Prima domenica di quaresima Anno A
Vangelo Mt 4, 1-11
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Commento 26 febbraio 2023
In questa domenica siamo invitati a lasciarci condurre dallo Spirito nel deserto; proprio lì possiamo prepararci per celebrare l’incredibile vangelo di un Dio che ci ama da morire. Nel deserto possiamo camminare per un nuovo e definitivo esodo dalla schiavitù dei nostri peccati che ci impediscono di vivere da veri uomini verso la libertà dei figli di Dio; il deserto, infatti, è il luogo privilegiato per l’incontro con il Signore, un luogo di silenzio e meditazione per interrogarsi sul senso della vita, su ciò che realmente conta, il deserto ci porta all’essenziale. Viviamo quindi questi giorni santi, questi 40 giorni che sono quelli che ci sono necessari per una vera conversione.
C’è un dono meraviglioso che contraddistingue la persona umana ed è il fatto di essere stata creata libera di scegliere il proprio cammino e destino nella vita; la nostra libertà è un mistero di fronte al quale anche Dio si inchina così che io ho la possibilità di dire il mio “no” a Dio. Ogni giorno molte volte ed in molti modi l’uomo è posto di fronte alla scelta tra il bene ed il male (“Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30,15)), tra Dio e la ricchezza (“Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6,24)), tra il giardino dell’amicizia di Dio ed il deserto delle nostre false libertà, come troviamo nel racconto di Genesi 3 (prima lettura) che troppo spesso riduciamo al solo peccato “originale”. L’immagine del giardino per un popolo come quello ebraico che viveva ai confini del deserto evocava l’oasi, un mondo ideale, dove Dio e l’uomo si incontrano da amici. Certamente il dono dell’amicizia avrebbe avuto bisogno di essere “custodito e coltivato” da parte dell’uomo, chiamato a riconoscere il suo limite e a fidarsi di Dio, ma l’uomo ha voluto fare di testa sua e, mangiando “dell’albero della conoscenza del bene e del male”, ha preteso di decidere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa male.
L’origine del peccato sta nel pensare che Dio sia un nemico della mia libertà e della mia autorealizzazione per cui io non mi fido più e voglio prendere completamente la vita nelle mie mani, escludendo Colui che solo mi conosce veramente. Se escludo Dio prima o poi finirò per escludere gli altri che solo in Dio posso riconoscere come fratelli e sorelle. Ecco il deserto!
Ora il nostro Dio, spinto da un amore tanto infinito quanto inarrestabile non si arrende alla disobbedienza e al peccato dell’uomo: Egli ci ama fino alla morte e a una morte di croce, anzi, per meglio dire ci ama oltre la morte! Così Dio è venuto a condividere nel suo Figlio il deserto dell’uomo per “quaranta giorni e quaranta notti”, cioè per tutta la vita; è scorretto leggere il brano di oggi solo come un episodio della vita di Gesù, questa è la parabola di tutta la sua vita donata e spesa per amore nostro. Nel deserto in quei quaranta giorni Cristo ci offre la via per scegliere secondo la logica di Dio e non secondo la testa dell’uomo. Con Gesù sia chiamati a comprendere come il maligno non sia qualcosa di esterno, ma parte di noi stessi: è quella voce folle che ci invita ad essere autoreferenziali nelle nostre scelte morali: fai quello che ti piace, cresci e vivi libero da Dio, puoi fare di testa tua perché non hai bisogno di Dio, anzi Dio è un impedimento alla vera e piena realizzazione della tua vita!
Il diavolo, colui che divide, che si mette di traverso, che intralcia il rapporto d’amore tra l’uomo e Dio e così le tre tentazioni riguardano il mondo delle relazioni: il rapporto con me stesso e con le cose, con Dio, con gli altri.
La prima tentazione coinvolge l’uso della propria forza e delle proprie capacità per il proprio interesse (“Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”). Il pane è buono, è essenziale per sfamarci, il pane dà vita, ma c’è qualcosa di più grande capace di sfamare quell’insaziabile fame che abbiamo nel cuore ed è quella Parola che viene dalla bocca di Dio, quella Parola che con infinito amore mi ha creato, mi ha portato alla vita e che oggi mi invita a riconoscere l’altro come un dono, un fratello, una sorella.
La seconda tentazione è il cercare un Dio magico a nostro servizio, è una sfida aperta alla fede: “gettati giù!” e arriveranno gli angeli. Forza Gesù, mostraci davvero chi sei con un bel miracolo, scendi dalla croce a cui ti abbiamo inchiodato perché la gente ama i miracoli e tutti ti verranno dietro! È importante notare come il diavolo usi anche la Bibbia per tentare Gesù attraverso ciò che sembra il massimo della fiducia in Dio ed invece ne è soltanto la caricatura, perché è solo ricerca del proprio vantaggio; questa non è fede, ma volere, anzi pretendere di avere un Dio al proprio servizio.
La terza tentazione a me pare possa essere quella più attraente perché riguarda il rapporto con gli altri: il potere ed il successo è quello che costantemente cerchiamo; tutto questo viene dal maligno e sarà nostro solo se lo adoreremo ovvero solo se seguiremo la sua logica.
Il diavolo invita Gesù a prendere il potere, a occupare i posti chiave, a cambiare le leggi e così potrà risolvere i problemi dell’umanità, di ogni uomo e donna. Usando la forza e l’inganno, assicurando pane, miracoli e leader forti Dio potrà ristabilire la sua legge. Ma il nostro Dio non è così! Dio non cerca qualcuno da dominare, soggiogare al proprio volere, ma figli che liberamente possano scegliere di amare, mettendosi a servizio di tutti, ma senza nessun padrone.
Gesù è venuto per riaprire all’uomo le porte di quel giardino, progetto d’amore di Dio per ciascuno di noi; lo ha fatto vivendo la sua vita nella fiducia e nell’obbedienza al Padre. Vivere secondo lo stile di Dio senza la nostalgia per i nostri deserti è ciò che siamo chiamati a fare.
C’è un dono meraviglioso che contraddistingue la persona umana ed è il fatto di essere stata creata libera di scegliere il proprio cammino e destino nella vita; la nostra libertà è un mistero di fronte al quale anche Dio si inchina così che io ho la possibilità di dire il mio “no” a Dio. Ogni giorno molte volte ed in molti modi l’uomo è posto di fronte alla scelta tra il bene ed il male (“Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30,15)), tra Dio e la ricchezza (“Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6,24)), tra il giardino dell’amicizia di Dio ed il deserto delle nostre false libertà, come troviamo nel racconto di Genesi 3 (prima lettura) che troppo spesso riduciamo al solo peccato “originale”. L’immagine del giardino per un popolo come quello ebraico che viveva ai confini del deserto evocava l’oasi, un mondo ideale, dove Dio e l’uomo si incontrano da amici. Certamente il dono dell’amicizia avrebbe avuto bisogno di essere “custodito e coltivato” da parte dell’uomo, chiamato a riconoscere il suo limite e a fidarsi di Dio, ma l’uomo ha voluto fare di testa sua e, mangiando “dell’albero della conoscenza del bene e del male”, ha preteso di decidere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa male.
L’origine del peccato sta nel pensare che Dio sia un nemico della mia libertà e della mia autorealizzazione per cui io non mi fido più e voglio prendere completamente la vita nelle mie mani, escludendo Colui che solo mi conosce veramente. Se escludo Dio prima o poi finirò per escludere gli altri che solo in Dio posso riconoscere come fratelli e sorelle. Ecco il deserto!
Ora il nostro Dio, spinto da un amore tanto infinito quanto inarrestabile non si arrende alla disobbedienza e al peccato dell’uomo: Egli ci ama fino alla morte e a una morte di croce, anzi, per meglio dire ci ama oltre la morte! Così Dio è venuto a condividere nel suo Figlio il deserto dell’uomo per “quaranta giorni e quaranta notti”, cioè per tutta la vita; è scorretto leggere il brano di oggi solo come un episodio della vita di Gesù, questa è la parabola di tutta la sua vita donata e spesa per amore nostro. Nel deserto in quei quaranta giorni Cristo ci offre la via per scegliere secondo la logica di Dio e non secondo la testa dell’uomo. Con Gesù sia chiamati a comprendere come il maligno non sia qualcosa di esterno, ma parte di noi stessi: è quella voce folle che ci invita ad essere autoreferenziali nelle nostre scelte morali: fai quello che ti piace, cresci e vivi libero da Dio, puoi fare di testa tua perché non hai bisogno di Dio, anzi Dio è un impedimento alla vera e piena realizzazione della tua vita!
Il diavolo, colui che divide, che si mette di traverso, che intralcia il rapporto d’amore tra l’uomo e Dio e così le tre tentazioni riguardano il mondo delle relazioni: il rapporto con me stesso e con le cose, con Dio, con gli altri.
La prima tentazione coinvolge l’uso della propria forza e delle proprie capacità per il proprio interesse (“Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”). Il pane è buono, è essenziale per sfamarci, il pane dà vita, ma c’è qualcosa di più grande capace di sfamare quell’insaziabile fame che abbiamo nel cuore ed è quella Parola che viene dalla bocca di Dio, quella Parola che con infinito amore mi ha creato, mi ha portato alla vita e che oggi mi invita a riconoscere l’altro come un dono, un fratello, una sorella.
La seconda tentazione è il cercare un Dio magico a nostro servizio, è una sfida aperta alla fede: “gettati giù!” e arriveranno gli angeli. Forza Gesù, mostraci davvero chi sei con un bel miracolo, scendi dalla croce a cui ti abbiamo inchiodato perché la gente ama i miracoli e tutti ti verranno dietro! È importante notare come il diavolo usi anche la Bibbia per tentare Gesù attraverso ciò che sembra il massimo della fiducia in Dio ed invece ne è soltanto la caricatura, perché è solo ricerca del proprio vantaggio; questa non è fede, ma volere, anzi pretendere di avere un Dio al proprio servizio.
La terza tentazione a me pare possa essere quella più attraente perché riguarda il rapporto con gli altri: il potere ed il successo è quello che costantemente cerchiamo; tutto questo viene dal maligno e sarà nostro solo se lo adoreremo ovvero solo se seguiremo la sua logica.
Il diavolo invita Gesù a prendere il potere, a occupare i posti chiave, a cambiare le leggi e così potrà risolvere i problemi dell’umanità, di ogni uomo e donna. Usando la forza e l’inganno, assicurando pane, miracoli e leader forti Dio potrà ristabilire la sua legge. Ma il nostro Dio non è così! Dio non cerca qualcuno da dominare, soggiogare al proprio volere, ma figli che liberamente possano scegliere di amare, mettendosi a servizio di tutti, ma senza nessun padrone.
Gesù è venuto per riaprire all’uomo le porte di quel giardino, progetto d’amore di Dio per ciascuno di noi; lo ha fatto vivendo la sua vita nella fiducia e nell’obbedienza al Padre. Vivere secondo lo stile di Dio senza la nostalgia per i nostri deserti è ciò che siamo chiamati a fare.
Commento 30 febbraio 2020
In questo nostro cammino verso la Pasqua il primo passo è un invito a riflettere sulle nostre scelte: Dio ci ha creati e voluti liberi ed è sempre rimasto rispettoso della nostra libertà, tanto che io ho la possibilità di dire il mio “no” a Dio; infatti ogni giorno molte volte ed in molti modi l’uomo è posto di fronte alla scelta tra il bene ed il male (“Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30,15)), tra Dio e la ricchezza (“Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6,24)), tra il giardino dell’amicizia di Dio ed il deserto delle nostre false libertà, come troviamo nel racconto di Genesi 3 (prima lettura) che troppo spesso riduciamo al solo peccato “originale”.
L’immagine del giardino per un popolo come quello ebraico che viveva ai confini del deserto evocava l’oasi, un mondo ideale, dove Dio e l’uomo si incontrano da amici. Certamente il dono dell’amicizia avrebbe avuto bisogno di essere “custodito e coltivato” da parte dell’uomo, chiamato a riconoscere il suo limite e a fidarsi di Dio, ma l’uomo ha voluto fare di testa sua e, mangiando “dell’albero della conoscenza del bene e del male”, ha preteso di decidere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa male. Ecco l’origine del peccato sta nel pensare che Dio sia un nemico della mia libertà e della mia autorealizzazione per cui io non mi fido più e voglio prendere completamente la vita nelle mie mani, escludendo Colui che solo mi conosce veramente. Se escludo Dio prima o poi finirò per escludere gli altri che solo in Dio posso riconoscere come fratelli e sorelle. Ecco il deserto!
Il nostro Dio non si arrende alla disobbedienza e al peccato dell’uomo perché ci ama fino alla morte, oltre la morte! E così Dio è venuto a condividere nel suo Figlio il deserto dell’uomo per “quaranta giorni e quaranta notti”, cioè per tutta la vita; è scorretto leggere il brano di oggi solo come un episodio della vita di Gesù, questa è la parabola di tutta la sua vita donata e spesa per amore nostro. Nel deserto in quei quaranta giorni Cristo ci offre la via per scegliere secondo la logica di Dio e non secondo la testa dell’uomo.
Il maligno non è qualcosa di esterno, è parte di noi stessi, è quella voce folle che ci invita ad essere autoreferenziali nelle nostre scelte morali: fai quello che ti piace, cresci e vivi libero da Dio, puoi fare di testa tua perché non hai bisogno di Dio, anzi Dio è un impedimento alla realizzazione della tua vita! Ecco il diavolo, colui che divide, che si mette di traverso, che intralcia il rapporto d’amore tra l’uomo e Dio e così le tre tentazioni riguardano il mondo delle relazioni: il rapporto con me stesso e con le cose, con Dio, con gli altri.
La prima tentazione coinvolge l’uso della propria forza e delle proprie capacità per il proprio interesse (“Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”). Il pane è buono, è essenziale per sfamarci, il pane dà vita, ma c’è qualcosa di più grande capace di sfamare quell’insaziabile fame che abbiamo nel cuore ed è ogni parola che viene dalla bocca di Dio; quella parola che con infinito amore mi ha creato, mi ha portato alla vita e che oggi mi invita a riconoscere l’altro come un dono, un fratello, una sorella.
La seconda tentazione è il cercare un Dio magico a nostro servizio, è una sfida aperta alla fede: “gettati giù!” e arriveranno gli angeli. Forza Gesù, mostraci davvero chi sei con un bel miracolo, scendi dalla croce a cui ti abbiamo inchiodato perché la gente ama i miracoli e tutti ti verranno dietro! Il diavolo usa anche la Bibbia per tentare Gesù attraverso ciò che sembra il massimo della fiducia in Dio e invece ne è la caricatura, perché è solo ricerca del proprio vantaggio; questa non è fede, ma volere un Dio al proprio servizio.
La terza tentazione a me pare possa essere quella più attraente perché riguarda il rapporto con gli altri: il potere ed il successo è quello che costantemente cerchiamo; tutto questo viene dal maligno e sarà nostro solo se lo adoreremo, solo se seguiremo la sua logica. Il diavolo invita Gesù a prendere il potere, a occupare i posti chiave, a cambiare le leggi e così potrà risolvere i problemi dell’umanità, di ogni uomo e donna. Usando la forza e l’inganno, assicurando pane, miracoli e leader forti Dio potrà ristabilire la sua legge. Ma il nostro Dio non è così! Dio non cerca uomini da dominare, vuole figli liberi e amanti, a servizio di tutti e senza nessun padrone.
Gesù è venuto per riaprire all’uomo le porte di quel giardino, progetto d’amore di Dio per ciascuno di noi; lo ha fatto vivendo la sua vita nella fiducia e nell’obbedienza al Padre. Vivere secondo lo stile di Dio senza la nostalgia per i nostri deserti è ciò che siamo chiamati a fare.
L’immagine del giardino per un popolo come quello ebraico che viveva ai confini del deserto evocava l’oasi, un mondo ideale, dove Dio e l’uomo si incontrano da amici. Certamente il dono dell’amicizia avrebbe avuto bisogno di essere “custodito e coltivato” da parte dell’uomo, chiamato a riconoscere il suo limite e a fidarsi di Dio, ma l’uomo ha voluto fare di testa sua e, mangiando “dell’albero della conoscenza del bene e del male”, ha preteso di decidere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa male. Ecco l’origine del peccato sta nel pensare che Dio sia un nemico della mia libertà e della mia autorealizzazione per cui io non mi fido più e voglio prendere completamente la vita nelle mie mani, escludendo Colui che solo mi conosce veramente. Se escludo Dio prima o poi finirò per escludere gli altri che solo in Dio posso riconoscere come fratelli e sorelle. Ecco il deserto!
Il nostro Dio non si arrende alla disobbedienza e al peccato dell’uomo perché ci ama fino alla morte, oltre la morte! E così Dio è venuto a condividere nel suo Figlio il deserto dell’uomo per “quaranta giorni e quaranta notti”, cioè per tutta la vita; è scorretto leggere il brano di oggi solo come un episodio della vita di Gesù, questa è la parabola di tutta la sua vita donata e spesa per amore nostro. Nel deserto in quei quaranta giorni Cristo ci offre la via per scegliere secondo la logica di Dio e non secondo la testa dell’uomo.
Il maligno non è qualcosa di esterno, è parte di noi stessi, è quella voce folle che ci invita ad essere autoreferenziali nelle nostre scelte morali: fai quello che ti piace, cresci e vivi libero da Dio, puoi fare di testa tua perché non hai bisogno di Dio, anzi Dio è un impedimento alla realizzazione della tua vita! Ecco il diavolo, colui che divide, che si mette di traverso, che intralcia il rapporto d’amore tra l’uomo e Dio e così le tre tentazioni riguardano il mondo delle relazioni: il rapporto con me stesso e con le cose, con Dio, con gli altri.
La prima tentazione coinvolge l’uso della propria forza e delle proprie capacità per il proprio interesse (“Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”). Il pane è buono, è essenziale per sfamarci, il pane dà vita, ma c’è qualcosa di più grande capace di sfamare quell’insaziabile fame che abbiamo nel cuore ed è ogni parola che viene dalla bocca di Dio; quella parola che con infinito amore mi ha creato, mi ha portato alla vita e che oggi mi invita a riconoscere l’altro come un dono, un fratello, una sorella.
La seconda tentazione è il cercare un Dio magico a nostro servizio, è una sfida aperta alla fede: “gettati giù!” e arriveranno gli angeli. Forza Gesù, mostraci davvero chi sei con un bel miracolo, scendi dalla croce a cui ti abbiamo inchiodato perché la gente ama i miracoli e tutti ti verranno dietro! Il diavolo usa anche la Bibbia per tentare Gesù attraverso ciò che sembra il massimo della fiducia in Dio e invece ne è la caricatura, perché è solo ricerca del proprio vantaggio; questa non è fede, ma volere un Dio al proprio servizio.
La terza tentazione a me pare possa essere quella più attraente perché riguarda il rapporto con gli altri: il potere ed il successo è quello che costantemente cerchiamo; tutto questo viene dal maligno e sarà nostro solo se lo adoreremo, solo se seguiremo la sua logica. Il diavolo invita Gesù a prendere il potere, a occupare i posti chiave, a cambiare le leggi e così potrà risolvere i problemi dell’umanità, di ogni uomo e donna. Usando la forza e l’inganno, assicurando pane, miracoli e leader forti Dio potrà ristabilire la sua legge. Ma il nostro Dio non è così! Dio non cerca uomini da dominare, vuole figli liberi e amanti, a servizio di tutti e senza nessun padrone.
Gesù è venuto per riaprire all’uomo le porte di quel giardino, progetto d’amore di Dio per ciascuno di noi; lo ha fatto vivendo la sua vita nella fiducia e nell’obbedienza al Padre. Vivere secondo lo stile di Dio senza la nostalgia per i nostri deserti è ciò che siamo chiamati a fare.
Commento 5 marzo 2017
Nel nostro cammino verso la Pasqua la prima tappa ci invita a riflettere sulle nostre scelte. Dio ci ha creati e voluti liberi, coscienti e responsabili; ci ha donato la libertà ed è sempre rimasto rispettoso di questo dono che ci ha fatto. Molte volte ed in molti modi Dio ha posto l’uomo di fronte alla scelta: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30,15) oppure “Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6,24). Oggi la liturgia invita a scegliere tra il giardino di Dio ed il deserto dell’uomo: l’immagine del giardino per un popolo come quello ebraico che viveva nel deserto e sognava l’oasi evoca un mondo ideale. Dio e l’uomo nel giardino si incontrano da amici e quel dono (l’amicizia con Dio) chiede di essere “custodito e coltivato”, riconoscendo da parte dell’uomo il suo limite e fidandosi di Dio; invece l’uomo ha voluto fare di testa sua e “mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male”, pretendendo così di decidere che cosa sia bene e che cosa male. Ecco l’origine del peccato sta nel pensare che Dio sia un nemico della mia libertà e dalla mia autorealizzazione per cui io non mi fido più e voglio prendere completamente la vita nelle mie mani, escludendo Colui che solo mi conosce veramente.
Ecco che rotto il mio rapporto con Dio mi ritrovo fuori dal giardino nel deserto della mia vita; ma Dio non si arrende alla disobbedienza e al peccato dell’uomo: Dio insiste, Dio ci ama fino alla morte, oltre la morte!
L’immagine di Gesù che condivide il deserto dell’uomo ci deve spronare in questo momento propizio per la nostra conversione; in quel deserto Cristo ci offre la via per scegliere nella nostra vita secondo la logica di Dio e non secondo la testa dell’uomo.
Sono tre le grandi tentazioni dell’uomo:
1) La tentazione dell’interesse personale, percorrendo la via più semplice per affrontare i problemi, abbassandoci a soddisfare i nostri bisogni e dimenticando che c’è qualcosa o meglio Qualcuno di più grande. In Gesù possiamo rispondere a questa tentazione, vivendo alla luce della Parola (“Sta scritto”). Se l’uomo in Adamo tenta di eliminare Dio dal suo orizzonte per sostituirsi a Lui, l’uomo in Gesù può riportare al centro della sua vita Dio per vivere secondo la sua volontà.
2) La tentazione dell’immortalità e degli effetti speciali (“gettati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”): se in Adamo l’uomo accolse la tentazione all’immortalità volendo essere come Dio, in Gesù Dio accoglie la sua condizione umana per svolgere la sua missione di “servo sofferente” che offre la vita per amore e senza contropartita.
3) La tentazione dell’idolatria e del potere: è la tentazione più antica e radicale, ovvero la sete di potere e di dominio. Se l’uomo in Adamo che aveva ricevuto il potere di “soggiogare la terra”, rinuncia a tutto questo per avere il potere di “diventare” come Dio; in Gesù l’uomo rinuncia alla tentazione del potere non per essere “come Dio”, ma per essere “come Dio lo vuole”.
Gesù è venuto per riaprire all’uomo le porte di quel giardino che rappresenta il progetto d’amore di Dio per ciascuno di noi; lo ha fatto vivendo la sua vita nella fiducia e nell’obbedienza al Padre; vivere secondo lo stile di Dio senza la nostalgia per i nostri deserti è ciò che siamo chiamati a fare.
Ecco che rotto il mio rapporto con Dio mi ritrovo fuori dal giardino nel deserto della mia vita; ma Dio non si arrende alla disobbedienza e al peccato dell’uomo: Dio insiste, Dio ci ama fino alla morte, oltre la morte!
L’immagine di Gesù che condivide il deserto dell’uomo ci deve spronare in questo momento propizio per la nostra conversione; in quel deserto Cristo ci offre la via per scegliere nella nostra vita secondo la logica di Dio e non secondo la testa dell’uomo.
Sono tre le grandi tentazioni dell’uomo:
1) La tentazione dell’interesse personale, percorrendo la via più semplice per affrontare i problemi, abbassandoci a soddisfare i nostri bisogni e dimenticando che c’è qualcosa o meglio Qualcuno di più grande. In Gesù possiamo rispondere a questa tentazione, vivendo alla luce della Parola (“Sta scritto”). Se l’uomo in Adamo tenta di eliminare Dio dal suo orizzonte per sostituirsi a Lui, l’uomo in Gesù può riportare al centro della sua vita Dio per vivere secondo la sua volontà.
2) La tentazione dell’immortalità e degli effetti speciali (“gettati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”): se in Adamo l’uomo accolse la tentazione all’immortalità volendo essere come Dio, in Gesù Dio accoglie la sua condizione umana per svolgere la sua missione di “servo sofferente” che offre la vita per amore e senza contropartita.
3) La tentazione dell’idolatria e del potere: è la tentazione più antica e radicale, ovvero la sete di potere e di dominio. Se l’uomo in Adamo che aveva ricevuto il potere di “soggiogare la terra”, rinuncia a tutto questo per avere il potere di “diventare” come Dio; in Gesù l’uomo rinuncia alla tentazione del potere non per essere “come Dio”, ma per essere “come Dio lo vuole”.
Gesù è venuto per riaprire all’uomo le porte di quel giardino che rappresenta il progetto d’amore di Dio per ciascuno di noi; lo ha fatto vivendo la sua vita nella fiducia e nell’obbedienza al Padre; vivere secondo lo stile di Dio senza la nostalgia per i nostri deserti è ciò che siamo chiamati a fare.