XVII domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 13, 44-52
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Commento 30 luglio 2023
Siamo giunti alla conclusione di questa serie di parabole, sette per la precisione, con le quali Gesù ci ha presentato le caratteristiche del Regno dei cieli, che non è una realtà lontana nel tempo e nello spazio, ma il progetto concreto di Dio per la vita dell’uomo, di ogni uomo. In questi racconti abbiamo ammirato l’inguaribile ottimismo del seminatore che sparge con generosità il seme perché questo possa portare frutto e la pazienza del padrone della messe che attende la maturazione del raccolto per distinguere il frutto buono da quello meno buono. In queste ultime parabole Gesù utilizza alcune similitudini ovvero immagini più dirette per presentare il Regno.
Nelle prime due parabole di oggi, che potremmo considerare gemelle, Gesù presenta il regno dei cieli come un tesoro nascosto in un campo e una perla preziosa che due uomini trovano e che fanno di tutto per entrarne in possesso: nel primo caso il protagonista è un contadino che casualmente e fortunatamente trova un tesoro, mentre nella seconda è un mercante che va alla ricerca spasmodica di una perla preziosa e non si ferma fino a quando non l'ha trovata.
In questi racconti troviamo l’esperienza dell’incontro con Gesù che può avvenire casualmente, per qualche circostanza fortunata oppure essere il meritato traguardo di una ricerca di senso e di pienezza. Quante persone lontane dalla fede ho visto ritornare alla casa del Padre in occasione del catechismo dei figli per la preparazione ai sacramenti, o per la partecipazione casuale ad un incontro di catechesi o solo per il fatto di aver aperto il proprio cuore ad un collega di lavoro ed aver scoperto in questo modo che lassù Qualcuno lo amava. Altre volte invece ho visto persone vivere momenti di ricerca di senso culminati poi con l’incontro con Colui che solo può dare risposta alla nostra inquietudine (“Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” Sant’Agostino).
Certamente mi viene da pensare che non sappiamo quali strade Dio utilizzerà per raggiungere il nostro cuore o a quali tipi di agganci giusti, abbia pensato per prenderci nella sua rete d’amore, ma sappiamo che un progetto giusto per me Dio lo ha già pensato. Nel mio caso fu un grave incidente al ginocchio di cui ancora oggi porto i segni che infranse sul nascere il mio sogno di diventare un campione di calcio, da quel momento l’ipotesi di fare qualche tipo di sport agonistico era chiusa. Così quando qualche mese dopo un ragazzo bussò alla porta di casa mia proponendomi di andare a giocare a pallone in parrocchia, fu, certamente, un suggerimento dello Spirito perché il Signore ben sapeva che, se non mi interessava la Chiesa, mi piaceva, e molto, giocare a pallone.
Che sia stato frutto di un caso fortuito o di una ricerca ponderata sul senso della vita la fede è la scoperta di un tesoro da non perdere, è innamorarsi di Dio, della sua proposta di umanità nuova, di una vita spesa per amore verso coloro che ogni giorno incontriamo; ma poi siamo chiamati a fare un passo in più poiché o la fede passerà dall’innamoramento all’amore, dall’entusiasmo iniziale alla consapevolezza oppure lentamente andrà spegnendosi.
Il tema centrale di queste due parabole rimane comunque la gioia dell’incontro con Cristo e qui mi piacerebbe riflettere su ciò che proponiamo come comunità cristiana riguardo al vangelo: troppe volte infatti si insiste sulla rinuncia a qualcosa per seguire Cristo, ma ritengo sia un modo sbagliato di proporre Cristo e il suo vangelo! Credo, infatti, che sia giunto il momento di smetterla di presentare il cristianesimo come la religione delle rinunce, della tristezza e dei sacrifici in vista di una felicità posticipata nel paradiso. Gesù in queste parabole parla solo del guadagno, della gioia e se ci sono delle rinunce da fare vengono dopo come conseguenza della scelta fatta: così di fronte alle grandi ed impegnative scelte della nostra vita, ciò che ci spinge è la gioia, la consapevolezza di aver compiuto una scelta fondamentale per la nostra vita e la nostra felicità, le rinunce vengono in seguito perché riconosco una priorità.
Se amo mia moglie, la seguirò ovunque vada condividendo scelte, gioie, fatiche e dolori; così anche quando ci saranno momenti difficili non starò a pensare a tutte le rinunce fatte, ma alla gioia del nostro amore. La nostra paura può essere quella di sbagliare, di perdere la vita perché la proposta di Gesù o la vita con quella donna, quell’uomo non è immediatamente verificabile; questa è la fede e questo è il matrimonio!
Un altro aspetto importante è che in entrambe le parabole si sottolinea la fretta, viene messa in luce l’urgenza della scelta da fare; chi ha scoperto il tesoro deve decidersi: o lo prende o lo lascia! Chi scopre Cristo deve decidersi subito perché è un’opportunità che se persa potrebbe non ripresentarsi e potresti ritrovarti ad aver sprecato la tua unica vita.
L’ultima parabola nasce da una esperienza molto comune mi chiedo quante volte Gesù nei suoi anni trascorsi a Cafarnao avrà visto i pescatori che, dopo aver gettato e trascinato le reti a riva si preparavano alla separazione dei pesci buoni posti nei canestri da quelli cattivi che venivano gettati via. È questa una parabola da comprendere bene poiché una lettura moralistica potrebbe rendere difficile individuare il vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio sulla mia vita, in essa contenuto; è scorretto, infatti leggervi, una indicazione sul giudizio finale di Dio con i cattivi mandati all’inferno ed i buoni in paradiso; ora di fronte ad una tale tipo di lettura non mi resterebbe che commentare come fece un alunno del maestro D’Orta riguardo alla parabola del giudizio universale di Mt 25: “io speriamo che me la cavo!”
Credo pertanto che questa non sia soltanto una lettura scorretta, ma addirittura blasfema, una lettura migliore non vede l’umanità come quei pesci tratti a riva, ma ogni singolo uomo come quella rete, dove posso ritrovare pesci buoni e pesci cattivi; così in ogni uomo vi è una parte buona, quella che compare quando accoglie la proposta di “uomo bello”, di uomo secondo il vangelo fatta da Cristo, e una parte meno bella quando non accoglie questa proposta per adeguarsi alle proposte di questo mondo ripiegandosi egoisticamente su sé stesso.
Così nel giorno della “misericordia universale”, alcuni lo chiamano ancora giorno del giudizio, il Signore raccoglierà con gioia tutto il bene che avrò saputo fare e tutto l’amore che avrò vissuto e tristemente getterà via, abbandonerà tutto ciò che non avrò fatto per amore.
Ecco la bella notizia: ciò che in me non è buono verrà bruciato, purificato dall’incontro con l’amore misericordioso, incondizionato ed infinito di Dio; certo se la parte cattiva si sarà sviluppata a discapito di quella buona rimasta ancora in germe, allora sì, sarà pianto e stridore di denti non perché saremo cacciati all’inferno, ma perché non sarà cresciuto il figlio di Dio che è nel cuore di ciascuno di noi e apparirà come la vita sia stata sprecata, ma, ne sono certo, sarà l’amore del Padre a consolare questi suoi figli dal dolore di vedere tanta parte della loro vita gettata nella Geenna, nell’immondezzaio. D’altra parte nel regno del Padre entrerà il buono, la persona bella presente in ciascuno di noi e per questo sarà gioia piena!
Nelle prime due parabole di oggi, che potremmo considerare gemelle, Gesù presenta il regno dei cieli come un tesoro nascosto in un campo e una perla preziosa che due uomini trovano e che fanno di tutto per entrarne in possesso: nel primo caso il protagonista è un contadino che casualmente e fortunatamente trova un tesoro, mentre nella seconda è un mercante che va alla ricerca spasmodica di una perla preziosa e non si ferma fino a quando non l'ha trovata.
In questi racconti troviamo l’esperienza dell’incontro con Gesù che può avvenire casualmente, per qualche circostanza fortunata oppure essere il meritato traguardo di una ricerca di senso e di pienezza. Quante persone lontane dalla fede ho visto ritornare alla casa del Padre in occasione del catechismo dei figli per la preparazione ai sacramenti, o per la partecipazione casuale ad un incontro di catechesi o solo per il fatto di aver aperto il proprio cuore ad un collega di lavoro ed aver scoperto in questo modo che lassù Qualcuno lo amava. Altre volte invece ho visto persone vivere momenti di ricerca di senso culminati poi con l’incontro con Colui che solo può dare risposta alla nostra inquietudine (“Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” Sant’Agostino).
Certamente mi viene da pensare che non sappiamo quali strade Dio utilizzerà per raggiungere il nostro cuore o a quali tipi di agganci giusti, abbia pensato per prenderci nella sua rete d’amore, ma sappiamo che un progetto giusto per me Dio lo ha già pensato. Nel mio caso fu un grave incidente al ginocchio di cui ancora oggi porto i segni che infranse sul nascere il mio sogno di diventare un campione di calcio, da quel momento l’ipotesi di fare qualche tipo di sport agonistico era chiusa. Così quando qualche mese dopo un ragazzo bussò alla porta di casa mia proponendomi di andare a giocare a pallone in parrocchia, fu, certamente, un suggerimento dello Spirito perché il Signore ben sapeva che, se non mi interessava la Chiesa, mi piaceva, e molto, giocare a pallone.
Che sia stato frutto di un caso fortuito o di una ricerca ponderata sul senso della vita la fede è la scoperta di un tesoro da non perdere, è innamorarsi di Dio, della sua proposta di umanità nuova, di una vita spesa per amore verso coloro che ogni giorno incontriamo; ma poi siamo chiamati a fare un passo in più poiché o la fede passerà dall’innamoramento all’amore, dall’entusiasmo iniziale alla consapevolezza oppure lentamente andrà spegnendosi.
Il tema centrale di queste due parabole rimane comunque la gioia dell’incontro con Cristo e qui mi piacerebbe riflettere su ciò che proponiamo come comunità cristiana riguardo al vangelo: troppe volte infatti si insiste sulla rinuncia a qualcosa per seguire Cristo, ma ritengo sia un modo sbagliato di proporre Cristo e il suo vangelo! Credo, infatti, che sia giunto il momento di smetterla di presentare il cristianesimo come la religione delle rinunce, della tristezza e dei sacrifici in vista di una felicità posticipata nel paradiso. Gesù in queste parabole parla solo del guadagno, della gioia e se ci sono delle rinunce da fare vengono dopo come conseguenza della scelta fatta: così di fronte alle grandi ed impegnative scelte della nostra vita, ciò che ci spinge è la gioia, la consapevolezza di aver compiuto una scelta fondamentale per la nostra vita e la nostra felicità, le rinunce vengono in seguito perché riconosco una priorità.
Se amo mia moglie, la seguirò ovunque vada condividendo scelte, gioie, fatiche e dolori; così anche quando ci saranno momenti difficili non starò a pensare a tutte le rinunce fatte, ma alla gioia del nostro amore. La nostra paura può essere quella di sbagliare, di perdere la vita perché la proposta di Gesù o la vita con quella donna, quell’uomo non è immediatamente verificabile; questa è la fede e questo è il matrimonio!
Un altro aspetto importante è che in entrambe le parabole si sottolinea la fretta, viene messa in luce l’urgenza della scelta da fare; chi ha scoperto il tesoro deve decidersi: o lo prende o lo lascia! Chi scopre Cristo deve decidersi subito perché è un’opportunità che se persa potrebbe non ripresentarsi e potresti ritrovarti ad aver sprecato la tua unica vita.
L’ultima parabola nasce da una esperienza molto comune mi chiedo quante volte Gesù nei suoi anni trascorsi a Cafarnao avrà visto i pescatori che, dopo aver gettato e trascinato le reti a riva si preparavano alla separazione dei pesci buoni posti nei canestri da quelli cattivi che venivano gettati via. È questa una parabola da comprendere bene poiché una lettura moralistica potrebbe rendere difficile individuare il vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio sulla mia vita, in essa contenuto; è scorretto, infatti leggervi, una indicazione sul giudizio finale di Dio con i cattivi mandati all’inferno ed i buoni in paradiso; ora di fronte ad una tale tipo di lettura non mi resterebbe che commentare come fece un alunno del maestro D’Orta riguardo alla parabola del giudizio universale di Mt 25: “io speriamo che me la cavo!”
Credo pertanto che questa non sia soltanto una lettura scorretta, ma addirittura blasfema, una lettura migliore non vede l’umanità come quei pesci tratti a riva, ma ogni singolo uomo come quella rete, dove posso ritrovare pesci buoni e pesci cattivi; così in ogni uomo vi è una parte buona, quella che compare quando accoglie la proposta di “uomo bello”, di uomo secondo il vangelo fatta da Cristo, e una parte meno bella quando non accoglie questa proposta per adeguarsi alle proposte di questo mondo ripiegandosi egoisticamente su sé stesso.
Così nel giorno della “misericordia universale”, alcuni lo chiamano ancora giorno del giudizio, il Signore raccoglierà con gioia tutto il bene che avrò saputo fare e tutto l’amore che avrò vissuto e tristemente getterà via, abbandonerà tutto ciò che non avrò fatto per amore.
Ecco la bella notizia: ciò che in me non è buono verrà bruciato, purificato dall’incontro con l’amore misericordioso, incondizionato ed infinito di Dio; certo se la parte cattiva si sarà sviluppata a discapito di quella buona rimasta ancora in germe, allora sì, sarà pianto e stridore di denti non perché saremo cacciati all’inferno, ma perché non sarà cresciuto il figlio di Dio che è nel cuore di ciascuno di noi e apparirà come la vita sia stata sprecata, ma, ne sono certo, sarà l’amore del Padre a consolare questi suoi figli dal dolore di vedere tanta parte della loro vita gettata nella Geenna, nell’immondezzaio. D’altra parte nel regno del Padre entrerà il buono, la persona bella presente in ciascuno di noi e per questo sarà gioia piena!
Commento 26 luglio 2020
Concludiamo oggi la lettura del discorso delle parabole (Mt 13), sette parabole di Gesù sul “regno dei cieli”, che non è una realtà lontana nel tempo e nello spazio, ma il progetto concreto di Dio per la vita dell’uomo, di ogni uomo.
Le prime due parabole di oggi sono, direi, gemelle perché hanno diverse caratteristiche in comune con alcune differenze, mentre la terza merita una riflessione a parte.
Gesù presenta il regno dei cieli come un tesoro nascosto in un campo e una perla preziosa che due uomini trovano e che fanno di tutto per entrarne in possesso: nel primo caso il protagonista è un contadino che casualmente e fortunatamente trova un tesoro, mentre nella seconda il mercante va alla ricerca di quella perla preziosa fino a trovarla. In questi racconti troviamo l’esperienza dell’incontro con Gesù che può avvenire casualmente, per qualche circostanza fortunata oppure essere il meritato traguardo di una ricerca di senso e di pienezza. Quante persone lontane dalla fede ho visto ritornare alla casa del Padre in occasione del catechismo dei figli per la preparazione ai sacramenti, o per la partecipazione casuale ad un incontro di catechesi o solo per il fatto di aver aperto il proprio cuore ad un collega di lavoro ed aver scoperto in questo modo che lassù Qualcuno ci ama. Quante volte invece ho visto persone vivere momenti di ricerca di senso culminati poi con l’incontro con Colui che solo può dare risposta alla nostra inquietudine (“Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Sant’Agostino))
Non importa il modo Dio conosce il nostro cuore e sa quali sono gli agganci giusti per prenderci nella sua rete d’amore: ad esempio ricordo ancora quel 4 ottobre 1979, mi pare fosse un giovedì, quando bussò alla porta di casa mia un ragazzo e mi propose di andare a giocare a pallone in parrocchia, probabilmente fu un suggerimento dello Spirito perché il Signore forse sapeva che non mi interessava la Chiesa anche se i miei genitori mi accompagnavano a messa ogni domenica, ma mi piaceva giocare a pallone.
Comunque sia la fede è la scoperta di un tesoro da non perdere, è innamorarsi di Dio, della sua proposta di umanità nuova, di una vita spesa per amore verso coloro che ogni giorno incontriamo; o la fede passerà dall’innamoramento all’amore oppure lentamente andrà spegnendosi.
Il tema centrale di queste due parabole rimane comunque la gioia dell’incontro con Cristo e qui mi piacerebbe riflettere su ciò che proponiamo come comunità cristiana riguardo al vangelo: troppe volte infatti si insiste sulla rinuncia a qualcosa per seguire Cristo. Questo è un modo sbagliato di proporre Cristo e il suo vangelo! Credo, infatti, che sia giunto il momento di smetterla di presentare il cristianesimo come la religione delle rinunce della tristezza e dei sacrifici in vista di una felicità posticipata nel paradiso; Gesù in queste parabole parla solo del guadagno, della gioia e se ci sono delle rinunce da fare vengono dopo come conseguenza della scelta fatta. Pensate alle scelte grandi ed impegnative della nostra vita, ciò che ci spinge è la gioia, la consapevolezza di aver compiuto una scelta fondamentale per la nostra vita e la nostra felicità, le rinunce vengono in seguito perché riconosco una priorità per cui se amo mia
moglie, la seguirò ovunque vada condividendo scelte, gioie e dolori; anche quando ci saranno momenti difficili non starò a pensare a tutte le rinunce fatte, ma alla gioia del nostro amore. La nostra paura può essere quella di sbagliare, di perdere la vita perché la proposta di Gesù o la vita con quella donna, quell’uomo non è immediatamente verificabile; questa è la fede e questo è il matrimonio!
In entrambe le parabole si sottolinea la fretta, viene messa in luce l’urgenza della scelta da fare; chi ha scoperto il tesoro deve decidersi: o lo prende o lo lascia! Chi scopre Cristo deve decidersi subito perché è un’opportunità che se persa potrebbe non ripresentarsi e potresti ritrovarti ad aver sprecato la tua unica vita.
L’ultima parabola che viene presentata oggi è la parabola della rete gettata nel mare: è una scena di vita quotidiana che Gesù aveva visto molte volte nei suoi anni trascorsi a Cafarnao, quando dopo aver gettato e trascinato le reti a riva i pescatori si preparavano alla separazione dei pesci buoni posti nei canestri da quelli cattivi che venivano gettati via. Ad una prima lettura mi pare difficile individuare il vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio sulla mia vita, si coglie soltanto il giudizio finale di Dio con i cattivi mandati all’inferno ed i buoni in paradiso. Francamente non mi resterebbe che commentare come fece un alunno del maestro D’Orta riguardo alla parabola del giudizio universale di Mt 25: “io speriamo che me la cavo!”. Credo che una lettura più corretta sia quella che non vede gli uomini come quei pesci tratti a riva, ma ogni singolo uomo come la rete. Io non sono quindi uno di quei pesci, ma la mia vita è quella rete con tutti quei pesci: la mia parte buona è quella che compare quando accolgo la proposta di “uomo bello”, di uomo secondo il vangelo fatta da Cristo; vi è poi una parte di me meno bella quando non accolgo questa proposta per adeguarmi alle proposte di questo mondo ripiegandomi sull’egoismo. Esistono quindi due Claudio quello buono e quello cattivo ed alla fine del mio tempo e dei tempi non sarà possibile mandare nella casa del Padre tutte e due i Claudio così come all’inferno non potrà entrare ciò che di me è buono.
Ecco la bella notizia: ciò che in me non è buono verrà bruciato, purificato dall’incontro con l’amore misericordioso, incondizionato ed infinito di Dio; certo se la parte cattiva si sarà sviluppata a discapito di quella buona rimasta ancora in germe, allora sì sarà pianto e stridore di denti non perché saremo cacciati all’inferno, ma perché non è cresciuto il figlio di Dio che è nel cuore di ogni uomo e donna ed apparirà come la vita sia stata sprecata, ma, ne sono certo, sarà l’amore del Padre a consolare questi suoi figli dal dolore di vedere tanta parte della vita gettata nella Geenna, l’immondezzaio. D’altra parte nel regno del Padre entrerà il buono, la persona bella presente in ciascuno di noi e sarà gioia piena!
Le prime due parabole di oggi sono, direi, gemelle perché hanno diverse caratteristiche in comune con alcune differenze, mentre la terza merita una riflessione a parte.
Gesù presenta il regno dei cieli come un tesoro nascosto in un campo e una perla preziosa che due uomini trovano e che fanno di tutto per entrarne in possesso: nel primo caso il protagonista è un contadino che casualmente e fortunatamente trova un tesoro, mentre nella seconda il mercante va alla ricerca di quella perla preziosa fino a trovarla. In questi racconti troviamo l’esperienza dell’incontro con Gesù che può avvenire casualmente, per qualche circostanza fortunata oppure essere il meritato traguardo di una ricerca di senso e di pienezza. Quante persone lontane dalla fede ho visto ritornare alla casa del Padre in occasione del catechismo dei figli per la preparazione ai sacramenti, o per la partecipazione casuale ad un incontro di catechesi o solo per il fatto di aver aperto il proprio cuore ad un collega di lavoro ed aver scoperto in questo modo che lassù Qualcuno ci ama. Quante volte invece ho visto persone vivere momenti di ricerca di senso culminati poi con l’incontro con Colui che solo può dare risposta alla nostra inquietudine (“Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Sant’Agostino))
Non importa il modo Dio conosce il nostro cuore e sa quali sono gli agganci giusti per prenderci nella sua rete d’amore: ad esempio ricordo ancora quel 4 ottobre 1979, mi pare fosse un giovedì, quando bussò alla porta di casa mia un ragazzo e mi propose di andare a giocare a pallone in parrocchia, probabilmente fu un suggerimento dello Spirito perché il Signore forse sapeva che non mi interessava la Chiesa anche se i miei genitori mi accompagnavano a messa ogni domenica, ma mi piaceva giocare a pallone.
Comunque sia la fede è la scoperta di un tesoro da non perdere, è innamorarsi di Dio, della sua proposta di umanità nuova, di una vita spesa per amore verso coloro che ogni giorno incontriamo; o la fede passerà dall’innamoramento all’amore oppure lentamente andrà spegnendosi.
Il tema centrale di queste due parabole rimane comunque la gioia dell’incontro con Cristo e qui mi piacerebbe riflettere su ciò che proponiamo come comunità cristiana riguardo al vangelo: troppe volte infatti si insiste sulla rinuncia a qualcosa per seguire Cristo. Questo è un modo sbagliato di proporre Cristo e il suo vangelo! Credo, infatti, che sia giunto il momento di smetterla di presentare il cristianesimo come la religione delle rinunce della tristezza e dei sacrifici in vista di una felicità posticipata nel paradiso; Gesù in queste parabole parla solo del guadagno, della gioia e se ci sono delle rinunce da fare vengono dopo come conseguenza della scelta fatta. Pensate alle scelte grandi ed impegnative della nostra vita, ciò che ci spinge è la gioia, la consapevolezza di aver compiuto una scelta fondamentale per la nostra vita e la nostra felicità, le rinunce vengono in seguito perché riconosco una priorità per cui se amo mia
moglie, la seguirò ovunque vada condividendo scelte, gioie e dolori; anche quando ci saranno momenti difficili non starò a pensare a tutte le rinunce fatte, ma alla gioia del nostro amore. La nostra paura può essere quella di sbagliare, di perdere la vita perché la proposta di Gesù o la vita con quella donna, quell’uomo non è immediatamente verificabile; questa è la fede e questo è il matrimonio!
In entrambe le parabole si sottolinea la fretta, viene messa in luce l’urgenza della scelta da fare; chi ha scoperto il tesoro deve decidersi: o lo prende o lo lascia! Chi scopre Cristo deve decidersi subito perché è un’opportunità che se persa potrebbe non ripresentarsi e potresti ritrovarti ad aver sprecato la tua unica vita.
L’ultima parabola che viene presentata oggi è la parabola della rete gettata nel mare: è una scena di vita quotidiana che Gesù aveva visto molte volte nei suoi anni trascorsi a Cafarnao, quando dopo aver gettato e trascinato le reti a riva i pescatori si preparavano alla separazione dei pesci buoni posti nei canestri da quelli cattivi che venivano gettati via. Ad una prima lettura mi pare difficile individuare il vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio sulla mia vita, si coglie soltanto il giudizio finale di Dio con i cattivi mandati all’inferno ed i buoni in paradiso. Francamente non mi resterebbe che commentare come fece un alunno del maestro D’Orta riguardo alla parabola del giudizio universale di Mt 25: “io speriamo che me la cavo!”. Credo che una lettura più corretta sia quella che non vede gli uomini come quei pesci tratti a riva, ma ogni singolo uomo come la rete. Io non sono quindi uno di quei pesci, ma la mia vita è quella rete con tutti quei pesci: la mia parte buona è quella che compare quando accolgo la proposta di “uomo bello”, di uomo secondo il vangelo fatta da Cristo; vi è poi una parte di me meno bella quando non accolgo questa proposta per adeguarmi alle proposte di questo mondo ripiegandomi sull’egoismo. Esistono quindi due Claudio quello buono e quello cattivo ed alla fine del mio tempo e dei tempi non sarà possibile mandare nella casa del Padre tutte e due i Claudio così come all’inferno non potrà entrare ciò che di me è buono.
Ecco la bella notizia: ciò che in me non è buono verrà bruciato, purificato dall’incontro con l’amore misericordioso, incondizionato ed infinito di Dio; certo se la parte cattiva si sarà sviluppata a discapito di quella buona rimasta ancora in germe, allora sì sarà pianto e stridore di denti non perché saremo cacciati all’inferno, ma perché non è cresciuto il figlio di Dio che è nel cuore di ogni uomo e donna ed apparirà come la vita sia stata sprecata, ma, ne sono certo, sarà l’amore del Padre a consolare questi suoi figli dal dolore di vedere tanta parte della vita gettata nella Geenna, l’immondezzaio. D’altra parte nel regno del Padre entrerà il buono, la persona bella presente in ciascuno di noi e sarà gioia piena!
Commento 30 luglio 2017
Si conclude oggi la lettura del capitolo 13 del vangelo di Matteo, un capitolo centrale nel quale l’evangelista raccoglie in un unico discorso 7 parabole di Gesù sul “regno dei cieli”, che non è una realtà lontana nel tempo e nello spazio, ma il progetto concreto di Dio per la vita dell’uomo, di ogni uomo.
Le prime due parabole di oggi sono, direi, gemelle perché hanno diverse caratteristiche in comune, anche se presentano alcune differenze: due uomini trovano qualcosa di enormemente prezioso e fanno tutto ciò che è nelle loro possibilità per ottenerlo.
Innanzitutto diverse sono le modalità in cui questi tesori preziosi vengono trovati: se per il contadino la scoperta è casuale mentre attraversava un campo non di sua proprietà, per il mercante è frutto di una accurata ricerca da intenditore appassionato e determinato nel realizzare il suo sogno. Incontrare Cristo è una casualità fortunata o frutto di un percorso spirituale intenso? Sono modalità diverse che sembrano addirittura contraddirsi, ma sono anche segno della forza liberante del vangelo, poiché l’incontro con Dio non entra nelle statistiche dei sondaggi d’opinione. Non importa che io arrivi a Cristo per caso o dopo un lungo percorso spirituale ciò che è fondamentale è che io possa riconoscere in Cristo il mio tesoro, la mia perla preziosa.
Tesoro e perla: nomi bellissimi che Gesù sceglie per dire la rivoluzione felice portata nella vita dal Vangelo. La fede è una forza vitale che ti cambia la vita e la fa danzare di gioia. Questo è il cuore della parabola: è la gioia che spinge il contadino a vendere tutto per comprare quel terreno, è la gioia che spinge il mercante a cercare in ogni angolo del mondo per trovare quella sola perla che può soddisfare il suo desiderio di bellezza, è la gioia che ci porta sulle tracce del Dio di Gesù: la Chiesa troppe volte ha una visione triste, piangente della fede, invece il motore che deve muovere il discepolo è la gioia. Alla luce della gioia tutto cambia e non è tanto importante ciò che si lascia, quanto quello che si trova.
Smettiamola di presentare il cristianesimo come la religione della rinuncia e della tristezza, della sofferenza sopportata in questo mondo per poi ottenere la felicità nell’al di là: chi è innamorato non rinuncia a nulla, ma cerca la gioia del rimanere alla presenza dell’amato. Le rinunce sono la conseguenza della scelta fatta e sono in funzione della gioia che si ottiene nell’aver scoperto il tesoro della propria vita. Questa è la gioia che nasce dalla consapevolezza di essere amati come mai ci saremo immaginati di esserlo.
Un’ultima riflessione: “Tesoro”, “gioia” non sono anche parole che spesso si scambiano gli innamorati? Ecco allora la conseguenza: se trovo la mia gioia, il mio tesoro io non posso più staccarmene come un innamorato non si vorrebbe mai staccare dalla persona amata essendo disposto anche a lasciare tutto per non perdere quello che oramai è il centro della sua vita. Ecco perché sempre più spesso mi piace definirmi non più e non soltanto un credente in Cristo, ma un innamorato del Dio di Gesù Cristo.
Scrive Ronchi riguardo queste parabole: “Mi piace accostare a queste parabole un episodio accaduto a uno studente di teologia, all'esame di pastorale. L'ultima domanda del professore lo spiazza: «come spiegheresti a un bambino di sei anni (ma io aggiungerei a un ragazzo, a un uomo) perché tu vai dietro a Cristo e al Vangelo?». Lo studente cerca risposte nell'alta teologia, usa paroloni, cita documenti, ma capisce che si sta incartando. Alla fine il professore fa: «digli così: lo faccio per essere felice!». È la promessa ultima delle due parabole del tesoro e della perla, che fanno fiorire la vita. Anche in giorni disillusi come i nostri, il Vangelo osa annunciare tesori. Osa dire che l'esito della storia sarà buono, comunque buono, nonostante tutto buono. Perché Qualcuno prepara tesori per noi, semina perle nel mare dell'esistenza”.
Certi dell’infinito amore e tenerezza di Dio, possiamo riprendere il nostro cammino alla ricerca del tesoro della nostra vita.
Le prime due parabole di oggi sono, direi, gemelle perché hanno diverse caratteristiche in comune, anche se presentano alcune differenze: due uomini trovano qualcosa di enormemente prezioso e fanno tutto ciò che è nelle loro possibilità per ottenerlo.
Innanzitutto diverse sono le modalità in cui questi tesori preziosi vengono trovati: se per il contadino la scoperta è casuale mentre attraversava un campo non di sua proprietà, per il mercante è frutto di una accurata ricerca da intenditore appassionato e determinato nel realizzare il suo sogno. Incontrare Cristo è una casualità fortunata o frutto di un percorso spirituale intenso? Sono modalità diverse che sembrano addirittura contraddirsi, ma sono anche segno della forza liberante del vangelo, poiché l’incontro con Dio non entra nelle statistiche dei sondaggi d’opinione. Non importa che io arrivi a Cristo per caso o dopo un lungo percorso spirituale ciò che è fondamentale è che io possa riconoscere in Cristo il mio tesoro, la mia perla preziosa.
Tesoro e perla: nomi bellissimi che Gesù sceglie per dire la rivoluzione felice portata nella vita dal Vangelo. La fede è una forza vitale che ti cambia la vita e la fa danzare di gioia. Questo è il cuore della parabola: è la gioia che spinge il contadino a vendere tutto per comprare quel terreno, è la gioia che spinge il mercante a cercare in ogni angolo del mondo per trovare quella sola perla che può soddisfare il suo desiderio di bellezza, è la gioia che ci porta sulle tracce del Dio di Gesù: la Chiesa troppe volte ha una visione triste, piangente della fede, invece il motore che deve muovere il discepolo è la gioia. Alla luce della gioia tutto cambia e non è tanto importante ciò che si lascia, quanto quello che si trova.
Smettiamola di presentare il cristianesimo come la religione della rinuncia e della tristezza, della sofferenza sopportata in questo mondo per poi ottenere la felicità nell’al di là: chi è innamorato non rinuncia a nulla, ma cerca la gioia del rimanere alla presenza dell’amato. Le rinunce sono la conseguenza della scelta fatta e sono in funzione della gioia che si ottiene nell’aver scoperto il tesoro della propria vita. Questa è la gioia che nasce dalla consapevolezza di essere amati come mai ci saremo immaginati di esserlo.
Un’ultima riflessione: “Tesoro”, “gioia” non sono anche parole che spesso si scambiano gli innamorati? Ecco allora la conseguenza: se trovo la mia gioia, il mio tesoro io non posso più staccarmene come un innamorato non si vorrebbe mai staccare dalla persona amata essendo disposto anche a lasciare tutto per non perdere quello che oramai è il centro della sua vita. Ecco perché sempre più spesso mi piace definirmi non più e non soltanto un credente in Cristo, ma un innamorato del Dio di Gesù Cristo.
Scrive Ronchi riguardo queste parabole: “Mi piace accostare a queste parabole un episodio accaduto a uno studente di teologia, all'esame di pastorale. L'ultima domanda del professore lo spiazza: «come spiegheresti a un bambino di sei anni (ma io aggiungerei a un ragazzo, a un uomo) perché tu vai dietro a Cristo e al Vangelo?». Lo studente cerca risposte nell'alta teologia, usa paroloni, cita documenti, ma capisce che si sta incartando. Alla fine il professore fa: «digli così: lo faccio per essere felice!». È la promessa ultima delle due parabole del tesoro e della perla, che fanno fiorire la vita. Anche in giorni disillusi come i nostri, il Vangelo osa annunciare tesori. Osa dire che l'esito della storia sarà buono, comunque buono, nonostante tutto buono. Perché Qualcuno prepara tesori per noi, semina perle nel mare dell'esistenza”.
Certi dell’infinito amore e tenerezza di Dio, possiamo riprendere il nostro cammino alla ricerca del tesoro della nostra vita.