XXVIII domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Commento 15 ottobre 2023
Ai deportati di ritorno da Babilonia il profeta Isaia annuncia l’intervento definitivo di Dio che “eliminerà la morte per sempre” e “asciugherà le lacrime su ogni volto” come “un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati”, preparato da Dio non solo per il popolo eletto di Israele, ma per tutti gli uomini che ora potranno accorrere tra le sue braccia amorevoli; di fronte ad un popolo stanco ed oppresso, rimasto senza terra e senza possibilità di provvedere al proprio sostentamento a causa dell’ingordigia di pochi ricchi chiusi nel loro egoismo, ecco la promessa di un Dio, Padre/Madre di tutti, che preannuncia la sua salvezza come una grande festa di amicizia e convivialità.
Gesù riprende questa immagine apocalittica di Isaia, ma con una novità importante perché, se quel banchetto annunciato nella profezia di Isaia sembrava rimanere chiuso in un mondo futuro che andava oltre la morte, in questa parabola Gesù usa il presente: il re, Dio, ha già preparato tutto ed il banchetto è pronto per le nozze del figlio. Sì, un banchetto nuziale! Ecco il regno dei cieli, il mondo nuovo sognato da Dio per l’umanità fin dall’origine del mondo! Nessuna elucubrazione teologica dogmaticamente ineccepibile, nessun astruso discorso filosofico, nessun rimando ad un mondo futuribile, “oppio dei popoli” oppressi ma semplicemente una festa già preparata qui ed ora, la festa più bella possibile, fatta per celebrare l’amore che lega indissolubilmente un uomo ed una donna. Ecco il Regno dei Cieli è la festa nuziale di Dio per il Figlio che sposa l’umanità e corona il suo sogno d’amore. Che bello! Togliamo, allora, dai nostri volti quelle espressioni di tristezza e di melanconia, perché siamo invitati alle nozze, anzi meglio, siamo la sposa del Signore, e proviamo a vivere pienamente la nostra felicità!
Dio organizza il banchetto al quale ciascuno di noi è invitato nella proposta di una vita buona, bella e gioiosa. Se la vita non è altro che una continua ricerca della felicità, il Vangelo è l'affermazione che Gesù ne possiede la chiave e ci indica la via perché questo nostro desiderio diventi realtà. Non so fare discorsi che sappiano convincere chi fatica a credere nell’incredibile “favola vera dell’amore”, ma posso testimoniare che nella mia vita ho imparato che incontrare Dio, vivere tra le sue braccia è una festa, è gioia piena come quando ritorno a casa stanco da una giornata di lavoro con le sue ansie e le sue preoccupazioni e ritrovo pace e serenità tra le braccia di mia moglie, ritrovo forza e coraggio per riprendere il cammino nello sguardo dei miei figli. Non so se rendo merito ai miei studi teologici, ma questo è il regno di Dio!
Eppure di fronte a questa proposta di gioia, di felicità pienamente realizzata c’è chi rifiuta l’invito: per ben due volte il re, Dio, manda i suoi servi, ma gli invitati accampano delle scuse, hanno degli impegni, affari da concludere, non hanno tempo per cose che non producono come un banchetto, feste ed affetti.
Il regno dei cieli non vive di una logica economica: quante persone vengono a messa, quante comunioni sono state distribuite, quanti rosari abbiamo recitato, quante offerte abbiamo raccolto; ma di un logica diversa che il mondo vecchio non capisce, la logica del dono, dell’amore; se la celebrazione eucaristica non diventa l’appuntamento settimanale o quotidiano con l’amore infinito di Dio nella gioia allora a nulla servono le nostre messe, se non celebro nell’eucaristia la storia di Dio che viene a salvarmi e a salvare l’umanità a nulla serve la mia preghiera, se non vivo della gioia e della piena felicità di un amore condiviso con tutti i fratelli e le sorelle che Dio ha posto lungo la strada della mia vita non ho capito nulla del vero senso della comunione con Dio.
Il versetto sull’indignazione del re, che interrompe la parabola, appare in netta contraddizione con la figura di un re che prepara il banchetto per tutti gli invitati prima ancora di sapere se questi accoglieranno o meno l’invito; esso è chiaramente un’aggiunta redazionale dell’evangelista per leggere gli accadimenti del tempo presente: quando Matteo scrive il vangelo era appena avvenuta la distruzione di Gerusalemme e del tempio da parte dei Romani e questo per un ebreo, come l’evangelista, rappresentava la fine del mondo fino allora conosciuto. Ora però questo stesso versetto per noi diventa l’indicazione a porre attenzione sul fatto che se rifiuto l’invito alla festa del Signore, se rimango nella logica economica dell’egoismo vi è solo una conseguenza logica, la distruzione della mia vita e del mondo che conosco.
Così dopo i primi due tentativi andati a vuoti, il re non si ferma di fronte al fallimento ed aumenta la posta rendendo universale, per tutti, il suo progetto d’amore: manda i suoi servi nelle piazze, ai crocicchi delle strade, nelle periferie del mondo e della vita perché la sua sala si riempia e la festa sia completa per tutti. Sì, proprio tutti, senza badare ai meriti. Il nostro Dio è così, non chiede niente, ma dona tutto sé stesso. Stupendo questo Dio che, quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le innalza, gioca al rilancio e nella sua personale partita a poker fa “all in”: chiamate tutti, buoni e cattivi, o meglio “cattivi e buoni” (Mt 22,10).
Quanto è lontano il Dio di Gesù Cristo dall’essere perfettissimo ipotizzato dai filosofi e dai teologi di ogni tempo, Egli ha bisogno dell’uomo, di ogni uomo e donna e come il padrone della vigna esce ad ogni ora, utilizzando ogni occasione e momento opportuno e non opportuno (cfr. 2Tm 4,2), per invitare, chiamare, incontrare i suoi figli che hanno smarrito la strada ed offrire loro una nuova occasione per rendere la loro vita qualcosa di meraviglioso.
Ora, finalmente, la sala è piena, questi invitati hanno accolto la proposta del re ed è uno scandalo per il mio cuore da operaio della prima ora pronto a giudicare. La festa può iniziare! Dio non è lontano, seduto sul suo trono nel cielo, Dio è dentro la sala della festa nel mondo, il Signore viene nella calca per sentire, quasi fisicamente, l’affetto di coloro che insieme a lui vogliono festeggiare la vita, vogliono celebrare l’amore.
Ma ecco il re scorge tra gli invitati un uomo che non indossa la veste nuziale e lo fa cacciare fuori: dato il cambiamento di tono risulta chiaro che questa è una seconda parabola che Matteo aggiunge alla precedente, tanto strana è la pretesa del re di voler tutti gli invitati con il vestito buono dopo che molti di questi erano stati raccolti dalle strade. Ora quell’abito nuziale di cui si sta parlando non veste il corpo, ma il cuore; infatti per partecipare pienamente alla festa senza esclusivamente riempirsi la pancia di cibi succulenti è necessario avere un cuore pronto, che batta d’amore, che esulti di gioia, che desideri ardentemente credere ed incontrare Dio.
La vita nuova del cristiano è spesso paragonata ad un abito nuovo, nel rito del battesimo si viene rivestiti di una veste bianca, simbolo della luce; numerosi poi sono i passi nelle lettere di san Paolo che invitano i discepoli di Cristo a rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,14; Gal 3,27; Ef 4,24…) in modo che chi ci dovesse incontrare, possa vedere in noi la somiglianza di Gesù.
Ora so bene che io sono quello che sono, che il mio abito è un po’ rattoppato, un po’ consumato e forse scucito, ma voglio portare a Dio il mio cuore, quello sì, con il vestito bello, pronto a fare festa con Lui!
Gesù riprende questa immagine apocalittica di Isaia, ma con una novità importante perché, se quel banchetto annunciato nella profezia di Isaia sembrava rimanere chiuso in un mondo futuro che andava oltre la morte, in questa parabola Gesù usa il presente: il re, Dio, ha già preparato tutto ed il banchetto è pronto per le nozze del figlio. Sì, un banchetto nuziale! Ecco il regno dei cieli, il mondo nuovo sognato da Dio per l’umanità fin dall’origine del mondo! Nessuna elucubrazione teologica dogmaticamente ineccepibile, nessun astruso discorso filosofico, nessun rimando ad un mondo futuribile, “oppio dei popoli” oppressi ma semplicemente una festa già preparata qui ed ora, la festa più bella possibile, fatta per celebrare l’amore che lega indissolubilmente un uomo ed una donna. Ecco il Regno dei Cieli è la festa nuziale di Dio per il Figlio che sposa l’umanità e corona il suo sogno d’amore. Che bello! Togliamo, allora, dai nostri volti quelle espressioni di tristezza e di melanconia, perché siamo invitati alle nozze, anzi meglio, siamo la sposa del Signore, e proviamo a vivere pienamente la nostra felicità!
Dio organizza il banchetto al quale ciascuno di noi è invitato nella proposta di una vita buona, bella e gioiosa. Se la vita non è altro che una continua ricerca della felicità, il Vangelo è l'affermazione che Gesù ne possiede la chiave e ci indica la via perché questo nostro desiderio diventi realtà. Non so fare discorsi che sappiano convincere chi fatica a credere nell’incredibile “favola vera dell’amore”, ma posso testimoniare che nella mia vita ho imparato che incontrare Dio, vivere tra le sue braccia è una festa, è gioia piena come quando ritorno a casa stanco da una giornata di lavoro con le sue ansie e le sue preoccupazioni e ritrovo pace e serenità tra le braccia di mia moglie, ritrovo forza e coraggio per riprendere il cammino nello sguardo dei miei figli. Non so se rendo merito ai miei studi teologici, ma questo è il regno di Dio!
Eppure di fronte a questa proposta di gioia, di felicità pienamente realizzata c’è chi rifiuta l’invito: per ben due volte il re, Dio, manda i suoi servi, ma gli invitati accampano delle scuse, hanno degli impegni, affari da concludere, non hanno tempo per cose che non producono come un banchetto, feste ed affetti.
Il regno dei cieli non vive di una logica economica: quante persone vengono a messa, quante comunioni sono state distribuite, quanti rosari abbiamo recitato, quante offerte abbiamo raccolto; ma di un logica diversa che il mondo vecchio non capisce, la logica del dono, dell’amore; se la celebrazione eucaristica non diventa l’appuntamento settimanale o quotidiano con l’amore infinito di Dio nella gioia allora a nulla servono le nostre messe, se non celebro nell’eucaristia la storia di Dio che viene a salvarmi e a salvare l’umanità a nulla serve la mia preghiera, se non vivo della gioia e della piena felicità di un amore condiviso con tutti i fratelli e le sorelle che Dio ha posto lungo la strada della mia vita non ho capito nulla del vero senso della comunione con Dio.
Il versetto sull’indignazione del re, che interrompe la parabola, appare in netta contraddizione con la figura di un re che prepara il banchetto per tutti gli invitati prima ancora di sapere se questi accoglieranno o meno l’invito; esso è chiaramente un’aggiunta redazionale dell’evangelista per leggere gli accadimenti del tempo presente: quando Matteo scrive il vangelo era appena avvenuta la distruzione di Gerusalemme e del tempio da parte dei Romani e questo per un ebreo, come l’evangelista, rappresentava la fine del mondo fino allora conosciuto. Ora però questo stesso versetto per noi diventa l’indicazione a porre attenzione sul fatto che se rifiuto l’invito alla festa del Signore, se rimango nella logica economica dell’egoismo vi è solo una conseguenza logica, la distruzione della mia vita e del mondo che conosco.
Così dopo i primi due tentativi andati a vuoti, il re non si ferma di fronte al fallimento ed aumenta la posta rendendo universale, per tutti, il suo progetto d’amore: manda i suoi servi nelle piazze, ai crocicchi delle strade, nelle periferie del mondo e della vita perché la sua sala si riempia e la festa sia completa per tutti. Sì, proprio tutti, senza badare ai meriti. Il nostro Dio è così, non chiede niente, ma dona tutto sé stesso. Stupendo questo Dio che, quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le innalza, gioca al rilancio e nella sua personale partita a poker fa “all in”: chiamate tutti, buoni e cattivi, o meglio “cattivi e buoni” (Mt 22,10).
Quanto è lontano il Dio di Gesù Cristo dall’essere perfettissimo ipotizzato dai filosofi e dai teologi di ogni tempo, Egli ha bisogno dell’uomo, di ogni uomo e donna e come il padrone della vigna esce ad ogni ora, utilizzando ogni occasione e momento opportuno e non opportuno (cfr. 2Tm 4,2), per invitare, chiamare, incontrare i suoi figli che hanno smarrito la strada ed offrire loro una nuova occasione per rendere la loro vita qualcosa di meraviglioso.
Ora, finalmente, la sala è piena, questi invitati hanno accolto la proposta del re ed è uno scandalo per il mio cuore da operaio della prima ora pronto a giudicare. La festa può iniziare! Dio non è lontano, seduto sul suo trono nel cielo, Dio è dentro la sala della festa nel mondo, il Signore viene nella calca per sentire, quasi fisicamente, l’affetto di coloro che insieme a lui vogliono festeggiare la vita, vogliono celebrare l’amore.
Ma ecco il re scorge tra gli invitati un uomo che non indossa la veste nuziale e lo fa cacciare fuori: dato il cambiamento di tono risulta chiaro che questa è una seconda parabola che Matteo aggiunge alla precedente, tanto strana è la pretesa del re di voler tutti gli invitati con il vestito buono dopo che molti di questi erano stati raccolti dalle strade. Ora quell’abito nuziale di cui si sta parlando non veste il corpo, ma il cuore; infatti per partecipare pienamente alla festa senza esclusivamente riempirsi la pancia di cibi succulenti è necessario avere un cuore pronto, che batta d’amore, che esulti di gioia, che desideri ardentemente credere ed incontrare Dio.
La vita nuova del cristiano è spesso paragonata ad un abito nuovo, nel rito del battesimo si viene rivestiti di una veste bianca, simbolo della luce; numerosi poi sono i passi nelle lettere di san Paolo che invitano i discepoli di Cristo a rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,14; Gal 3,27; Ef 4,24…) in modo che chi ci dovesse incontrare, possa vedere in noi la somiglianza di Gesù.
Ora so bene che io sono quello che sono, che il mio abito è un po’ rattoppato, un po’ consumato e forse scucito, ma voglio portare a Dio il mio cuore, quello sì, con il vestito bello, pronto a fare festa con Lui!
Commento 11 ottobre 2020
Il profeta Isaia incoraggia i deportati ritornati da Babilonia annunciando l’intervento definitivo di Dio che “eliminerà la morte per sempre” e “asciugherà le lacrime su ogni volto” come “un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati”, preparato da Dio non solo per il popolo eletto di Israele, ma per tutti: ecco la rivoluzione di Dio che di fronte ad un popolo stanco ed oppresso, rimasto senza terra e senza possibilità di provvedere al proprio sostentamento a causa dell’ingordigia di pochi ricchi chiusi nel loro egoismo, preannuncia la sua salvezza come una grande festa di amicizia e convivialità.
Un banchetto, però, che la speranza umana dell’autore vedeva solo annunciato per un mondo futuro che andava oltre la morte; Gesù riprende questa immagine apocalittica del profeta con una novità importante usa il presente: il re, Dio, ha già preparato tutto ed il banchetto è pronto per le nozze del figlio. Sì, un banchetto nuziale! Ecco il regno dei cieli, il mondo nuovo sognato da Dio per l’umanità fin dall’origine del mondo! Nessuna elucubrazione teologica, nessun discorso filosofico, ma semplicemente la festa nuziale di Dio per il Figlio che sposa l’umanità e corona il suo sogno d’amore. Che bello! Togliamo dai nostri volti quelle espressioni di tristezza e di melanconia, siamo invitati alle nozze, meglio siamo la sposa del Signore, e proviamo a vivere pienamente la nostra felicità!
Ecco il succo della parabola: Dio è come uno che organizza una festa, la più bella possibile, e ti invita proponendoti una vita buona, bella e gioiosa; tutto il Vangelo è l'affermazione che la vita è e non può che essere una continua ricerca della felicità, nella più incredibile e meravigliosa avventura d’amore che mai nessuno abbia potuto sognare, e Gesù ne possiede la chiave.
Ho imparato che incontrare Dio, vivere tra le sue braccia è una festa, è gioia piena come quando ritorno a casa stanco da una giornata di lavoro con le sue ansie e le sue preoccupazioni e ritrovo pace e serenità tra le braccia di mia moglie, ritrovo forza e coraggio per riprendere il cammino nello sguardo dei miei figli. Questo è il regno di Dio!
Eppure di fronte a questa proposta di gioia, di felicità pienamente realizzata c’è chi rifiuta l’invito: per ben due volte il re, Dio, manda i suoi servi, ma gli invitati accampano delle scuse, hanno degli impegni, affari da concludere, non hanno tempo per cose che non producono come un banchetto, feste ed affetti.
Il regno dei cieli non vive di una logica economica: quante persone vengono a messa, quante comunioni sono state distribuite, quanti rosari abbiamo recitato, quante offerte abbiamo raccolto; ma di un logica diversa che il mondo vecchio non capisce, la logica del dono, dell’amore; se la celebrazione eucaristica non diventa l’appuntamento settimanale o quotidiano con l’amore infinito di Dio nella gioia allora a nulla servono le nostre messe, se non celebro nell’eucaristia la storia di Dio che viene a salvarmi e a salvare l’umanità a nulla serve la mia preghiera, se non vivo della gioia e della piena felicità di un amore condiviso con tutti i fratelli e le sorelle che Dio ha posto lungo la strada della mia vita non ho capito nulla del vero senso della comunione con Dio.
Il versetto sull’indignazione del re è chiaramente un’aggiunta redazionale dell’evangelista perché stona completamente con gli atteggiamenti del re, ma serve a Matteo per leggere i segni dei tempi, visto che quando scrive il vangelo era appena avvenuta la distruzione di Gerusalemme e del tempio da parte dei Romani: per Matteo era la fine del mondo fino allora conosciuto; per noi diventa l’indicazione a porre attenzione sul fatto che se rifiuto l’invito alla festa del Signore, se rimango nella logica economica dell’egoismo vi è solo una conseguenza logica, la distruzione della mia vita e del mondo che conosco.
Al terzo tentativo il re apre il suo progetto d’amore a tutti, manda i suoi servi nelle piazze, ai crocicchi delle strade, nelle periferie del mondo e della vita perché la sua sala si riempia e la festa sia completa per tutti. Sì, proprio tutti, senza badare ai meriti. Il nostro Dio è così, non chiede niente, ma dona tutto sé stesso. Stupendo questo Dio che, quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le innalza, gioca al rilancio e nella sua personale partita a poker fa “all in”: chiamate tutti, buoni e cattivi, o meglio “cattivi e buoni” (Mt 22,).
Il Dio di Gesù è così, lontano dall’essere perfettissimo ipotizzato dai filosofi e dai teologi di ogni tempo, Egli ha bisogno dell’uomo, di ogni uomo e donna e come il padrone della vigna esce ad ogni ora, in ogni occasione e momento opportuno e non opportuno (cfr. 2Tm 4,2) per incontrare i suoi figli che hanno smarrito la strada e offre loro una nuova occasione per rendere la loro vita qualcosa di meraviglioso. Ora la sala è piena ed è uno scandalo per il mio cuore da operaio della prima ora pronto a giudicare. Dio non è lontano, seduto sul suo trono nel cielo, Dio è dentro la sala della festa nel mondo, il Signore viene nella calca per sentire l’affetto corporeo di coloro che insieme a lui vogliono festeggiare la vita, vogliono celebrare l’amore.
Ma ecco un invitato non indossa la veste nuziale e il re lo fa cacciare fuori: risulta chiaro che questa è una seconda parabola che Matteo aggiunge alla precedente, tanto strana è la pretesa del re di voler tutti gli invitati con il vestito buono dopo che molti erano stati raccolti dalle strade. L’abito nuziale non veste il corpo, ma il cuore: ecco l’invito ad avere un cuore pronto, che batta d’amore, che esulti di gioia, che desidera credere ed incontrare Dio.
La vita nuova del cristiano è spesso paragonata ad un abito nuovo, nel rito del battesimo si viene rivestiti di una veste bianca, simbolo della luce; numerosi poi sono i passi nelle lettere di san Paolo che invitano i discepoli di Cristo a rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,14; Gal 3,27; Ef 4,24…) in modo che chi ci dovesse incontrare, possa vedere in noi la somiglianza di Gesù.
Ora so bene che io sono quello che sono, che il mio abito è un po’ rattoppato, un po’ consumato e forse scucito, ma voglio portare a Dio il mio cuore con il vestito bello pronto a fare festa con Lui.
Un banchetto, però, che la speranza umana dell’autore vedeva solo annunciato per un mondo futuro che andava oltre la morte; Gesù riprende questa immagine apocalittica del profeta con una novità importante usa il presente: il re, Dio, ha già preparato tutto ed il banchetto è pronto per le nozze del figlio. Sì, un banchetto nuziale! Ecco il regno dei cieli, il mondo nuovo sognato da Dio per l’umanità fin dall’origine del mondo! Nessuna elucubrazione teologica, nessun discorso filosofico, ma semplicemente la festa nuziale di Dio per il Figlio che sposa l’umanità e corona il suo sogno d’amore. Che bello! Togliamo dai nostri volti quelle espressioni di tristezza e di melanconia, siamo invitati alle nozze, meglio siamo la sposa del Signore, e proviamo a vivere pienamente la nostra felicità!
Ecco il succo della parabola: Dio è come uno che organizza una festa, la più bella possibile, e ti invita proponendoti una vita buona, bella e gioiosa; tutto il Vangelo è l'affermazione che la vita è e non può che essere una continua ricerca della felicità, nella più incredibile e meravigliosa avventura d’amore che mai nessuno abbia potuto sognare, e Gesù ne possiede la chiave.
Ho imparato che incontrare Dio, vivere tra le sue braccia è una festa, è gioia piena come quando ritorno a casa stanco da una giornata di lavoro con le sue ansie e le sue preoccupazioni e ritrovo pace e serenità tra le braccia di mia moglie, ritrovo forza e coraggio per riprendere il cammino nello sguardo dei miei figli. Questo è il regno di Dio!
Eppure di fronte a questa proposta di gioia, di felicità pienamente realizzata c’è chi rifiuta l’invito: per ben due volte il re, Dio, manda i suoi servi, ma gli invitati accampano delle scuse, hanno degli impegni, affari da concludere, non hanno tempo per cose che non producono come un banchetto, feste ed affetti.
Il regno dei cieli non vive di una logica economica: quante persone vengono a messa, quante comunioni sono state distribuite, quanti rosari abbiamo recitato, quante offerte abbiamo raccolto; ma di un logica diversa che il mondo vecchio non capisce, la logica del dono, dell’amore; se la celebrazione eucaristica non diventa l’appuntamento settimanale o quotidiano con l’amore infinito di Dio nella gioia allora a nulla servono le nostre messe, se non celebro nell’eucaristia la storia di Dio che viene a salvarmi e a salvare l’umanità a nulla serve la mia preghiera, se non vivo della gioia e della piena felicità di un amore condiviso con tutti i fratelli e le sorelle che Dio ha posto lungo la strada della mia vita non ho capito nulla del vero senso della comunione con Dio.
Il versetto sull’indignazione del re è chiaramente un’aggiunta redazionale dell’evangelista perché stona completamente con gli atteggiamenti del re, ma serve a Matteo per leggere i segni dei tempi, visto che quando scrive il vangelo era appena avvenuta la distruzione di Gerusalemme e del tempio da parte dei Romani: per Matteo era la fine del mondo fino allora conosciuto; per noi diventa l’indicazione a porre attenzione sul fatto che se rifiuto l’invito alla festa del Signore, se rimango nella logica economica dell’egoismo vi è solo una conseguenza logica, la distruzione della mia vita e del mondo che conosco.
Al terzo tentativo il re apre il suo progetto d’amore a tutti, manda i suoi servi nelle piazze, ai crocicchi delle strade, nelle periferie del mondo e della vita perché la sua sala si riempia e la festa sia completa per tutti. Sì, proprio tutti, senza badare ai meriti. Il nostro Dio è così, non chiede niente, ma dona tutto sé stesso. Stupendo questo Dio che, quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le innalza, gioca al rilancio e nella sua personale partita a poker fa “all in”: chiamate tutti, buoni e cattivi, o meglio “cattivi e buoni” (Mt 22,).
Il Dio di Gesù è così, lontano dall’essere perfettissimo ipotizzato dai filosofi e dai teologi di ogni tempo, Egli ha bisogno dell’uomo, di ogni uomo e donna e come il padrone della vigna esce ad ogni ora, in ogni occasione e momento opportuno e non opportuno (cfr. 2Tm 4,2) per incontrare i suoi figli che hanno smarrito la strada e offre loro una nuova occasione per rendere la loro vita qualcosa di meraviglioso. Ora la sala è piena ed è uno scandalo per il mio cuore da operaio della prima ora pronto a giudicare. Dio non è lontano, seduto sul suo trono nel cielo, Dio è dentro la sala della festa nel mondo, il Signore viene nella calca per sentire l’affetto corporeo di coloro che insieme a lui vogliono festeggiare la vita, vogliono celebrare l’amore.
Ma ecco un invitato non indossa la veste nuziale e il re lo fa cacciare fuori: risulta chiaro che questa è una seconda parabola che Matteo aggiunge alla precedente, tanto strana è la pretesa del re di voler tutti gli invitati con il vestito buono dopo che molti erano stati raccolti dalle strade. L’abito nuziale non veste il corpo, ma il cuore: ecco l’invito ad avere un cuore pronto, che batta d’amore, che esulti di gioia, che desidera credere ed incontrare Dio.
La vita nuova del cristiano è spesso paragonata ad un abito nuovo, nel rito del battesimo si viene rivestiti di una veste bianca, simbolo della luce; numerosi poi sono i passi nelle lettere di san Paolo che invitano i discepoli di Cristo a rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,14; Gal 3,27; Ef 4,24…) in modo che chi ci dovesse incontrare, possa vedere in noi la somiglianza di Gesù.
Ora so bene che io sono quello che sono, che il mio abito è un po’ rattoppato, un po’ consumato e forse scucito, ma voglio portare a Dio il mio cuore con il vestito bello pronto a fare festa con Lui.
Commento 15 ottobre 2017
La liturgia di oggi ci presenta ancora una parabola, o meglio due sul Regno. Lasciata l’immagine agreste della vigna, Gesù propone quella più interessante e suadente del banchetto di nozze anche se al centro dei racconti rimarrà sempre il tema del rifiuto, un rifiuto che appare, se possibile, ancor più incomprensibile.
Infatti se l’immagine della vigna sottintendeva il tema del lavoro, della collaborazione con Dio, del servizio per la costruzione del suo Regno, qui Gesù descrive il Regno di Dio come un banchetto e la domanda sorge spontanea: perché rifiutare l’invito a una festa, segno di gioia e di godimento?
L’immagine del banchetto era già presente nei profeti per significare l’inaugurazione di un mondo nuovo, il superamento del male e della povertà e per indicare il sogno della conclusione gioiosa della storia dell’umanità (prima lettura Is 25); in questo si può già notare come nel racconto di Gesù vi sia un decisivo passo avanti: qui si usa il tempo presente, segno che il Regno di Dio non è una realtà escatologica, qualcosa al di là da venire, ma già presente ed operante nelle nostre vite e nel mondo. Il banchetto è già pronto preparato da quel Dio che da sempre ci ha amati!
Di qui la conseguenza di una scelta urgente tra la partecipazione alla festa ed il rifiuto dell’invito. Si capiscono allora le motivazioni per le quali i primi invitati rifiutano: essi pongono dinanzi alla festa preparata dal re i loro interessi; l’uomo risulta incapace ad entrare in quella logica del dono e della condivisione che il banchetto propone per rimanere legato al proprio campo, ai propri affari, al proprio egoismo solitario. D’altra parte Dio non impone la sua presenza, il suo progetto d’amore all’uomo che dalla parabola risulta davvero libero di contrapporre a Dio il proprio no.
Ma la storia non finisce qua, Dio ama l’uomo di un amore infinito ed ostinato e non rinuncia a condividere con lui la sua gioia. Ecco la buona notizia! Ecco il Vangelo di oggi: il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo è un Dio che ha bisogno dell’uomo e fin dall’inizio della storia compie il suo cammino alla ricerca di quell’uomo che lo ha deluso, che ha rotto il suo rapporto di fiducia e di amore con lui: “Adamo, dove sei?”. Di fronte al rifiuto Dio allarga la sua proposta a tutti gli uomini “cattivi e buoni”. E la sala si riempì”: che bello!!! Alla fine del giorno del giudizio il paradiso sarà pieno ed allora anch’io potrò esserci!!!
Qui inizia una seconda parabola, troppo diverso lo stile ed il comportamento del re che a questo punto potrebbe apparire quantomeno schizofrenico per come riprende colui che si presenta al banchetto senza l'abito nuziale. Tutti sono invitati e tutti possono entrare ma occorre almeno essere pronti, essere coscienti del dono che ci è fatto altrimenti non sono in grado nemmeno di cogliere il valore di ciò che sto vivendo. Occorre quindi l’abito nuziale che non è altro che l’entrare in quella logica del dono che sola mi fa gustare cibi succulenti di gioia e mi fa vivere secondo il progetto d’amore di Dio.
Infatti se l’immagine della vigna sottintendeva il tema del lavoro, della collaborazione con Dio, del servizio per la costruzione del suo Regno, qui Gesù descrive il Regno di Dio come un banchetto e la domanda sorge spontanea: perché rifiutare l’invito a una festa, segno di gioia e di godimento?
L’immagine del banchetto era già presente nei profeti per significare l’inaugurazione di un mondo nuovo, il superamento del male e della povertà e per indicare il sogno della conclusione gioiosa della storia dell’umanità (prima lettura Is 25); in questo si può già notare come nel racconto di Gesù vi sia un decisivo passo avanti: qui si usa il tempo presente, segno che il Regno di Dio non è una realtà escatologica, qualcosa al di là da venire, ma già presente ed operante nelle nostre vite e nel mondo. Il banchetto è già pronto preparato da quel Dio che da sempre ci ha amati!
Di qui la conseguenza di una scelta urgente tra la partecipazione alla festa ed il rifiuto dell’invito. Si capiscono allora le motivazioni per le quali i primi invitati rifiutano: essi pongono dinanzi alla festa preparata dal re i loro interessi; l’uomo risulta incapace ad entrare in quella logica del dono e della condivisione che il banchetto propone per rimanere legato al proprio campo, ai propri affari, al proprio egoismo solitario. D’altra parte Dio non impone la sua presenza, il suo progetto d’amore all’uomo che dalla parabola risulta davvero libero di contrapporre a Dio il proprio no.
Ma la storia non finisce qua, Dio ama l’uomo di un amore infinito ed ostinato e non rinuncia a condividere con lui la sua gioia. Ecco la buona notizia! Ecco il Vangelo di oggi: il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo è un Dio che ha bisogno dell’uomo e fin dall’inizio della storia compie il suo cammino alla ricerca di quell’uomo che lo ha deluso, che ha rotto il suo rapporto di fiducia e di amore con lui: “Adamo, dove sei?”. Di fronte al rifiuto Dio allarga la sua proposta a tutti gli uomini “cattivi e buoni”. E la sala si riempì”: che bello!!! Alla fine del giorno del giudizio il paradiso sarà pieno ed allora anch’io potrò esserci!!!
Qui inizia una seconda parabola, troppo diverso lo stile ed il comportamento del re che a questo punto potrebbe apparire quantomeno schizofrenico per come riprende colui che si presenta al banchetto senza l'abito nuziale. Tutti sono invitati e tutti possono entrare ma occorre almeno essere pronti, essere coscienti del dono che ci è fatto altrimenti non sono in grado nemmeno di cogliere il valore di ciò che sto vivendo. Occorre quindi l’abito nuziale che non è altro che l’entrare in quella logica del dono che sola mi fa gustare cibi succulenti di gioia e mi fa vivere secondo il progetto d’amore di Dio.