XVIII domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 14, 13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Commento 2 agosto 2020
Il testo di questa domenica è uno dei brani più famosi di tutto il vangelo, l’unico comune a tutti e quattro gli evangelisti, addirittura presente in sei versioni (Matteo e Marco lo presentano due volte ciascuno); proprio per questa sua costante presenza doveva essere uno dei racconti più citati nella predicazione degli apostoli, ma purtroppo fin dalla più antica tradizione questo testo è riportato con un titolo che rischia di travisarne il significato: “la moltiplicazione dei pani”. È un titolo questo a dir poco scorretto visto che il testo parla di uno spezzare e quindi di una divisione, o meglio di una condivisione dei pani; occorre quindi per coglierne il significato più pieno cancellare dalle nostre menti questo titolo fuorviante per rileggere senza precomprensioni sbagliate il testo nel quale Gesù chiede che gli fosse consegnato tutto quello che i discepoli avevano a disposizione perché, dopo la benedizione, fosse ridistribuito con il risultato che quel cibo alla fine risultasse non solo sufficiente per tutti ma sovrabbondante. Ciò che alla fine appare chiaro è che questo non fu un miracolo, ma il risultato di un modo nuovo e rivoluzionario di concepire l’economia: il passaggio da un’economia di mercato ad un’economia di condivisione e pertanto di salvezza.
Con questo racconto, che potremo catalogare come una parabola, Matteo vuole presentarci il mondo nuovo di Dio, alternativo a questo guidato dalla logica della competizione e dall’arrivismo, dal proprio interesse, dall’egoismo, segnato da guerre e violenze.
Gesù propone un mondo dove tutti i bisogni dell’uomo sono saziati con alimento sovrabbondante per tutti, un mondo che la comunità cristiana è chiamata a costruire già oggi e qui senza rimandare il tutto al giudizio finale di Dio che farà giustizia. È un mondo che, ce lo dice il contesto chiaramente eucaristico (benedire, spezzare il pane e distribuirlo), sarà portato a compimento solo quando le nostre celebrazioni eucaristiche diventeranno autentiche e non dei riti scollegati dalla vita, quando cioè saranno davvero la celebrazione della nostra vita di salvati e della nostra conversione al progetto d’amore di Dio sul mondo.
Matteo inserisce alcuni particolari che ci aiutano ad entrare nel contesto. Innanzitutto la compassione che Gesù prova nei confronti di quell’immensa folla che lo aveva seguito: il nostro Dio non è un Dio lontano ed anaffettivo, ma un Dio che volge ai suoi figli uno sguardo di compassione, nel senso che è capace di soffrire per le difficoltà delle sue creature come solo un Padre o meglio una Madre sa fare.
In secondo luogo l’indicazione di tempo “sul far della sera” indica come la giornata stia per concludersi e stia per iniziare un nuovo giorno (ricordo che per gli ebrei il giorno iniziava la sera): è questo il giorno in cui il mondo nuovo, il regno di Dio si inaugurerà su questa terra.
Infine il numero simbolico di 5000 uomini (retaggio questo del maschilismo del tempo) è immagine dell’umanità intera che Gesù si trova davanti, un’umanità malata, ferita, inferma, che fa fatica a camminare, ancora troppo lontana dall’essere quell’umanità di figli che Dio vuole.
In questa sorta di parabola i discepoli rappresentano la logica del mondo vecchio al quale Gesù è venuto a porre fine; presentando a Gesù il problema del dare loro cibo, propongono già una soluzione dettata dalla logica comune: congedare la folle per permettere a tutti di andare a comprarsi da mangiare ovvero ognuno davanti ai propri bisogni si arrangi. È la logica del mercato per cui chi ha i soldi compra e gli atri vengono affamati! Ma Dio non ci ha fatto autosufficienti per cui ognuno potesse bastare a sé stesso, ci ha fatto bisognosi dell’altro per poter condividere i nostri beni, le nostre capacità, insomma per trafficare i nostri talenti. Questo scambio non può essere regolato dalla logica del mondo vecchio, del commercio, dell’economia di mercato perché, come vediamo chiaramente davanti ai nostri occhi anche in questi giorni, la logica del mercato crea non il paradiso terrestre, ma una valle di lacrime, dove si chiudono porti e confini per impedire a coloro che la nostra società ha affamato di entrare nel nostro mondo dorato. La società guidata dalla legge del mercato inevitabilmente da origine a un mondo dove vi è solo “pianto e stridore di denti” non al banchetto del regno di Dio, un mondo dove chi può (economicamente) vive bene e degli altri chi se ne frega!
Dio rifiuta questa logica per proporre un nuovo modo di vivere secondo il suo progetto d’amore e alla logica del comprare Gesù contrappone la logica del donare, invitando i discepoli ad essere loro stessi a dare da mangiare alla folla
Quel poco che abbiamo 5 pani e 2 pesci ovvero 7 è il tutto che il Signore vuole che sia consegnato a Lui perché quel tutto condiviso possa essere sufficiente anzi sovrabbondante per tutti; ecco la logica del vangelo, ecco la rivoluzione anche politica dell’amore che sa condividere tutto perché nessuno sia nel bisogno. Non è facile perché tendenzialmente siamo portati a conservare qualcosa per il domani, ad accumulare beni perché non si sa mai; ma questa è una rivoluzione del cuore e della testa che si fida di Dio e dei fratelli.
Ora possiamo, come quei 5000 uomini senza contare le donne e i bambini, sdraiarci nella posizione classica del padrone perché Dio passerà a servirci e possiamo sdraiarci sull’erba perché il dono di quei pochi pani e pochi pesci ha trasformato il deserto della nostra vita nel giardino primordiale dove fino al peccato l’uomo aveva vissuto in profonda amicizia e armonia con Dio, i fratelli e la natura. Non vi è più spazio per le leggi feroci del mercato e fa il suo ingresso nella storia la logica della gratuità e qui accade il miracolo non fatto da Dio direttamente, ma compiuto dagli uomini che si fidano, accettano con fede, della proposta che fa Gesù: tutti mangiarono e portarono via dodici ceste di pane.
L’evangelista nella presentazione dei gesti che Gesù compie per indicare la logica nuova che deve entrare nel mondo racconta gli stessi gesti che verranno compiuti da Gesù durante l’ultima cena nell’istituzione dell’eucaristia; con questo credo ci voglia dire che come discepoli di Cristo siamo chiamati a consegnare non solo i nostri beni, ma a farci pane. Tutta la vita di Gesù è presentata in quel segno, in quel pane che siamo invitati a prendere e mangiare per assimilare quella storia e diventare anche noi a nostra volta pane! Questo è il senso del celebrare l’eucaristia, il memoriale dell’opera di salvezza di Dio per l’umanità, per ogni donna e uomo, per me!
Ecco la vera rivoluzione che cambierà il cuore degli uomini e la nostra società e trasformerà questo nostro mondo secondo il progetto originario di infinito amore di Dio!
Con questo racconto, che potremo catalogare come una parabola, Matteo vuole presentarci il mondo nuovo di Dio, alternativo a questo guidato dalla logica della competizione e dall’arrivismo, dal proprio interesse, dall’egoismo, segnato da guerre e violenze.
Gesù propone un mondo dove tutti i bisogni dell’uomo sono saziati con alimento sovrabbondante per tutti, un mondo che la comunità cristiana è chiamata a costruire già oggi e qui senza rimandare il tutto al giudizio finale di Dio che farà giustizia. È un mondo che, ce lo dice il contesto chiaramente eucaristico (benedire, spezzare il pane e distribuirlo), sarà portato a compimento solo quando le nostre celebrazioni eucaristiche diventeranno autentiche e non dei riti scollegati dalla vita, quando cioè saranno davvero la celebrazione della nostra vita di salvati e della nostra conversione al progetto d’amore di Dio sul mondo.
Matteo inserisce alcuni particolari che ci aiutano ad entrare nel contesto. Innanzitutto la compassione che Gesù prova nei confronti di quell’immensa folla che lo aveva seguito: il nostro Dio non è un Dio lontano ed anaffettivo, ma un Dio che volge ai suoi figli uno sguardo di compassione, nel senso che è capace di soffrire per le difficoltà delle sue creature come solo un Padre o meglio una Madre sa fare.
In secondo luogo l’indicazione di tempo “sul far della sera” indica come la giornata stia per concludersi e stia per iniziare un nuovo giorno (ricordo che per gli ebrei il giorno iniziava la sera): è questo il giorno in cui il mondo nuovo, il regno di Dio si inaugurerà su questa terra.
Infine il numero simbolico di 5000 uomini (retaggio questo del maschilismo del tempo) è immagine dell’umanità intera che Gesù si trova davanti, un’umanità malata, ferita, inferma, che fa fatica a camminare, ancora troppo lontana dall’essere quell’umanità di figli che Dio vuole.
In questa sorta di parabola i discepoli rappresentano la logica del mondo vecchio al quale Gesù è venuto a porre fine; presentando a Gesù il problema del dare loro cibo, propongono già una soluzione dettata dalla logica comune: congedare la folle per permettere a tutti di andare a comprarsi da mangiare ovvero ognuno davanti ai propri bisogni si arrangi. È la logica del mercato per cui chi ha i soldi compra e gli atri vengono affamati! Ma Dio non ci ha fatto autosufficienti per cui ognuno potesse bastare a sé stesso, ci ha fatto bisognosi dell’altro per poter condividere i nostri beni, le nostre capacità, insomma per trafficare i nostri talenti. Questo scambio non può essere regolato dalla logica del mondo vecchio, del commercio, dell’economia di mercato perché, come vediamo chiaramente davanti ai nostri occhi anche in questi giorni, la logica del mercato crea non il paradiso terrestre, ma una valle di lacrime, dove si chiudono porti e confini per impedire a coloro che la nostra società ha affamato di entrare nel nostro mondo dorato. La società guidata dalla legge del mercato inevitabilmente da origine a un mondo dove vi è solo “pianto e stridore di denti” non al banchetto del regno di Dio, un mondo dove chi può (economicamente) vive bene e degli altri chi se ne frega!
Dio rifiuta questa logica per proporre un nuovo modo di vivere secondo il suo progetto d’amore e alla logica del comprare Gesù contrappone la logica del donare, invitando i discepoli ad essere loro stessi a dare da mangiare alla folla
Quel poco che abbiamo 5 pani e 2 pesci ovvero 7 è il tutto che il Signore vuole che sia consegnato a Lui perché quel tutto condiviso possa essere sufficiente anzi sovrabbondante per tutti; ecco la logica del vangelo, ecco la rivoluzione anche politica dell’amore che sa condividere tutto perché nessuno sia nel bisogno. Non è facile perché tendenzialmente siamo portati a conservare qualcosa per il domani, ad accumulare beni perché non si sa mai; ma questa è una rivoluzione del cuore e della testa che si fida di Dio e dei fratelli.
Ora possiamo, come quei 5000 uomini senza contare le donne e i bambini, sdraiarci nella posizione classica del padrone perché Dio passerà a servirci e possiamo sdraiarci sull’erba perché il dono di quei pochi pani e pochi pesci ha trasformato il deserto della nostra vita nel giardino primordiale dove fino al peccato l’uomo aveva vissuto in profonda amicizia e armonia con Dio, i fratelli e la natura. Non vi è più spazio per le leggi feroci del mercato e fa il suo ingresso nella storia la logica della gratuità e qui accade il miracolo non fatto da Dio direttamente, ma compiuto dagli uomini che si fidano, accettano con fede, della proposta che fa Gesù: tutti mangiarono e portarono via dodici ceste di pane.
L’evangelista nella presentazione dei gesti che Gesù compie per indicare la logica nuova che deve entrare nel mondo racconta gli stessi gesti che verranno compiuti da Gesù durante l’ultima cena nell’istituzione dell’eucaristia; con questo credo ci voglia dire che come discepoli di Cristo siamo chiamati a consegnare non solo i nostri beni, ma a farci pane. Tutta la vita di Gesù è presentata in quel segno, in quel pane che siamo invitati a prendere e mangiare per assimilare quella storia e diventare anche noi a nostra volta pane! Questo è il senso del celebrare l’eucaristia, il memoriale dell’opera di salvezza di Dio per l’umanità, per ogni donna e uomo, per me!
Ecco la vera rivoluzione che cambierà il cuore degli uomini e la nostra società e trasformerà questo nostro mondo secondo il progetto originario di infinito amore di Dio!