Epifania del Signore
Vangelo Mt 2,1-12
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Commento 6 gennaio 2024
Un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via; proprio così si conclude il tempo di Natale, tempo dell’incontro con Dio che viene, che vuole condividere in ogni momento la vita degli uomini. Finite le feste, si torna al lavoro, ma deve essere un ritornare alle nostre quotidiane attività “per un’altra strada”; se è stato un Natale vero e vissuto la nostra vita deve essere cambiata!
Dio viene in ogni momento e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua, cioè che tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore.
Con oggi inizia un trittico di feste liturgiche che ci presentano le tre grandi manifestazioni, “epifanie”, di Cristo: ai popoli pagani nella figura dei magi; al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano; ai suoi discepoli grazie alla figura di Giovanni che indica loro la strada.
Torniamo per un’ultima volta alla grotta di Betlemme in compagnia di alcuni personaggi strani venuti dall’oriente a seguito di una stella per vedere “colui che è nato” (Mt 2,2), quell’incredibile bambino venuto a sconvolgere la nostra idea di Dio e dell’uomo. Matteo li chiama maghi, anche se poi la tradizione cristiana ha creato il termine “magi” forse per addolcire il riferimento alla magia, a quel mondo di ciarlatani e creduloni; lo fa alludendo probabilmente alla storia di Balaam, chiamato dal re dei Moabiti Balak per maledire il popolo di Israele (Nm 22-24). Balaam, seguendo la voce di Dio, invece di maledire gli israeliti, li benediceva e nel suo quarto oracolo disse: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17).
Mi scuso per questa parentesi, ma in questo testo di Matteo, che assomiglia molto ad una favola o ad una leggenda ricca di elementi fantastici, forse dovremmo comprendere che i protagonisti non sono questi sapienti giunti da lontano, ma quella stella che ha iniziato a brillare sull’intera umanità. Se guardiamo alla storia non ci sono riferimenti a comete o particolari congiunzioni astrali, allora è proprio Gesù la stella, la luce che rifulse nelle tenebre in cui viveva l’umanità (Is 9,1), la luce che guida ogni uomo e non le false luminarie che riempiono le nostre strade in questi giorni.
Con Cristo è giunta la luce che fa vedere ciò che conta davvero, i valori autentici della vita, con Gesù ha cominciato a risplendere la luce dell’amore incondizionato di Dio che rischiara le tenebre definitivamente, con il Figlio di Dio quella luce si è manifestata a noi, ma se c’è oggi come allora chi si lascia guidare e coinvolgere dalla luce del cielo, c’è anche chi vorrebbe spegnerla perché ne è disturbato come Erode, i sacerdoti del tempio e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”; quanti tra noi hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni; quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari, alla fine, esiste davvero!
I magi ci ricordano come il vangelo, la buona notizia dell’amore infinito di Dio, sia per tutti e non potrà mai essere riservata ad un unico popolo, ad un’unica comunità, ad un’unica religione, ad un’unica Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo. Dio ha una parola buona, una parola d’amore per tutti!
I magi ci insegnano ad alzare lo sguardo e a guardarci intorno (cfr. Is 60, 4-6 prima lettura), perché solo così è possibile vedere la stella. Alzare lo sguardo è proprio dell’uomo che non si accontenta di ciò che lo circonda e della sua vita quotidiana, ma che si interroga sul senso del suo esistere e sul suo destino; guardare intorno perché Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana, come a quei sapienti astrologi parlò attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo.
Infine, intravista una luce, i magi ci spingono a seguire la stella, a seguire un sogno, anche se il nostro, come il loro non è e non sarà mai un cammino semplice perché per rispondere alla nostra sete di Dio a volte ci rivolgiamo ai pozzi screpolati o agli acquedotti arrugginiti del potere che sia politico o religioso, ma Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re. Dio si presenta in modo nascosto come un neonato in una mangiatoia o in braccio a una ragazzina mentre lo allatta. Di fronte a questo bambino non possiamo, non posso rimanere indifferente: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Dio sa quanto potrà essere irto di difficoltà il nostro cammino, come, a volte, quelle stelle che abbiamo appena intravisto in un momento della vita possano se non spegnersi sparire dietro le nubi delle preoccupazioni quotidiane; così Dio ci offre una mappa del tesoro, Egli ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada, ma purtroppo, o forse per fortuna nostra, anche di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti ed allora solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore.
Davanti a questa grotta, di fronte a quel Dio bambino, a cui abbiamo portato in dono la nostra vita, potremmo correre il pericolo di pensare di essere giunti alla meta e che il nostro cammino sia concluso, ma non è così! C’è un altro cammino da fare: ritornare al nostro paese, alla nostra vita quotidiana, ma lo faremo “per un’altra strada”, camminando su strade nuove perché la nostra vita è cambiata!
Siamo, così, pronti ad accogliere Dio che viene in ogni momento della nostra vita e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua (31 marzo 2024): tutta la nostra vita, tutto il nostro tempo che ci è donato sono opportunità per andare incontro ad un Dio che ci ama “da morire”!
Dio viene in ogni momento e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua, cioè che tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore.
Con oggi inizia un trittico di feste liturgiche che ci presentano le tre grandi manifestazioni, “epifanie”, di Cristo: ai popoli pagani nella figura dei magi; al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano; ai suoi discepoli grazie alla figura di Giovanni che indica loro la strada.
Torniamo per un’ultima volta alla grotta di Betlemme in compagnia di alcuni personaggi strani venuti dall’oriente a seguito di una stella per vedere “colui che è nato” (Mt 2,2), quell’incredibile bambino venuto a sconvolgere la nostra idea di Dio e dell’uomo. Matteo li chiama maghi, anche se poi la tradizione cristiana ha creato il termine “magi” forse per addolcire il riferimento alla magia, a quel mondo di ciarlatani e creduloni; lo fa alludendo probabilmente alla storia di Balaam, chiamato dal re dei Moabiti Balak per maledire il popolo di Israele (Nm 22-24). Balaam, seguendo la voce di Dio, invece di maledire gli israeliti, li benediceva e nel suo quarto oracolo disse: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17).
Mi scuso per questa parentesi, ma in questo testo di Matteo, che assomiglia molto ad una favola o ad una leggenda ricca di elementi fantastici, forse dovremmo comprendere che i protagonisti non sono questi sapienti giunti da lontano, ma quella stella che ha iniziato a brillare sull’intera umanità. Se guardiamo alla storia non ci sono riferimenti a comete o particolari congiunzioni astrali, allora è proprio Gesù la stella, la luce che rifulse nelle tenebre in cui viveva l’umanità (Is 9,1), la luce che guida ogni uomo e non le false luminarie che riempiono le nostre strade in questi giorni.
Con Cristo è giunta la luce che fa vedere ciò che conta davvero, i valori autentici della vita, con Gesù ha cominciato a risplendere la luce dell’amore incondizionato di Dio che rischiara le tenebre definitivamente, con il Figlio di Dio quella luce si è manifestata a noi, ma se c’è oggi come allora chi si lascia guidare e coinvolgere dalla luce del cielo, c’è anche chi vorrebbe spegnerla perché ne è disturbato come Erode, i sacerdoti del tempio e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”; quanti tra noi hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni; quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari, alla fine, esiste davvero!
I magi ci ricordano come il vangelo, la buona notizia dell’amore infinito di Dio, sia per tutti e non potrà mai essere riservata ad un unico popolo, ad un’unica comunità, ad un’unica religione, ad un’unica Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo. Dio ha una parola buona, una parola d’amore per tutti!
I magi ci insegnano ad alzare lo sguardo e a guardarci intorno (cfr. Is 60, 4-6 prima lettura), perché solo così è possibile vedere la stella. Alzare lo sguardo è proprio dell’uomo che non si accontenta di ciò che lo circonda e della sua vita quotidiana, ma che si interroga sul senso del suo esistere e sul suo destino; guardare intorno perché Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana, come a quei sapienti astrologi parlò attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo.
Infine, intravista una luce, i magi ci spingono a seguire la stella, a seguire un sogno, anche se il nostro, come il loro non è e non sarà mai un cammino semplice perché per rispondere alla nostra sete di Dio a volte ci rivolgiamo ai pozzi screpolati o agli acquedotti arrugginiti del potere che sia politico o religioso, ma Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re. Dio si presenta in modo nascosto come un neonato in una mangiatoia o in braccio a una ragazzina mentre lo allatta. Di fronte a questo bambino non possiamo, non posso rimanere indifferente: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Dio sa quanto potrà essere irto di difficoltà il nostro cammino, come, a volte, quelle stelle che abbiamo appena intravisto in un momento della vita possano se non spegnersi sparire dietro le nubi delle preoccupazioni quotidiane; così Dio ci offre una mappa del tesoro, Egli ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada, ma purtroppo, o forse per fortuna nostra, anche di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti ed allora solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore.
Davanti a questa grotta, di fronte a quel Dio bambino, a cui abbiamo portato in dono la nostra vita, potremmo correre il pericolo di pensare di essere giunti alla meta e che il nostro cammino sia concluso, ma non è così! C’è un altro cammino da fare: ritornare al nostro paese, alla nostra vita quotidiana, ma lo faremo “per un’altra strada”, camminando su strade nuove perché la nostra vita è cambiata!
Siamo, così, pronti ad accogliere Dio che viene in ogni momento della nostra vita e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua (31 marzo 2024): tutta la nostra vita, tutto il nostro tempo che ci è donato sono opportunità per andare incontro ad un Dio che ci ama “da morire”!
Commento 6 gennaio 2023
Con la festa dell’epifania si conclude il tempo di Natale e si apre un trittico di feste liturgiche che ci presentano le tre grandi manifestazioni, “epifanie”, di Cristo: ai popoli pagani nella figura dei magi; al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano; ai suoi discepoli grazie alla figura di Giovanni che indica loro la strada. Inizia un nuovo cammino e la Chiesa, con l’annuncio del giorno di Pasqua (9 Aprile 2023), ci invita ad alzare lo sguardo verso la meta e a celebrare il tempo e i giorni della nostra vita personale e comunitaria perché Dio viene in ogni momento: ricordiamocelo tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore!
A conclusione di questo tempo di Natale torniamo un’ultima volta alla grotta di Betlemme per adorare quel Dio che si fa bambino, che per amore viene a condividere la nostra vita. Se durante l’Avvento ci siamo preparati all’incontro con il Signore che viene, oggi è la festa di tutti coloro che con cuore sincero cercano Dio, di coloro che hanno sete di Dio e scoprono intorno a loro i segni della presenza di un amore, capace di “andare oltre”, capace di dare senso alla vita. È la festa di coloro che cercano una stella, una luce che illumini la loro vita assetati di qualcosa o Qualcuno che riempia le loro giornate; è la festa di coloro che si lasciano sorprendere dall’amore gratuito ed eterno di Dio, capace di trovare vie nuove ed inesplorate per raggiungere il cuore dell’uomo; è la festa soprattutto di color che si sentono lontani da Dio, forse perché nessuno gli ha mai annunciato con gioia la bella notizia dell’infinito amore di Dio, forse perché sono stati allontanati dalla brutta testimonianza di tanti uomini e donne di Chiesa; è la festa dei lontani perché Dio non conosce limiti e si rivolge a tutti, il suo amore ed il suo messaggio sono universali e non potranno mai rimanere chiusi nel recinto di una parrocchia, di una comunità, di un movimento e neanche della stessa Chiesa; è la festa della Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo che intende nuovamente ed ogni giorno riprendere il proprio camminare insieme verso il Signore guardando come i Magi con fiducia e speranza ai “segni del tempo” (“abbiamo visto spuntare la sua stella…”) ed ascoltando con fedeltà la sua Parola (“a Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”).
Ancora avvolti dal clima natalizio la liturgia sembra proporci una favoletta, gli studiosi parlano di genere midrashico, che solo Matteo ci propone; ora, lasciando a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto, ciò che a me importa è che queste parole siano Parola di Dio sulla mia vita, parola di salvezza e di gioia per ogni uomo e donna. Ecco perché voglio rileggere questo racconto come un esame di coscienza di questo nostro Natale, analizzandone i protagonisti:
Erode è il prototipo di coloro che intravvedono in Dio un nemico, un avversario: è spaventato, confuso e turbato, tutta la sua vita viene messa in crisi dall’arrivo di tre stranieri fuori di testa che seguono una stella e da un’antica profezia. Si insinua in lui un pensiero: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose “più interessanti” della vita, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni. Se Dio è questo allora aveva ragione Nietzche: se l’uomo vuole cercare la propria realizzazione deve eliminare Dio. Quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari esiste davvero!
Ma Dio non è e non sarà mai un concorrente dell’uomo, Gesù ci rivela il volto di un Dio, che vuole aiutare l’uomo a realizzare pienamente la sua vita in un progetto di amore. Se davvero pensassimo che Gesù è un ostacolo alla nostra realizzazione, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano quei cristiani anche preparatissimi nella conoscenza della propria fede (preti, catechisti, insegnanti di religione), ma che non si smuovono dalle loro convinzioni. Fanno di tutto per restare saldi nella verità loro insegnate, ma non sanno uscire, non vogliono confrontarsi, hanno paura del cambiamento. Seguire Gesù è essere sempre in cammino: il cristiano è chiamato a cogliere le intuizioni dello Spirito che lo precede nel mondo e lo accompagna nell’annuncio e nella testimonianza; infatti chi sta chiuso nel tempio, difficilmente incontrerà Dio. La novità dell’incarnazione sta proprio in questo: Dio percorre le vie dell’uomo, si fa nostro compagno e lo si può incontrare in tutti i luoghi soprattutto quelli impoveriti e senza speranza, nelle discariche del mondo, nei bassifondi degradati dei centri storici, sotto le bombe di chi vive in situazioni di guerra, poiché lì abita Dio. Se il nostro rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione dell’eucaristia non diventa spinta a cambiare, a crescere, a convertirsi, non ha alcun senso, non serve a nulla. Se davvero pensassimo di conoscere a sufficienza Dio, di avere la verità in tasca e che i dubbi di fede non ci appartengano, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
I Magi rappresentano tutti i curiosi, gli irrequieti che cercano la Verità, la Bellezza, l’Armonia ed incontrano Dio; il racconto di Matteo identifica nei magi l’umanità pagana, lontana dalle fede, contrapponendo la loro ricerca alla paura di Erode e all’immobilismo della casta sacerdotale: l’annuncio del vangelo è per tutti, per ogni uomo. I magi si affidano ad una stella: domandiamoci allora chi è, è stata la nostra stella, quale incontro o evento ha aperto il nostro cuore al desiderio di Dio? Ora c’è ancora un passo da compiere in questo cammino: infatti Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re, Dio si presenta in modo nascosto come un neonato avvolto in fasce in una mangiatoia, avvolto in un caldo abbraccio di una madre che lo allatta. Quello è il segno, ora la stella non serve più, la luce brilla sul volto di quel bambino: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Stupenda l’indicazione conclusiva di Matteo: “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”: i Magi, dopo aver percorso il sentiero della curiosità e della scienza, dopo averlo fatto con passione e senza pregiudizi, col cuore libero da interessi particolari hanno incontrato la Verità, ora possono davvero tornare a casa, camminando su strade nuove perché la loro vita è cambiata! Cosi sia anche per noi: un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via: proprio così arriva la Befana, vecchia strega incartapecorita, a spazzare via tutti i giorni di festa raccolti in queste due settimane; ora, finite le feste, si torna al lavoro, ma deve essere un ritornare alle nostre quotidiane attività “per un’altra strada”; se è stato un Natale vero e vissuto, se abbiamo incontrato un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia la nostra vita deve essere cambiata!
A conclusione di questo tempo di Natale torniamo un’ultima volta alla grotta di Betlemme per adorare quel Dio che si fa bambino, che per amore viene a condividere la nostra vita. Se durante l’Avvento ci siamo preparati all’incontro con il Signore che viene, oggi è la festa di tutti coloro che con cuore sincero cercano Dio, di coloro che hanno sete di Dio e scoprono intorno a loro i segni della presenza di un amore, capace di “andare oltre”, capace di dare senso alla vita. È la festa di coloro che cercano una stella, una luce che illumini la loro vita assetati di qualcosa o Qualcuno che riempia le loro giornate; è la festa di coloro che si lasciano sorprendere dall’amore gratuito ed eterno di Dio, capace di trovare vie nuove ed inesplorate per raggiungere il cuore dell’uomo; è la festa soprattutto di color che si sentono lontani da Dio, forse perché nessuno gli ha mai annunciato con gioia la bella notizia dell’infinito amore di Dio, forse perché sono stati allontanati dalla brutta testimonianza di tanti uomini e donne di Chiesa; è la festa dei lontani perché Dio non conosce limiti e si rivolge a tutti, il suo amore ed il suo messaggio sono universali e non potranno mai rimanere chiusi nel recinto di una parrocchia, di una comunità, di un movimento e neanche della stessa Chiesa; è la festa della Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo che intende nuovamente ed ogni giorno riprendere il proprio camminare insieme verso il Signore guardando come i Magi con fiducia e speranza ai “segni del tempo” (“abbiamo visto spuntare la sua stella…”) ed ascoltando con fedeltà la sua Parola (“a Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”).
Ancora avvolti dal clima natalizio la liturgia sembra proporci una favoletta, gli studiosi parlano di genere midrashico, che solo Matteo ci propone; ora, lasciando a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto, ciò che a me importa è che queste parole siano Parola di Dio sulla mia vita, parola di salvezza e di gioia per ogni uomo e donna. Ecco perché voglio rileggere questo racconto come un esame di coscienza di questo nostro Natale, analizzandone i protagonisti:
Erode è il prototipo di coloro che intravvedono in Dio un nemico, un avversario: è spaventato, confuso e turbato, tutta la sua vita viene messa in crisi dall’arrivo di tre stranieri fuori di testa che seguono una stella e da un’antica profezia. Si insinua in lui un pensiero: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose “più interessanti” della vita, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni. Se Dio è questo allora aveva ragione Nietzche: se l’uomo vuole cercare la propria realizzazione deve eliminare Dio. Quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari esiste davvero!
Ma Dio non è e non sarà mai un concorrente dell’uomo, Gesù ci rivela il volto di un Dio, che vuole aiutare l’uomo a realizzare pienamente la sua vita in un progetto di amore. Se davvero pensassimo che Gesù è un ostacolo alla nostra realizzazione, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano quei cristiani anche preparatissimi nella conoscenza della propria fede (preti, catechisti, insegnanti di religione), ma che non si smuovono dalle loro convinzioni. Fanno di tutto per restare saldi nella verità loro insegnate, ma non sanno uscire, non vogliono confrontarsi, hanno paura del cambiamento. Seguire Gesù è essere sempre in cammino: il cristiano è chiamato a cogliere le intuizioni dello Spirito che lo precede nel mondo e lo accompagna nell’annuncio e nella testimonianza; infatti chi sta chiuso nel tempio, difficilmente incontrerà Dio. La novità dell’incarnazione sta proprio in questo: Dio percorre le vie dell’uomo, si fa nostro compagno e lo si può incontrare in tutti i luoghi soprattutto quelli impoveriti e senza speranza, nelle discariche del mondo, nei bassifondi degradati dei centri storici, sotto le bombe di chi vive in situazioni di guerra, poiché lì abita Dio. Se il nostro rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione dell’eucaristia non diventa spinta a cambiare, a crescere, a convertirsi, non ha alcun senso, non serve a nulla. Se davvero pensassimo di conoscere a sufficienza Dio, di avere la verità in tasca e che i dubbi di fede non ci appartengano, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
I Magi rappresentano tutti i curiosi, gli irrequieti che cercano la Verità, la Bellezza, l’Armonia ed incontrano Dio; il racconto di Matteo identifica nei magi l’umanità pagana, lontana dalle fede, contrapponendo la loro ricerca alla paura di Erode e all’immobilismo della casta sacerdotale: l’annuncio del vangelo è per tutti, per ogni uomo. I magi si affidano ad una stella: domandiamoci allora chi è, è stata la nostra stella, quale incontro o evento ha aperto il nostro cuore al desiderio di Dio? Ora c’è ancora un passo da compiere in questo cammino: infatti Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re, Dio si presenta in modo nascosto come un neonato avvolto in fasce in una mangiatoia, avvolto in un caldo abbraccio di una madre che lo allatta. Quello è il segno, ora la stella non serve più, la luce brilla sul volto di quel bambino: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Stupenda l’indicazione conclusiva di Matteo: “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”: i Magi, dopo aver percorso il sentiero della curiosità e della scienza, dopo averlo fatto con passione e senza pregiudizi, col cuore libero da interessi particolari hanno incontrato la Verità, ora possono davvero tornare a casa, camminando su strade nuove perché la loro vita è cambiata! Cosi sia anche per noi: un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via: proprio così arriva la Befana, vecchia strega incartapecorita, a spazzare via tutti i giorni di festa raccolti in queste due settimane; ora, finite le feste, si torna al lavoro, ma deve essere un ritornare alle nostre quotidiane attività “per un’altra strada”; se è stato un Natale vero e vissuto, se abbiamo incontrato un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia la nostra vita deve essere cambiata!
Commento 6 gennaio 2022
Termina oggi il tempo di Natale e per l’ultima volta torniamo alla grotta di Betlemme a godere di quel Dio che si fa bambino, che per amore viene a condividere la nostra vita; se l’Avvento è stato il momento in cui ci siamo preparati alla venuta del Signore, la festa di oggi è la festa di coloro che cercano Dio, coloro che hanno sete di Dio e scoprono intorno a loro i segni della presenza di un amore, capace di andare oltre, capace di dare senso alla vita. È la festa di coloro che cercano una stella, una luce che illumini la loro vita assetati di qualcosa o Qualcuno che riempia le loro giornate; è la festa di coloro che si lasciano sorprendere dall’amore gratuito ed eterno di Dio, capace di trovare vie nuove ed inesplorate per raggiungere il cuore dell’uomo; è la festa soprattutto di color che si sentono lontani da Dio, forse perché nessuno gli ha mai annunciato con gioia la bella notizia dell’infinito amore di Dio, forse perché sono stati allontanati dalla brutta testimonianza di tanti uomini e donne di Chiesa; è la festa dei lontani perché Dio non conosce limiti e si rivolge a tutti, il suo amore ed il suo messaggio sono universali e non potranno mai rimanere chiusi nel recinto di una parrocchia, di una comunità, di un movimento e neanche della stessa Chiesa; è la festa della Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo che intende nuovamente ed ogni giorno riprendere il proprio camminare insieme (sinodo) verso il Signore guardando come i Magi con fiducia e speranza ai “segni del tempo” (“abbiamo visto spuntare la sua stella…”) ed ascoltando con fedeltà la sua Parola (“a Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”).
La festa di oggi introduce una serie di epifanie (manifestazioni) di Dio: ai popoli pagani nella figura dei magi giunti dall’oriente, al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano e ai suoi discepoli durante le nozze di Cana con il primo segno che fa sorgere in loro la fede. Ancora legati al clima natalizio la liturgia sembra proporci una favoletta, gli studiosi parlano di genere midrashico; lasciando a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto che solo Matteo ci propone, ciò che a me importa è che queste parole siano Parola di Dio sulla mia vita, parola di salvezza e di gioia per ogni uomo e donna. Proviamo allora a rileggere questo racconto come un esame di coscienza di questo nostro Natale.
Erode è il prototipo di coloro che intravvedono in Dio un nemico, un avversario: Erode è spaventato, confuso e turbato, tutta la sua vita viene messa in crisi dall’arrivo di tre stranieri che hanno visto sorgere una stella e da un’antica profezia; si insinua in lui un pensiero: “Se Dio esiste allora sono fregato, perché viene a rovinarmi!”. Quanta gente, quanti battezzati, quanti fedeli praticanti vivono Dio come un rompiscatole: hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con l’etica, l’onestà e la morale in particolare quella sessuale; un Dio legislatore severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni, un Dio tremendo di cui avere paura, giudice inesorabile pronto a cogliere in fallo l’uomo per elargire il meritato castigo per i peccati. Se pensassimo che Dio è tutto questo, allora avrebbe ragione Nietzche quando affermava che se l’uomo vuole cercare la propria realizzazione deve uccidere Dio, deve eliminarlo dalla sua vita. Dio non è e non sarà mai un concorrente dell’uomo, Gesù ci rivela il volto di un Dio, che è Padre/Madre misericordioso, che vuole soltanto educare l’uomo a realizzare pienamente la sua vita in un progetto di amore. Chi tra noi pensasse che Gesù è un ostacolo alla propria realizzazione, sappia che sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale!
I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano quei cristiani anche preparatissimi nella conoscenza della propria fede, ottimi catechisti o simpatici professori di religione ma che non si smuovono dalle loro convinzioni, che fanno di tutto per restare saldi nella verità loro insegnate, che si rifugiano dietro un certo tradizionalismo, ma non sanno uscire, non vogliono confrontarsi, hanno paura del cambiamento, rifiutano la “buona tradizione” di una fede che è conversione del proprio cuore a Dio. Dio nasce in una capanna e chi sta chiuso nel tempio, difficilmente potrà incontrarlo, perché Egli percorre altre vie. Dio si fa nostro compagno e lo si può incontrare in tutti i luoghi soprattutto quelli impoveriti e senza speranza, nei bassifondi degradati dei centri storici o nelle periferie del mondo, poiché lì abita Dio. Se il nostro rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione dell’eucaristia non diventa spinta a cambiare, a crescere, a convertirsi, non ha alcun senso, non serve a nulla. Se davvero pensassimo di conoscere a sufficienza Dio, di avere la verità in tasca e che i dubbi di fede non ci appartengano, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale!
I Magi sono tutti gli uomini e le donne che al di là della loro fede o incredulità sono alla ricerca della Verità, della Bellezza, dell’Armonia e così incontrano Dio. Sono uomini e donne capaci di lasciare le proprie false certezze per mettersi in cammino seguendo una stella che in un momento della loro vita ha illuminato i loro giorni. Uomini e donne capaci di sorprendersi della novità di Dio, capaci di andare oltre gli schemi umani per accogliere quel Dio che non sta nel tempio, né nel palazzo del re, ma si presenta in modo nascosto come un neonato in braccio alla madre mentre lo allatta. Sono uomini e donne capaci di portare a quel Dio bambino tutta la loro vita valesse quanto l’oro, o meno come la mirra o soltanto pochi soldi come l’incenso.
Se saremo persone come i magi, capaci di cercare qualcosa o meglio Qualcuno che dia senso alla nostra vita, se lo faremo senza lasciarci incatenare dalle nostre paure e senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso potremo incontrare Dio. Se poi accoglieremo quel bambino, fermo alla porta del nostro cuore che bussa chiedendo di entrare per condividere con noi il suo progetto d’amore allora sarà davvero Natale!
Ora concluso il nostro cammino, portata a Dio in dono la nostra vita potremo fare ritorno al nostro paese, alla nostra vita quotidiana “per un’altra strada”, camminando su strade nuove perché la nostra vita è cambiata! Siamo pronti ad accogliere Dio che viene in ogni momento e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua (17 aprile 2022): tutta la nostra vita, tutto il nostro tempo che ci è donato sono opportunità per andare incontro ad un Dio che ci ama “da morire”!
La festa di oggi introduce una serie di epifanie (manifestazioni) di Dio: ai popoli pagani nella figura dei magi giunti dall’oriente, al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano e ai suoi discepoli durante le nozze di Cana con il primo segno che fa sorgere in loro la fede. Ancora legati al clima natalizio la liturgia sembra proporci una favoletta, gli studiosi parlano di genere midrashico; lasciando a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto che solo Matteo ci propone, ciò che a me importa è che queste parole siano Parola di Dio sulla mia vita, parola di salvezza e di gioia per ogni uomo e donna. Proviamo allora a rileggere questo racconto come un esame di coscienza di questo nostro Natale.
Erode è il prototipo di coloro che intravvedono in Dio un nemico, un avversario: Erode è spaventato, confuso e turbato, tutta la sua vita viene messa in crisi dall’arrivo di tre stranieri che hanno visto sorgere una stella e da un’antica profezia; si insinua in lui un pensiero: “Se Dio esiste allora sono fregato, perché viene a rovinarmi!”. Quanta gente, quanti battezzati, quanti fedeli praticanti vivono Dio come un rompiscatole: hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con l’etica, l’onestà e la morale in particolare quella sessuale; un Dio legislatore severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni, un Dio tremendo di cui avere paura, giudice inesorabile pronto a cogliere in fallo l’uomo per elargire il meritato castigo per i peccati. Se pensassimo che Dio è tutto questo, allora avrebbe ragione Nietzche quando affermava che se l’uomo vuole cercare la propria realizzazione deve uccidere Dio, deve eliminarlo dalla sua vita. Dio non è e non sarà mai un concorrente dell’uomo, Gesù ci rivela il volto di un Dio, che è Padre/Madre misericordioso, che vuole soltanto educare l’uomo a realizzare pienamente la sua vita in un progetto di amore. Chi tra noi pensasse che Gesù è un ostacolo alla propria realizzazione, sappia che sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale!
I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano quei cristiani anche preparatissimi nella conoscenza della propria fede, ottimi catechisti o simpatici professori di religione ma che non si smuovono dalle loro convinzioni, che fanno di tutto per restare saldi nella verità loro insegnate, che si rifugiano dietro un certo tradizionalismo, ma non sanno uscire, non vogliono confrontarsi, hanno paura del cambiamento, rifiutano la “buona tradizione” di una fede che è conversione del proprio cuore a Dio. Dio nasce in una capanna e chi sta chiuso nel tempio, difficilmente potrà incontrarlo, perché Egli percorre altre vie. Dio si fa nostro compagno e lo si può incontrare in tutti i luoghi soprattutto quelli impoveriti e senza speranza, nei bassifondi degradati dei centri storici o nelle periferie del mondo, poiché lì abita Dio. Se il nostro rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione dell’eucaristia non diventa spinta a cambiare, a crescere, a convertirsi, non ha alcun senso, non serve a nulla. Se davvero pensassimo di conoscere a sufficienza Dio, di avere la verità in tasca e che i dubbi di fede non ci appartengano, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale!
I Magi sono tutti gli uomini e le donne che al di là della loro fede o incredulità sono alla ricerca della Verità, della Bellezza, dell’Armonia e così incontrano Dio. Sono uomini e donne capaci di lasciare le proprie false certezze per mettersi in cammino seguendo una stella che in un momento della loro vita ha illuminato i loro giorni. Uomini e donne capaci di sorprendersi della novità di Dio, capaci di andare oltre gli schemi umani per accogliere quel Dio che non sta nel tempio, né nel palazzo del re, ma si presenta in modo nascosto come un neonato in braccio alla madre mentre lo allatta. Sono uomini e donne capaci di portare a quel Dio bambino tutta la loro vita valesse quanto l’oro, o meno come la mirra o soltanto pochi soldi come l’incenso.
Se saremo persone come i magi, capaci di cercare qualcosa o meglio Qualcuno che dia senso alla nostra vita, se lo faremo senza lasciarci incatenare dalle nostre paure e senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso potremo incontrare Dio. Se poi accoglieremo quel bambino, fermo alla porta del nostro cuore che bussa chiedendo di entrare per condividere con noi il suo progetto d’amore allora sarà davvero Natale!
Ora concluso il nostro cammino, portata a Dio in dono la nostra vita potremo fare ritorno al nostro paese, alla nostra vita quotidiana “per un’altra strada”, camminando su strade nuove perché la nostra vita è cambiata! Siamo pronti ad accogliere Dio che viene in ogni momento e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua (17 aprile 2022): tutta la nostra vita, tutto il nostro tempo che ci è donato sono opportunità per andare incontro ad un Dio che ci ama “da morire”!
Commento 6 gennaio 2021
Con l’Epifania torniamo per un’ultima volta alla grotta/ stalla di Betlemme in compagnia di alcuni personaggi strani venuti dall’oriente a seguito di una stella per vedere “colui che è nato” (Mt 2,2), quell’incredibile bambino venuto a sconvolgere la nostra idea di Dio e dell’uomo. Matteo li chiama maghi, anche se poi la tradizione cristiana ha creato il termine “magi” forse per addolcire il riferimento alla magia, a quel mondo di ciarlatani e creduloni; lo fa alludendo probabilmente alla storia di Balaam, chiamato dal re dei Moabiti Balak per maledire il popolo di Israele (Nm 22-24). Balaam, seguendo la voce di Dio, invece di maledire gli israeliti, li benediceva e nel suo quarto oracolo disse: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17).
Mi scuso per la digressione, ma in questo testo di Matteo che assomiglia molto ad una favola o ad una leggenda ricca di elementi fantastici, forse dovremmo comprendere che i protagonisti non sono questi sapienti giunti da lontano, ma quella stella che ha iniziato a brillare sull’intera umanità. Se guardiamo alla storia non ci sono riferimenti a comete o particolari congiunzioni astrali, allora è proprio Gesù la stella, la luce che rifulse nelle tenebre in cui viveva l’umanità (Is 9,1), la luce che guida ogni uomo e non le false luminarie che riempiono le nostre strade in questi giorni.
Con Cristo è giunta la luce che fa vedere ciò che conta davvero, i valori autentici della vita, con Gesù ha cominciato a risplendere la luce dell’amore incondizionato di Dio che rischiara le tenebre definitivamente, con il Figlio di Dio quella luce si è manifestata a noi, ma se c’è oggi come allora chi si lascia guidare e coinvolgere dalla luce del cielo, c’è anche chi vorrebbe spegnerla perché ne è disturbato come Erode, i sacerdoti del tempio e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”; quanti tra noi hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni; quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari, alla fine, esiste davvero!
I magi ci ricordano come il vangelo, la buona notizia dell’amore infinito di Dio, sia per tutti e non potrà mai essere riservata ad un unico popolo, ad un’unica comunità, ad un’unica religione, ad un’unica Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo. Dio ha una parola buona, una parola d’amore per tutti!
I magi ci insegnano ad alzare lo sguardo e a guardarci intorno (cfr. Is 60, 4-6 prima lettura). Alzare lo sguardo perché solo così è possibile vedere la stella: alzare lo sguardo è proprio dell’uomo che non si accontenta di ciò che lo circonda e della sua vita quotidiana, ma che si interroga sul senso del suo esistere e sul suo destino. Guardare intorno perché Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana: ad esempio a quei sapienti astrologi parlò attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo. Chi cerca un Dio che voglia stupirci con effetti speciali sappia che ha sbagliato strada, quello non è il Dio di Gesù Cristo.
Infine i magi si muovono, seguono la stella, seguono un sogno, ma il loro, come il nostro, è un cammino non semplice ed a volte per rispondere alla nostra sete di Dio a volte ci rivolgiamo ai pozzi screpolati o agli acquedotti arrugginiti del potere che sia politico o religioso, ma Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re, Dio si presenta in modo nascosto come un neonato in una mangiatoia o in braccio a una ragazzina mentre lo allatta. Di fronte a questo bambino non possiamo, non posso rimanere indifferente: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Dio sa quanto potrà essere irto di difficoltà il nostro cammino, come, a volte, quelle stelle che abbiamo appena intravisto in un momento della vita possano se non spegnersi sparire dietro le nubi delle preoccupazioni quotidiane. Dio ci offre una mappa del tesoro, Egli ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada; Dio ci ha rivelato il suo progetto d’amore nella Bibbia, ma attenzione anche di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti. Solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore.
In questo giorno la Chiesa annuncia il giorno della Pasqua (4 aprile 2021): con questo vogliamo celebrare il tempo e i giorni della nostra vita personale e comunitaria perché Dio viene in ogni momento: ricordiamocelo tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore!
Un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via: proprio così arriva la Befana, vecchia strega incartapecorita, a spazzare via tutti i giorni di festa raccolti in queste due settimane. Proprio così con la festa di oggi siamo giunti alla conclusione di questo straordinario tempo di Natale, tempo dell’incontro con Dio che viene, che si fa piccolo e debole per condividere la vita degli uomini in ogni suo momento. Sono finite queste strane feste, vissute con l’ingombrante presenza del Covid, si torna al lavoro, ma deve essere un ritornare alle nostre quotidiane attività “per un’altra strada” (Mt 2,12), perché la nostra vita deve essere cambiata se è stato un Natale vero!
Mi scuso per la digressione, ma in questo testo di Matteo che assomiglia molto ad una favola o ad una leggenda ricca di elementi fantastici, forse dovremmo comprendere che i protagonisti non sono questi sapienti giunti da lontano, ma quella stella che ha iniziato a brillare sull’intera umanità. Se guardiamo alla storia non ci sono riferimenti a comete o particolari congiunzioni astrali, allora è proprio Gesù la stella, la luce che rifulse nelle tenebre in cui viveva l’umanità (Is 9,1), la luce che guida ogni uomo e non le false luminarie che riempiono le nostre strade in questi giorni.
Con Cristo è giunta la luce che fa vedere ciò che conta davvero, i valori autentici della vita, con Gesù ha cominciato a risplendere la luce dell’amore incondizionato di Dio che rischiara le tenebre definitivamente, con il Figlio di Dio quella luce si è manifestata a noi, ma se c’è oggi come allora chi si lascia guidare e coinvolgere dalla luce del cielo, c’è anche chi vorrebbe spegnerla perché ne è disturbato come Erode, i sacerdoti del tempio e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”; quanti tra noi hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni; quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari, alla fine, esiste davvero!
I magi ci ricordano come il vangelo, la buona notizia dell’amore infinito di Dio, sia per tutti e non potrà mai essere riservata ad un unico popolo, ad un’unica comunità, ad un’unica religione, ad un’unica Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo. Dio ha una parola buona, una parola d’amore per tutti!
I magi ci insegnano ad alzare lo sguardo e a guardarci intorno (cfr. Is 60, 4-6 prima lettura). Alzare lo sguardo perché solo così è possibile vedere la stella: alzare lo sguardo è proprio dell’uomo che non si accontenta di ciò che lo circonda e della sua vita quotidiana, ma che si interroga sul senso del suo esistere e sul suo destino. Guardare intorno perché Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana: ad esempio a quei sapienti astrologi parlò attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo. Chi cerca un Dio che voglia stupirci con effetti speciali sappia che ha sbagliato strada, quello non è il Dio di Gesù Cristo.
Infine i magi si muovono, seguono la stella, seguono un sogno, ma il loro, come il nostro, è un cammino non semplice ed a volte per rispondere alla nostra sete di Dio a volte ci rivolgiamo ai pozzi screpolati o agli acquedotti arrugginiti del potere che sia politico o religioso, ma Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re, Dio si presenta in modo nascosto come un neonato in una mangiatoia o in braccio a una ragazzina mentre lo allatta. Di fronte a questo bambino non possiamo, non posso rimanere indifferente: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Dio sa quanto potrà essere irto di difficoltà il nostro cammino, come, a volte, quelle stelle che abbiamo appena intravisto in un momento della vita possano se non spegnersi sparire dietro le nubi delle preoccupazioni quotidiane. Dio ci offre una mappa del tesoro, Egli ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada; Dio ci ha rivelato il suo progetto d’amore nella Bibbia, ma attenzione anche di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti. Solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore.
In questo giorno la Chiesa annuncia il giorno della Pasqua (4 aprile 2021): con questo vogliamo celebrare il tempo e i giorni della nostra vita personale e comunitaria perché Dio viene in ogni momento: ricordiamocelo tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore!
Un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via: proprio così arriva la Befana, vecchia strega incartapecorita, a spazzare via tutti i giorni di festa raccolti in queste due settimane. Proprio così con la festa di oggi siamo giunti alla conclusione di questo straordinario tempo di Natale, tempo dell’incontro con Dio che viene, che si fa piccolo e debole per condividere la vita degli uomini in ogni suo momento. Sono finite queste strane feste, vissute con l’ingombrante presenza del Covid, si torna al lavoro, ma deve essere un ritornare alle nostre quotidiane attività “per un’altra strada” (Mt 2,12), perché la nostra vita deve essere cambiata se è stato un Natale vero!
Commento 6 gennaio 2020
Un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via; proprio così si conclude il tempo di Natale, tempo dell’incontro con Dio che viene, che vuole condividere in ogni momento la vita degli uomini. Finite le feste, si torna al lavoro, ma deve essere un ritornare alle nostre quotidiane attività “per un’altra strada”; se è stato un Natale vero e vissuto la nostra vita deve essere cambiata!
Dio viene in ogni momento e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua, cioè che tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore.
Con oggi inizia un trittico di grandi manifestazioni, “epifanie”, di Cristo: il Signore si presenta ai popoli pagani nella figura dei magi; al popolo eletto o meglio a quel “piccolo resto” che ha saputo riconoscere in Giovanni un profeta nel momento del battesimo al Giordano; infine ai suoi discepoli, nuovo popolo di Dio che grazie alla testimonianza dello stesso Giovanni riconoscerà in Gesù l’agnello di Dio.
Se l’Avvento è stato il momento in cui ci siamo preparati alla venuta del Signore, la festa di oggi è la festa di coloro che cercano Dio, coloro che hanno sete di Dio e scoprono intorno a loro i segni della presenza di un amore, capace di andare oltre, capace di dare senso alla vita.
È la festa di coloro che si sentono lontani da Dio, forse perché nessuno gli ha mai annunciato con gioia la bella notizia dell’infinito amore di Dio, forse perché sono stati allontanati dalla falsa testimonianza di tanti uomini e donne di Chiesa; è la festa dei lontani perché Dio si rivolge a tutti poiché Egli non conosce limiti, il suo amore ed il suo messaggio sono universali e non potranno mai rimanere chiusi nel recinto di una parrocchia, di una comunità, di un movimento e neanche della stessa Chiesa. Matteo è chiaro: coloro che si considerano i detentori della verità e non sapranno lasciarsi interpellare dalle novità della vita, resteranno chiusi nei loro palazzi e nei loro templi e non incontreranno il Signore.
È la festa di coloro che sanno alzare gli occhi per guardare ai segni della presenza di Dio nel creato e nel cuore dell’uomo: Dio parla ai Magi, questi saggi astrologi o astronomi, attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, ma chiaro per chi aveva occhi pronti e cuore aperto. Dio non impone la sua presenza con segni grandi nel cielo, parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana: non è nel vento impetuoso che spezza le rocce, né nel terremoto o nel fuoco, il nostro Dio, sta nella brezza leggera (1 Re 19,11-13). Chi cerca un Dio che voglia stupire con effetti speciali sappia che ha sbagliato strada, quello non è il Dio di Gesù Cristo.
Di una cosa siamo sicuri: Dio guida il cammino di chi ha voglia di muoversi per andargli incontro. È proprio vero che “ogni lungo viaggio inizia con un primo passo” (Lao Tse, fondatore del Taoismo), probabilmente anche per i Magi fu così, abbandonare le certezze, le sicurezze acquisite, abbandonare i propri averi non è semplice, ma Dio non ci abbandona lungo la strada verso di Lui, continua a seguirci con l’infinita tenerezza della sua stella.
Dio sa quanto può essere difficile il nostro cammino, come a volte quelle stelle, che un giorno abbiamo appena intravisto possano se non spegnersi, sparire dietro le nubi delle nostre preoccupazioni quotidiane, ma ci è stata data una mappa del tesoro, Dio ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada; nella Bibbia ci ha rivelato il suo progetto d’amore!
Ma tutto questo non basta, perché solo chi sa mettersi in gioco, chi sa uscire dai recinti delle proprie certezze può incontrare il Signore: Erode e i sacerdoti del tempio vedevano in quel bambino solo un nemico, solo qualcuno venuto a rovinare loro la vita e pur conoscendo la via, non si sono mossi.
Eccoci qua! Il tempo di Natale si conclude, ma se abbiamo ancora voglia di cercare senza lasciarci incatenare dalle nostre paure, senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso potremo incontrare Dio: è un bimbo, fermo alla porta del nostro cuore che bussa (cfr. Ap 3,20), chiedendo di entrare per condividere con noi la sua vita.
Dio viene in ogni momento e questo, credo, ci voglia ricordare l’Annunzio del Giorno della Pasqua, cioè che tutta la vita, tutto il tempo che ci è donato sono opportunità per un incontro d’amore con il Signore.
Con oggi inizia un trittico di grandi manifestazioni, “epifanie”, di Cristo: il Signore si presenta ai popoli pagani nella figura dei magi; al popolo eletto o meglio a quel “piccolo resto” che ha saputo riconoscere in Giovanni un profeta nel momento del battesimo al Giordano; infine ai suoi discepoli, nuovo popolo di Dio che grazie alla testimonianza dello stesso Giovanni riconoscerà in Gesù l’agnello di Dio.
Se l’Avvento è stato il momento in cui ci siamo preparati alla venuta del Signore, la festa di oggi è la festa di coloro che cercano Dio, coloro che hanno sete di Dio e scoprono intorno a loro i segni della presenza di un amore, capace di andare oltre, capace di dare senso alla vita.
È la festa di coloro che si sentono lontani da Dio, forse perché nessuno gli ha mai annunciato con gioia la bella notizia dell’infinito amore di Dio, forse perché sono stati allontanati dalla falsa testimonianza di tanti uomini e donne di Chiesa; è la festa dei lontani perché Dio si rivolge a tutti poiché Egli non conosce limiti, il suo amore ed il suo messaggio sono universali e non potranno mai rimanere chiusi nel recinto di una parrocchia, di una comunità, di un movimento e neanche della stessa Chiesa. Matteo è chiaro: coloro che si considerano i detentori della verità e non sapranno lasciarsi interpellare dalle novità della vita, resteranno chiusi nei loro palazzi e nei loro templi e non incontreranno il Signore.
È la festa di coloro che sanno alzare gli occhi per guardare ai segni della presenza di Dio nel creato e nel cuore dell’uomo: Dio parla ai Magi, questi saggi astrologi o astronomi, attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, ma chiaro per chi aveva occhi pronti e cuore aperto. Dio non impone la sua presenza con segni grandi nel cielo, parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana: non è nel vento impetuoso che spezza le rocce, né nel terremoto o nel fuoco, il nostro Dio, sta nella brezza leggera (1 Re 19,11-13). Chi cerca un Dio che voglia stupire con effetti speciali sappia che ha sbagliato strada, quello non è il Dio di Gesù Cristo.
Di una cosa siamo sicuri: Dio guida il cammino di chi ha voglia di muoversi per andargli incontro. È proprio vero che “ogni lungo viaggio inizia con un primo passo” (Lao Tse, fondatore del Taoismo), probabilmente anche per i Magi fu così, abbandonare le certezze, le sicurezze acquisite, abbandonare i propri averi non è semplice, ma Dio non ci abbandona lungo la strada verso di Lui, continua a seguirci con l’infinita tenerezza della sua stella.
Dio sa quanto può essere difficile il nostro cammino, come a volte quelle stelle, che un giorno abbiamo appena intravisto possano se non spegnersi, sparire dietro le nubi delle nostre preoccupazioni quotidiane, ma ci è stata data una mappa del tesoro, Dio ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada; nella Bibbia ci ha rivelato il suo progetto d’amore!
Ma tutto questo non basta, perché solo chi sa mettersi in gioco, chi sa uscire dai recinti delle proprie certezze può incontrare il Signore: Erode e i sacerdoti del tempio vedevano in quel bambino solo un nemico, solo qualcuno venuto a rovinare loro la vita e pur conoscendo la via, non si sono mossi.
Eccoci qua! Il tempo di Natale si conclude, ma se abbiamo ancora voglia di cercare senza lasciarci incatenare dalle nostre paure, senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso potremo incontrare Dio: è un bimbo, fermo alla porta del nostro cuore che bussa (cfr. Ap 3,20), chiedendo di entrare per condividere con noi la sua vita.
Commento 6 gennaio 2019
Un detto popolare ricorda che l'Epifania tutte le feste si porta via; proprio così il tempo di Natale si conclude con questa solennità in cui ricordiamo la venuta dei magi alla grotta di Betlemme per adorare Gesù. D'altra parte l'Epifania che significa "manifestazione" introduce ad un trittico di feste in cui sarà centrale appunto il tema della manifestazione di Dio prima ai popoli pagani e lontani, poi al "resto di Israele" in attesa del Messia ed infine ai discepoli, nuovo popolo di Dio.
Non provo alcun interesse nel cercare di capire quale sia la storicità del racconto, che solo Matteo ci propone nel suo vangelo; questa resta Parola di Dio e tanto mi deve bastare. Importante è però che sia proprio Matteo a raccontare questo episodio: egli scrive probabilmente a una comunità di ebrei convertiti al cristianesimo e proprio a loro ricorda che i primi a cercare, a riconoscere Gesù furono dei pagani. Come a dire, attenzione, Dio non può essere rinchiuso nei dogmi di una religione. Questa visione universalistica era già presente nella tradizione ebraica secondo cui Dio avrebbe annunciato la sua legge nelle 70 lingue del mondo, ma solo il popolo ebraico era presente ai piedi del monte Sinai per ascoltare quelle parole d'amore. Questo finiva purtroppo anche per giustificare una sorta di esclusiva! Ma Dio è universale o non è Dio! Dio è inclusivo o non è poiché Dio è amore e l'amore non ha confini!
Ecco allora i magi, così come ci ricorda la prima lettura, ci invitano ad alzare lo sguardo per scorgere i segni dell'amore di Dio, per essere rivestiti di luce. Amici carissimi viviamo momenti tristi e difficili, abbiamo atteso il Cristo ma i nostri cuori così come i nostri porti rimangono chiusi ai "poveri Cristi" che bussano alle porte della nostra società opulenta e indifferente per cercare una nuova speranza di vita. Inascoltata si è alzata nei giorni scorsi la voce del vescovo di Roma a richiamare le nostre coscienze sopite di cristiani: se non c'è coerenza tra fede e opere forse sarebbe meglio dichiararsi atei. Scriveva Giovanni: "In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello!" (1Gv 3,10); ciò significa che nel Regno d'amore di Dio ci precederanno tutti coloro che avranno vissuto secondo giustizia, ma soprattutto che chi non ama il suo fratello non può ritenersi figlio di Dio!
Sono i magi, gli atei, i miscredenti di allora ad incontrare il bambino poiché sono capaci di mettersi in cammino, di lasciare le loro finte sicurezze per accettare la sfida del viaggio e mettersi in gioco. Erode e gli scribi detentori del potere politico e religioso non si muovono, eppure sanno, hanno tra le mani la mappa del tesoro, la Bibbia, la Parola di Dio. Non si muovono perché a loro manca il cuore: si può conoscere la Bibbia a memoria senza riconoscere Dio che è amore; si può conoscere la Parola di Dio senza incarnarla nelle nostre vite. Dio è amore solo chi ama può conoscerlo e vivere degnamente come suo figlio prediletto.
Non provo alcun interesse nel cercare di capire quale sia la storicità del racconto, che solo Matteo ci propone nel suo vangelo; questa resta Parola di Dio e tanto mi deve bastare. Importante è però che sia proprio Matteo a raccontare questo episodio: egli scrive probabilmente a una comunità di ebrei convertiti al cristianesimo e proprio a loro ricorda che i primi a cercare, a riconoscere Gesù furono dei pagani. Come a dire, attenzione, Dio non può essere rinchiuso nei dogmi di una religione. Questa visione universalistica era già presente nella tradizione ebraica secondo cui Dio avrebbe annunciato la sua legge nelle 70 lingue del mondo, ma solo il popolo ebraico era presente ai piedi del monte Sinai per ascoltare quelle parole d'amore. Questo finiva purtroppo anche per giustificare una sorta di esclusiva! Ma Dio è universale o non è Dio! Dio è inclusivo o non è poiché Dio è amore e l'amore non ha confini!
Ecco allora i magi, così come ci ricorda la prima lettura, ci invitano ad alzare lo sguardo per scorgere i segni dell'amore di Dio, per essere rivestiti di luce. Amici carissimi viviamo momenti tristi e difficili, abbiamo atteso il Cristo ma i nostri cuori così come i nostri porti rimangono chiusi ai "poveri Cristi" che bussano alle porte della nostra società opulenta e indifferente per cercare una nuova speranza di vita. Inascoltata si è alzata nei giorni scorsi la voce del vescovo di Roma a richiamare le nostre coscienze sopite di cristiani: se non c'è coerenza tra fede e opere forse sarebbe meglio dichiararsi atei. Scriveva Giovanni: "In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello!" (1Gv 3,10); ciò significa che nel Regno d'amore di Dio ci precederanno tutti coloro che avranno vissuto secondo giustizia, ma soprattutto che chi non ama il suo fratello non può ritenersi figlio di Dio!
Sono i magi, gli atei, i miscredenti di allora ad incontrare il bambino poiché sono capaci di mettersi in cammino, di lasciare le loro finte sicurezze per accettare la sfida del viaggio e mettersi in gioco. Erode e gli scribi detentori del potere politico e religioso non si muovono, eppure sanno, hanno tra le mani la mappa del tesoro, la Bibbia, la Parola di Dio. Non si muovono perché a loro manca il cuore: si può conoscere la Bibbia a memoria senza riconoscere Dio che è amore; si può conoscere la Parola di Dio senza incarnarla nelle nostre vite. Dio è amore solo chi ama può conoscerlo e vivere degnamente come suo figlio prediletto.
Commento 6 gennaio 2018
Con la festa dell’epifania si conclude il tempo di Natale e da lunedì potremo tornare alla nostra vita quotidiana: sono finiti i giorni dell’ingenuità e delle favole dei nostri bambini ora si può tornare a pensare seriamente alle cose importanti della vita. A conclusione di questo percorso, o meglio all’inizio di uno nuovo si impone nella nostra vita una luce: il Signore, entrato nella nostra vita, ora vuole presentarsi a noi. Con oggi inizia un trittico di feste liturgiche che ci presentano le tre grandi manifestazioni, “epifanie”, di Cristo: ai popoli pagani nella figura dei magi; al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano; ai suoi discepoli grazie alla figura di Giovanni che indica loro la strada. Il vangelo di oggi sembra una favoletta inventata e lo dico francamente vorrei lasciare a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto che solo Matteo ci propone; ritengo infatti che queste parole, anche se non ben storicamente fondate siano comunque parola di Dio sulla mia vita, parola destinata alla mia salvezza e alla mia gioia ed è questo ciò che conta.
L’episodio dei magi è ricco di simbologie: innanzitutto essi rappresentano i popoli pagani ed infedeli; sono proprio i rappresentanti di quei popoli esclusi dalla rivelazione ad incontrare per primi, secondo Matteo, Dio che si fa bambino. Secondo una antica tradizione giudaica, infatti, Dio proclamò la sua Legge in tutte le lingue, ma solo il popolo ebraico nell’occasione era alle pendici del monte Sinai per ascoltare; questo portava ad una duplice conseguenza da una parte se era chiaro che il messaggio di Dio era universale, dall’altra vi era una implicita accusa degli Ebrei a tutti gli altri che erano assenti in quel momento glorioso. Oggi nel racconto di Matteo la storia sembra rovesciarsi e sono proprio i pagani ad accorgersi della nascita del Figlio di Dio, mentre il popolo ebraico nei suoi capi politici e religiosi sembra snobbare l’evento, anzi si prepara ad eliminare l’ingombrante ostacolo che si frappone nella loro vita quotidiana.
In questo racconto appare chiaro ciò che siamo chiamati a fare e come possiamo incontrare ed accogliere il Signore che viene incontro a noi:
1) Dio si rivolge a tutti poiché Egli non conosce limiti, il suo amore ed il suo messaggio è universale e non potrà mai rimane ristretto in una parrocchia, in una comunità, in un movimento e neanche in una Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo. Coloro che si considerano i detentori della verità non sapranno lasciarsi interrogare e trovare il Signore che è la Verità nella loro vita.
2) Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana; Dio parla a questi saggi astrologi o astronomi attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo. Dio non impone la sua presenza e la sua potenza con segni grandi nel cielo, Egli non è nel vento impetuoso che spezza le rocce, né nel terremoto o nel fuoco, Dio, il nostro Dio, sta nella brezza leggera (1 Re 19,11-13). Chi cerca un dio che voglia stupirci con effetti speciali sappia che ha sbagliato strada, quello non è il Dio di Gesù Cristo.
3) Dio guida il cammino di chi ha voglia di muoversi per andargli incontro, Dio non ci abbandona in questo percorso verso di Lui e come per i magi Egli continua a seguire con l’infinita tenerezza della sua stella tutti coloro che hanno avuto il coraggio di lasciare il loro mondo per cercare di capire cosa quei segni volessero dire.
4) Dio sa quanto potrà essere irto di difficoltà il nostro cammino, come a volte quelle stelle che abbiamo appena intravisto nella vita possano se non spegnersi sparire dietro le nubi delle nostre preoccupazioni quotidiane ed allora ci offre una mappa del tesoro, Egli ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada; Dio ci ha rivelato il suo progetto d’amore nella Bibbia, ma attenzione di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno però rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino per completare il suo percorso oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti. Solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore.
Iniziamo pertanto il nostro percorso con un triplice invito: innanzitutto guardando con occhi attenti alle piccole cose della nostra vita quotidiana, perché è proprio lì che Dio ci viene a cercare; in secondo luogo cercando un rapporto intimo e costante con la Scrittura perché è soprattutto attraverso di essa che Dio ci parla; infine mettendoci con coraggio in cammino per uscire dal piccolo mondo dorato delle nostre sicurezze e Dio si lascerà incontrare.
Una volta incontrato Dio potremo tornare al nostro quotidiano, ma lo faremo “per un’altra strada” (Mt2,12) perché la nostra vita sarà cambiata, avrà acquistato un senso nuovo. Eccoci qua! Il tempo di Natale si conclude ma se abbiamo ancora voglia di cercare senza lasciarci incatenare dalle nostre paure e senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso di Natale potremo incontrare Dio: è un bimbo, fermo alla porta del nostro cuore che bussa (cfr. Ap 3,20), chiedendo di entrare per condividere con noi il suo progetto d’amore.
L’episodio dei magi è ricco di simbologie: innanzitutto essi rappresentano i popoli pagani ed infedeli; sono proprio i rappresentanti di quei popoli esclusi dalla rivelazione ad incontrare per primi, secondo Matteo, Dio che si fa bambino. Secondo una antica tradizione giudaica, infatti, Dio proclamò la sua Legge in tutte le lingue, ma solo il popolo ebraico nell’occasione era alle pendici del monte Sinai per ascoltare; questo portava ad una duplice conseguenza da una parte se era chiaro che il messaggio di Dio era universale, dall’altra vi era una implicita accusa degli Ebrei a tutti gli altri che erano assenti in quel momento glorioso. Oggi nel racconto di Matteo la storia sembra rovesciarsi e sono proprio i pagani ad accorgersi della nascita del Figlio di Dio, mentre il popolo ebraico nei suoi capi politici e religiosi sembra snobbare l’evento, anzi si prepara ad eliminare l’ingombrante ostacolo che si frappone nella loro vita quotidiana.
In questo racconto appare chiaro ciò che siamo chiamati a fare e come possiamo incontrare ed accogliere il Signore che viene incontro a noi:
1) Dio si rivolge a tutti poiché Egli non conosce limiti, il suo amore ed il suo messaggio è universale e non potrà mai rimane ristretto in una parrocchia, in una comunità, in un movimento e neanche in una Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo. Coloro che si considerano i detentori della verità non sapranno lasciarsi interrogare e trovare il Signore che è la Verità nella loro vita.
2) Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana; Dio parla a questi saggi astrologi o astronomi attraverso quella che fu probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo. Dio non impone la sua presenza e la sua potenza con segni grandi nel cielo, Egli non è nel vento impetuoso che spezza le rocce, né nel terremoto o nel fuoco, Dio, il nostro Dio, sta nella brezza leggera (1 Re 19,11-13). Chi cerca un dio che voglia stupirci con effetti speciali sappia che ha sbagliato strada, quello non è il Dio di Gesù Cristo.
3) Dio guida il cammino di chi ha voglia di muoversi per andargli incontro, Dio non ci abbandona in questo percorso verso di Lui e come per i magi Egli continua a seguire con l’infinita tenerezza della sua stella tutti coloro che hanno avuto il coraggio di lasciare il loro mondo per cercare di capire cosa quei segni volessero dire.
4) Dio sa quanto potrà essere irto di difficoltà il nostro cammino, come a volte quelle stelle che abbiamo appena intravisto nella vita possano se non spegnersi sparire dietro le nubi delle nostre preoccupazioni quotidiane ed allora ci offre una mappa del tesoro, Egli ci ha dato la Scrittura come faro perenne per rischiarare la nostra strada; Dio ci ha rivelato il suo progetto d’amore nella Bibbia, ma attenzione di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno però rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino per completare il suo percorso oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti. Solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore.
Iniziamo pertanto il nostro percorso con un triplice invito: innanzitutto guardando con occhi attenti alle piccole cose della nostra vita quotidiana, perché è proprio lì che Dio ci viene a cercare; in secondo luogo cercando un rapporto intimo e costante con la Scrittura perché è soprattutto attraverso di essa che Dio ci parla; infine mettendoci con coraggio in cammino per uscire dal piccolo mondo dorato delle nostre sicurezze e Dio si lascerà incontrare.
Una volta incontrato Dio potremo tornare al nostro quotidiano, ma lo faremo “per un’altra strada” (Mt2,12) perché la nostra vita sarà cambiata, avrà acquistato un senso nuovo. Eccoci qua! Il tempo di Natale si conclude ma se abbiamo ancora voglia di cercare senza lasciarci incatenare dalle nostre paure e senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso di Natale potremo incontrare Dio: è un bimbo, fermo alla porta del nostro cuore che bussa (cfr. Ap 3,20), chiedendo di entrare per condividere con noi il suo progetto d’amore.
Commento 6 gennaio 2017
Epifania è la festa della manifestazione di Dio ed al termine del nostro cammino ci aiuta a riflettere su come ci siamo avvicinati, ci siamo lasciati incontrare da Dio che viene a condividere la nostra vita. In questo racconto, al limite del favolistico, possiamo riconoscere quale tipo di cammino abbiamo percorso in queste settimane e nella nostra vita verso Dio che viene; lo possiamo fare analizzando i personaggi di questo brano:
1) Erode è il prototipo di coloro che intravvedono in Dio un nemico, un avversario: Erode è spaventato, confuso e turbato, tutta la sua vita viene messa in crisi dall’arrivo di tre stranieri e da un’antica profezia e si insinua in lui un pensiero: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni. Allora aveva ragione Nietzche, se l’uomo vuole cercare la propria realizzazione deve eliminare Dio. Quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari esiste davvero!
Ma Dio non è e non sarà mai un concorrente dell’uomo, Gesù ci rivela il volto di un Dio, che vuole aiutare l’uomo a realizzare pienamente la sua vita in un progetto di amore. Se davvero pensassimo che Gesù è un ostacolo alla nostra realizzazione, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
2) I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano quei cristiani anche preparatissimi nella conoscenza della propria fede, ma che non si smuovono dalle loro convinzioni. Fanno di tutto per restare saldi nella verità loro insegnate, ma non sanno uscire, non vogliono confrontarsi, hanno paura del cambiamento. Seguire Gesù è essere sempre in cammino: il cristiano è chiamato a cogliere le intuizioni dello Spirito che lo precede nel mondo e lo accompagna nell’annuncio e nella testimonianza; infatti chi sta chiuso nel tempio, difficilmente incontrerà Dio. La novità dell’incarnazione sta proprio in questo: Dio percorre le vie dell’uomo, si fa nostro compagno e lo si può incontrare in tutti i luoghi soprattutto quelli impoveriti e senza speranza, nelle discariche del mondo, nei bassifondi degradati dei centri storici, nelle periferie del mondo, poiché lì abita Dio. Se il nostro rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione dell’eucaristia non diventa spinta a cambiare, a crescere, a convertirsi, non ha alcun senso, non serve a nulla. Se davvero pensassimo di conoscere a sufficienza Dio, di avere la verità in tasca e che i dubbi di fede non ci appartengano, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
3) I Magi rappresentano tutti i curiosi, gli irrequieti che cercano la Verità, la Bellezza, l’Armonia ed incontrano Dio; il racconto di Matteo identifica nei magi l’umanità pagana, lontana dalle fede, contrapponendo la loro ricerca alla paura di Erode e all’immobilismo della casta sacerdotale: l’annuncio del vangelo è per tutti, per ogni uomo. I magi si affidano ad una stella: chi è la nostra stella, quale incontro o evento ha aperto il nostro cuore al desiderio di Dio?
Attenzione c’è ancora un passo da compiere in questo cammino: Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re, Dio si presenta in modo nascosto come un neonato in braccio alla madre mentre lo allatta. Cosa c’è di più bello e banale? Sta ai magi, sta a ciascuno di noi decidere, la stella non serve più: questo bimbo è segno di contraddizione, di fronte a lui non possiamo, non posso rimanere indifferente: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Stupenda l’indicazione conclusiva di Matteo: “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Leggo in essa non solo la volontà di evitare l’incontro con Erode ed i sacerdoti, ma soprattutto un significato spirituale: dopo aver percorso il sentiero della curiosità e della scienza, dopo averlo fatto con passione e senza pregiudizi, col cuore libero da interessi particolari hanno incontrato la Verità, ora possono davvero tornare a casa, camminando su strade nuove perché la loro vita è cambiata!
Se abbiamo ancora voglia di cercare senza lasciarci incatenare dalle nostre paure e senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso di Natale potremo incontrare Dio: è un bimbo, fermo alla porta del nostro cuore che bussa chiedendo di entrare per condividere con noi il suo progetto d’amore.
1) Erode è il prototipo di coloro che intravvedono in Dio un nemico, un avversario: Erode è spaventato, confuso e turbato, tutta la sua vita viene messa in crisi dall’arrivo di tre stranieri e da un’antica profezia e si insinua in lui un pensiero: “Se Dio esiste allora sono fregato: viene a rovinarmi!”. Quanta gente vive Dio come un rompiscatole: hanno idea di un Dio che ha a che fare solo con la morale, l’etica e l’onestà; un Dio giudice severo che proibisce proprio le cose più interessanti, che obbliga l’uomo alla mortificazione e ne castra le aspirazioni. Allora aveva ragione Nietzche, se l’uomo vuole cercare la propria realizzazione deve eliminare Dio. Quanti cristiani credono in Dio per paura: sognano una vita splendida, senza regole ma poi per non correre rischi si affidano a Dio, sai magari esiste davvero!
Ma Dio non è e non sarà mai un concorrente dell’uomo, Gesù ci rivela il volto di un Dio, che vuole aiutare l’uomo a realizzare pienamente la sua vita in un progetto di amore. Se davvero pensassimo che Gesù è un ostacolo alla nostra realizzazione, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
2) I capi dei sacerdoti e gli scribi rappresentano quei cristiani anche preparatissimi nella conoscenza della propria fede, ma che non si smuovono dalle loro convinzioni. Fanno di tutto per restare saldi nella verità loro insegnate, ma non sanno uscire, non vogliono confrontarsi, hanno paura del cambiamento. Seguire Gesù è essere sempre in cammino: il cristiano è chiamato a cogliere le intuizioni dello Spirito che lo precede nel mondo e lo accompagna nell’annuncio e nella testimonianza; infatti chi sta chiuso nel tempio, difficilmente incontrerà Dio. La novità dell’incarnazione sta proprio in questo: Dio percorre le vie dell’uomo, si fa nostro compagno e lo si può incontrare in tutti i luoghi soprattutto quelli impoveriti e senza speranza, nelle discariche del mondo, nei bassifondi degradati dei centri storici, nelle periferie del mondo, poiché lì abita Dio. Se il nostro rapporto con Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua parola e nella celebrazione dell’eucaristia non diventa spinta a cambiare, a crescere, a convertirsi, non ha alcun senso, non serve a nulla. Se davvero pensassimo di conoscere a sufficienza Dio, di avere la verità in tasca e che i dubbi di fede non ci appartengano, sarebbe stato meglio evitare di celebrare questo Natale.
3) I Magi rappresentano tutti i curiosi, gli irrequieti che cercano la Verità, la Bellezza, l’Armonia ed incontrano Dio; il racconto di Matteo identifica nei magi l’umanità pagana, lontana dalle fede, contrapponendo la loro ricerca alla paura di Erode e all’immobilismo della casta sacerdotale: l’annuncio del vangelo è per tutti, per ogni uomo. I magi si affidano ad una stella: chi è la nostra stella, quale incontro o evento ha aperto il nostro cuore al desiderio di Dio?
Attenzione c’è ancora un passo da compiere in questo cammino: Dio non sta nel tempio, né nel palazzo del re, Dio si presenta in modo nascosto come un neonato in braccio alla madre mentre lo allatta. Cosa c’è di più bello e banale? Sta ai magi, sta a ciascuno di noi decidere, la stella non serve più: questo bimbo è segno di contraddizione, di fronte a lui non possiamo, non posso rimanere indifferente: il nostro Dio è questo lo posso accogliere o rifiutare!
Stupenda l’indicazione conclusiva di Matteo: “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Leggo in essa non solo la volontà di evitare l’incontro con Erode ed i sacerdoti, ma soprattutto un significato spirituale: dopo aver percorso il sentiero della curiosità e della scienza, dopo averlo fatto con passione e senza pregiudizi, col cuore libero da interessi particolari hanno incontrato la Verità, ora possono davvero tornare a casa, camminando su strade nuove perché la loro vita è cambiata!
Se abbiamo ancora voglia di cercare senza lasciarci incatenare dalle nostre paure e senza rimanere bloccati nelle nostre false certezze alla fine del nostro percorso di Natale potremo incontrare Dio: è un bimbo, fermo alla porta del nostro cuore che bussa chiedendo di entrare per condividere con noi il suo progetto d’amore.
Commento 6 gennaio 2016
Oggi festa dell’epifania ovvero della manifestazione del Signore; Gesù si presenta come la luce delle nazioni e dal lontano oriente arrivano alcuni personaggi strani ad adorare quel bambino nato a Betlemme; con oggi inizia un trittico di feste liturgiche che ci presentano le tre grandi manifestazioni di Cristo: la manifestazione ai popoli pagani nella figura dei magi; la manifestazione al popolo eletto nel momento del battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano; la manifestazione durante le nozze di Cana con il primo segno che fa sorgere la fede nei suoi discepoli
Francamente lascio a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto che solo Matteo ci propone; piuttosto voglio soffermarmi sul fatto che appunto solo Matteo, il quale scrive il suo vangelo per una comunità di ebrei convertiti al cristianesimo, parla di questo straordinario avvenimento.
L’episodio dei magi è ricco di simbologie: innanzitutto essi rappresentano i popoli pagani ed infedeli; sono proprio i rappresentanti di quei popoli esclusi dalla rivelazione ad incontrare per primi, secondo Matteo, Dio che si fa bambino. Secondo una antica tradizione giudaica, infatti, Dio proclamò la sua Legge in tutte le lingue, ma solo il popolo ebraico nell’occasione era alle pendici del monte Sinai per ascoltare; questo portava ad una duplice conseguenza da una parte se era chiaro che il messaggio di Dio era universale, dall’altra vi era una implicita accusa degli Ebrei a tutti gli altri che erano assenti in quel momento glorioso.
A conclusione del racconto di Matteo la storia sembra rovesciarsi e sono proprio i pagani ad accorgersi della nascita del Figlio di Dio
Ma c’è un altro punto importante perché possiamo leggere questo racconto come una simbologia dell’annuncio evangelico che ha le seguenti caratteristiche:
Dio si rivolge a tutti ovvero Dio non conosce limiti, il suo amore ed il suo messaggio è universale e non potrà mai rimane ristretto in una comunità, in un movimento e neanche in una Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo
Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana; Dio vuole parlare a questi saggi astrologi o astronomi e come fa? Attraverso probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo.
Dio guida il cammino di chi ha voglia di muoversi e continua a seguire questi magi che hanno avuto il coraggio di lasciare il loro mondo per capire cosa quei segni volessero dire
Dio ci ha dato la Scrittura per rischiarare la nostra strada; una volta iniziato il cammino Dio ci viene incontro con la mappa del tesoro; Dio ci ha rivelato il suo progetto d’amore nella Bibbia. Di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno però rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino per completare il suo percorso oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti. Solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore,
Iniziamo pertanto il nostro percorso guardando con occhi attenti alle piccole cose della nostra vita quotidiana, perché è proprio lì che Dio ci viene a cercare; in secondo luogo cerchiamo un rapporto intimo e costante con la Scrittura perché è attraverso di essa che Dio ci ha parlato; ma soprattutto armiamoci di coraggio per superare ciò che ci impedisce di camminare: Dio si lascerà incontrare e verrà incontro solo a chi saprà muoversi per uscire dal suo piccolo mondo chiuso.
Francamente lascio a chi ha studiato più di me tutte le varie ipotesi sulla veridicità storica di questo racconto che solo Matteo ci propone; piuttosto voglio soffermarmi sul fatto che appunto solo Matteo, il quale scrive il suo vangelo per una comunità di ebrei convertiti al cristianesimo, parla di questo straordinario avvenimento.
L’episodio dei magi è ricco di simbologie: innanzitutto essi rappresentano i popoli pagani ed infedeli; sono proprio i rappresentanti di quei popoli esclusi dalla rivelazione ad incontrare per primi, secondo Matteo, Dio che si fa bambino. Secondo una antica tradizione giudaica, infatti, Dio proclamò la sua Legge in tutte le lingue, ma solo il popolo ebraico nell’occasione era alle pendici del monte Sinai per ascoltare; questo portava ad una duplice conseguenza da una parte se era chiaro che il messaggio di Dio era universale, dall’altra vi era una implicita accusa degli Ebrei a tutti gli altri che erano assenti in quel momento glorioso.
A conclusione del racconto di Matteo la storia sembra rovesciarsi e sono proprio i pagani ad accorgersi della nascita del Figlio di Dio
Ma c’è un altro punto importante perché possiamo leggere questo racconto come una simbologia dell’annuncio evangelico che ha le seguenti caratteristiche:
Dio si rivolge a tutti ovvero Dio non conosce limiti, il suo amore ed il suo messaggio è universale e non potrà mai rimane ristretto in una comunità, in un movimento e neanche in una Chiesa pena la perdita del suo senso ultimo
Dio parla nelle piccole cose della nostra vita quotidiana; Dio vuole parlare a questi saggi astrologi o astronomi e come fa? Attraverso probabilmente la congiunzione astrale di alcuni pianeti (Giove, Saturno e Marte), un segno piccolo, invisibile ad occhio nudo, ma un segno chiaro per chi sapeva guardare il cielo.
Dio guida il cammino di chi ha voglia di muoversi e continua a seguire questi magi che hanno avuto il coraggio di lasciare il loro mondo per capire cosa quei segni volessero dire
Dio ci ha dato la Scrittura per rischiarare la nostra strada; una volta iniziato il cammino Dio ci viene incontro con la mappa del tesoro; Dio ci ha rivelato il suo progetto d’amore nella Bibbia. Di fronte a questo ultimo grande, inequivocabile segno però rimane la libertà dell’uomo che può rimettersi in cammino per completare il suo percorso oppure continuare a rimanere fermo nelle sue sicurezze, nelle sue paure o nelle sue comodità come fanno Erode e i sacerdoti. Solo chi sa mettersi in gioco e superare le proprie chiusure e certezze può incontrare il Signore,
Iniziamo pertanto il nostro percorso guardando con occhi attenti alle piccole cose della nostra vita quotidiana, perché è proprio lì che Dio ci viene a cercare; in secondo luogo cerchiamo un rapporto intimo e costante con la Scrittura perché è attraverso di essa che Dio ci ha parlato; ma soprattutto armiamoci di coraggio per superare ciò che ci impedisce di camminare: Dio si lascerà incontrare e verrà incontro solo a chi saprà muoversi per uscire dal suo piccolo mondo chiuso.