XIV domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Commento 9 luglio 2020
Dopo il successo dei primi tempi, i miracoli, le guarigioni, il gran numero di persone che da ogni parte della Palestina lo seguivano per ascoltarlo, per Gesù non è un momento positivo ed il vangelo racconta un periodo di insuccessi: Giovanni viene arrestato, Gesù è contestato duramente dalle guide del popolo, le folle oceaniche pronte a seguirlo, dopo il primo momentaneo entusiasmo, ora lo hanno lasciato e pochi sono coloro che ancora lo seguono, ma soprattutto Gesù incontra l’ostilità dei sapienti e dei saggi del suo popolo, ovvero dei capi, dei grandi, di coloro che avevano autorità; proprio coloro che, conoscendo le Sacre Scritture, avrebbero dovuto essere i primi a riconoscere Gesù come il Messia, ora rifiutano il suo vangelo, l'incredibile bella notizia di un Dio dal volto misericordioso come una madre, di un Dio disposto a tutto per donare vita ai suoi figli come un padre.
Sento forte in me la tensione ad annunciare il vangelo per il lavoro che faccio, per il servizio di catechista in parrocchia eppure quante volte mi sono trovato di fronte all’insuccesso e all’incomprensione: si preparano con tanta cura, fatica ed amore le lezioni a scuola o per il catechismo e poi niente, non riesci a far passare ai ragazzi il messaggio che ti eri riproposto; nasce la sensazione di aver sbagliato tutto, di essere inadeguato, ce la prendiamo con i ragazzi che non capiscono, con il mondo che propone valori contrari al vangelo, con noi stessi che non siamo capaci di essere veri testimoni dell’amore di Dio.
Siamo scoraggiati, delusi, ci sentiamo incompresi e avremmo voglia di mollare tutto.
Anche Gesù vive un momento di fallimento, ma di fronte alla sconfitta non si lascia prendere dallo sconforto, non impreca contro Dio o il destino barbaro e cieco, non si lamenta perché le cose non funzionano, ma cambia il suo modo di vedere le cose e passa dallo scoraggiamento al rendere lode al Signore, perché in quella sconfitta, in quel momento complicato vede una opportunità nuova perché si realizzi il progetto di Dio.
Sotto quell'aria pesante che sapeva di sconfitta, si apre davanti a Gesù uno squarcio inatteso, un capovolgimento improvviso che lo riempie di gioia: Padre, ti benedico, ti rendo lode, ti ringrazio, perché ti sei rivelato ai piccoli; il posto alla festa di nozze lasciato vuoto dei grandi ora lo riempiranno i piccoli: pescatori, poveri, malati, vedove, bambini, pubblicani, sono loro i preferiti da Dio.
Quello che mi meraviglia è Gesù che si stupisce del Padre, quasi sorpreso da un Dio sempre più fantasioso e inventivo nelle sue trovate, che spiazza tutti, perfino suo Figlio; così Gesù loda il Padre perché il rifiuto da parte dei devoti, dei teologi, dei maestri della fede, ha fatto in modo che ad avvicinarsi siano gli ultimi, i semplici.
Nella benedizione che Gesù rivolge al Padre non ritroviamo la contrapposizione tra sapienti ed ignoranti, tra intelligenti e stupidi, ma tra grandi e piccoli, tra coloro che, pieni di sé e dei loro schemi umani, rimangono chiusi nella loro autosufficienza, nella loro autoreferenzialità e si sentono a posto dinanzi a Dio e agli uomini e coloro che invece rimangono aperti alla grandezza e alla sorpresa di un Dio che ama incondizionatamente i propri figli. A questi piccoli Dio si rivela, poiché le “cose di Dio” non si possono racchiudere in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero; infatti Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio, che cammina al fianco dei piccoli: è un vangelo universale, l'unico messaggio valido per ogni persona, in ogni tempo e luogo. Un “piccolo” capisce subito l'essenziale cioè se qualcuno gli vuole bene o no, perché in fondo è questo il segreto semplice della vita.
Gesù chiama i piccoli ad andare a lui, non dietro di lui come i discepoli, ma ad andare a Lui, verso di lui in una sorta di abbraccio universale che consola ed incoraggia chi fatica a camminare lungo i sentieri della vita perché altri legano sulle loro spalle fardelli troppo pesanti; Gesù offre loro un nuovo giogo. Nell’Antico Testamento il giogo era segno della Legge, la Torah, che Dio aveva consegnato al popolo perché camminasse diritto, fedele lungo le strade della libertà, ora Gesù propone un nuovo giogo, il suo, che è l’amore; non c’è altra norma o legge se non questa: “Amatevi come io vi ho amato!”. Ed è un giogo dolce e leggero, ma una traduzione migliore potrebbe essere “che bene si adatta alle spalle”. Sì, perché è nella nostra natura di figli di Dio creati per amare ed essere amati, vivere per amore; possiamo cercare altre strade come il successo o il denaro, ma alla fine ciò che realmente conta, ciò che realmente sazia la nostra vita è l’amore e non altro e dentro di noi sentiamo che siamo fatti per amare!
Impariamo dal nostro Signore Gesù che è mite ed umile di cuore ed il cuore nella mentalità giudaica è il luogo da cui partono tutte le scelte e i pensieri, è la nostra stessa persona. Il cuore di Gesù, che è il cuore stesso di Dio, è mite ed umile.
Il mite è colui che se anche deve sopportare delle angherie non cede mai alla tentazione di reagire con la violenza, di vendicarsi, ma ciò non significa rassegnazione di fronte al male. Vivere come uomini miti vuol dire vivere testimoniando con forza ciò in cui si crede, ma con il cuore sempre capace di amare fino a pagare con la propria vita per le scelte compiute.
L’umile è colui che abbassa la testa non per rinuncia, ma perché è sempre pronto a porsi a servizio degli altri e così è il nostro Dio, un Dio molto diverso da come ce lo immaginiamo. Un Dio capace di inchinarsi per amore ai nostri piedi per lavarceli, per compiere il gesto dello schiavo: il nostro Dio è servo dell’uomo. Noi come discepoli di Cristo siamo chiamati a comportarci come Lui ad imparare da Lui per chinare il nostro capo di fronte a chiunque ci chiede un aiuto.
Gesù mostra che è possibile vivere meglio per tutti, poiché il suo vangelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita. Seguire Gesù è andare a scuola di una vita nuova, imparare dal suo modo di essere e dal suo modo di amare fino al dono totale di sé.
Sento forte in me la tensione ad annunciare il vangelo per il lavoro che faccio, per il servizio di catechista in parrocchia eppure quante volte mi sono trovato di fronte all’insuccesso e all’incomprensione: si preparano con tanta cura, fatica ed amore le lezioni a scuola o per il catechismo e poi niente, non riesci a far passare ai ragazzi il messaggio che ti eri riproposto; nasce la sensazione di aver sbagliato tutto, di essere inadeguato, ce la prendiamo con i ragazzi che non capiscono, con il mondo che propone valori contrari al vangelo, con noi stessi che non siamo capaci di essere veri testimoni dell’amore di Dio.
Siamo scoraggiati, delusi, ci sentiamo incompresi e avremmo voglia di mollare tutto.
Anche Gesù vive un momento di fallimento, ma di fronte alla sconfitta non si lascia prendere dallo sconforto, non impreca contro Dio o il destino barbaro e cieco, non si lamenta perché le cose non funzionano, ma cambia il suo modo di vedere le cose e passa dallo scoraggiamento al rendere lode al Signore, perché in quella sconfitta, in quel momento complicato vede una opportunità nuova perché si realizzi il progetto di Dio.
Sotto quell'aria pesante che sapeva di sconfitta, si apre davanti a Gesù uno squarcio inatteso, un capovolgimento improvviso che lo riempie di gioia: Padre, ti benedico, ti rendo lode, ti ringrazio, perché ti sei rivelato ai piccoli; il posto alla festa di nozze lasciato vuoto dei grandi ora lo riempiranno i piccoli: pescatori, poveri, malati, vedove, bambini, pubblicani, sono loro i preferiti da Dio.
Quello che mi meraviglia è Gesù che si stupisce del Padre, quasi sorpreso da un Dio sempre più fantasioso e inventivo nelle sue trovate, che spiazza tutti, perfino suo Figlio; così Gesù loda il Padre perché il rifiuto da parte dei devoti, dei teologi, dei maestri della fede, ha fatto in modo che ad avvicinarsi siano gli ultimi, i semplici.
Nella benedizione che Gesù rivolge al Padre non ritroviamo la contrapposizione tra sapienti ed ignoranti, tra intelligenti e stupidi, ma tra grandi e piccoli, tra coloro che, pieni di sé e dei loro schemi umani, rimangono chiusi nella loro autosufficienza, nella loro autoreferenzialità e si sentono a posto dinanzi a Dio e agli uomini e coloro che invece rimangono aperti alla grandezza e alla sorpresa di un Dio che ama incondizionatamente i propri figli. A questi piccoli Dio si rivela, poiché le “cose di Dio” non si possono racchiudere in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero; infatti Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio, che cammina al fianco dei piccoli: è un vangelo universale, l'unico messaggio valido per ogni persona, in ogni tempo e luogo. Un “piccolo” capisce subito l'essenziale cioè se qualcuno gli vuole bene o no, perché in fondo è questo il segreto semplice della vita.
Gesù chiama i piccoli ad andare a lui, non dietro di lui come i discepoli, ma ad andare a Lui, verso di lui in una sorta di abbraccio universale che consola ed incoraggia chi fatica a camminare lungo i sentieri della vita perché altri legano sulle loro spalle fardelli troppo pesanti; Gesù offre loro un nuovo giogo. Nell’Antico Testamento il giogo era segno della Legge, la Torah, che Dio aveva consegnato al popolo perché camminasse diritto, fedele lungo le strade della libertà, ora Gesù propone un nuovo giogo, il suo, che è l’amore; non c’è altra norma o legge se non questa: “Amatevi come io vi ho amato!”. Ed è un giogo dolce e leggero, ma una traduzione migliore potrebbe essere “che bene si adatta alle spalle”. Sì, perché è nella nostra natura di figli di Dio creati per amare ed essere amati, vivere per amore; possiamo cercare altre strade come il successo o il denaro, ma alla fine ciò che realmente conta, ciò che realmente sazia la nostra vita è l’amore e non altro e dentro di noi sentiamo che siamo fatti per amare!
Impariamo dal nostro Signore Gesù che è mite ed umile di cuore ed il cuore nella mentalità giudaica è il luogo da cui partono tutte le scelte e i pensieri, è la nostra stessa persona. Il cuore di Gesù, che è il cuore stesso di Dio, è mite ed umile.
Il mite è colui che se anche deve sopportare delle angherie non cede mai alla tentazione di reagire con la violenza, di vendicarsi, ma ciò non significa rassegnazione di fronte al male. Vivere come uomini miti vuol dire vivere testimoniando con forza ciò in cui si crede, ma con il cuore sempre capace di amare fino a pagare con la propria vita per le scelte compiute.
L’umile è colui che abbassa la testa non per rinuncia, ma perché è sempre pronto a porsi a servizio degli altri e così è il nostro Dio, un Dio molto diverso da come ce lo immaginiamo. Un Dio capace di inchinarsi per amore ai nostri piedi per lavarceli, per compiere il gesto dello schiavo: il nostro Dio è servo dell’uomo. Noi come discepoli di Cristo siamo chiamati a comportarci come Lui ad imparare da Lui per chinare il nostro capo di fronte a chiunque ci chiede un aiuto.
Gesù mostra che è possibile vivere meglio per tutti, poiché il suo vangelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita. Seguire Gesù è andare a scuola di una vita nuova, imparare dal suo modo di essere e dal suo modo di amare fino al dono totale di sé.
Commento 5 luglio 2020
Gesù vive un momento di fallimento, il suo vangelo di un Dio dal volto misericordioso come una madre e disposto a tutto per donare vita ai suoi figli come un padre incontra l’ostilità dei sapienti e dei saggi del suo popolo, ovvero dei grandi, di coloro che avevano autorità. In un contesto di conflitto e sfiducia, di fronte alla sconfitta e al rifiuto proprio da parte di coloro che, conoscendo le Sacre Scritture, avrebbero dovuto essere i primi a riconoscerlo come il Messia, Gesù non si lascia prendere dallo sconforto, non si lamenta perché le cose non funzionano, ma cambia il suo modo di vedere le cose e passa dallo scoraggiamento al rendere lode al Signore, perché in quella sconfitta vede una opportunità nuova perché si realizzi il progetto di Dio. Quante volte mi sono trovato di fronte all’insuccesso e all’incomprensione: si preparano con molta fatica lezioni a scuola o nel catechismo con tanta cura ed amore e poi niente, non riesci a far passare ai ragazzi il messaggio che ti eri riproposto; nasce la sensazione di aver sbagliato tutto, di essere inadeguato, ce la prendiamo con i ragazzi che non capiscono, con il mondo che propone valori contrari al vangelo, con noi stessi perché non siamo capaci di essere veri testimoni dell’amore di Dio. Il Signore ci invita invece a benedire Dio perché ogni sconfitta non è fallimento, ma opportunità nuova perché si realizzi davvero non il nostro, ma il progetto di Dio.
Se quelli che avrebbero dovuto capire e vivere il suo messaggio per primi perché scelti, predestinati, non accolgono la Parola, allora il vangelo sarà rivolto ai poveri, agli ultimi, ai piccoli, ovvero a coloro che sanno stupirsi di Dio, a coloro che entrano nella logica del regno, poiché sono essi i preferiti da Dio perché rappresentano l'uomo senza qualità che Dio accoglie.
Nella benedizione che Gesù rivolge al Padre non ritroviamo la contrapposizione tra sapienti ed ignoranti, tra intelligenti e stupidi, ma tra grandi e piccoli, tra coloro che, pieni di sé e dei loro schemi umani, rimangono chiusi nella loro autosufficienza, nella loro autoreferenzialità e si sentono a posto dinanzi a Dio e agli uomini e coloro che invece rimangono aperti alla grandezza e alla sorpresa di un Dio che ama incondizionatamente i propri figli. A questi piccoli Dio si rivela, poiché le “cose di Dio” non si possono racchiudere in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero; infatti Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio, che cammina al fianco dei piccoli: è il vangelo universale, l'unico messaggio valido per ogni persona, in ogni tempo e luogo. Un “piccolo” capisce subito l'essenziale cioè se qualcuno gli vuole bene o no, perché in fondo è questo il segreto semplice della vita.
Gesù chiama i piccoli ad andare a lui, non dietro di lui come i discepoli, ma ad andare a Lui in una sorta di abbraccio universale che consola ed incoraggia chi fatica a camminare lungo i sentieri della vita perché altri legano sulle loro spalle fardelli troppo pesanti; Gesù offre loro un nuovo giogo. Nell’Antico Testamento il giogo era segno della Legge, la Torah, che Dio aveva consegnato al popolo perché camminasse fedele lungo le strade della libertà, ora Gesù propone un nuovo giogo, il suo, che è l’amore; non c’è altra norma o legge se non questa: “Amatevi come io vi ho amato!”. Ed è un giogo dolce e leggero, ma una traduzione migliore potrebbe essere “che bene si adatta alle spalle”. Sì, perché è la nostra natura di figli di Dio che ci ha creati per amare ed essere amati, possiamo cercare altre strade come il successo o il denaro, ma alla fine ciò che realmente conta, ciò che realmente sazia la nostra vita è l’amore e non altro e dentro di noi sentiamo che siamo fatti per amare!
Impariamo dal nostro Signore Gesù che è mite ed umile di cuore ed il cuore nella mentalità giudaica è il luogo da cui partono tutte le scelte e i pensieri, è la nostra stessa persona. Il cuore di Gesù che è il cuore stesso di Dio è mite ed umile.
Il mite è colui che se anche deve sopportare delle angherie non cede mai alla tentazione di reagire con la violenza, di vendicarsi, ma ciò non significa rassegnazione di fronte al male. Vivere come uomini miti vuol dire vivere la propria vita testimoniando con forza ciò in cui si crede, ma con il cuore sempre capace di amare fino a pagare con la propria vita per le scelte compiute.
L’umile è colui che abbassa la testa non per rinuncia, ma perché è sempre pronto a porsi a servizio degli altri e così è il nostro Dio, un Dio molto diverso da come ce lo immaginiamo. Un Dio capace di inchinarsi per amore ai nostri piedi per lavarceli, cioè compiere il gesto dello schiavo: il nostro Dio è servo dell’uomo. Noi come discepoli di Cristo siamo chiamati a comportarci come Lui ad imparare da Lui per chinare il nostro capo di fronte a chiunque ci chiede un aiuto.
Gesù mostra che è possibile vivere meglio per tutti, poiché il suo vangelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita. Seguire Gesù è andare a scuola di una vita nuova, imparare dal suo modo di essere e dal suo modo di amare fino al dono totale di sé.
Se quelli che avrebbero dovuto capire e vivere il suo messaggio per primi perché scelti, predestinati, non accolgono la Parola, allora il vangelo sarà rivolto ai poveri, agli ultimi, ai piccoli, ovvero a coloro che sanno stupirsi di Dio, a coloro che entrano nella logica del regno, poiché sono essi i preferiti da Dio perché rappresentano l'uomo senza qualità che Dio accoglie.
Nella benedizione che Gesù rivolge al Padre non ritroviamo la contrapposizione tra sapienti ed ignoranti, tra intelligenti e stupidi, ma tra grandi e piccoli, tra coloro che, pieni di sé e dei loro schemi umani, rimangono chiusi nella loro autosufficienza, nella loro autoreferenzialità e si sentono a posto dinanzi a Dio e agli uomini e coloro che invece rimangono aperti alla grandezza e alla sorpresa di un Dio che ama incondizionatamente i propri figli. A questi piccoli Dio si rivela, poiché le “cose di Dio” non si possono racchiudere in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero; infatti Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio, che cammina al fianco dei piccoli: è il vangelo universale, l'unico messaggio valido per ogni persona, in ogni tempo e luogo. Un “piccolo” capisce subito l'essenziale cioè se qualcuno gli vuole bene o no, perché in fondo è questo il segreto semplice della vita.
Gesù chiama i piccoli ad andare a lui, non dietro di lui come i discepoli, ma ad andare a Lui in una sorta di abbraccio universale che consola ed incoraggia chi fatica a camminare lungo i sentieri della vita perché altri legano sulle loro spalle fardelli troppo pesanti; Gesù offre loro un nuovo giogo. Nell’Antico Testamento il giogo era segno della Legge, la Torah, che Dio aveva consegnato al popolo perché camminasse fedele lungo le strade della libertà, ora Gesù propone un nuovo giogo, il suo, che è l’amore; non c’è altra norma o legge se non questa: “Amatevi come io vi ho amato!”. Ed è un giogo dolce e leggero, ma una traduzione migliore potrebbe essere “che bene si adatta alle spalle”. Sì, perché è la nostra natura di figli di Dio che ci ha creati per amare ed essere amati, possiamo cercare altre strade come il successo o il denaro, ma alla fine ciò che realmente conta, ciò che realmente sazia la nostra vita è l’amore e non altro e dentro di noi sentiamo che siamo fatti per amare!
Impariamo dal nostro Signore Gesù che è mite ed umile di cuore ed il cuore nella mentalità giudaica è il luogo da cui partono tutte le scelte e i pensieri, è la nostra stessa persona. Il cuore di Gesù che è il cuore stesso di Dio è mite ed umile.
Il mite è colui che se anche deve sopportare delle angherie non cede mai alla tentazione di reagire con la violenza, di vendicarsi, ma ciò non significa rassegnazione di fronte al male. Vivere come uomini miti vuol dire vivere la propria vita testimoniando con forza ciò in cui si crede, ma con il cuore sempre capace di amare fino a pagare con la propria vita per le scelte compiute.
L’umile è colui che abbassa la testa non per rinuncia, ma perché è sempre pronto a porsi a servizio degli altri e così è il nostro Dio, un Dio molto diverso da come ce lo immaginiamo. Un Dio capace di inchinarsi per amore ai nostri piedi per lavarceli, cioè compiere il gesto dello schiavo: il nostro Dio è servo dell’uomo. Noi come discepoli di Cristo siamo chiamati a comportarci come Lui ad imparare da Lui per chinare il nostro capo di fronte a chiunque ci chiede un aiuto.
Gesù mostra che è possibile vivere meglio per tutti, poiché il suo vangelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita. Seguire Gesù è andare a scuola di una vita nuova, imparare dal suo modo di essere e dal suo modo di amare fino al dono totale di sé.
Commento 9 luglio 2017
Nella sua missione Gesù conosce una prima cocente sconfitta, entra in conflitto con i leader religiosi del suo popolo, cioè proprio con coloro che, conoscendo le scritture e le profezie, dovevano essere i primi ad accogliere il suo messaggio. Come Gesù anche noi sappiamo bene che nella vita ci sono momenti di scoraggiamento in cui uno si ritrova a mettere in discussione tutto, proprio quando gli sembrava invece di essere giunto ad un punto fermo della sua vita.
Ecco che Gesù di fronte a questa situazione non si lamenta perché le cose non funzionano, cambia il suo modo di vedere le cose e passa dallo scoraggiamento al rendere lode al Signore, perché in quella sconfitta vede una opportunità nuova perché si realizzi il progetto di Dio. Gesù, quindi, rende lode al Padre perché la sua logica è molto diversa rispetto a quella che noi ci aspetteremmo ed è a quella logica che siamo chiamati ad arrivare perché nel momento della sconfitta, della delusione posso essere certo Dio offre nuove opportunità alla mia vita.
Quelli che avrebbero dovuto capire e vivere il suo messaggio perché scelti, predestinati, non accolgono la Parola e allora il vangelo viene rivolto ai poveri, agli ultimi, ai piccoli, ovvero a coloro che sanno stupirsi di Dio, a coloro che entrano nella logica del regno; sono essi i preferiti da Dio perché rappresentano l'uomo senza qualità che Dio accoglie.
A questi piccoli Dio si rivela, poiché le “cose di Dio” non si possono racchiudere in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero. Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio, che cammina al fianco dei piccoli: è il vangelo universale, l'unico messaggio valido per ogni persona, in ogni tempo e luogo. Un “piccolo” capisce subito l'essenziale cioè se qualcuno gli vuole bene o no, perché in fondo è questo il segreto semplice della vita.
Gesù chiama a sé gli affaticati ed oppressi, ma attenzione egli non prepara un raduno di sfigati del mondo, come a volte abbiamo lasciato intendere la comunità dei credenti in Cristo. Quando la nostra vita è toccata dal dolore e dalla sconfitta abbiamo di fronte a noi due strade: o ci lasciamo divorare dalla rabbia o ci apriamo alla possibilità di una vita nuova, assumendo una logica nuova.
Ecco il giogo di cui si parla; non è un peso, un sacrificio, ma la logica del dono, dell’amore speso sino alla fine. Chi entra in questa logica è chiamato ad una conversione per uscire dalla mentalità di questo mondo (seconda lettura).
Gesù mostra che è possibile vivere meglio per tutti, poiché il suo vangelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita. Seguire Gesù è andare a scuola di una vita nuova, imparare dal suo modo di essere e dal suo modo di amare fino al dono totale di sé. Allora l’attenzione ai poveri non è una moda instaurata dall’attuale vescovo di Roma, ma è lo stile di Dio, lo stile di chi si occupa in particolare di quegli uomini e quelle donne che sono un po’ affaticati, un po’ bastonati e messi a dura prova dalla vita.
Ecco che Gesù di fronte a questa situazione non si lamenta perché le cose non funzionano, cambia il suo modo di vedere le cose e passa dallo scoraggiamento al rendere lode al Signore, perché in quella sconfitta vede una opportunità nuova perché si realizzi il progetto di Dio. Gesù, quindi, rende lode al Padre perché la sua logica è molto diversa rispetto a quella che noi ci aspetteremmo ed è a quella logica che siamo chiamati ad arrivare perché nel momento della sconfitta, della delusione posso essere certo Dio offre nuove opportunità alla mia vita.
Quelli che avrebbero dovuto capire e vivere il suo messaggio perché scelti, predestinati, non accolgono la Parola e allora il vangelo viene rivolto ai poveri, agli ultimi, ai piccoli, ovvero a coloro che sanno stupirsi di Dio, a coloro che entrano nella logica del regno; sono essi i preferiti da Dio perché rappresentano l'uomo senza qualità che Dio accoglie.
A questi piccoli Dio si rivela, poiché le “cose di Dio” non si possono racchiudere in una dottrina, non costituiscono un sistema di pensiero. Gesù è venuto per mostrare, per raccontare la rivoluzione della tenerezza di Dio, che cammina al fianco dei piccoli: è il vangelo universale, l'unico messaggio valido per ogni persona, in ogni tempo e luogo. Un “piccolo” capisce subito l'essenziale cioè se qualcuno gli vuole bene o no, perché in fondo è questo il segreto semplice della vita.
Gesù chiama a sé gli affaticati ed oppressi, ma attenzione egli non prepara un raduno di sfigati del mondo, come a volte abbiamo lasciato intendere la comunità dei credenti in Cristo. Quando la nostra vita è toccata dal dolore e dalla sconfitta abbiamo di fronte a noi due strade: o ci lasciamo divorare dalla rabbia o ci apriamo alla possibilità di una vita nuova, assumendo una logica nuova.
Ecco il giogo di cui si parla; non è un peso, un sacrificio, ma la logica del dono, dell’amore speso sino alla fine. Chi entra in questa logica è chiamato ad una conversione per uscire dalla mentalità di questo mondo (seconda lettura).
Gesù mostra che è possibile vivere meglio per tutti, poiché il suo vangelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita. Seguire Gesù è andare a scuola di una vita nuova, imparare dal suo modo di essere e dal suo modo di amare fino al dono totale di sé. Allora l’attenzione ai poveri non è una moda instaurata dall’attuale vescovo di Roma, ma è lo stile di Dio, lo stile di chi si occupa in particolare di quegli uomini e quelle donne che sono un po’ affaticati, un po’ bastonati e messi a dura prova dalla vita.