XXV domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 20, 1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Vangelo Mt 20, 1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Commento 24 settembre 2023
Quando incontro questo vangelo sempre più spesso mi torna alla mente un mio prozio, fratello di mia nonna, di nome Baldo. Lo zio Baldo aveva vissuto tutta la sua vita tra intrallazzi e affari non sempre limpidissimi; potrei quasi prenderlo come classico esempio delle vicende di Tangentopoli degli anni ’90 per raccontare come non solo nei grandi affari, ma anche nelle piccole faccende fosse di regola quel tipo di comportamento politico-sociale. Baldo non era un buon cristiano, si presentava a messa soltanto per ricordare qualche parente o amico defunto ai funerali o nella festa patronale per farsi notare dai compaesani, ogni tanto gli scappava qualche bestemmia non credo come offesa a Dio ma piuttosto come intercalare come molti piemontesi usano fare.
Ebbene un giorno passando davanti alla chiesa del piccolo paese dove era nato e dove aveva sempre vissuto ecco mostrarsi di fronte a lui il parroco: “Buongiorno don, devo passare a trovarla, mi devo preparare!”. Il sacerdote, di fronte a quella pecorella smarrita che chiedeva un appuntamento colse l’occasione al volo e gli disse che quel pomeriggio non aveva niente da fare e che poteva passare quando voleva. Quel pomeriggio lo zio Baldo andò a confessarsi e a comunicarsi ed il giorno dopo un malore lo portò via tra le braccia del Padre. Quando il vecchio parroco raccontò l’accaduto durante il funerale, è sorta spontanea in me una reazione tra la rabbia e l’incredulità: “Guarda un po’, lo zio è riuscito a fregare pure Dio!”. Ecco la storia di San Baldo, operaio dell’ultima ora e patrono di chi vive di intrallazzi ed affari non sempre puliti.
Eh, sì questa parabola lascia un po’ l’amaro in bocca, più la si legge e più sentiamo la fatica ad accettare il messaggio di Gesù; credo che per tanti di noi sia così, alzi la mano, infatti, chi fra di noi non pensa che il padrone della vigna abbia commesso una grave ingiustizia nei confronti di chi aveva lavorato e faticato tutto il giorno dando a tutti, anche agli operai che erano entrati all’ultima ora, la stessa paga. Quante volte viviamo il nostro rapporto con Dio nei termini economici di una giustizia meritocratica: è quello che pensano gli operai della prima ora che vedendo il padrone dare agli ultimi un denaro ritengono di meritare di più per la fatica ed il caldo sopportato in quella lunga giornata di lavoro; così anche noi che per seguire Cristo abbiamo rinunciato a tante cose ci riteniamo meritevoli di qualcosa di più; ma ciò che non abbiamo capito è che seguire Cristo non è una rinuncia ed una fatica, ma seguire l’incredibile avventura di una vita spesa per amore!
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,8) così dice il Signore e con queste parole Isaia annuncia al popolo deportato a Babilonia che la logica di Dio non è la logica dell’uomo; che l’uomo deve convertire la sua mente ed il suo cuore per entrare nei pensieri di Dio; ecco la conversione che ci viene chiesta se davvero vogliamo essere discepoli di Cristo!
Dio è quel Signore, padrone, che cerca lavoratori per la sua vigna, è uno che ti viene a cercare anche se sei pigro, sfaticato, uno con poca voglia di lavorare: Dio è uno che ti dà continuamente opportunità di inserirti nella sua storia di salvezza, una storia d’amore per tutti! E così esce alle 6 per chiamare quelli che sono pronti, alle 9 per chiamare quelli che hanno preferito dormire un po’ di più, alle 12 e alle 15 per chiamare quelli che nessuno ha voluto e poi ancora inesorabilmente alle 17 quando mancava solo un’ora alla fine della giornata per chiamare tutti coloro che hanno preferito bighellonare sulla piazza anziché vivere la meravigliosa avventura di una vita donata, vissuta e pienamente realizzata nell’amore. Il Dio di Gesù Cristo è questo che ci piaccia oppure no: è un Dio per il quale tutti sono primi, è un Dio che esce fuori alle 5 del pomeriggio per scuoterci e ricordarci che stiamo perdendo l’occasione per rendere la nostra vita qualcosa di meravigliosamente bello come solo Dio ha avuto il coraggio di sognarla. E chi, come noi, è entrato nella vigna alla prima ora o durante il giorno deve imparare a condividere la gioia del suo Signore che accoglie ogni uomo in ogni momento della vita; così oggi anche se fatico sono contento per zio Baldo e prego ogni giorno perché sappia illuminarmi e mi indichi la via per incontrare ogni giorno, anche fosse l’ultimo il mio Signore.
Il Padre di Gesù non è il Dio delle religioni che premia i buoni e castiga i malvagi, ma un Padre buono che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni non perché se lo meritano ma perché ne hanno bisogno: ecco il senso di quella paga data anche agli ultimi arrivati, un denaro era infatti la paga minima per consentire ad un uomo di mantenere la propria famiglia con dignità.
Così in questa parabola Gesù demolisce definitivamente la religione dei meriti con le parole durissime del padrone rivolte agli operai della prima ora: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene!”; insomma, se vivi il tuo rapporto con Dio in base ai meriti allora puoi prenderti quanto è tuo e andartene, rimani pure chiuso nel tuo egoismo che ti riempie di rancore e ti rende un cristiano dal cuore meschino, incapace di essere felice della gioia del fratello ed invidioso per la bontà di Dio.
Con questo vangelo, come già successo domenica scorsa sul tema dell’essere perdonati e del saper perdonare, Dio ci invita a superare la logica della giustizia e ad entrare nella logica del dono che è ben più ampia, poiché vi sono compresi il perdono, la misericordia, la compassione. Davanti a questa sovrabbondanza, a questa incredibile follia d’amore, l’uomo non può che aprire il suo cuore allo stupore, all’amore e alla conversione: si convertano i peccatori, capendo che non sono più ultimi, si convertano anche i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia.
Ecco il vangelo di oggi, la buona notizia: Dio ci ama non perché siamo amabili, perché ce lo meritiamo, perché riusciamo ad essere fedeli al suo progetto, ma ci ama perché, anche se pensiamo e crediamo che sia onnipotente, Dio non è capace a fare altro, ci ama in modo incondizionato, materno, ci ama e ci rende in questo modo amabili, capaci di rispondere positivamente alla sua chiamata, capaci di convertire il nostro cuore all’amore, unico senso della vita.
Il Dio che ci rivela Gesù è il Dio della bontà, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che ama in perdita e per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Tutto questo crea un insanabile divario con il nostro modo mercantile di concepire la vita: siamo amati da Dio non per i nostri meriti, ma per i nostri bisogni: ed ecco nasce la gioia!
A volte fatico anch’io ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso! Fatico nel superare la logica della giustizia, innanzitutto, verso me stesso, sempre pronto a pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati e finendo così con l’essere intransigente, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio; che stupido!
Fatico, soprattutto, perché continuo a chiedermi: quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Non è forse solo un supplemento di fatica, tanto alla fine la paga sarà uguale per tutti! Fatico perché non sempre sono convinto che la vera gioia non sta nello stipendio di fine giornata, ma nell’aver lavorato in quella vigna, nell’aver vissuto una vita degna di un figlio di Dio, nell’aver collaborato con tutti i miei limiti alla costruzione del Regno.
E se pigro ed inetto rimarrò fuori dal tuo progetto so, Signore, che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi, perché Tu sai che io non ho bisogno di una paga, ma di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, e della promessa che una goccia di luce è nascosta anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto. San Baldo, operaio dell’ultima ora, prega per me!
Ebbene un giorno passando davanti alla chiesa del piccolo paese dove era nato e dove aveva sempre vissuto ecco mostrarsi di fronte a lui il parroco: “Buongiorno don, devo passare a trovarla, mi devo preparare!”. Il sacerdote, di fronte a quella pecorella smarrita che chiedeva un appuntamento colse l’occasione al volo e gli disse che quel pomeriggio non aveva niente da fare e che poteva passare quando voleva. Quel pomeriggio lo zio Baldo andò a confessarsi e a comunicarsi ed il giorno dopo un malore lo portò via tra le braccia del Padre. Quando il vecchio parroco raccontò l’accaduto durante il funerale, è sorta spontanea in me una reazione tra la rabbia e l’incredulità: “Guarda un po’, lo zio è riuscito a fregare pure Dio!”. Ecco la storia di San Baldo, operaio dell’ultima ora e patrono di chi vive di intrallazzi ed affari non sempre puliti.
Eh, sì questa parabola lascia un po’ l’amaro in bocca, più la si legge e più sentiamo la fatica ad accettare il messaggio di Gesù; credo che per tanti di noi sia così, alzi la mano, infatti, chi fra di noi non pensa che il padrone della vigna abbia commesso una grave ingiustizia nei confronti di chi aveva lavorato e faticato tutto il giorno dando a tutti, anche agli operai che erano entrati all’ultima ora, la stessa paga. Quante volte viviamo il nostro rapporto con Dio nei termini economici di una giustizia meritocratica: è quello che pensano gli operai della prima ora che vedendo il padrone dare agli ultimi un denaro ritengono di meritare di più per la fatica ed il caldo sopportato in quella lunga giornata di lavoro; così anche noi che per seguire Cristo abbiamo rinunciato a tante cose ci riteniamo meritevoli di qualcosa di più; ma ciò che non abbiamo capito è che seguire Cristo non è una rinuncia ed una fatica, ma seguire l’incredibile avventura di una vita spesa per amore!
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,8) così dice il Signore e con queste parole Isaia annuncia al popolo deportato a Babilonia che la logica di Dio non è la logica dell’uomo; che l’uomo deve convertire la sua mente ed il suo cuore per entrare nei pensieri di Dio; ecco la conversione che ci viene chiesta se davvero vogliamo essere discepoli di Cristo!
Dio è quel Signore, padrone, che cerca lavoratori per la sua vigna, è uno che ti viene a cercare anche se sei pigro, sfaticato, uno con poca voglia di lavorare: Dio è uno che ti dà continuamente opportunità di inserirti nella sua storia di salvezza, una storia d’amore per tutti! E così esce alle 6 per chiamare quelli che sono pronti, alle 9 per chiamare quelli che hanno preferito dormire un po’ di più, alle 12 e alle 15 per chiamare quelli che nessuno ha voluto e poi ancora inesorabilmente alle 17 quando mancava solo un’ora alla fine della giornata per chiamare tutti coloro che hanno preferito bighellonare sulla piazza anziché vivere la meravigliosa avventura di una vita donata, vissuta e pienamente realizzata nell’amore. Il Dio di Gesù Cristo è questo che ci piaccia oppure no: è un Dio per il quale tutti sono primi, è un Dio che esce fuori alle 5 del pomeriggio per scuoterci e ricordarci che stiamo perdendo l’occasione per rendere la nostra vita qualcosa di meravigliosamente bello come solo Dio ha avuto il coraggio di sognarla. E chi, come noi, è entrato nella vigna alla prima ora o durante il giorno deve imparare a condividere la gioia del suo Signore che accoglie ogni uomo in ogni momento della vita; così oggi anche se fatico sono contento per zio Baldo e prego ogni giorno perché sappia illuminarmi e mi indichi la via per incontrare ogni giorno, anche fosse l’ultimo il mio Signore.
Il Padre di Gesù non è il Dio delle religioni che premia i buoni e castiga i malvagi, ma un Padre buono che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni non perché se lo meritano ma perché ne hanno bisogno: ecco il senso di quella paga data anche agli ultimi arrivati, un denaro era infatti la paga minima per consentire ad un uomo di mantenere la propria famiglia con dignità.
Così in questa parabola Gesù demolisce definitivamente la religione dei meriti con le parole durissime del padrone rivolte agli operai della prima ora: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene!”; insomma, se vivi il tuo rapporto con Dio in base ai meriti allora puoi prenderti quanto è tuo e andartene, rimani pure chiuso nel tuo egoismo che ti riempie di rancore e ti rende un cristiano dal cuore meschino, incapace di essere felice della gioia del fratello ed invidioso per la bontà di Dio.
Con questo vangelo, come già successo domenica scorsa sul tema dell’essere perdonati e del saper perdonare, Dio ci invita a superare la logica della giustizia e ad entrare nella logica del dono che è ben più ampia, poiché vi sono compresi il perdono, la misericordia, la compassione. Davanti a questa sovrabbondanza, a questa incredibile follia d’amore, l’uomo non può che aprire il suo cuore allo stupore, all’amore e alla conversione: si convertano i peccatori, capendo che non sono più ultimi, si convertano anche i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia.
Ecco il vangelo di oggi, la buona notizia: Dio ci ama non perché siamo amabili, perché ce lo meritiamo, perché riusciamo ad essere fedeli al suo progetto, ma ci ama perché, anche se pensiamo e crediamo che sia onnipotente, Dio non è capace a fare altro, ci ama in modo incondizionato, materno, ci ama e ci rende in questo modo amabili, capaci di rispondere positivamente alla sua chiamata, capaci di convertire il nostro cuore all’amore, unico senso della vita.
Il Dio che ci rivela Gesù è il Dio della bontà, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che ama in perdita e per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Tutto questo crea un insanabile divario con il nostro modo mercantile di concepire la vita: siamo amati da Dio non per i nostri meriti, ma per i nostri bisogni: ed ecco nasce la gioia!
A volte fatico anch’io ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso! Fatico nel superare la logica della giustizia, innanzitutto, verso me stesso, sempre pronto a pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati e finendo così con l’essere intransigente, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio; che stupido!
Fatico, soprattutto, perché continuo a chiedermi: quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Non è forse solo un supplemento di fatica, tanto alla fine la paga sarà uguale per tutti! Fatico perché non sempre sono convinto che la vera gioia non sta nello stipendio di fine giornata, ma nell’aver lavorato in quella vigna, nell’aver vissuto una vita degna di un figlio di Dio, nell’aver collaborato con tutti i miei limiti alla costruzione del Regno.
E se pigro ed inetto rimarrò fuori dal tuo progetto so, Signore, che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi, perché Tu sai che io non ho bisogno di una paga, ma di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, e della promessa che una goccia di luce è nascosta anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto. San Baldo, operaio dell’ultima ora, prega per me!
Commento 26 settembre 2020
Lo zio Baldo aveva vissuto tutta la sua vita tra intrallazzi e affari non sempre limpidissimi; quando ripenso alle vicende di Tangentopoli degli anni ’90 mi torna in mente come un classico esempio. Mio zio non era un buon cristiano, si presentava a messa soltanto per ricordare qualche parente o amico defunto ai funerali, ogni tanto gli scappava qualche bestemmia non come offesa a Dio ma come intercalare come molti piemontesi usano fare. Ebbene un giorno passando davanti alla chiesa del piccolo paese dove era nato e dove aveva sempre vissuto ecco mostrarsi di fronte a lui il parroco: “Buongiorno don, devo passare a trovarla, mi devo preparare!”. Il sacerdote colse l’occasione al volo e gli disse che quel pomeriggio non aveva niente da fare e che poteva passare quando voleva. Quel pomeriggio lo zio Baldo andò a confessarsi e a comunicarsi ed il giorno dopo un malore lo portò via tra le braccia del Padre. Quando il vecchio parroco raccontò l’accaduto durante il funerale, è sorta spontanea in me una reazione tra la rabbia e l’incredulità: “Guarda un po’, lo zio è riuscito a fregare pure Dio!”. Ecco la storia di San Baldo, operaio dell’ultima ora e patrono di chi vive di maneggi.
Eh, sì questa parabola mi lascia un po’ l’amaro in bocca, più la leggo e più sento la fatica ad accettare il messaggio di Gesù; credo che anche per molti tra voi possa essere così, alzi la mano chi fra di noi non pensa che il padrone abbia commesso una grave ingiustizia nei confronti di chi aveva lavorato e faticato tutto il giorno dando a tutti la stessa paga.
Quante volte viviamo il nostro rapporto con Dio nei termini economici di una giustizia meritocratica: è quello che pensano gli operai della prima ora che vedendo il padrone dare agli ultimi un denaro ritengono di meritare di più per la fatica ed il caldo sopportato in quella lunga giornata di lavoro.
Ma “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” così dice il Signore e con queste parole Isaia annuncia al popolo deportato a Babilonia che la logica di Dio non è la logica dell’uomo; che l’uomo deve convertire la sua mente ed il suo cuore per entrare nei pensieri di Dio.
Dio è il Signore che cerca lavoratori per la sua vigna, è uno che ti viene a cercare anche se sei un pigro, uno sfaticato, uno con poca voglia di lavorare: Dio è uno che ti dà continuamente opportunità di inserirti nella sua storia di salvezza, una storia d’amore per tutti! E così esce alle 6 per chiamare quelli che sono pronti, alle 9 per chiamare quelli che hanno preferito dormire un po’ di più, alle 12 e alle 15 per chiamare quelli che nessuno ha voluto e poi ancora inesorabilmente alle 17 quando mancava solo un’ora alla fine della giornata per chiamare tutti coloro che hanno preferito bighellonare sulla piazza anziché vivere la meravigliosa avventura di una vita donata, vissuta e pienamente realizzata nell’amore. Il Dio di Gesù Cristo è questo che ci piaccia oppure no: è un Dio per il quale tutti sono primi, è un Dio che esce fuori alle 5 del pomeriggio per scuoterci e ricordarci che stiamo perdendo l’occasione per rendere la nostra vita qualcosa di meravigliosamente bello come solo Dio ha avuto il coraggio di sognarla.
Il Padre di Gesù non è il Dio delle religioni che premia i buoni e castiga i malvagi, ma un Padre buono che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni non perché se lo meritano ma perché ne hanno bisogno: ecco il senso di quella paga data anche agli ultimi arrivati, un denaro era infatti la paga minima per consentire ad un uomo di mantenere la propria famiglia con dignità.
Così in questa parabola Gesù demolisce definitivamente la religione dei meriti con le parole durissime del padrone rivolte agli operai della prima ora: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene!”; insomma, se vivi il tuo rapporto con Dio in base ai meriti allora puoi prenderti quanto è tuo e andartene, rimani pure chiuso nel tuo egoismo che ti riempie di rancore e ti rende un cristiano dal cuore meschino, incapace di essere felice della gioia del fratello ed invidioso per la bontà di Dio.
Dio ci invita a superare la logica della giustizia e ad entrare nella logica del dono che è ben più ampia, poiché vi sono compresi il perdono, la misericordia, la compassione. Davanti a questa sovrabbondanza, a questa incredibile follia d’amore, l’uomo non può che aprire il suo cuore allo stupore, all’amore e alla conversione: si convertano i peccatori, capendo che non sono più ultimi, si convertano anche i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia. Ecco il vangelo di oggi, la buona notizia: Dio non ci ama perché siamo amabili, perché ce lo meritiamo, perché riusciamo ad essere fedeli al suo progetto, ma ci ama a prescindere da tutto questo, ci ama in modo incondizionato, materno, ci ama e ci rende in questo modo amabili, capaci di rispondere positivamente alla sua chiamata, capaci di convertire il nostro cuore all’amore, unico senso della vita.
Il Dio che ci rivela Gesù è il Dio della bontà, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che ama in perdita e per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Tutto questo crea un insanabile divario con il nostro modo mercantile di concepire la vita: non è per i nostri meriti che siamo amati da Dio, ma per i nostri bisogni: ed ecco nasce la gioia!
A volte fatico anch’io ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso!
Fatico nel superare la logica della giustizia verso me stesso, sempre pronto a pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati e finendo così con l’essere intransigente, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio; che stupido!
Fatico nel superare il senso della giustizia verso i miei fratelli: accogliente, sì, ma a certe condizioni; accogliente soprattutto verso le persone più simpatiche e interessanti e meno verso quelle che considero superficiali o lontane e mi domando: quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Non è forse solo un supplemento di fatica, tanto alla fine la paga sarà uguale per tutti! Ma il Signore costantemente mi dice che il vantaggio c’è ed è quello di aver dato di più alla vita, di aver reso più bella la vigna del mondo, di aver collaborato alla costruzione del Regno.
E se pigro ed inetto rimarrò fuori dal tuo progetto so, Signore, che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi, perché Tu sai che io non ho bisogno di una paga, ma di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, e della promessa che una goccia di luce è nascosta anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto. San Baldo, operaio dell’ultima ora prega per me!
Eh, sì questa parabola mi lascia un po’ l’amaro in bocca, più la leggo e più sento la fatica ad accettare il messaggio di Gesù; credo che anche per molti tra voi possa essere così, alzi la mano chi fra di noi non pensa che il padrone abbia commesso una grave ingiustizia nei confronti di chi aveva lavorato e faticato tutto il giorno dando a tutti la stessa paga.
Quante volte viviamo il nostro rapporto con Dio nei termini economici di una giustizia meritocratica: è quello che pensano gli operai della prima ora che vedendo il padrone dare agli ultimi un denaro ritengono di meritare di più per la fatica ed il caldo sopportato in quella lunga giornata di lavoro.
Ma “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” così dice il Signore e con queste parole Isaia annuncia al popolo deportato a Babilonia che la logica di Dio non è la logica dell’uomo; che l’uomo deve convertire la sua mente ed il suo cuore per entrare nei pensieri di Dio.
Dio è il Signore che cerca lavoratori per la sua vigna, è uno che ti viene a cercare anche se sei un pigro, uno sfaticato, uno con poca voglia di lavorare: Dio è uno che ti dà continuamente opportunità di inserirti nella sua storia di salvezza, una storia d’amore per tutti! E così esce alle 6 per chiamare quelli che sono pronti, alle 9 per chiamare quelli che hanno preferito dormire un po’ di più, alle 12 e alle 15 per chiamare quelli che nessuno ha voluto e poi ancora inesorabilmente alle 17 quando mancava solo un’ora alla fine della giornata per chiamare tutti coloro che hanno preferito bighellonare sulla piazza anziché vivere la meravigliosa avventura di una vita donata, vissuta e pienamente realizzata nell’amore. Il Dio di Gesù Cristo è questo che ci piaccia oppure no: è un Dio per il quale tutti sono primi, è un Dio che esce fuori alle 5 del pomeriggio per scuoterci e ricordarci che stiamo perdendo l’occasione per rendere la nostra vita qualcosa di meravigliosamente bello come solo Dio ha avuto il coraggio di sognarla.
Il Padre di Gesù non è il Dio delle religioni che premia i buoni e castiga i malvagi, ma un Padre buono che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni non perché se lo meritano ma perché ne hanno bisogno: ecco il senso di quella paga data anche agli ultimi arrivati, un denaro era infatti la paga minima per consentire ad un uomo di mantenere la propria famiglia con dignità.
Così in questa parabola Gesù demolisce definitivamente la religione dei meriti con le parole durissime del padrone rivolte agli operai della prima ora: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene!”; insomma, se vivi il tuo rapporto con Dio in base ai meriti allora puoi prenderti quanto è tuo e andartene, rimani pure chiuso nel tuo egoismo che ti riempie di rancore e ti rende un cristiano dal cuore meschino, incapace di essere felice della gioia del fratello ed invidioso per la bontà di Dio.
Dio ci invita a superare la logica della giustizia e ad entrare nella logica del dono che è ben più ampia, poiché vi sono compresi il perdono, la misericordia, la compassione. Davanti a questa sovrabbondanza, a questa incredibile follia d’amore, l’uomo non può che aprire il suo cuore allo stupore, all’amore e alla conversione: si convertano i peccatori, capendo che non sono più ultimi, si convertano anche i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia. Ecco il vangelo di oggi, la buona notizia: Dio non ci ama perché siamo amabili, perché ce lo meritiamo, perché riusciamo ad essere fedeli al suo progetto, ma ci ama a prescindere da tutto questo, ci ama in modo incondizionato, materno, ci ama e ci rende in questo modo amabili, capaci di rispondere positivamente alla sua chiamata, capaci di convertire il nostro cuore all’amore, unico senso della vita.
Il Dio che ci rivela Gesù è il Dio della bontà, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che ama in perdita e per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Tutto questo crea un insanabile divario con il nostro modo mercantile di concepire la vita: non è per i nostri meriti che siamo amati da Dio, ma per i nostri bisogni: ed ecco nasce la gioia!
A volte fatico anch’io ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso!
Fatico nel superare la logica della giustizia verso me stesso, sempre pronto a pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati e finendo così con l’essere intransigente, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio; che stupido!
Fatico nel superare il senso della giustizia verso i miei fratelli: accogliente, sì, ma a certe condizioni; accogliente soprattutto verso le persone più simpatiche e interessanti e meno verso quelle che considero superficiali o lontane e mi domando: quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Non è forse solo un supplemento di fatica, tanto alla fine la paga sarà uguale per tutti! Ma il Signore costantemente mi dice che il vantaggio c’è ed è quello di aver dato di più alla vita, di aver reso più bella la vigna del mondo, di aver collaborato alla costruzione del Regno.
E se pigro ed inetto rimarrò fuori dal tuo progetto so, Signore, che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi, perché Tu sai che io non ho bisogno di una paga, ma di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, e della promessa che una goccia di luce è nascosta anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto. San Baldo, operaio dell’ultima ora prega per me!
Commento 24 settembre 2017
“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” con queste parole Isaia annuncia al popolo deportato a Babilonia che la logica di Dio non è la logica dell’uomo; l’uomo deve convertire la sua mente ed il suo cuore per entrare nei pensieri di Dio. Il vangelo ci propone un esempio di questa logica con la parabola del padrone della vigna, che va in cerca di uomini che possano lavorare per lui; esce all’alba in cerca di lavoratori, e lo farà per ben cinque volte, fino quasi al tramonto, pressato da un motivo che non è il lavoro, tantomeno la sua incapacità di calcolare le braccia necessarie. C’è dell’altro: il padrone si interessa e si prende cura di quegli uomini, più ancora che della sua vigna. Si interessa anche di quegli uomini seduti sul finire della giornata senza far niente; questi erano lì forse perché nessuno li aveva cercati o forse perché non avevano nessuna voglia di lavorare, ma quel padrone li chiama lo stesso, pensando in cuor suo di aiutarli a mantenere le loro famiglie chiedendogli in cambio un po’ di lavoro.
Quel denaro, pattuito con gli operai della prima ora, era la paga minima per un capofamiglia per mantenere la propria famiglia, rappresentava quindi la possibilità di mangiare quel giorno e in ultima analisi la salvezza di quella famiglia; quindi la paga che Dio offre agli operai è la salvezza.
Questa parabola ci presenta l’idea di Dio riguardo la giustizia e il merito: in Israele tutti erano convinti che la salvezza si dovesse meritare e che la fede fosse una sorta di contratto fra dare (rispetto della legge di Dio) e avere (salvezza). Forse anche noi pensiamo qualcosa del genere; infatti chi di noi non pensa, ascoltando questo vangelo, che il padrone esagera pagando gli operai dell’ultima ora come quelli della prima.
Non è giusto! Ma questo è il Dio di Gesù! Il nostro Dio è differente, non è un padrone che fa di conto e dà a ciascuno il suo, ma un signore che dà a ciascuno il meglio. Un Dio la cui prima legge è che l’uomo viva; non è ingiusto verso i primi, è generoso verso gli ultimi, poiché Dio non paga, dona.
Dio ci invita a superare la logica della giustizia e ad entrare nella logica del dono che è ben più ampia, poiché vi sono compresi il perdono, la misericordia, la compassione. Davanti a questa sovrabbondanza, a questa incredibile follia d’amore, l’uomo non può che aprire il suo cuore allo stupore, all’amore e alla conversione: si convertono i peccatori, capendo che non sono più ultimi, si convertono i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia.
È il Dio della bontà, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che ama in perdita e per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Tutto questo crea un insanabile divario con il nostro modo mercantile di concepire la vita: non è per i nostri meriti che siamo amati da Dio, ma per i nostri bisogni: ed ecco nasce la gioia! Una gioia che Dio ci chiede di condividere ed invece in noi vi è solo la gelosia: vedendo gli operai dell’ultima ora ricevere un denaro, quelli della prima ora pensano che a loro sarebbe toccato di più. Ma, vedendosi pagare solo un denaro mormorano e chiedono al padrone di pagare agli ultimi meno di un denaro, meno del necessario per sfamare la famiglia, chiedono per gli altri la fame, chiedono di togliere loro la possibilità di salvezza.
A volte fatico anch’io ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso! Forse mi sento come l’operaio se non della prima, della seconda ora; fatico soprattutto nel superare la logica della giustizia, innanzitutto verso me stesso, sempre pronto a pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati e finendo così con l’essere intransigente con me stesso, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio; che stupido!
Fatico nel superare il senso della giustizia verso i miei fratelli: accogliente, sì, ma a certe condizioni; accogliente soprattutto verso le persone più simpatiche e interessanti e meno verso quelle che considero superficiali o lontane e mi domando: quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Non è forse solo un supplemento di fatica, tanto alla fine la paga sarà uguale per tutti? Il vantaggio è quello di aver dato di più alla vita, di aver reso più bella la vigna del mondo, di aver collaborato alla costruzione del Regno.
E se pigro ed inetto rimarrò fuori dal tuo progetto so, Signore, che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi, perché Tu sai che io non ho bisogno di una paga, ma di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, e della promessa che una goccia di luce è nascosta anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto.
Quel denaro, pattuito con gli operai della prima ora, era la paga minima per un capofamiglia per mantenere la propria famiglia, rappresentava quindi la possibilità di mangiare quel giorno e in ultima analisi la salvezza di quella famiglia; quindi la paga che Dio offre agli operai è la salvezza.
Questa parabola ci presenta l’idea di Dio riguardo la giustizia e il merito: in Israele tutti erano convinti che la salvezza si dovesse meritare e che la fede fosse una sorta di contratto fra dare (rispetto della legge di Dio) e avere (salvezza). Forse anche noi pensiamo qualcosa del genere; infatti chi di noi non pensa, ascoltando questo vangelo, che il padrone esagera pagando gli operai dell’ultima ora come quelli della prima.
Non è giusto! Ma questo è il Dio di Gesù! Il nostro Dio è differente, non è un padrone che fa di conto e dà a ciascuno il suo, ma un signore che dà a ciascuno il meglio. Un Dio la cui prima legge è che l’uomo viva; non è ingiusto verso i primi, è generoso verso gli ultimi, poiché Dio non paga, dona.
Dio ci invita a superare la logica della giustizia e ad entrare nella logica del dono che è ben più ampia, poiché vi sono compresi il perdono, la misericordia, la compassione. Davanti a questa sovrabbondanza, a questa incredibile follia d’amore, l’uomo non può che aprire il suo cuore allo stupore, all’amore e alla conversione: si convertono i peccatori, capendo che non sono più ultimi, si convertono i giusti, che non chiudono più Dio dentro la gabbia della giustizia.
È il Dio della bontà, che trasgredisce tutte le regole dell’economia, che ama in perdita e per quelli come lui c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Tutto questo crea un insanabile divario con il nostro modo mercantile di concepire la vita: non è per i nostri meriti che siamo amati da Dio, ma per i nostri bisogni: ed ecco nasce la gioia! Una gioia che Dio ci chiede di condividere ed invece in noi vi è solo la gelosia: vedendo gli operai dell’ultima ora ricevere un denaro, quelli della prima ora pensano che a loro sarebbe toccato di più. Ma, vedendosi pagare solo un denaro mormorano e chiedono al padrone di pagare agli ultimi meno di un denaro, meno del necessario per sfamare la famiglia, chiedono per gli altri la fame, chiedono di togliere loro la possibilità di salvezza.
A volte fatico anch’io ad accettare questa parabola disarmante, lo confesso! Forse mi sento come l’operaio se non della prima, della seconda ora; fatico soprattutto nel superare la logica della giustizia, innanzitutto verso me stesso, sempre pronto a pesare col bilancino i miei difetti e le mie mancanze, come se a Dio importasse qualcosa dei miei peccati e finendo così con l’essere intransigente con me stesso, fiero di poter apparire giusto agli occhi di Dio; che stupido!
Fatico nel superare il senso della giustizia verso i miei fratelli: accogliente, sì, ma a certe condizioni; accogliente soprattutto verso le persone più simpatiche e interessanti e meno verso quelle che considero superficiali o lontane e mi domando: quale vantaggio c’è, allora, a essere operai della prima ora? Non è forse solo un supplemento di fatica, tanto alla fine la paga sarà uguale per tutti? Il vantaggio è quello di aver dato di più alla vita, di aver reso più bella la vigna del mondo, di aver collaborato alla costruzione del Regno.
E se pigro ed inetto rimarrò fuori dal tuo progetto so, Signore, che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi, perché Tu sai che io non ho bisogno di una paga, ma di grandi vigne da coltivare, grandi campi da seminare, e della promessa che una goccia di luce è nascosta anche nel cuore vivo del mio ultimo minuto.