XXXI domenica T.O. Anno C
Vangelo Lc 19, 1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Commento 30 ottobre 2022
Lungo la storia della salvezza che Luca tratteggia nel suo vangelo nel racconto dell’incontro tra Zaccheo e Gesù scopriamo la meravigliosa storia d’amore tra Dio e l’uomo, storia segnata dal desiderio dell’uomo e dal “dovere” di Dio.
Zaccheo, capo dei pubblicani, uomo traditore e ricco, odiato e temuto dal popolo, potrebbe apparire come colui che ha raggiunto il suo scopo nella vita, eppure gli manca qualcosa, è un uomo insoddisfatto, inquieto che cerca qualcosa di più o, meglio, Qualcuno che possa riempirgli la vita, che dia risposta a tutti quegli interrogativi che ancora avvolgono il suo cuore. In Zaccheo scopriamo qualcosa di più, quel desiderio dell’uomo di una completezza, una realizzazione che solo in Dio potremo un giorno trovare.
Una lettura moralistica punta a mostrarci in Zaccheo, l’uomo convertito che si rende conto del suo peccato, ma Zaccheo non mostra in nessun modo di essere pentito di tutti i crimini commessi: se per il “figliol prodigo” fu importante incontrare l’indigenza e la fame fisica, in Zaccheo incontriamo l’uomo “spiritualmente affamato”, che si mette in ricerca forse nemmeno lui sapeva di cosa o di chi. Ma avendo sentito parlare di quell’uomo che andava predicando con autorità un Dio “diverso” cerca anche solo di vederlo, spinto forse più dalla curiosità che dal desiderio di cambiare vita. La strada piena di gente e di folla gli impedisce di vederlo.
Quante volte la folla, simbolo della logica di questo mondo che ci invita a lasciar perdere, ad accontentarci di ciò che abbiamo, ci impedisce di incontrare Gesù? Quante volte io, noi, discepoli di Cristo, siamo folla che allontana da Dio coloro che sinceramente lo cercano con gli scandali della nostra vita, con la nostra visione blasfema di un Dio che punisce i cattivi per ricompensare i buoni?
Di fronte a quella folla, Zaccheo prende coscienza dei suoi limiti, sa di essere piccolo (non solo di statura), ma non si arrende, cerca una soluzione, la trova in un sicomoro. Ora non cammina, ma corre, guarda e va in avanti, non all’indietro ed infine sale sull’albero. Bello! Se voglio vedere Dio devo correre più avanti e salire più in alto per cambiare prospettiva, senza fermarmi, rassegnarmi o adeguarmi a quello che pensano o fanno tutti gli altri.
Un’altra cosa mi colpisce e sono due verbi che hanno per soggetto Gesù: “doveva passare di là” e poco dopo dice a Zaccheo “devo fermarmi a casa tua”. A rispondere al desiderio dell’uomo c’è e ci sarà sempre il “dovere” di Dio, il nostro Dio non è libero, perché si fa servo di ciascuno di noi! Ma come Gesù non è il Dio onnipotente che può tutto e soprattutto fa ciò che vuole? Cari amici, se per onnipotenza penso a ciò che normalmente intendono gli uomini, il nostro Dio non è onnipotente! Dio è amore, Dio ama fino a consegnare sé stesso per la mia salvezza e chi ama ha solo doveri e non può accampare diritti!
Gesù doveva passare di lì perché in quella città, su quella strada avrebbe potuto incontrare uno Zaccheo qualunque, un uomo come me! Gesù deve fermarsi a casa mia, nella mia vita, nel mio cuore, per sussurrarmi le sue parole d’amore, deve fermarsi senza giudicare la mia vita, deve fermarsi perché mi ama, ama ciascuno di noi! E se anche mi nascondo tra le foglie della vergogna per il mio peccato come per Zaccheo Dio riesce a vedermi!
Gesù pronuncia con tanta tenerezza quel nome “Zaccheo”, che ironia della sorte, significa puro, innocente, proprio lui, pubblico peccatore. Poi quell’invito a scendere: Zaccheo lo aveva cercato in alto, ma Dio, che si fa nostro servo, “obbediente fino alla morte e a una morte di croce” è lì in basso ai nostri piedi, cinto dell’asciugamano e pronto a lavarceli.
Zaccheo, quell’uomo normalmente colpito e schiacciato dagli sguardi trancianti di coloro che dall’alto del loro moralismo lo giudicavano, viene risanato, meglio “rimesso in piedi” (la traduzione “Zaccheo, alzatosi” non rende correttamente ciò che Luca ha scritto perché il verbo è al passivo) o forse ancora meglio viene risorto perché qui è utilizzato il verbo tecnico della resurrezione!
Zaccheo ormai è fuori di testa, ha capito ciò che veramente conta nella vita e si impegna in qualcosa di impossibile, donare metà dei suoi averi ai poveri, restituire quattro volte tanto di ciò che aveva rubato, avrebbe dovuto diventare schiavo per pagare tutti i debiti. Zaccheo si fa schiavo, meglio servo, non gli interessa più la ricchezza, perché ora che ha incontrato l’amore di Dio Zaccheo è davvero ricco!
Oggi Dio si ferma a casa nostra, oggi è venuta la salvezza! Si, oggi è il tempo di Dio! Oggi, perché il nostro Dio non guarda al passato, non gli interessa ciò che ho fatto di buono, non gli interessano a maggior ragione nemmeno gli errori che ho commesso nella mia vita. Oggi, perché a Dio non interessa il domani, perché per chi ama il futuro non esiste, vuole godere dell’amato oggi; non vuole, non può rimandare a domani il suo amore!
Zaccheo, capo dei pubblicani, uomo traditore e ricco, odiato e temuto dal popolo, potrebbe apparire come colui che ha raggiunto il suo scopo nella vita, eppure gli manca qualcosa, è un uomo insoddisfatto, inquieto che cerca qualcosa di più o, meglio, Qualcuno che possa riempirgli la vita, che dia risposta a tutti quegli interrogativi che ancora avvolgono il suo cuore. In Zaccheo scopriamo qualcosa di più, quel desiderio dell’uomo di una completezza, una realizzazione che solo in Dio potremo un giorno trovare.
Una lettura moralistica punta a mostrarci in Zaccheo, l’uomo convertito che si rende conto del suo peccato, ma Zaccheo non mostra in nessun modo di essere pentito di tutti i crimini commessi: se per il “figliol prodigo” fu importante incontrare l’indigenza e la fame fisica, in Zaccheo incontriamo l’uomo “spiritualmente affamato”, che si mette in ricerca forse nemmeno lui sapeva di cosa o di chi. Ma avendo sentito parlare di quell’uomo che andava predicando con autorità un Dio “diverso” cerca anche solo di vederlo, spinto forse più dalla curiosità che dal desiderio di cambiare vita. La strada piena di gente e di folla gli impedisce di vederlo.
Quante volte la folla, simbolo della logica di questo mondo che ci invita a lasciar perdere, ad accontentarci di ciò che abbiamo, ci impedisce di incontrare Gesù? Quante volte io, noi, discepoli di Cristo, siamo folla che allontana da Dio coloro che sinceramente lo cercano con gli scandali della nostra vita, con la nostra visione blasfema di un Dio che punisce i cattivi per ricompensare i buoni?
Di fronte a quella folla, Zaccheo prende coscienza dei suoi limiti, sa di essere piccolo (non solo di statura), ma non si arrende, cerca una soluzione, la trova in un sicomoro. Ora non cammina, ma corre, guarda e va in avanti, non all’indietro ed infine sale sull’albero. Bello! Se voglio vedere Dio devo correre più avanti e salire più in alto per cambiare prospettiva, senza fermarmi, rassegnarmi o adeguarmi a quello che pensano o fanno tutti gli altri.
Un’altra cosa mi colpisce e sono due verbi che hanno per soggetto Gesù: “doveva passare di là” e poco dopo dice a Zaccheo “devo fermarmi a casa tua”. A rispondere al desiderio dell’uomo c’è e ci sarà sempre il “dovere” di Dio, il nostro Dio non è libero, perché si fa servo di ciascuno di noi! Ma come Gesù non è il Dio onnipotente che può tutto e soprattutto fa ciò che vuole? Cari amici, se per onnipotenza penso a ciò che normalmente intendono gli uomini, il nostro Dio non è onnipotente! Dio è amore, Dio ama fino a consegnare sé stesso per la mia salvezza e chi ama ha solo doveri e non può accampare diritti!
Gesù doveva passare di lì perché in quella città, su quella strada avrebbe potuto incontrare uno Zaccheo qualunque, un uomo come me! Gesù deve fermarsi a casa mia, nella mia vita, nel mio cuore, per sussurrarmi le sue parole d’amore, deve fermarsi senza giudicare la mia vita, deve fermarsi perché mi ama, ama ciascuno di noi! E se anche mi nascondo tra le foglie della vergogna per il mio peccato come per Zaccheo Dio riesce a vedermi!
Gesù pronuncia con tanta tenerezza quel nome “Zaccheo”, che ironia della sorte, significa puro, innocente, proprio lui, pubblico peccatore. Poi quell’invito a scendere: Zaccheo lo aveva cercato in alto, ma Dio, che si fa nostro servo, “obbediente fino alla morte e a una morte di croce” è lì in basso ai nostri piedi, cinto dell’asciugamano e pronto a lavarceli.
Zaccheo, quell’uomo normalmente colpito e schiacciato dagli sguardi trancianti di coloro che dall’alto del loro moralismo lo giudicavano, viene risanato, meglio “rimesso in piedi” (la traduzione “Zaccheo, alzatosi” non rende correttamente ciò che Luca ha scritto perché il verbo è al passivo) o forse ancora meglio viene risorto perché qui è utilizzato il verbo tecnico della resurrezione!
Zaccheo ormai è fuori di testa, ha capito ciò che veramente conta nella vita e si impegna in qualcosa di impossibile, donare metà dei suoi averi ai poveri, restituire quattro volte tanto di ciò che aveva rubato, avrebbe dovuto diventare schiavo per pagare tutti i debiti. Zaccheo si fa schiavo, meglio servo, non gli interessa più la ricchezza, perché ora che ha incontrato l’amore di Dio Zaccheo è davvero ricco!
Oggi Dio si ferma a casa nostra, oggi è venuta la salvezza! Si, oggi è il tempo di Dio! Oggi, perché il nostro Dio non guarda al passato, non gli interessa ciò che ho fatto di buono, non gli interessano a maggior ragione nemmeno gli errori che ho commesso nella mia vita. Oggi, perché a Dio non interessa il domani, perché per chi ama il futuro non esiste, vuole godere dell’amato oggi; non vuole, non può rimandare a domani il suo amore!
Commento 3 novembre 2019
Nel racconto dell’incontro tra Zaccheo e Gesù con tre pennellate stupende Luca disegna la meravigliosa storia d’amore tra Dio e l’uomo, storia segnata dal desiderio dell’uomo e dal “dovere” di Dio.
Primo momento: il desiderio dell’uomo!
Zaccheo, capo dei pubblicani, uomo traditore e ricco, odiato e temuto dal popolo, potrebbe apparire come colui che ha raggiunto il suo scopo nella vita, eppure gli manca qualcosa, è un uomo insoddisfatto, inquieto che cerca qualcosa di più o meglio Qualcuno che possa riempirgli la vita, che dia risposta a tutti quegli interrogativi che rimangono ancora nel suo cuore. Il nostro moralismo al termine del racconto ci mostra un uomo convertito, ma non è questo il primo passo verso Dio. Zaccheo non mostra in nessun modo di essere pentito di tutti i crimini commessi: se per il “figliol prodigo” fu importante incontrare l’indigenza e la fame, anche Zaccheo è “spiritualmente affamato”.
Zaccheo cerca di vedere quell’uomo che andava predicando per Israele spinto forse più dalla curiosità che dal desiderio di cambiare vita, ma la strada è piena di gente e la folla gli impedisce di vederlo. Quante volte la folla, simbolo della logica di questo mondo che ci invita a lasciar perdere, ad accontentarci di ciò che abbiamo, ci impedisce di incontrare Gesù? Quante volte io, noi, discepoli di Cristo, siamo folla che allontana da Dio coloro che sinceramente lo cercano con gli scandali della nostra vita, con la nostra visione blasfema di un Dio che punisce i cattivi per ricompensare i buoni?
Zaccheo prende coscienza dei suoi limiti, sa di essere piccolo (non solo di statura), sa di aver bisogno di vedere quell’uomo e allora non si arrende, cerca una soluzione, la trova in un sicomoro; quindi non cammina, ma corre; in avanti, non all’indietro; sale sull’albero. Bello! Se voglio vedere Dio devo correre più avanti e salire in alto per cambiare prospettiva, senza fermarmi, rassegnarmi o adeguarmi a quello che pensano o fanno tutti gli altri.
Secondo momento: il dovere di Dio!
In questo brano due verbi mi hanno sempre colpito, riguardano Gesù che “doveva passare di là” e poi dice a Zaccheo “devo fermarmi a casa tua”. Ma come Gesù non è il Dio onnipotente che può tutto e soprattutto fa ciò che vuole? Cari amici, se per onnipotenza penso a ciò che normalmente intendono gli uomini, il nostro Dio non è onnipotente! Dio è amore, Dio ama fino a consegnare sé stesso per la mia salvezza e chi ama ha solo doveri e non può accampare diritti!
Gesù doveva passare di lì perché in quella città, su quella strada avrebbe potuto incontrare uno Zaccheo qualunque, un uomo come me! Gesù deve fermarsi a casa mia, nella mia vita, nel mio cuore, per sussurrarmi le sue parole d’amore, deve fermarsi senza giudicare la mia vita. Gesù vede Zaccheo nascosto tra le foglie del sicomoro, lo chiama per nome e dalla curiosità dell’uomo si passa all’incontro di Dio. Gesù pronuncia con tanta tenerezza quel nome “Zaccheo”, che ironia della sorte, significa puro, innocente, proprio lui, pubblico peccatore. Poi quell’invito a scendere: Zaccheo lo aveva cercato in alto, ma Dio che si fa nostro servo, lo troviamo in basso e Zaccheo, normalmente colpito dagli sguardi trancianti di coloro che dall’alto del loro moralismo lo giudicavano, viene risanato, meglio risorto, dallo sguardo misericordioso di Dio! La traduzione “Zaccheo, alzatosi” non rende correttamente ciò che Luca ha scritto e sarebbe più corretto tradurre “rimesso in piedi”, infatti il verbo è al passivo; bisogna infine ricordare che questo è il verbo della resurrezione!
Zaccheo ormai è fuori di testa e si impegna a qualcosa di impossibile, donare metà dei suoi averi ai poveri, restituire quattro volte tanto di ciò che aveva rubato, avrebbe dovuto diventare schiavo per pagare tutti i debiti. Zaccheo si fa schiavo, meglio servo, non gli interessa più la ricchezza, ha incontrato l’amore di Dio ed ora è davvero ricco!
Oggi Dio si ferma a casa nostra, oggi è venuta la salvezza! Si, oggi è il tempo di Dio! Oggi, perché il nostro Dio non guarda al passato, non gli interessa ciò che ho fatto di buono, non gli interessano a maggior ragione gli errori che ho commesso nella mia vita. Oggi, perché a Dio non interessa il domani, perché per chi ama il futuro non esiste, solo non vuole rimandare a domani il suo amore per l’amato!
Primo momento: il desiderio dell’uomo!
Zaccheo, capo dei pubblicani, uomo traditore e ricco, odiato e temuto dal popolo, potrebbe apparire come colui che ha raggiunto il suo scopo nella vita, eppure gli manca qualcosa, è un uomo insoddisfatto, inquieto che cerca qualcosa di più o meglio Qualcuno che possa riempirgli la vita, che dia risposta a tutti quegli interrogativi che rimangono ancora nel suo cuore. Il nostro moralismo al termine del racconto ci mostra un uomo convertito, ma non è questo il primo passo verso Dio. Zaccheo non mostra in nessun modo di essere pentito di tutti i crimini commessi: se per il “figliol prodigo” fu importante incontrare l’indigenza e la fame, anche Zaccheo è “spiritualmente affamato”.
Zaccheo cerca di vedere quell’uomo che andava predicando per Israele spinto forse più dalla curiosità che dal desiderio di cambiare vita, ma la strada è piena di gente e la folla gli impedisce di vederlo. Quante volte la folla, simbolo della logica di questo mondo che ci invita a lasciar perdere, ad accontentarci di ciò che abbiamo, ci impedisce di incontrare Gesù? Quante volte io, noi, discepoli di Cristo, siamo folla che allontana da Dio coloro che sinceramente lo cercano con gli scandali della nostra vita, con la nostra visione blasfema di un Dio che punisce i cattivi per ricompensare i buoni?
Zaccheo prende coscienza dei suoi limiti, sa di essere piccolo (non solo di statura), sa di aver bisogno di vedere quell’uomo e allora non si arrende, cerca una soluzione, la trova in un sicomoro; quindi non cammina, ma corre; in avanti, non all’indietro; sale sull’albero. Bello! Se voglio vedere Dio devo correre più avanti e salire in alto per cambiare prospettiva, senza fermarmi, rassegnarmi o adeguarmi a quello che pensano o fanno tutti gli altri.
Secondo momento: il dovere di Dio!
In questo brano due verbi mi hanno sempre colpito, riguardano Gesù che “doveva passare di là” e poi dice a Zaccheo “devo fermarmi a casa tua”. Ma come Gesù non è il Dio onnipotente che può tutto e soprattutto fa ciò che vuole? Cari amici, se per onnipotenza penso a ciò che normalmente intendono gli uomini, il nostro Dio non è onnipotente! Dio è amore, Dio ama fino a consegnare sé stesso per la mia salvezza e chi ama ha solo doveri e non può accampare diritti!
Gesù doveva passare di lì perché in quella città, su quella strada avrebbe potuto incontrare uno Zaccheo qualunque, un uomo come me! Gesù deve fermarsi a casa mia, nella mia vita, nel mio cuore, per sussurrarmi le sue parole d’amore, deve fermarsi senza giudicare la mia vita. Gesù vede Zaccheo nascosto tra le foglie del sicomoro, lo chiama per nome e dalla curiosità dell’uomo si passa all’incontro di Dio. Gesù pronuncia con tanta tenerezza quel nome “Zaccheo”, che ironia della sorte, significa puro, innocente, proprio lui, pubblico peccatore. Poi quell’invito a scendere: Zaccheo lo aveva cercato in alto, ma Dio che si fa nostro servo, lo troviamo in basso e Zaccheo, normalmente colpito dagli sguardi trancianti di coloro che dall’alto del loro moralismo lo giudicavano, viene risanato, meglio risorto, dallo sguardo misericordioso di Dio! La traduzione “Zaccheo, alzatosi” non rende correttamente ciò che Luca ha scritto e sarebbe più corretto tradurre “rimesso in piedi”, infatti il verbo è al passivo; bisogna infine ricordare che questo è il verbo della resurrezione!
Zaccheo ormai è fuori di testa e si impegna a qualcosa di impossibile, donare metà dei suoi averi ai poveri, restituire quattro volte tanto di ciò che aveva rubato, avrebbe dovuto diventare schiavo per pagare tutti i debiti. Zaccheo si fa schiavo, meglio servo, non gli interessa più la ricchezza, ha incontrato l’amore di Dio ed ora è davvero ricco!
Oggi Dio si ferma a casa nostra, oggi è venuta la salvezza! Si, oggi è il tempo di Dio! Oggi, perché il nostro Dio non guarda al passato, non gli interessa ciò che ho fatto di buono, non gli interessano a maggior ragione gli errori che ho commesso nella mia vita. Oggi, perché a Dio non interessa il domani, perché per chi ama il futuro non esiste, solo non vuole rimandare a domani il suo amore per l’amato!
Commento 30 ottobre 2016
La figura di Zaccheo mi ha sempre molto colpito: Zaccheo, un uomo ricco e così odiato e temuto dal popolo, che improvvisamente si mette a correre come un bambino tra la folla per precedere quel profeta di cui aveva sentito parlare e che così tanto lo incuriosiva. Quella sua curiosità su chi fosse mai quell’uomo lo porterà ad un incontro che cambierà totalmente la sua vita. Gesù “doveva passare di lì”, doveva percorrere la strada che conduceva alla casa di questo pubblico peccatore; ecco la buona notizia: Dio cammina sulla vie dell’uomo perché è “venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Il nostro Dio è così: sente il dovere di passare per le nostre vite, Egli ha bisogno di noi. Fin dall’inizio dei tempi, subito dopo il peccato dell’uomo, Dio ha iniziato la sua ricerca: “Adamo, dove sei?”. Il cristianesimo non è la ricerca dell’uomo che tenta di incontrare Dio, ma Dio che, inesorabilmente ed instancabilmente, si mette alla ricerca dell’uomo, di ogni uomo: una ricerca che non è guidata dalla voglia giustizialista di rivalsa o di vendetta, ma unicamente dall’infinito amore di un Padre/Madre che di fronte agli errori di un figlio non vede il male commesso, ma soltanto il figlio così tanto amato.
Se l’uomo rimane chiuso nel giudizio tranciante (“È entrato in casa di un peccatore!”), Dio amorevolmente ci viene incontro (“oggi devo fermarmi a casa tua”) e ci restituisce la dignità di figli rimettendoci al centro del suo progetto d’amore che da sempre aveva pensato e sognato per ciascuno di noi, progetto da cui per seguire le nostre strade ci eravamo allontanati. In questo modo la nostra vita cambia e non potrebbe non cambiare di fronte alla gioia di essere perdonati e salvati, di essere riconosciuti figli anche se non lo meritiamo.
Zaccheo, che aveva vissuto gran parte della sua vita nascosto e denigrato dai suoi concittadini, rivolta totalmente la sua vita, offre la metà dei suoi beni e restituisce quattro volte tanto quanto indebitamente rubato, ma soprattutto Zaccheo riconosce che la sua felicità non dipende più dai suoi averi, ma da un nuovo rapporto con Dio e con i fratelli, poiché il senso della vita non si ritrova in ciò che si ha, ma si realizza in ciò che si è.
Accogliamo con gioia questa buona notizia, poiché davvero basta molto poco per aprire la porta del nostro cuore al Signore che attende; Egli potrà così sussurrare ai nostri cuori intristiti: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza!”
Il nostro Dio è così: sente il dovere di passare per le nostre vite, Egli ha bisogno di noi. Fin dall’inizio dei tempi, subito dopo il peccato dell’uomo, Dio ha iniziato la sua ricerca: “Adamo, dove sei?”. Il cristianesimo non è la ricerca dell’uomo che tenta di incontrare Dio, ma Dio che, inesorabilmente ed instancabilmente, si mette alla ricerca dell’uomo, di ogni uomo: una ricerca che non è guidata dalla voglia giustizialista di rivalsa o di vendetta, ma unicamente dall’infinito amore di un Padre/Madre che di fronte agli errori di un figlio non vede il male commesso, ma soltanto il figlio così tanto amato.
Se l’uomo rimane chiuso nel giudizio tranciante (“È entrato in casa di un peccatore!”), Dio amorevolmente ci viene incontro (“oggi devo fermarmi a casa tua”) e ci restituisce la dignità di figli rimettendoci al centro del suo progetto d’amore che da sempre aveva pensato e sognato per ciascuno di noi, progetto da cui per seguire le nostre strade ci eravamo allontanati. In questo modo la nostra vita cambia e non potrebbe non cambiare di fronte alla gioia di essere perdonati e salvati, di essere riconosciuti figli anche se non lo meritiamo.
Zaccheo, che aveva vissuto gran parte della sua vita nascosto e denigrato dai suoi concittadini, rivolta totalmente la sua vita, offre la metà dei suoi beni e restituisce quattro volte tanto quanto indebitamente rubato, ma soprattutto Zaccheo riconosce che la sua felicità non dipende più dai suoi averi, ma da un nuovo rapporto con Dio e con i fratelli, poiché il senso della vita non si ritrova in ciò che si ha, ma si realizza in ciò che si è.
Accogliamo con gioia questa buona notizia, poiché davvero basta molto poco per aprire la porta del nostro cuore al Signore che attende; Egli potrà così sussurrare ai nostri cuori intristiti: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza!”