XIX domenica T.O. Anno B
Vangelo Gv 6, 41-51
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Commento 8 agosto 2021
L’invito rivolto da Gesù a cercare il pane, quello vero “che rimane per la vita eterna” poteva facilmente essere compreso e tranquillamente essere accolto da quanti lo stavano ascoltando nella sinagoga di Cafarnao: ogni pio israelita conosceva il significato della manna, data da Dio per far “capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma… di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3). Questo pane spirituale disceso dal cielo altro non era se non la sapienza stessa di Dio capace di guidare l’uomo lungo i sentieri della vita per indicargli la meta ed il cammino verso la piena realizzazione della sua umanità; quella sapienza, quel pane vero, capace di saziare il cuore dell’uomo e non soltanto la sua pancia era la Torah, la Legge, alla quale ogni uomo doveva essere fedele per corrispondere al progetto di Dio.
Ciò che non potevano assolutamente accettare nelle parole di Gesù era la pretesa di essere lui, umile falegname di Nazareth, l’incarnazione di quella sapienza, di quel pane vero. Proprio così in Gesù, in quell’uomo concretamente vissuto duemila anni fa, noi vediamo non solo la rivelazione del “vero Dio” nel suo volto amorevole di un Padre/Madre misericordioso, ma anche del “vero uomo” che sa spendersi per amore verso il prossimo ritrovando così il senso vero ed ultimo del suo esistere in una vita donata per gli altri. Certamente è più semplice per ebrei e musulmani avere soltanto comandamenti e precetti da eseguire, ma quanto è più bello, liberante e responsabilizzante seguire i passi di un Dio che per amore si è fatto come noi per insegnarci ad essere come Lui.
Ecco il senso di quel mormorare dei Giudei nella convinzione di possedere già in modo esclusivo quel pane ed è un mormorare tra di loro, senza confrontarsi con quanto Gesù stava dicendo. È un atteggiamento nel quale possiamo cadere in qualunque momento anche noi che ci vantiamo di voler essere discepoli di Cristo, soprattutto in questi tempi dove sembra vincere solo chi urla più forte, diventa fondamentale evitare di discutere, spettegolare, sputare veleno da ogni parte per cercare di capire come possiamo convertirci a partire dal cambiare finalmente la nostra idea di Dio: non un Dio legislatore e giudice implacabile e spietato, ma un Dio innamorato, capace nel suo infinito amore di donare tutto sé stesso per la gioia e la felicità dell’uomo, un Dio che gratuitamente ama, capace così di attirare a sé ogni uomo come solo un innamorato sa fare. In questi giorni d’estate in cui i ritmi della vita quotidiana si fanno meno frenetici e per chi può ci sono giorni di meritato riposo potremo distenderci al sole della Parola, che invita a metterci in discussione e ci chiama ad un nuovo cammino: sarà una abbronzatura capace di rendere non solo il nostro corpo, ma anche il nostro cuore più bello!
Non mormoriamo, ma mangiamo! Ecco la conversione, il vangelo di oggi ci invita a scoprirci affamati dell’amore di Dio perché nella Chiesa non c’è spazio per coloro che si sentono sazi ed appagati! Mangiare è un gesto così semplice e quotidiano, ma anche forte; un gesto che Gesù sceglie come simbolo dell'incontro con Dio. Mangiare Dio per vivere di Dio, per assimilare i suoi pensieri, i suoi sogni, per guardare al mondo con i suoi occhi. È lecito chiedersi di cosa nutro la mia vita: il mio cibo è l’egoismo, l’intolleranza, la vendetta, la paura, l’interesse personale oppure mio cibo sono accoglienza, perdono, coraggio, amore fino al dono della mia vita?
Allora concludo con le parole che Dio stesso rivolge al profeta Elia sfiduciato dopo aver fallito la sua missione e deciso a lasciarsi morire, sono parole che sento rivolte anche a me a tutti noi che sentiamo la fatica di questo momento di pandemia che sembra non finire mai: “Alzati e mangia perché è troppo lungo per te il cammino!” (1Re 19,7). Il cammino è lungo, ma come per i discepoli di Emmaus lungo la strada si fa incontro a noi il Risorto, come compagno che ci sostiene e ci spinge verso imprevedibili e nuovi orizzonti!
Ciò che non potevano assolutamente accettare nelle parole di Gesù era la pretesa di essere lui, umile falegname di Nazareth, l’incarnazione di quella sapienza, di quel pane vero. Proprio così in Gesù, in quell’uomo concretamente vissuto duemila anni fa, noi vediamo non solo la rivelazione del “vero Dio” nel suo volto amorevole di un Padre/Madre misericordioso, ma anche del “vero uomo” che sa spendersi per amore verso il prossimo ritrovando così il senso vero ed ultimo del suo esistere in una vita donata per gli altri. Certamente è più semplice per ebrei e musulmani avere soltanto comandamenti e precetti da eseguire, ma quanto è più bello, liberante e responsabilizzante seguire i passi di un Dio che per amore si è fatto come noi per insegnarci ad essere come Lui.
Ecco il senso di quel mormorare dei Giudei nella convinzione di possedere già in modo esclusivo quel pane ed è un mormorare tra di loro, senza confrontarsi con quanto Gesù stava dicendo. È un atteggiamento nel quale possiamo cadere in qualunque momento anche noi che ci vantiamo di voler essere discepoli di Cristo, soprattutto in questi tempi dove sembra vincere solo chi urla più forte, diventa fondamentale evitare di discutere, spettegolare, sputare veleno da ogni parte per cercare di capire come possiamo convertirci a partire dal cambiare finalmente la nostra idea di Dio: non un Dio legislatore e giudice implacabile e spietato, ma un Dio innamorato, capace nel suo infinito amore di donare tutto sé stesso per la gioia e la felicità dell’uomo, un Dio che gratuitamente ama, capace così di attirare a sé ogni uomo come solo un innamorato sa fare. In questi giorni d’estate in cui i ritmi della vita quotidiana si fanno meno frenetici e per chi può ci sono giorni di meritato riposo potremo distenderci al sole della Parola, che invita a metterci in discussione e ci chiama ad un nuovo cammino: sarà una abbronzatura capace di rendere non solo il nostro corpo, ma anche il nostro cuore più bello!
Non mormoriamo, ma mangiamo! Ecco la conversione, il vangelo di oggi ci invita a scoprirci affamati dell’amore di Dio perché nella Chiesa non c’è spazio per coloro che si sentono sazi ed appagati! Mangiare è un gesto così semplice e quotidiano, ma anche forte; un gesto che Gesù sceglie come simbolo dell'incontro con Dio. Mangiare Dio per vivere di Dio, per assimilare i suoi pensieri, i suoi sogni, per guardare al mondo con i suoi occhi. È lecito chiedersi di cosa nutro la mia vita: il mio cibo è l’egoismo, l’intolleranza, la vendetta, la paura, l’interesse personale oppure mio cibo sono accoglienza, perdono, coraggio, amore fino al dono della mia vita?
Allora concludo con le parole che Dio stesso rivolge al profeta Elia sfiduciato dopo aver fallito la sua missione e deciso a lasciarsi morire, sono parole che sento rivolte anche a me a tutti noi che sentiamo la fatica di questo momento di pandemia che sembra non finire mai: “Alzati e mangia perché è troppo lungo per te il cammino!” (1Re 19,7). Il cammino è lungo, ma come per i discepoli di Emmaus lungo la strada si fa incontro a noi il Risorto, come compagno che ci sostiene e ci spinge verso imprevedibili e nuovi orizzonti!
Commento 12 agosto 2018
Gesù afferma di essere il pane disceso dal cielo, quel solo pane capace di saziare l’infinita fame dell’uomo; di fronte a tutto questo non si fa attendere la reazione dei Giudei, i quali iniziano a mormorare vedendo in quell’uomo soltanto il figlio di Giuseppe, il carpentiere. Troppe volte l’accoglienza del vangelo si ferma alla coerenza di coloro che ce lo annunciano. È vero non c’è nulla di più odioso che il vedere uomini e donne di Chiesa offrire esempi di scandalo al messaggio che vorrebbero annunciare, alcuni di questi che si abbandonano a stili di vita contrari allo spirito evangelico o a peccati gravi come la pedofilia o la lotta per il potere, ma è altrettanto vero che la forza del vangelo è capace di superare le nostre incoerenze personali ed anche noi siamo chiamati ad andare oltre. I giudei, coloro che non riescono a staccarsi dalla loro idea di Dio possono mormorare, mugugnare diremo noi genovesi: come può il figlio del carpentiere condurci a Dio, dirci qualcosa di Dio?
Ma questo è un atteggiamento di difesa sbagliato; di fronte alla Parola che ci invita a metterci in discussione, siamo chiamati a camminare verso la nostra completa felicità. In questi tempi dove sembra vincere solo chi urla più forte, diventa fondamentale evitare di discutere, spettegolare, sputare veleno da ogni parte, per fare silenzio, per tornare a riflettere, per cercare di capire come possiamo convertirci a partire dalla conversione della nostra idea di Dio.
A differenza dei nostri fratelli ebrei e musulmani, per i quali la sapienza e la rivelazione di Dio si ritrova nel libro sacro, per noi cristiani tale parola si è incarnata in Gesù. Il cristiano non ha quindi come riferimento un libro, una ideologia, ma una persona: egli solo sazia pienamente la fame di verità e di infinito presente nel cuore dell’uomo. Il vangelo di oggi ci invita a scoprirci affamati dell’amore di Dio; nella comunità di Gesù non c’è spazio per coloro che si sentono sazi ed appagati.
Per avere la vita dell’eterno, la vita pienamente vissuta nell’amore, la vita che non muore si deve entrare in comunione con Dio in Gesù; ecco allora l’invito a cibarsi di Cristo, ad assimilare fino in fondo la sua mente, il suo stile di vita. È veramente molto bella l’indicazione finale che andrà ad aprire il successivo discorso circa l’eucaristia: il pane è la sua carne per la vita del mondo!
Con la parola carne si intende tutta la persona umana nella sua caducità, nel suo essere destinata alla morte, assumendo le fragilità e i limiti della condizione umana; mangiare significa accogliere, fare propria la sapienza di Dio incarnata in Gesù nella propria vita, assimilare il messaggio di vita incarnato nella sua persona. Mangiare la sua carne diventa così vivere di Cristo, vivere nella logica del dono per la vita del mondo!
Ma questo è un atteggiamento di difesa sbagliato; di fronte alla Parola che ci invita a metterci in discussione, siamo chiamati a camminare verso la nostra completa felicità. In questi tempi dove sembra vincere solo chi urla più forte, diventa fondamentale evitare di discutere, spettegolare, sputare veleno da ogni parte, per fare silenzio, per tornare a riflettere, per cercare di capire come possiamo convertirci a partire dalla conversione della nostra idea di Dio.
A differenza dei nostri fratelli ebrei e musulmani, per i quali la sapienza e la rivelazione di Dio si ritrova nel libro sacro, per noi cristiani tale parola si è incarnata in Gesù. Il cristiano non ha quindi come riferimento un libro, una ideologia, ma una persona: egli solo sazia pienamente la fame di verità e di infinito presente nel cuore dell’uomo. Il vangelo di oggi ci invita a scoprirci affamati dell’amore di Dio; nella comunità di Gesù non c’è spazio per coloro che si sentono sazi ed appagati.
Per avere la vita dell’eterno, la vita pienamente vissuta nell’amore, la vita che non muore si deve entrare in comunione con Dio in Gesù; ecco allora l’invito a cibarsi di Cristo, ad assimilare fino in fondo la sua mente, il suo stile di vita. È veramente molto bella l’indicazione finale che andrà ad aprire il successivo discorso circa l’eucaristia: il pane è la sua carne per la vita del mondo!
Con la parola carne si intende tutta la persona umana nella sua caducità, nel suo essere destinata alla morte, assumendo le fragilità e i limiti della condizione umana; mangiare significa accogliere, fare propria la sapienza di Dio incarnata in Gesù nella propria vita, assimilare il messaggio di vita incarnato nella sua persona. Mangiare la sua carne diventa così vivere di Cristo, vivere nella logica del dono per la vita del mondo!