Terza domenica di quaresima Anno B
Vangelo Gv 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Vangelo Gv 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Commento 3 marzo 2024
Certamente di fronte ad un vangelo del genere possiamo provare un certo imbarazzo; questo testo, infatti ci presenta un Gesù furioso, in preda ad uno scoppio d’ira quasi violenta, un Gesù che, entrato nel Tempio, alla vista dei mercanti e dei cambiavalute, costruisce una frusta per cacciare fuori dal tempio gli animali per i sacrifici, un Gesù che prende a calci i tavoli dei cambiavalute rovesciando a terra tutte le monete, un Gesù che perde le staffe e dà di matto, tanto che possiamo rimanerne impressionati e stupiti perché è un Gesù molto diverso non solo da quelle immagini sdolcinate da Sacro Cuore che ritroviamo nelle nostre chiese, ma anche da tante immagini insipide di Gesù che forse ci siamo costruiti nelle nostre menti.
Si rimane allibiti, sconcertati e chi se lo poteva immaginare che il nostro Dio, amore incondizionato e misericordia infinita, potesse essere capace di fare piazzate del genere? Non ci posso credere. E se quel gesto non fosse dettato dalla rabbia, ma da quella furia d’amore capace di prendere un innamorato non tanto e non solo quando si sente tradito ma soprattutto quando in cuore gli monta la delusione perché l’amato non ha ancora capito nulla del suo amore? Forse è proprio così, quel gesto infiammato dallo zelo (Cfr. Sal 69) e carico di profezia urla alla nostra vita e al nostro cuore: “Non fate della casa del Padre mio una casa di mercato!” Un urlo d’amore, quasi disperato verso chi, da noi amato, sta prendendo una via sbagliata che porterà la sua vita alla rovina.
Possiamo leggere questa frase in due modi: non fare mercato della fede e non fare del mercato la tua religione.
“Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio…. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso…. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei…. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, …” (Is 1,11-16); con queste parole il profeta Isaia si era scagliato contro quanti vivevano una fede fatta di soli riti senza un coinvolgimento del cuore, richiamando il popolo ad un nuovo rapporto con Dio che passava non più attraverso il mercato dei sacrifici ma lungo le vie più impervie e meravigliose delle opere di misericordia nell’amore condiviso con il prossimo e soprattutto verso i poveri e i bisognosi.
Proprio per tutto questo credo sia necessaria una riflessione circa il rapporto troppe volte stretto fino al limite di diventare soffocante e mortale tra religione e potere, tra religione e denaro. Non sono qua, certo, a fare il moralista, tantomeno a giudicare altri senza guardare in primo luogo a me stesso, ma certamente vedere alcuni o tanti, comunque troppi cristiani e uomini di Chiesa legati al denaro e al potere crea scandalo da parte di chi dovrebbe vivere ed annunciare il vangelo nell’essenzialità e nella semplicità. Gesù è stato chiaro, il discepolo, ma anche ogni uomo e donna, deve fare una scelta: o Dio, o Mammonà! Non è possibile tenerli insieme o amerai uno e odierai l’altro, o servirai il primo o il secondo (Cfr, Mt 6,24; Lc 16,13).
D’altra parte è necessario ricordare come il mercato nel tempio fosse funzionale al culto: si vendevano animali per i sacrifici e venivano cambiate le monete romane con valuta del tempio, priva di immagini pagane. Non è quindi possibile ridurre quel gesto alla sola critica della commistione tra religione e denaro, tra religione e potere; quel gesto chiede una conversione nel nostro modo di vivere il rapporto con Dio! Troppe volte la religione tende a ridurre il rapporto con Dio ai termini economici del baratto (preghiere, opere buone, fioretti quaresimali,...) per ottenere favori e premi da Dio. Questo sentimento religioso è un abominio, deve sparire, è cacciato da Gesù fuori dal tempio, poiché con Dio non c’è un rapporto “do ut des”, fondato su uno scambio dove al sacrificio corrisponde una benedizione che si concretizza nella salute, nel benessere e in un certo successo nella vita personale. Quanti di noi, purtroppo, vivono ancora nella convinzione pagana che dobbiamo meritare, conquistare l’amore di Dio; quanti vivono questo momento di quaresima solo come una lotta contro il male e non anche e soprattutto come palestra per prepararsi, certamente tra sacrifici e fioretti, alle meravigliose quotidiane olimpiadi dell’amore!
In questo nostro esodo quaresimale siamo invitati a purificare la nostra idea di Dio; dobbiamo riconoscere che siamo ancora un popolo dalla “dura cervice”, così testardamente arroccati nella nostra idea blasfema di un Dio che “chiede” da non accorgerci della stupenda novità di un Dio che invece “dona” e dona tutto sé stesso per amore nostro!
Dio non si compra e non si vende perché ha un cuore di mamma: Dio è “gratis”, teologicamente parlando, è “grazia”, Dio non è Qualcuno da blandire, da sedurre, da manipolare, ma un Padre che attende alla finestra il ritorno del figlio che liberamente se ne era andato e che ora in ogni momento liberamente può tornare a casa (Cfr. Lc 15,11-31). In questo senso va anche riletta la prima lettura: il decalogo non è un codice di diritto civile o penale da rispettare per meritare i doni di Dio, ma è dono stesso di Dio, parole di liberazione e libertà che chiamano l’uomo a quell’unico cammino d’amore che dà senso alla vita.
A questo punto acquistano senso le parole di Gesù: occorre distruggere (meglio il verbo greco parla di sciogliere, lasciar andare, lasciar perdere) il tempio, luogo ormai di una relazione esclusivamente commerciale con Dio, perché possa essere ricostruito il santuario vero, quello del corpo di Cristo, luogo della presenza e dell’incontro con Dio dove ognuno può entrare in comunione con Lui.
Ecco che ora per noi cristiani non c’è più un tempio, ma solo il santuario di Dio, ovvero Cristo e con Lui tutti coloro che hanno accolto il suo messaggio. “La sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Eb 3,6), sono tutti gli uomini e le donne che vivono nel mondo la logica del dono e dell’amore. Così, mentre il tempio di Gerusalemme era tutto un susseguirsi di barriere che impedivano alle persone di entrare, ora nel santuario di Dio non vi sono più barriere e tutta l’umanità può correre incontro al suo Signore in un immenso abbraccio di infinita tenerezza.
Che questa quaresima ci apra ad una più vera relazione con Dio, poiché egli non cerca servi obbedienti, ma figli da amare. Solo questo nuovo rapporto con Dio ci consentirà di vivere la nostra vita per amore verso il Padre e verso una umanità nuova fatta di fratelli e sorelle da cui nessuno sarà più escluso.
Si rimane allibiti, sconcertati e chi se lo poteva immaginare che il nostro Dio, amore incondizionato e misericordia infinita, potesse essere capace di fare piazzate del genere? Non ci posso credere. E se quel gesto non fosse dettato dalla rabbia, ma da quella furia d’amore capace di prendere un innamorato non tanto e non solo quando si sente tradito ma soprattutto quando in cuore gli monta la delusione perché l’amato non ha ancora capito nulla del suo amore? Forse è proprio così, quel gesto infiammato dallo zelo (Cfr. Sal 69) e carico di profezia urla alla nostra vita e al nostro cuore: “Non fate della casa del Padre mio una casa di mercato!” Un urlo d’amore, quasi disperato verso chi, da noi amato, sta prendendo una via sbagliata che porterà la sua vita alla rovina.
Possiamo leggere questa frase in due modi: non fare mercato della fede e non fare del mercato la tua religione.
“Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio…. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso…. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei…. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, …” (Is 1,11-16); con queste parole il profeta Isaia si era scagliato contro quanti vivevano una fede fatta di soli riti senza un coinvolgimento del cuore, richiamando il popolo ad un nuovo rapporto con Dio che passava non più attraverso il mercato dei sacrifici ma lungo le vie più impervie e meravigliose delle opere di misericordia nell’amore condiviso con il prossimo e soprattutto verso i poveri e i bisognosi.
Proprio per tutto questo credo sia necessaria una riflessione circa il rapporto troppe volte stretto fino al limite di diventare soffocante e mortale tra religione e potere, tra religione e denaro. Non sono qua, certo, a fare il moralista, tantomeno a giudicare altri senza guardare in primo luogo a me stesso, ma certamente vedere alcuni o tanti, comunque troppi cristiani e uomini di Chiesa legati al denaro e al potere crea scandalo da parte di chi dovrebbe vivere ed annunciare il vangelo nell’essenzialità e nella semplicità. Gesù è stato chiaro, il discepolo, ma anche ogni uomo e donna, deve fare una scelta: o Dio, o Mammonà! Non è possibile tenerli insieme o amerai uno e odierai l’altro, o servirai il primo o il secondo (Cfr, Mt 6,24; Lc 16,13).
D’altra parte è necessario ricordare come il mercato nel tempio fosse funzionale al culto: si vendevano animali per i sacrifici e venivano cambiate le monete romane con valuta del tempio, priva di immagini pagane. Non è quindi possibile ridurre quel gesto alla sola critica della commistione tra religione e denaro, tra religione e potere; quel gesto chiede una conversione nel nostro modo di vivere il rapporto con Dio! Troppe volte la religione tende a ridurre il rapporto con Dio ai termini economici del baratto (preghiere, opere buone, fioretti quaresimali,...) per ottenere favori e premi da Dio. Questo sentimento religioso è un abominio, deve sparire, è cacciato da Gesù fuori dal tempio, poiché con Dio non c’è un rapporto “do ut des”, fondato su uno scambio dove al sacrificio corrisponde una benedizione che si concretizza nella salute, nel benessere e in un certo successo nella vita personale. Quanti di noi, purtroppo, vivono ancora nella convinzione pagana che dobbiamo meritare, conquistare l’amore di Dio; quanti vivono questo momento di quaresima solo come una lotta contro il male e non anche e soprattutto come palestra per prepararsi, certamente tra sacrifici e fioretti, alle meravigliose quotidiane olimpiadi dell’amore!
In questo nostro esodo quaresimale siamo invitati a purificare la nostra idea di Dio; dobbiamo riconoscere che siamo ancora un popolo dalla “dura cervice”, così testardamente arroccati nella nostra idea blasfema di un Dio che “chiede” da non accorgerci della stupenda novità di un Dio che invece “dona” e dona tutto sé stesso per amore nostro!
Dio non si compra e non si vende perché ha un cuore di mamma: Dio è “gratis”, teologicamente parlando, è “grazia”, Dio non è Qualcuno da blandire, da sedurre, da manipolare, ma un Padre che attende alla finestra il ritorno del figlio che liberamente se ne era andato e che ora in ogni momento liberamente può tornare a casa (Cfr. Lc 15,11-31). In questo senso va anche riletta la prima lettura: il decalogo non è un codice di diritto civile o penale da rispettare per meritare i doni di Dio, ma è dono stesso di Dio, parole di liberazione e libertà che chiamano l’uomo a quell’unico cammino d’amore che dà senso alla vita.
A questo punto acquistano senso le parole di Gesù: occorre distruggere (meglio il verbo greco parla di sciogliere, lasciar andare, lasciar perdere) il tempio, luogo ormai di una relazione esclusivamente commerciale con Dio, perché possa essere ricostruito il santuario vero, quello del corpo di Cristo, luogo della presenza e dell’incontro con Dio dove ognuno può entrare in comunione con Lui.
Ecco che ora per noi cristiani non c’è più un tempio, ma solo il santuario di Dio, ovvero Cristo e con Lui tutti coloro che hanno accolto il suo messaggio. “La sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Eb 3,6), sono tutti gli uomini e le donne che vivono nel mondo la logica del dono e dell’amore. Così, mentre il tempio di Gerusalemme era tutto un susseguirsi di barriere che impedivano alle persone di entrare, ora nel santuario di Dio non vi sono più barriere e tutta l’umanità può correre incontro al suo Signore in un immenso abbraccio di infinita tenerezza.
Che questa quaresima ci apra ad una più vera relazione con Dio, poiché egli non cerca servi obbedienti, ma figli da amare. Solo questo nuovo rapporto con Dio ci consentirà di vivere la nostra vita per amore verso il Padre e verso una umanità nuova fatta di fratelli e sorelle da cui nessuno sarà più escluso.
Commento 7 marzo 2021
Il testo del vangelo di oggi suscita un certo imbarazzo, ci presenta un Gesù arrabbiato, furioso, un Gesù che, entrato nel Tempio, alla vista dei mercanti e dei cambiavalute, costruisce una sferza per cacciare fuori dal tempio gli animali per i sacrifici, un Gesù che prende a calci i tavoli dei cambiavalute rovesciando a terra tutte le monete; è un Gesù che perde le staffe e dà di matto, tanto che possiamo rimanerne impressionati e stupiti perché è un Gesù molto diverso non solo da quelle immagini sdolcinate da Sacro Cuore che ritroviamo nelle nostre chiese, ma anche da tante immagini insipide di Gesù che forse ci siamo costruiti nelle nostre menti.
Si rimane allibiti e chi se lo poteva immaginare che il nostro Dio che è amore incondizionato, che è misericordia infinita, potesse essere capace di mattane del genere? Dopo momenti di sconcerto sono giunto alla conclusione che quel gesto non fosse dettato dalla rabbia, ma da quella furia d’amore capace di prendere un innamorato non tanto e non solo quando si sente tradito ma soprattutto quando in cuore gli monta la delusione perché l’amato non ha ancora capito nulla del suo amore. Quel gesto infiammato dallo zelo (Cfr. Sal 69) e carico di profezia urla alla nostra vita e al nostro cuore: “Non fate della casa del Padre mio una casa di mercato!”
Mi pare che il messaggio che ci viene proposto oggi sia: non fare mercato della fede e non fare del mercato la tua religione
“…Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio…. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso…. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei…. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, …” (Is 1,11-16). Così scrivevano i profeti, scagliandosi contro un certo sentimento religioso e richiamando il popolo ad un nuovo rapporto con Dio che passava non più attraverso il mercato dei sacrifici ma lungo le vie più impervie e meravigliose delle opere di misericordia nell’amore condiviso con il prossimo e soprattutto verso i poveri e i bisognosi.
Innanzitutto è necessaria una riflessione circa il rapporto troppe volte stretto tra religione e potere, tra religione e denaro. Non sono qua a fare il moralista, tantomeno a giudicare altri senza guardare in primo luogo a me stesso, ma certamente vedere alcuni o tanti, comunque troppi cristiani e uomini di Chiesa legati al denaro e al potere crea scandalo da parte di chi dovrebbe vivere ed annunciare il vangelo nell’essenzialità e nella semplicità. Gesù è stato chiaro, il discepolo, ma anche ogni uomo e donna, deve fare una scelta: o Dio, o Mammonà! Non è possibile tenerli insieme o amerai uno e odierai l’altro, o servirai il primo o il secondo (Cfr, Mt 6,24; Lc 16,13)
D’altra parte è meglio ricordare subito che tale mercato era funzionale al culto del tempio: si vendevano animali per i sacrifici e venivano cambiate le monete romane con valuta del tempio, priva di immagini pagane. Non è quindi possibile ridurre quel gesto alla sola critica della commistione tra religione e denaro, tra religione e potere; quel gesto ci chiede una conversione nel nostro modo di vivere il rapporto con Dio: troppe volte la religione tende a ridurre il rapporto con Dio ai termini economici del baratto (preghiere, opere buone, fioretti quaresimali,...) per ottenere favori e premi da Dio. Questo sentimento religioso deve sparire, è cacciato da Gesù fuori dal tempio, poiché con il Dio di Gesù non c’è un rapporto “do ut des”, fondato su uno scambio dove al sacrificio corrisponde una benedizione che si concretizza nella salute, nel benessere e in un certo successo nella vita personale.
Quanti di noi vivono ancora nella convinzione pagana che dobbiamo meritare, conquistare l’amore di Dio; quanti vivono questo momento di quaresima come una lotta contro il male e non come la palestra per prepararsi, certamente tra sacrifici e fioretti, alle meravigliose quotidiane olimpiadi dell’amore!
In questo nostro esodo quaresimale siamo invitati a purificare la nostra religiosità, meglio la nostra idea di Dio; dobbiamo riconoscere che siamo ancora un popolo dalla dura cervice, così testardamente arroccati nella nostra idea blasfema di un Dio che “chiede” da non accorgerci della stupenda novità di un Dio che invece “dona” e dona tutto sé stesso per amore nostro!
Dio non si compra e non si vende perché ha un cuore di mamma: Dio è “gratis”, teologicamente parlando, è “grazia”, Dio non è Qualcuno da blandire, da sedurre, da manipolare, ma un Padre che attende alla finestra il ritorno del figlio che liberamente se ne era andato e che ora in ogni momento liberamente può tornare a casa (Cfr. Lc 15,11-31).
In questo senso va anche riletta la prima lettura: il decalogo non è un codice di diritto civile o penale da rispettare per meritare i doni di Dio, ma è dono stesso di Dio, parole di liberazione e libertà che chiamano l’uomo a quell’unico cammino d’amore che dà senso alla vita.
A questo punto acquistano senso le parole di Gesù: occorre distruggere (meglio il verbo greco parla di sciogliere, lasciar andare, lasciar perdere) il tempio, luogo ormai di una relazione esclusivamente commerciale con Dio, perché possa essere ricostruito il santuario vero, quello del corpo di Cristo, luogo della presenza e dell’incontro con Dio dove ognuno può entrare in comunione con Lui.
Ecco che ora per noi cristiani non c’è più un tempio, ma il santuario di Dio è Cristo e con Lui tutti coloro che hanno accolto il suo messaggio e vivono nel suo Spirito: “la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Eb 3,6); la sua casa sono tutti gli uomini e le donne che vivono nel mondo la logica del dono e dell’amore.
Mentre il tempio di Gerusalemme era tutto un susseguirsi di barriere che impedivano alle persone di entrare, ora nel santuario di Dio, che è Cristo, non vi sono più barriere e tutta l’umanità può correre incontro al suo Dio in un immenso abbraccio di infinita tenerezza.
Che questa quaresima ci apra ad una più vera relazione con Dio: egli non cerca servi, ma figli da amare. Solo questo nuovo rapporto con Dio ci consentirà di vivere la nostra vita per amore verso il Padre e verso una umanità nuova fatta di fratelli e sorelle da cui nessuno sarà più escluso.
Si rimane allibiti e chi se lo poteva immaginare che il nostro Dio che è amore incondizionato, che è misericordia infinita, potesse essere capace di mattane del genere? Dopo momenti di sconcerto sono giunto alla conclusione che quel gesto non fosse dettato dalla rabbia, ma da quella furia d’amore capace di prendere un innamorato non tanto e non solo quando si sente tradito ma soprattutto quando in cuore gli monta la delusione perché l’amato non ha ancora capito nulla del suo amore. Quel gesto infiammato dallo zelo (Cfr. Sal 69) e carico di profezia urla alla nostra vita e al nostro cuore: “Non fate della casa del Padre mio una casa di mercato!”
Mi pare che il messaggio che ci viene proposto oggi sia: non fare mercato della fede e non fare del mercato la tua religione
“…Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio…. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso…. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei…. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, …” (Is 1,11-16). Così scrivevano i profeti, scagliandosi contro un certo sentimento religioso e richiamando il popolo ad un nuovo rapporto con Dio che passava non più attraverso il mercato dei sacrifici ma lungo le vie più impervie e meravigliose delle opere di misericordia nell’amore condiviso con il prossimo e soprattutto verso i poveri e i bisognosi.
Innanzitutto è necessaria una riflessione circa il rapporto troppe volte stretto tra religione e potere, tra religione e denaro. Non sono qua a fare il moralista, tantomeno a giudicare altri senza guardare in primo luogo a me stesso, ma certamente vedere alcuni o tanti, comunque troppi cristiani e uomini di Chiesa legati al denaro e al potere crea scandalo da parte di chi dovrebbe vivere ed annunciare il vangelo nell’essenzialità e nella semplicità. Gesù è stato chiaro, il discepolo, ma anche ogni uomo e donna, deve fare una scelta: o Dio, o Mammonà! Non è possibile tenerli insieme o amerai uno e odierai l’altro, o servirai il primo o il secondo (Cfr, Mt 6,24; Lc 16,13)
D’altra parte è meglio ricordare subito che tale mercato era funzionale al culto del tempio: si vendevano animali per i sacrifici e venivano cambiate le monete romane con valuta del tempio, priva di immagini pagane. Non è quindi possibile ridurre quel gesto alla sola critica della commistione tra religione e denaro, tra religione e potere; quel gesto ci chiede una conversione nel nostro modo di vivere il rapporto con Dio: troppe volte la religione tende a ridurre il rapporto con Dio ai termini economici del baratto (preghiere, opere buone, fioretti quaresimali,...) per ottenere favori e premi da Dio. Questo sentimento religioso deve sparire, è cacciato da Gesù fuori dal tempio, poiché con il Dio di Gesù non c’è un rapporto “do ut des”, fondato su uno scambio dove al sacrificio corrisponde una benedizione che si concretizza nella salute, nel benessere e in un certo successo nella vita personale.
Quanti di noi vivono ancora nella convinzione pagana che dobbiamo meritare, conquistare l’amore di Dio; quanti vivono questo momento di quaresima come una lotta contro il male e non come la palestra per prepararsi, certamente tra sacrifici e fioretti, alle meravigliose quotidiane olimpiadi dell’amore!
In questo nostro esodo quaresimale siamo invitati a purificare la nostra religiosità, meglio la nostra idea di Dio; dobbiamo riconoscere che siamo ancora un popolo dalla dura cervice, così testardamente arroccati nella nostra idea blasfema di un Dio che “chiede” da non accorgerci della stupenda novità di un Dio che invece “dona” e dona tutto sé stesso per amore nostro!
Dio non si compra e non si vende perché ha un cuore di mamma: Dio è “gratis”, teologicamente parlando, è “grazia”, Dio non è Qualcuno da blandire, da sedurre, da manipolare, ma un Padre che attende alla finestra il ritorno del figlio che liberamente se ne era andato e che ora in ogni momento liberamente può tornare a casa (Cfr. Lc 15,11-31).
In questo senso va anche riletta la prima lettura: il decalogo non è un codice di diritto civile o penale da rispettare per meritare i doni di Dio, ma è dono stesso di Dio, parole di liberazione e libertà che chiamano l’uomo a quell’unico cammino d’amore che dà senso alla vita.
A questo punto acquistano senso le parole di Gesù: occorre distruggere (meglio il verbo greco parla di sciogliere, lasciar andare, lasciar perdere) il tempio, luogo ormai di una relazione esclusivamente commerciale con Dio, perché possa essere ricostruito il santuario vero, quello del corpo di Cristo, luogo della presenza e dell’incontro con Dio dove ognuno può entrare in comunione con Lui.
Ecco che ora per noi cristiani non c’è più un tempio, ma il santuario di Dio è Cristo e con Lui tutti coloro che hanno accolto il suo messaggio e vivono nel suo Spirito: “la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Eb 3,6); la sua casa sono tutti gli uomini e le donne che vivono nel mondo la logica del dono e dell’amore.
Mentre il tempio di Gerusalemme era tutto un susseguirsi di barriere che impedivano alle persone di entrare, ora nel santuario di Dio, che è Cristo, non vi sono più barriere e tutta l’umanità può correre incontro al suo Dio in un immenso abbraccio di infinita tenerezza.
Che questa quaresima ci apra ad una più vera relazione con Dio: egli non cerca servi, ma figli da amare. Solo questo nuovo rapporto con Dio ci consentirà di vivere la nostra vita per amore verso il Padre e verso una umanità nuova fatta di fratelli e sorelle da cui nessuno sarà più escluso.
Commento 4 marzo 2018
Il vangelo di questa domenica ci presenta un Gesù diverso, un Gesù arrabbiato, furioso, un Gesù che, entrato nel Tempio, alla vista dei mercanti e dei cambiavalute perde le staffe e dà di matto, tanto che possiamo rimanerne impressionati e stupiti. Un gesto infiammato, carico di profezia, che ci ricorda: non fate della casa del Padre mio una casa di mercato; insomma non fare del mercato la tua religione e non fare mercato della fede. Pertanto è centrale in questo brano e nel nostro cammino quaresimale purificare la nostra religiosità, meglio la nostra idea di Dio, poiché senza eliminare dai nostri cuori tutte le idee sbagliate di Dio, non potremo cogliere la meravigliosa sorpresa della Pasqua: Dio dona la sua vita per amore nostro!
È meglio ricordare subito che tale mercato era funzionale al culto del tempio: si vendevano animali per i sacrifici e venivano cambiate le monete romane con valuta del tempio, priva di immagini pagane e già i profeti si erano scagliati contro un modo commerciale di rapportarsi con Dio (Zac 14,21; Ml 3,1-3), mentre qui la condanna di Gesù diventa proposta di un nuovo rapporto con Dio. Questo discorso è molto attuale perché troppe volte la religione tende a ridurre il rapporto con Dio a termini di scambio (preghiere, opere buone, sacrifici,...) per ottenere favori e premi da Dio. Questo sentimento religioso deve sparire, è scacciato fuori dal tempio, poiché con il Dio di Gesù non c’è un rapporto “do ut des”, fondato su uno scambio dove al sacrificio corrisponde una benedizione che si concretizza nella salute, nel benessere e in un certo successo nella vita personale.
Dio cerca con l’umanità un rapporto di libera gratuità, un rapporto d’amore; allora Dio non è Qualcuno da blandire, da sedurre, da manipolare, ma un Padre. Dio non si compra e non si vende: Dio è “gratis”, teologicamente parlando, è “grazia”. In questo senso va anche riletta la prima lettura: il decalogo non è un codice di diritto civile o penale da rispettare per meritare i doni di Dio, ma è dono stesso di Dio, parole di liberazione e libertà che chiamano l’uomo a quell’unico cammino d’amore che dà senso alla vita. A questo punto mi sembra si possa cogliere meglio il senso delle parole di Gesù: occorre distruggere il tempio, luogo ormai di una relazione esclusivamente commerciale con Dio, perché possa essere ricostruito il tempio vero, quello del corpo di Cristo, come nota l’evangelista, luogo della presenza e dell’incontro con Dio dove ognuno può entrare in comunione con Lui.
Ora per noi cristiani non c’è più un tempio, ma come scrive E. Ronchi: “Tempio di Dio è l’uomo; uomini e donne che custodiscono nel mondo il fuoco della speranza e della libertà, la logica del dono, l’atto materno del dare”.
Il nuovo santuario è Cristo con tutti coloro che hanno accolto il suo messaggio e vivono nel suo Spirito, cioè secondo la logica dell’amore. È un santuario questo che accoglie tutti; il tempio di Gerusalemme era tutto un susseguirsi di barriere che impedivano alle persone di entrare: una prima balaustra e cartelli minacciosi di morte impediva l’ingresso ai pagani, una seconda barriera fermava le donne, una terzo muro fermava i laici e lasciava entrare solo i sacerdoti ed infine l’ultima porta che consentiva l’ingresso al “Santo dei Santi” solo al sommo sacerdote. Gesù ha dato inizio al nuovo tempio della sua persona e della comunità dei suoi discepoli: in questo tempio non vi sono più barriere e tutta l’umanità può correre incontro al suo Dio in un immenso abbraccio di infinita tenerezza.
Allora conversione in questo cammino quaresimale vuol dire aprirci ad una più vera relazione con Dio: egli non cerca servi, ma figli da amare. Solo questo nuovo rapporto con Dio ci consentirà di vivere la nostra vita per amore verso il Padre e verso una umanità nuova fatta di fratelli e sorelle da cui nessuno sarà più escluso.
È meglio ricordare subito che tale mercato era funzionale al culto del tempio: si vendevano animali per i sacrifici e venivano cambiate le monete romane con valuta del tempio, priva di immagini pagane e già i profeti si erano scagliati contro un modo commerciale di rapportarsi con Dio (Zac 14,21; Ml 3,1-3), mentre qui la condanna di Gesù diventa proposta di un nuovo rapporto con Dio. Questo discorso è molto attuale perché troppe volte la religione tende a ridurre il rapporto con Dio a termini di scambio (preghiere, opere buone, sacrifici,...) per ottenere favori e premi da Dio. Questo sentimento religioso deve sparire, è scacciato fuori dal tempio, poiché con il Dio di Gesù non c’è un rapporto “do ut des”, fondato su uno scambio dove al sacrificio corrisponde una benedizione che si concretizza nella salute, nel benessere e in un certo successo nella vita personale.
Dio cerca con l’umanità un rapporto di libera gratuità, un rapporto d’amore; allora Dio non è Qualcuno da blandire, da sedurre, da manipolare, ma un Padre. Dio non si compra e non si vende: Dio è “gratis”, teologicamente parlando, è “grazia”. In questo senso va anche riletta la prima lettura: il decalogo non è un codice di diritto civile o penale da rispettare per meritare i doni di Dio, ma è dono stesso di Dio, parole di liberazione e libertà che chiamano l’uomo a quell’unico cammino d’amore che dà senso alla vita. A questo punto mi sembra si possa cogliere meglio il senso delle parole di Gesù: occorre distruggere il tempio, luogo ormai di una relazione esclusivamente commerciale con Dio, perché possa essere ricostruito il tempio vero, quello del corpo di Cristo, come nota l’evangelista, luogo della presenza e dell’incontro con Dio dove ognuno può entrare in comunione con Lui.
Ora per noi cristiani non c’è più un tempio, ma come scrive E. Ronchi: “Tempio di Dio è l’uomo; uomini e donne che custodiscono nel mondo il fuoco della speranza e della libertà, la logica del dono, l’atto materno del dare”.
Il nuovo santuario è Cristo con tutti coloro che hanno accolto il suo messaggio e vivono nel suo Spirito, cioè secondo la logica dell’amore. È un santuario questo che accoglie tutti; il tempio di Gerusalemme era tutto un susseguirsi di barriere che impedivano alle persone di entrare: una prima balaustra e cartelli minacciosi di morte impediva l’ingresso ai pagani, una seconda barriera fermava le donne, una terzo muro fermava i laici e lasciava entrare solo i sacerdoti ed infine l’ultima porta che consentiva l’ingresso al “Santo dei Santi” solo al sommo sacerdote. Gesù ha dato inizio al nuovo tempio della sua persona e della comunità dei suoi discepoli: in questo tempio non vi sono più barriere e tutta l’umanità può correre incontro al suo Dio in un immenso abbraccio di infinita tenerezza.
Allora conversione in questo cammino quaresimale vuol dire aprirci ad una più vera relazione con Dio: egli non cerca servi, ma figli da amare. Solo questo nuovo rapporto con Dio ci consentirà di vivere la nostra vita per amore verso il Padre e verso una umanità nuova fatta di fratelli e sorelle da cui nessuno sarà più escluso.