V Domenica T.O. Anno A
Vangelo Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Commento 5 febbraio 2023
Non diamanti, pietre preziose e neppure oro, ma semplice ed essenziale sale che conserva e dà sapore; non tuoni e fulmini e neppure venti di tempesta, ma semplice ed essenziale luce che risveglia i colori e la bellezza, così è il Dio di Gesù Cristo e così dovranno essere tutti coloro che vogliono esserne discepoli.
Gesù sul monte aveva appena presentato nelle “beatitudini” la sua proposta di uomo nuovo, perfettamente realizzato nella povertà, nella mitezza, nella ricerca della pace e della giustizia, nella misericordia e per i discepoli anche negli oltraggi e nella persecuzione; d’altra parte le beatitudini non sono il modello per chi vuole vivere una perfezione morale personale, ma la proposta di una società alternativa, di un mondo nuovo che il discepolo è chiamato a costruire già oggi.
Voi siete il sale della terra e la luce del mondo! Ora sale e luce non hanno senso per sé stessi, ma vivono per rendere salato e per illuminare, così anche per i discepoli: tu sei sale, non per te stesso ma per la terra, sei luce non per te stesso ma per il mondo. Ai suoi discepoli, e a ciascuno di noi con i nostri limiti, le nostre incoerenze, Gesù affida la missione di portare nel mondo il sale del vangelo e la luce della sua Parola, rivoluzione d’amore che sconvolge ogni logica dell’uomo; qui la questione si fa seria, perché essere sale della terra e luce del mondo vuol dire che dalla buona riuscita della mia avventura, umana e spirituale, dipende la qualità del resto del mondo.
L’immagine del sale è un invito a vivere incarnati nelle situazioni di questo mondo perché come il sale è fatto per salare e se rimane nella saliera non serve, così il discepolo di Cristo se non vive in mezzo alla gente non serve a nulla. Se mi guardo intorno vedo pochi cristiani in chiesa, ma ne scopro ancor meno nel mondo: chi vuol seguire Cristo esca dalle sacrestie e dalle chiese, superando la paura di essere deriso, di non essere compreso, di essere escluso per vivere immerso nel mondo e testimoniare “un metodo di vita sociale mirabile ed indubbiamente paradossale… sono nella carne, ma non vivono secondo la carne; dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.” (A Diogneto II sec.d.C.).
Come il sale è presente in ogni piatto nella giusta quantità per dare sapore, così compito dei cristiani è dare sapore a tutto ciò che fanno, alle parole che dicono, è vivere la vita con un po’ di “sale in zucca” ponendo sempre al centro dei propri discorsi e delle proprie azioni la Parola che sola sa cambiare la vita dell’uomo, perché solo il vangelo dell’infinito amore di Dio, incarnato dal cristiano, porta nel mondo il vero senso della vita.
Quanti uomini e donne richiamano a parole valori evangelici, ma poi concretamente diffondono concezioni di vita ed agiscono in maniera opposta a quanto proclama il vangelo di Gesù Cristo; è desolante constatare come sia estremamente isolata, anche nella stessa Chiesa, la voce del papa quando si alza a condannare comportamenti disumani in particolare oggi riguardo l’accoglienza dei migranti, la difesa dell’ambiente o a sottolineare l’estrema ingiustizia nella distribuzione delle ricchezze in questo mondo.
In una società dove la persona vale per ciò che produce e dove ciò che conta è il denaro, il successo ed il potere, il cristiano deve alzare la sua voce per richiamare tutti alla giustizia e alla dignità della persona umana. In un mondo dove è messa in dubbio l’intangibilità della vita umana, il cristiano è chiamato a ricordarne la sacralità, per ogni vita dal suo concepimento alla sua morte naturale, quella del giovane come quella dell’anziano, quella dell’italiano come quella del migrante, quella dell’onesto cittadino come quella del carcerato.
In una società che vede in crisi la famiglia, il discepolo richiama il progetto di Dio sull’amore coniugale: dove “dialogo, incontro, progettualità, dono” devono tornare ad essere le parole d’ordine. In una società dove ognuno cerca il proprio tornaconto, dove nascono nuove forme di egoismo anche di gruppo “prima gli italiani, prima i liguri, prima noi…” il cristiano è chiamato a ricordare che la vita ha senso quando è vissuta per amore, attenti e solidali con gli altri.
L’immagine della luce completa quella del sale: se il sale si perde negli alimenti, la luce al contrario, non si mischia con la tenebra ma la illumina, mostra ciò che è buono e ciò che non lo è, indica la strada sicura, permette di discernere fra ciò che è bene e ciò che è male; ecco perché come discepoli di Cristo siamo chiamati a vivere da persone luminose, senza vergognarci del messaggio che vogliamo portare avanti.
Scrive il profeta Isaia: “Se saprai dividere il pane con l’affamato, se saprai aprire la casa ai miseri e senza tetto, se vestirai uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti …la tua luce sorgerà come l’aurora” (cfr. Is 58,7-10); purtroppo se il mondo non è così come Dio lo ha sognato e come noi cristiani lo vorremmo non possiamo prendercela con nessuno se noi con noi stessi.
Infatti… se il sale perdesse sapore, a cosa potrà servire? Se la luce fosse nascosta sotto un secchio, a cosa potrà servire? Conosciamo bene il rischio di affondare in una vita insipida e spenta. Sono insipido quando non comunico amore a chi mi incontra, non sono generoso di me, non so voler bene; sono luce spenta quando non evidenzio bellezza e bontà negli altri, ma mi nutro dei loro difetti, quando vivo di verbi insipidi e bui (prendere, salire, comandare), invece di verbi salati e luminosi (dare, scendere, servire).
Come discepoli non possiamo perdere sapore, non possiamo lasciare che il messaggio evangelico venga annacquato dalle nostre abitudini, dalle tradizioni che erroneamente attribuiamo a Dio: il vangelo va vissuto “sine glossa” (senza troppi commenti e revisioni umane) diceva san Francesco.
Come discepoli non possiamo nascondere la nostra luce perché la luce ha senso solo se rende capaci di vedere, se nascondiamo la luce che è in noi gli uomini non potranno godere di quell’amore che Dio vuole riversare su tutti loro. Quanta poca luce vedo in me e nei cristiani oggi: siamo incapaci di incidere con la nostra testimonianza nel mondo; i cristiani per abitudine e non per passione non potranno mai cambiare la storia.
Con il coraggio della verità e la misericordia dell’amore incondizionato viviamo come sale della terra e luce del mondo, destinati per vocazione ad insaporire la terra e ad illuminare il mondo!
Gesù sul monte aveva appena presentato nelle “beatitudini” la sua proposta di uomo nuovo, perfettamente realizzato nella povertà, nella mitezza, nella ricerca della pace e della giustizia, nella misericordia e per i discepoli anche negli oltraggi e nella persecuzione; d’altra parte le beatitudini non sono il modello per chi vuole vivere una perfezione morale personale, ma la proposta di una società alternativa, di un mondo nuovo che il discepolo è chiamato a costruire già oggi.
Voi siete il sale della terra e la luce del mondo! Ora sale e luce non hanno senso per sé stessi, ma vivono per rendere salato e per illuminare, così anche per i discepoli: tu sei sale, non per te stesso ma per la terra, sei luce non per te stesso ma per il mondo. Ai suoi discepoli, e a ciascuno di noi con i nostri limiti, le nostre incoerenze, Gesù affida la missione di portare nel mondo il sale del vangelo e la luce della sua Parola, rivoluzione d’amore che sconvolge ogni logica dell’uomo; qui la questione si fa seria, perché essere sale della terra e luce del mondo vuol dire che dalla buona riuscita della mia avventura, umana e spirituale, dipende la qualità del resto del mondo.
L’immagine del sale è un invito a vivere incarnati nelle situazioni di questo mondo perché come il sale è fatto per salare e se rimane nella saliera non serve, così il discepolo di Cristo se non vive in mezzo alla gente non serve a nulla. Se mi guardo intorno vedo pochi cristiani in chiesa, ma ne scopro ancor meno nel mondo: chi vuol seguire Cristo esca dalle sacrestie e dalle chiese, superando la paura di essere deriso, di non essere compreso, di essere escluso per vivere immerso nel mondo e testimoniare “un metodo di vita sociale mirabile ed indubbiamente paradossale… sono nella carne, ma non vivono secondo la carne; dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.” (A Diogneto II sec.d.C.).
Come il sale è presente in ogni piatto nella giusta quantità per dare sapore, così compito dei cristiani è dare sapore a tutto ciò che fanno, alle parole che dicono, è vivere la vita con un po’ di “sale in zucca” ponendo sempre al centro dei propri discorsi e delle proprie azioni la Parola che sola sa cambiare la vita dell’uomo, perché solo il vangelo dell’infinito amore di Dio, incarnato dal cristiano, porta nel mondo il vero senso della vita.
Quanti uomini e donne richiamano a parole valori evangelici, ma poi concretamente diffondono concezioni di vita ed agiscono in maniera opposta a quanto proclama il vangelo di Gesù Cristo; è desolante constatare come sia estremamente isolata, anche nella stessa Chiesa, la voce del papa quando si alza a condannare comportamenti disumani in particolare oggi riguardo l’accoglienza dei migranti, la difesa dell’ambiente o a sottolineare l’estrema ingiustizia nella distribuzione delle ricchezze in questo mondo.
In una società dove la persona vale per ciò che produce e dove ciò che conta è il denaro, il successo ed il potere, il cristiano deve alzare la sua voce per richiamare tutti alla giustizia e alla dignità della persona umana. In un mondo dove è messa in dubbio l’intangibilità della vita umana, il cristiano è chiamato a ricordarne la sacralità, per ogni vita dal suo concepimento alla sua morte naturale, quella del giovane come quella dell’anziano, quella dell’italiano come quella del migrante, quella dell’onesto cittadino come quella del carcerato.
In una società che vede in crisi la famiglia, il discepolo richiama il progetto di Dio sull’amore coniugale: dove “dialogo, incontro, progettualità, dono” devono tornare ad essere le parole d’ordine. In una società dove ognuno cerca il proprio tornaconto, dove nascono nuove forme di egoismo anche di gruppo “prima gli italiani, prima i liguri, prima noi…” il cristiano è chiamato a ricordare che la vita ha senso quando è vissuta per amore, attenti e solidali con gli altri.
L’immagine della luce completa quella del sale: se il sale si perde negli alimenti, la luce al contrario, non si mischia con la tenebra ma la illumina, mostra ciò che è buono e ciò che non lo è, indica la strada sicura, permette di discernere fra ciò che è bene e ciò che è male; ecco perché come discepoli di Cristo siamo chiamati a vivere da persone luminose, senza vergognarci del messaggio che vogliamo portare avanti.
Scrive il profeta Isaia: “Se saprai dividere il pane con l’affamato, se saprai aprire la casa ai miseri e senza tetto, se vestirai uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti …la tua luce sorgerà come l’aurora” (cfr. Is 58,7-10); purtroppo se il mondo non è così come Dio lo ha sognato e come noi cristiani lo vorremmo non possiamo prendercela con nessuno se noi con noi stessi.
Infatti… se il sale perdesse sapore, a cosa potrà servire? Se la luce fosse nascosta sotto un secchio, a cosa potrà servire? Conosciamo bene il rischio di affondare in una vita insipida e spenta. Sono insipido quando non comunico amore a chi mi incontra, non sono generoso di me, non so voler bene; sono luce spenta quando non evidenzio bellezza e bontà negli altri, ma mi nutro dei loro difetti, quando vivo di verbi insipidi e bui (prendere, salire, comandare), invece di verbi salati e luminosi (dare, scendere, servire).
Come discepoli non possiamo perdere sapore, non possiamo lasciare che il messaggio evangelico venga annacquato dalle nostre abitudini, dalle tradizioni che erroneamente attribuiamo a Dio: il vangelo va vissuto “sine glossa” (senza troppi commenti e revisioni umane) diceva san Francesco.
Come discepoli non possiamo nascondere la nostra luce perché la luce ha senso solo se rende capaci di vedere, se nascondiamo la luce che è in noi gli uomini non potranno godere di quell’amore che Dio vuole riversare su tutti loro. Quanta poca luce vedo in me e nei cristiani oggi: siamo incapaci di incidere con la nostra testimonianza nel mondo; i cristiani per abitudine e non per passione non potranno mai cambiare la storia.
Con il coraggio della verità e la misericordia dell’amore incondizionato viviamo come sale della terra e luce del mondo, destinati per vocazione ad insaporire la terra e ad illuminare il mondo!
Commento 9 febbraio 2020
Gesù sul monte aveva appena presentato la sua proposta di uomo nuovo perfettamente realizzato con otto beatitudini nella povertà, nella mitezza, nella ricerca della pace e della giustizia, nella misericordia. Se il praticare queste beatitudini, l’incarnare questa umanità nuova è impegnativo perché è esattamente l’opposto dell’uomo ammirato da tutti in questo mondo, dove è apprezzato chi è ricco, potente, Gesù chiede un ulteriore impegno ai suoi discepoli; infatti le beatitudini non sono il modello per chi vuole vivere una perfezione morale personale, ma la proposta di una società alternativa, di un mondo nuovo che il discepolo è chiamato a costruire già oggi in questo mondo e per dire tutto questo Gesù si serve di due immagini: “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo!”
Voi… ma voi chi? Io? Ma come poteva Gesù affidare la missione di portare la sua Parola ai discepoli, a ciascuno di noi. Siamo uomini di poca fede (Mt 8,26), impegnati a cercare il potere e la grandezza (Mc 9,34), sempre pronti a rinnegarti (Mt 26,69-75) e a tradirti (Mt 26,14-15), come puoi fidarti di noi? Proprio ai suoi discepoli, e a ciascuno di noi, Gesù affida la missione di portare nel mondo il sale del vangelo e la luce della sua Parola, rivoluzione d’amore che sconvolge ogni logica dell’uomo.
L’immagine del sale ci richiama innanzitutto ad inserirci nel mondo: come il sale non esiste per sé stesso, è fatto per salare e se rimane nella saliera non serve, così il discepolo di Cristo se non vive in mezzo alla gente non serve a nulla. È un invito a scendere da quel monte per confrontarci con la mentalità del mondo, la logica comune, il modo di pensare ritenuto giusto da tutti, a superare la paura di essere derisi, di non essere compresi, di essere esclusi. I cristiani non devono rinchiudersi in sé stessi, sono chiamati a vivere immersi nella società in cui viviamo per testimoniare “un metodo di vita sociale mirabile ed indubbiamente paradossale… sono nella carne, ma non vivono secondo la carne; dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.” (A Diogneto II sec.d.C.)
Il sale dà sapore, è presente in ogni piatto e nella giusta quantità, q.b (quanto basta) è scritto nelle ricette, e sappiamo quanto è difficile mangiare un cibo insipido: il compito dei cristiani è dare sapore a tutto ciò che fanno, alle parole che dicono, è vivere la vita con un po’ di “sale in zucca” ponendo sempre al centro dei propri discorsi e delle proprie azioni la Parola che sola sa cambiare la vita dell’uomo, perché solo il vangelo dell’infinito amore di Dio, incarnato dal cristiano, porta nel mondo il vero senso della vita. In una società dove non vengono richiamati i valori evangelici si diffondono facilmente concezioni di vita che sono dettate dalla sapienza del mondo; è desolante constatare come sia estremamente isolata, anche nella stessa Chiesa, la voce del papa quando si alza a condannare comportamenti disumani in particolare oggi riguardo l’accoglienza dei migranti, la difesa dell’ambiente o a sottolineare l’estrema ingiustizia nella distribuzione delle ricchezze in questo mondo. In una società dove la persona vale per ciò che produce e dove ciò che conta è il denaro, il cristiano deve alzare la sua voce per richiamare tutti alla giustizia e alla dignità della persona umana. In un mondo dove è messa in dubbio l’intangibilità della vita umana, il cristiano è chiamato a ricordare la sacralità della vita, di ogni vita dal suo concepimento alla sua morte naturale. In una società che vede in crisi la famiglia, il discepolo richiama il progetto di Dio sull’amore coniugale: dove dialogo, incontro, progettualità, dono per arricchire devono tornare ad essere le parole d’ordine perché questa è la proposta di realizzazione della sessualità umana che il cristiano deve incarnare e richiamare con la vita e con la parola. In una società dove ognuno cerca il proprio tornaconto, dove nascono nuove forme di egoismo anche di gruppo “prima gli italiani, prima i liguri, prima noi…” il cristiano è chiamato a ricordare che la vita ha senso quando si è attenti e solidali con gli altri. Infine come il sale si scioglie nell’acqua, così il cristiano non impone questi valori, ma li condivide, li pratica con gioia perché è convinto che questa è la vera vita.
Alla fine Gesù raccomanda che il sale non perda sapore, i discepoli non devono cedere a compromessi, non possono lasciare che il messaggio evangelico venga annacquato dalle nostre abitudini, dalle tradizioni che erroneamente attribuiamo a Dio: il vangelo va vissuto “sine glossa” (senza troppi commenti e revisioni umane) diceva san Francesco.
L’immagine della luce completa quella del sale: se il sale si mischia con gli alimenti, la luce al contrario, non si mischia con la tenebra ma mostra ciò che è buono e ciò che non lo è, indica la strada sicura e quella pericolosa, permette di discernere fra ciò che è bene e ciò che è male.
Come discepoli di Cristo siamo chiamati a vivere da persone luminose, senza vergognarci del messaggio che vogliamo portare avanti. Non possiamo nasconderci perché la luce ha senso solo se rende capaci di vedere, se nascondiamo la luce che è in noi gli uomini non potranno godere di quell’amore che Dio vuole riversare su tutti loro. Quanta poca luce vedo in me e nei cristiani oggi: siamo incapaci di incidere con la nostra testimonianza nel mondo; i cristiani per abitudine e non per passione non potranno mai cambiare la storia.
Scrive il profeta Isaia: “Se saprai dividere il pane con l’affamato, se saprai aprire la casa ai miseri e senza tetto, se vestirai uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti …la tua luce sorgerà come l’aurora” (cfr. Is 58,7-10 prima lettura); purtroppo se il mondo non è così come Dio lo ha sognato e come noi cristiani lo vorremmo non possiamo prendercela con nessuno se noi con noi stessi: risuona forte la condanna del Mahatma Gandhi che, pur apprezzando il Vangelo, rifiutava il cristianesimo a causa della testimonianza poco coerente dei cristiani.
Questa pagina evangelica ci scuota, ci sproni, ci convinca: siamo sale della terra, siamo luce del mondo, destinati per vocazione ad insaporire la terra e ad illuminare il mondo!
Voi… ma voi chi? Io? Ma come poteva Gesù affidare la missione di portare la sua Parola ai discepoli, a ciascuno di noi. Siamo uomini di poca fede (Mt 8,26), impegnati a cercare il potere e la grandezza (Mc 9,34), sempre pronti a rinnegarti (Mt 26,69-75) e a tradirti (Mt 26,14-15), come puoi fidarti di noi? Proprio ai suoi discepoli, e a ciascuno di noi, Gesù affida la missione di portare nel mondo il sale del vangelo e la luce della sua Parola, rivoluzione d’amore che sconvolge ogni logica dell’uomo.
L’immagine del sale ci richiama innanzitutto ad inserirci nel mondo: come il sale non esiste per sé stesso, è fatto per salare e se rimane nella saliera non serve, così il discepolo di Cristo se non vive in mezzo alla gente non serve a nulla. È un invito a scendere da quel monte per confrontarci con la mentalità del mondo, la logica comune, il modo di pensare ritenuto giusto da tutti, a superare la paura di essere derisi, di non essere compresi, di essere esclusi. I cristiani non devono rinchiudersi in sé stessi, sono chiamati a vivere immersi nella società in cui viviamo per testimoniare “un metodo di vita sociale mirabile ed indubbiamente paradossale… sono nella carne, ma non vivono secondo la carne; dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.” (A Diogneto II sec.d.C.)
Il sale dà sapore, è presente in ogni piatto e nella giusta quantità, q.b (quanto basta) è scritto nelle ricette, e sappiamo quanto è difficile mangiare un cibo insipido: il compito dei cristiani è dare sapore a tutto ciò che fanno, alle parole che dicono, è vivere la vita con un po’ di “sale in zucca” ponendo sempre al centro dei propri discorsi e delle proprie azioni la Parola che sola sa cambiare la vita dell’uomo, perché solo il vangelo dell’infinito amore di Dio, incarnato dal cristiano, porta nel mondo il vero senso della vita. In una società dove non vengono richiamati i valori evangelici si diffondono facilmente concezioni di vita che sono dettate dalla sapienza del mondo; è desolante constatare come sia estremamente isolata, anche nella stessa Chiesa, la voce del papa quando si alza a condannare comportamenti disumani in particolare oggi riguardo l’accoglienza dei migranti, la difesa dell’ambiente o a sottolineare l’estrema ingiustizia nella distribuzione delle ricchezze in questo mondo. In una società dove la persona vale per ciò che produce e dove ciò che conta è il denaro, il cristiano deve alzare la sua voce per richiamare tutti alla giustizia e alla dignità della persona umana. In un mondo dove è messa in dubbio l’intangibilità della vita umana, il cristiano è chiamato a ricordare la sacralità della vita, di ogni vita dal suo concepimento alla sua morte naturale. In una società che vede in crisi la famiglia, il discepolo richiama il progetto di Dio sull’amore coniugale: dove dialogo, incontro, progettualità, dono per arricchire devono tornare ad essere le parole d’ordine perché questa è la proposta di realizzazione della sessualità umana che il cristiano deve incarnare e richiamare con la vita e con la parola. In una società dove ognuno cerca il proprio tornaconto, dove nascono nuove forme di egoismo anche di gruppo “prima gli italiani, prima i liguri, prima noi…” il cristiano è chiamato a ricordare che la vita ha senso quando si è attenti e solidali con gli altri. Infine come il sale si scioglie nell’acqua, così il cristiano non impone questi valori, ma li condivide, li pratica con gioia perché è convinto che questa è la vera vita.
Alla fine Gesù raccomanda che il sale non perda sapore, i discepoli non devono cedere a compromessi, non possono lasciare che il messaggio evangelico venga annacquato dalle nostre abitudini, dalle tradizioni che erroneamente attribuiamo a Dio: il vangelo va vissuto “sine glossa” (senza troppi commenti e revisioni umane) diceva san Francesco.
L’immagine della luce completa quella del sale: se il sale si mischia con gli alimenti, la luce al contrario, non si mischia con la tenebra ma mostra ciò che è buono e ciò che non lo è, indica la strada sicura e quella pericolosa, permette di discernere fra ciò che è bene e ciò che è male.
Come discepoli di Cristo siamo chiamati a vivere da persone luminose, senza vergognarci del messaggio che vogliamo portare avanti. Non possiamo nasconderci perché la luce ha senso solo se rende capaci di vedere, se nascondiamo la luce che è in noi gli uomini non potranno godere di quell’amore che Dio vuole riversare su tutti loro. Quanta poca luce vedo in me e nei cristiani oggi: siamo incapaci di incidere con la nostra testimonianza nel mondo; i cristiani per abitudine e non per passione non potranno mai cambiare la storia.
Scrive il profeta Isaia: “Se saprai dividere il pane con l’affamato, se saprai aprire la casa ai miseri e senza tetto, se vestirai uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti …la tua luce sorgerà come l’aurora” (cfr. Is 58,7-10 prima lettura); purtroppo se il mondo non è così come Dio lo ha sognato e come noi cristiani lo vorremmo non possiamo prendercela con nessuno se noi con noi stessi: risuona forte la condanna del Mahatma Gandhi che, pur apprezzando il Vangelo, rifiutava il cristianesimo a causa della testimonianza poco coerente dei cristiani.
Questa pagina evangelica ci scuota, ci sproni, ci convinca: siamo sale della terra, siamo luce del mondo, destinati per vocazione ad insaporire la terra e ad illuminare il mondo!
Commento 5 febbraio 2017
Il vangelo di domenica ci racconta della chiamata dei primi apostoli e a tale proposito vorrei soffermarmi oggi sul tema della vocazione. Per troppo tempo, e forse anche oggi, abbiamo considerato la vocazione come qualcosa che interessa altri e non noi: infatti solo i preti e i religiosi (frati e suore) “avevano” la vocazione. Occorre innanzitutto cambiare vocabolario poiché nessuno “ha” la vocazione, semmai ognuno di noi “é, o meglio vive” la vocazione.
Per questa mia riflessione vorrei iniziare da ciò che affermò il Concilio Vaticano II: “È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano.”(LG 40)
Le parole sono chiare: tutti “sono chiamati alla pienezza della vita cristiana”, pertanto in questa via di pienezza sono coinvolto anche io e tutti voi; nessuno può esimersi dal divenire santo.
Come possiamo diventare santi? “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio»(Mt 10,27).
Allora vediamo cosa ci dice il vangelo: innanzitutto la vocazione apostolica che non è un fatto straordinario, ma un fatto quotidiano, normale, un processo che potremmo definire di avvicinamento; Dio che si fa prossimo a noi. Se osserviamo attentamente il comportamento di Gesù, vediamo che egli non chiama subito Pietro e i suoi amici pescatori, ma si muove all’interno di una strategia: Gesù è in mezzo a una folla grande, che fa ressa per ascoltare le sue parole. Quei pescatori non fanno parte della folla ed è bellissimo vedere come se è vero che l’annuncio di Dio è per tutti poi Egli ti vuole incontrare da solo, Dio non vuole la folla, vuole me, vuole ciascuno di noi da solo. Gesù coinvolge Pietro, chiedendo in prestito una barca e Pietro si lascia interpellare e si allontana dal suo mondo ed imponendogli la scelta di tornare a pescare; Pietro oppone una resistenza, ma alla fine si “fida” e la pesca è oltre ogni aspettativa. Pietro e i suoi amici avevano faticato tutta la notte, ma non avevano preso niente: solo alla luce della fede ritrovano il senso del loro essere pescatori e ciò che raccolgono è una pesca che va oltre ciò che era possibile immaginare; Pietro confessa la sua indegnità a questo punto ecco la chiamata che, anche nel gioco di parole utilizzato non intende sconvolgere la vita, ma trasformarne il senso: tu che sei pescatore d’ora in poi sarai pescatore di uomini. La traduzione letterale ci aiuta a capire ancora meglio: Pietro diventerà “cacciante uomini”.
Di fronte a questa entusiasmante proposta, Pietro e i suoi compagni lasciano tutto ed iniziano a seguire Gesù; lasciamoci entusiasmare dalle proposte di Dio perché la nostra vita possa essere piena; la vocazione non ci chiede uno stravolgimento, ma solo una trasformazione di senso: sei un insegnante o un educatore, bene ora condurrai gli uomini a Dio, sei un contadino, bene ora lavorerai nel campo del Signore; sei un muratore ora sei chiamato a costruire il Regno di Dio.
Insomma accogliere la propria vocazione non vuol dire fare qualcosa di eccezionale, ma semplicemente vivere alla presenza dell’amore di Dio
Per questa mia riflessione vorrei iniziare da ciò che affermò il Concilio Vaticano II: “È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano.”(LG 40)
Le parole sono chiare: tutti “sono chiamati alla pienezza della vita cristiana”, pertanto in questa via di pienezza sono coinvolto anche io e tutti voi; nessuno può esimersi dal divenire santo.
Come possiamo diventare santi? “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio»(Mt 10,27).
Allora vediamo cosa ci dice il vangelo: innanzitutto la vocazione apostolica che non è un fatto straordinario, ma un fatto quotidiano, normale, un processo che potremmo definire di avvicinamento; Dio che si fa prossimo a noi. Se osserviamo attentamente il comportamento di Gesù, vediamo che egli non chiama subito Pietro e i suoi amici pescatori, ma si muove all’interno di una strategia: Gesù è in mezzo a una folla grande, che fa ressa per ascoltare le sue parole. Quei pescatori non fanno parte della folla ed è bellissimo vedere come se è vero che l’annuncio di Dio è per tutti poi Egli ti vuole incontrare da solo, Dio non vuole la folla, vuole me, vuole ciascuno di noi da solo. Gesù coinvolge Pietro, chiedendo in prestito una barca e Pietro si lascia interpellare e si allontana dal suo mondo ed imponendogli la scelta di tornare a pescare; Pietro oppone una resistenza, ma alla fine si “fida” e la pesca è oltre ogni aspettativa. Pietro e i suoi amici avevano faticato tutta la notte, ma non avevano preso niente: solo alla luce della fede ritrovano il senso del loro essere pescatori e ciò che raccolgono è una pesca che va oltre ciò che era possibile immaginare; Pietro confessa la sua indegnità a questo punto ecco la chiamata che, anche nel gioco di parole utilizzato non intende sconvolgere la vita, ma trasformarne il senso: tu che sei pescatore d’ora in poi sarai pescatore di uomini. La traduzione letterale ci aiuta a capire ancora meglio: Pietro diventerà “cacciante uomini”.
Di fronte a questa entusiasmante proposta, Pietro e i suoi compagni lasciano tutto ed iniziano a seguire Gesù; lasciamoci entusiasmare dalle proposte di Dio perché la nostra vita possa essere piena; la vocazione non ci chiede uno stravolgimento, ma solo una trasformazione di senso: sei un insegnante o un educatore, bene ora condurrai gli uomini a Dio, sei un contadino, bene ora lavorerai nel campo del Signore; sei un muratore ora sei chiamato a costruire il Regno di Dio.
Insomma accogliere la propria vocazione non vuol dire fare qualcosa di eccezionale, ma semplicemente vivere alla presenza dell’amore di Dio