indica la via dei comandamenti, ma citando il decalogo lo ricorda ridotto ai soli comandamenti che riguardano il nostro rapporto con il prossimo, forse perché questi erano validi per tutti i popoli, mentre quelli che riguardano il rapporto con Dio erano una particolarità del popolo ebraico: la via della salvezza non sta nella propria fede, in ciò che si crede, ma nell'amore, in gesti concreti di solidarietà, accoglienza, perdono, misericordia (cfr. Mt 25).
La risposta non soddisfa quell’uomo perché l’osservare la legge, cosa che aveva fatto fin da bambino, non aveva riempito la sua vita: egli non aveva mai ucciso nessuno ma il suo cuore era chiuso di fronte ai bisogni del fratello; non aveva commesso adulterio ed era rimasto fedele alla moglie, ma forse la considerava nel numero dei suoi beni e non compagna nell'amore lungo la vita; non aveva mai frodato o rubato, ma aveva sempre trattenuto i suoi beni per sé senza aprire generosamente le sue mani a chi si trovava in povertà; non aveva testimoniato il falso, ma la verità dell’amore era lontana dal suo cuore; aveva sempre rispettato ed onorato i suoi genitori, ma forse li aveva lasciati soli nella loro vecchiaia.
La Legge, i comandamenti, le norme morali non possono soddisfare la nostra ricerca: Dio va oltre i comandamenti, Dio è amore, Dio è dono, Dio è comunione! Dio è quello sguardo che si pone sulla nostra vita, ci legge dentro, ci riempie del suo amore.
Una cosa sola ti manca, qui la traduzione non ci aiuta perché si potrebbe pensare che oltre ai comandamenti validi per tutti ci sia una ulteriore via destinata solo ad alcuni. No, Gesù non parla di una proposta diversa, ma dice all’uomo “uno ti manca”; manca cioè quell’unica cosa capace di dare senso alla sua esistenza, ai suoi doni. A quell’uomo manca l’Uno, manca l’amore, manca Dio, perché ha scelto Mammonà! Solo investendo ciò che Dio stesso ci ha donato per amore è possibile ricevere in dono la vita eterna perché solo l’amore dura per sempre.
“Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri”: impara a condividere e a donare perché tu non sei ciò che hai, ma ciò che dai. Donare, condividere sono verbi che mettono paura, perché noi, naturalmente, siamo portati a prendere, a trattenere, ad accumulare. Gesù ci invita non solo a consegnare tutto ciò che abbiamo, ma anche a condividere tutto ciò che siamo per costruire intorno a noi quel regno di Dio che è regno dell’amore nella comunione dei figli di Dio che si riconoscono come fratelli. Qui non si tratta solo della ricchezza, si tratta di gestire tutte le realtà di questo mondo secondo una prospettiva nuova, quella della condivisione e del dono perché nessuno sia più nel bisogno. Se di fronte a questa proposta non rimaniamo scioccati, se passa sopra le nostre vite senza sconvolgerci vuol dire che non abbiamo capito nulla oppure che il nostro cuore è diventato ormai insensibile; infatti la conclusione ci lascia un po’ di amaro in bocca: quell’uomo così attaccato ai suoi beni se ne andò triste. Non si entra nel regno di Dio, se non si accoglie la logica del dono perché tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che siamo possa essere trasformato in amore.
È difficile per chi possiede ricchezze, per chi lega il proprio cuore ai beni di questo mondo entrare nel regno di Dio, forse è più facile che un cammello passi per la cruna d’ago. Di fronte allo stupore scioccato di coloro che lo ascoltavano, Gesù offre alcune delle parole più belle di tutto il vangelo: “tutto è possibile a Dio!” perché Dio è capace di far passare un cammello, anche se un po’ robusto come me, per la cruna di un ago! Dio ha la passione dell'impossibile (Ronchi) e riuscirà a salvare anche me, nonostante me!
Pietro ricorda che i discepoli hanno lasciato tutto per seguirlo e la conclusione è davvero incoraggiante: seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione. Seguire Gesù è lasciare tutto ma per avere tutto, di più, per avere cento volte tanto, cento fratelli, cento sorelle, cento figli e cento campi insieme alla vita eterna: coloro, che sapranno staccarsi dal loro piccolo mondo per allargare infinitamente i confini del loro amore, riceveranno fin d’ora il centuplo di quello che avranno lasciato. L’amore se condiviso non si divide, si moltiplica!
Lasciamoci allora avvolgere dallo sguardo di Gesù per poter accogliere la sua proposta, l’unica capace di soddisfare la sete di comunione del nostro cuore e di realizzare in pienezza la nostra vita nell’infinito amore del Padre e dei fratelli!
Cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Eterna non nel senso della sua infinita durata, ma di una vita pienamente realizzata, una vita che abbia trovato il suo vero e definitivo senso. Bella domanda, anche se ha in sé una contraddizione: si parla di ereditare la vita eterna dove si sottolinea la gratuità del dono e allo stesso tempo di un “dover fare” come se quella stessa vita fosse il premio di una vita perfettamente riuscita. È una domanda universale, valida per ogni donna e uomo che percorre le strade di questo mondo, ma è soprattutto una domanda personale che vuole coinvolgere tutta la vita perché quell'uomo non chiede che cosa si deve fare, ma cosa lui debba fare, sente l'urgenza di trovare di seguire un “suo” cammino della felicità per vivere una vita bella!
Gesù gli indica la via dei comandamenti, ma citando il decalogo lo ricorda ridotto ai soli comandamenti che riguardano il nostro rapporto con il prossimo, forse perché questi erano validi per tutti i popoli, mentre quelli che riguardano il rapporto con Dio erano una particolarità del popolo ebraico: la via della salvezza non sta nella propria fede, in ciò che si crede, ma nell'amore, in gesti concreti di solidarietà, accoglienza, perdono, misericordia (cfr. Mt 25).
La risposta non soddisfa quell’uomo perché l’osservare la legge, cosa che aveva fatto fin da bambino, non aveva riempito la sua vita: egli non aveva mai ucciso nessuno ma il suo cuore era chiuso di fronte ai bisogni del fratello; non aveva commesso adulterio ed era rimasto fedele alla moglie, ma forse la considerava nel numero dei suoi beni e non compagna nell'amore lungo la vita; non aveva mai frodato o rubato, ma aveva sempre trattenuto i suoi beni per sé senza aprire generosamente le sue mani a chi si trovava in povertà; non aveva testimoniato il falso, ma la verità dell’amore era lontana dal suo cuore; aveva sempre rispettato ed onorato i suoi genitori, ma forse li aveva lasciati soli nella loro vecchiaia.
La Legge, i comandamenti, le norme morali non possono soddisfare la nostra ricerca: Dio va oltre i comandamenti, Dio è amore, Dio è dono, Dio è comunione! Dio è quello sguardo che si pone sulla nostra vita, ci legge dentro, ci riempie del suo amore.
Una cosa sola ti manca, qui la traduzione non ci aiuta perché si potrebbe pensare che oltre ai comandamenti validi per tutti ci sia una ulteriore via destinata solo ad alcuni. No, Gesù non parla di una proposta diversa, ma dice all’uomo “uno ti manca”; manca cioè quell’unica cosa capace di dare senso alla sua esistenza, ai suoi doni. A quell’uomo manca l’Uno, manca l’amore, manca Dio, perché ha scelto Mammonà! Solo investendo ciò che Dio stesso ci ha donato per amore è possibile ricevere in dono la vita eterna perché solo l’amore dura per sempre.
“Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri”: impara a condividere e a donare perché tu non sei ciò che hai, ma ciò che dai. Donare, condividere sono verbi che mettono paura, perché noi, naturalmente, siamo portati a prendere, a trattenere, ad accumulare. Gesù ci invita non solo a consegnare tutto ciò che abbiamo, ma anche a condividere tutto ciò che siamo per costruire intorno a noi quel regno di Dio che è regno dell’amore nella comunione dei figli di Dio che si riconoscono come fratelli. Qui non si tratta solo della ricchezza, si tratta di gestire tutte le realtà di questo mondo secondo una prospettiva nuova, quella della condivisione e del dono perché nessuno sia più nel bisogno. Se di fronte a questa proposta non rimaniamo scioccati, se passa sopra le nostre vite senza sconvolgerci vuol dire che non abbiamo capito nulla oppure che il nostro cuore è diventato ormai insensibile; infatti la conclusione ci lascia un po’ di amaro in bocca: quell’uomo così attaccato ai suoi beni se ne andò triste. Non si entra nel regno di Dio, se non si accoglie la logica del dono perché tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che siamo possa essere trasformato in amore.
È difficile per chi possiede ricchezze, per chi lega il proprio cuore ai beni di questo mondo entrare nel regno di Dio, forse è più facile che un cammello passi per la cruna d’ago. Di fronte allo stupore scioccato di coloro che lo ascoltavano, Gesù offre alcune delle parole più belle di tutto il vangelo: “tutto è possibile a Dio!” perché Dio è capace di far passare un cammello, anche se un po’ robusto come me, per la cruna di un ago! Dio ha la passione dell'impossibile (Ronchi) e riuscirà a salvare anche me, nonostante me!
Pietro ricorda che i discepoli hanno lasciato tutto per seguirlo e la conclusione è davvero incoraggiante: seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione. Seguire Gesù è lasciare tutto ma per avere tutto, di più, per avere cento volte tanto, cento fratelli, cento sorelle, cento figli e cento campi insieme alla vita eterna: coloro, che sapranno staccarsi dal loro piccolo mondo per allargare infinitamente i confini del loro amore, riceveranno fin d’ora il centuplo di quello che avranno lasciato. L’amore se condiviso non si divide, si moltiplica!
Lasciamoci allora avvolgere dallo sguardo di Gesù per poter accogliere la sua proposta, l’unica capace di soddisfare la sete di comunione del nostro cuore e di realizzare in pienezza la nostra vita nell’infinito amore del Padre e dei fratelli!
Commento 14 ottobre 2018
Nella prima parte del suo vangelo Marco ci presenta la figura di Gesù per arrivare a porci la domanda fondamentale su chi è per noi; nella seconda parte ci presenta le caratteristiche del discepolo di Gesù. Il vangelo di domenica ci racconta un primo incontro: protagonista è un non meglio precisato “tale”, che alla fine scopriremo essere ricco. Quest’uomo corre incontro a Gesù spinto da una certa insoddisfazione, da una certa inquietudine: è questa la situazione in cui molto spesso tutti noi ci ritroviamo, quella stessa inquietudine così ben descritta da Agostino: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1).
Quest’uomo cerca una risposta e si ritrova a correre e a gettarsi in ginocchio davanti a Gesù, maestro buono; in quest’uomo rivedo me ed ogni uomo che cerca una risposta che dia senso ad una vita che in troppe occasioni appare vuota. Questa inquietudine si esplicita nella domanda: che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Eterna non nel senso della sua infinita durata, ma dove si intende una vita pienamente realizzata, una vita che abbia trovato il suo vero e definitivo senso. Ma la stessa domanda ha in sé stessa una contraddizione: si parla di ereditare la vita eterna dove si sottolinea la gratuità del dono e al contempo e allo stesso tempo di un “dover fare” come se quella stessa vita fosse il premio di una vita perfettamente riuscita. Gesù risponde citando i comandamenti; notiamo subito che l’unica volta che Gesù cita il decalogo lo ricorda ridotto ai soli comandamenti che riguardano il nostro rapporto con il prossimo, forse perché questi erano validi per tutti i popoli, tralasciando quelli che riguardano il rapporto con Dio che erano una particolarità del popolo ebraico. Ma una tale risposta non soddisfa quell’uomo e non può soddisfare la nostra ricerca: Dio va oltre i comandamenti, Dio è amore, Dio è dono, Dio è comunione! Dio è quello sguardo che si pone sulla nostra vita, ci legge dentro, ci riempie del suo amore. Ecco la risposta all’inquietudine dell’uomo: lo sguardo di Dio che ci legge dentro e ci ama!
Gesù allora propone a quel tale qualcosa di più; qui purtroppo la traduzione “una cosa sola ti manca” non ci aiuta. Infatti potremo pensare che oltre ai comandamenti validi per tutti potrebbe esserci una ulteriore via destinata ad alcuni. No, Gesù non parla di una proposta diversa, ma dice all’uomo “uno ti manca”: cioè a quell’uomo, al nostro cuore inquieto manca quell’unica cosa che realizza la vita di un uomo, di una donna; a quell’uomo manca l’uno, Dio, capace di dare senso alla sua esistenza, ai suoi doni. Solo investendo ciò che Dio stesso ci ha donato per amore è possibile ricevere in dono la vita eterna, pienamene realizzata, felice per sempre, perché solo l’amore dura per sempre.
Gesù ci invita non solo a consegnare tutto ciò che abbiamo, ma anche a condividere tutto ciò che siamo per costruire intorno a noi quel regno di Dio che è regno dell’amore nella comunione dei figli di Dio che si riconoscono come fratelli. Qui non si tratta solo della ricchezza di denaro, si tratta di gestire tutte le realtà di questo mondo secondo una prospettiva nuova, quella della condivisione e del dono perché nessuno sia più nel bisogno. Se di fronte a questa proposta non rimaniamo scioccati, se passa sopra le nostre vite senza sconvolgerci vuol dire che o non abbiamo capito nulla oppure che il nostro cuore è diventato ormai insensibile. La conclusione di quell’incontro ci lascia un po’ di amaro in bocca: quell’uomo così attaccato ai suoi beni se ne andò triste; infatti non si entra nel regno di Dio, se non si accoglie la logica del dono di tutti i propri beni, di tutto sé stesso perché tutto possa essere trasformato in amore. Allora per ricchezza si intende l’attaccamento del cuore alle realtà materiali e questo costituisce l’impedimento più grave per entrare nel regno di Dio, perché la ricchezza possiede la forza seduttrice di un dio, oltretutto di un dio disponibile a rispondere positivamente a tutti i nostri desideri, a tutte le nostre voglie. Ma se per un uomo ricco è impossibile entrare nel regno, tutto questo non impedisce all’amore di Dio di raggiungere il cuore di ogni donna e uomo; la conversione è frutto della prodigiosa forza della Parola di Dio: se con fiducia ci poniamo in attento ascolto, la buona notizia dell’amore di Dio può scaldare i nostri cuori e cambiare la nostra vita. La conclusione è davvero incoraggiante: coloro, che sapranno staccarsi dal loro piccolo mondo per allargare infinitamente i confini del loro amore, riceveranno fin d’ora il centuplo di quello che avranno lasciato: l’amore se condiviso non si divide, si moltiplica.
Amici, lasciamoci coinvolgere dalla proposta di Gesù, l’unica capace di soddisfare la sete di comunione del nostro cuore e di realizzare in pienezza la nostra vita nell’infinito amore del Padre e dei fratelli!
Quest’uomo cerca una risposta e si ritrova a correre e a gettarsi in ginocchio davanti a Gesù, maestro buono; in quest’uomo rivedo me ed ogni uomo che cerca una risposta che dia senso ad una vita che in troppe occasioni appare vuota. Questa inquietudine si esplicita nella domanda: che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? Eterna non nel senso della sua infinita durata, ma dove si intende una vita pienamente realizzata, una vita che abbia trovato il suo vero e definitivo senso. Ma la stessa domanda ha in sé stessa una contraddizione: si parla di ereditare la vita eterna dove si sottolinea la gratuità del dono e al contempo e allo stesso tempo di un “dover fare” come se quella stessa vita fosse il premio di una vita perfettamente riuscita. Gesù risponde citando i comandamenti; notiamo subito che l’unica volta che Gesù cita il decalogo lo ricorda ridotto ai soli comandamenti che riguardano il nostro rapporto con il prossimo, forse perché questi erano validi per tutti i popoli, tralasciando quelli che riguardano il rapporto con Dio che erano una particolarità del popolo ebraico. Ma una tale risposta non soddisfa quell’uomo e non può soddisfare la nostra ricerca: Dio va oltre i comandamenti, Dio è amore, Dio è dono, Dio è comunione! Dio è quello sguardo che si pone sulla nostra vita, ci legge dentro, ci riempie del suo amore. Ecco la risposta all’inquietudine dell’uomo: lo sguardo di Dio che ci legge dentro e ci ama!
Gesù allora propone a quel tale qualcosa di più; qui purtroppo la traduzione “una cosa sola ti manca” non ci aiuta. Infatti potremo pensare che oltre ai comandamenti validi per tutti potrebbe esserci una ulteriore via destinata ad alcuni. No, Gesù non parla di una proposta diversa, ma dice all’uomo “uno ti manca”: cioè a quell’uomo, al nostro cuore inquieto manca quell’unica cosa che realizza la vita di un uomo, di una donna; a quell’uomo manca l’uno, Dio, capace di dare senso alla sua esistenza, ai suoi doni. Solo investendo ciò che Dio stesso ci ha donato per amore è possibile ricevere in dono la vita eterna, pienamene realizzata, felice per sempre, perché solo l’amore dura per sempre.
Gesù ci invita non solo a consegnare tutto ciò che abbiamo, ma anche a condividere tutto ciò che siamo per costruire intorno a noi quel regno di Dio che è regno dell’amore nella comunione dei figli di Dio che si riconoscono come fratelli. Qui non si tratta solo della ricchezza di denaro, si tratta di gestire tutte le realtà di questo mondo secondo una prospettiva nuova, quella della condivisione e del dono perché nessuno sia più nel bisogno. Se di fronte a questa proposta non rimaniamo scioccati, se passa sopra le nostre vite senza sconvolgerci vuol dire che o non abbiamo capito nulla oppure che il nostro cuore è diventato ormai insensibile. La conclusione di quell’incontro ci lascia un po’ di amaro in bocca: quell’uomo così attaccato ai suoi beni se ne andò triste; infatti non si entra nel regno di Dio, se non si accoglie la logica del dono di tutti i propri beni, di tutto sé stesso perché tutto possa essere trasformato in amore. Allora per ricchezza si intende l’attaccamento del cuore alle realtà materiali e questo costituisce l’impedimento più grave per entrare nel regno di Dio, perché la ricchezza possiede la forza seduttrice di un dio, oltretutto di un dio disponibile a rispondere positivamente a tutti i nostri desideri, a tutte le nostre voglie. Ma se per un uomo ricco è impossibile entrare nel regno, tutto questo non impedisce all’amore di Dio di raggiungere il cuore di ogni donna e uomo; la conversione è frutto della prodigiosa forza della Parola di Dio: se con fiducia ci poniamo in attento ascolto, la buona notizia dell’amore di Dio può scaldare i nostri cuori e cambiare la nostra vita. La conclusione è davvero incoraggiante: coloro, che sapranno staccarsi dal loro piccolo mondo per allargare infinitamente i confini del loro amore, riceveranno fin d’ora il centuplo di quello che avranno lasciato: l’amore se condiviso non si divide, si moltiplica.
Amici, lasciamoci coinvolgere dalla proposta di Gesù, l’unica capace di soddisfare la sete di comunione del nostro cuore e di realizzare in pienezza la nostra vita nell’infinito amore del Padre e dei fratelli!