Seconda domenica di Avvento 6 dicembre 2015
Vangelo Luca 3, 1-6
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània etrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània etrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Commento 5 dicembre 2021
La solenne introduzione con la quale Luca inizia il racconto dell’attività pubblica di Gesù oltreché fornirci preziose indicazioni storiche (siamo nell’autunno del 27 dopo Cristo) ci rivela le scelte di Dio: di fronte a quei nomi che rappresentano il gotha delle autorità civili (imperatore, procuratori, re più o meno fantoccio imposti da Roma sugli stati di quel medio oriente così lontano dalla capitale) e religiose (i sommi sacerdoti Anna e Caifa), la Parola di Dio “scende” in una incredibile altalena: dove il potere autoreferenziale degli uomini sembra maestoso Dio si fa piccolo, svuota sé stesso (Fil 2,7) per dare inizio ad una nuova Storia, la storia dell’infinito amore di Dio per le sue creature.
La Parola di Dio non scende sui grandi di questo mondo e nemmeno sui sacerdoti del tempio, perché le persone che gestiscono un qualche tipo di potere sono refrattari alla voce del Signore. Così tra quell’incredibile serie di nomi che forse riempiva i discorsi della gente comune, Dio sceglie un giovane asceta che vive nel deserto, Giovanni, figlio di Zaccaria, per farne l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento; scende la Parola di Dio, scende perché chi ama sceglie sempre l’ultimo posto, perché per chi ama il potere è sempre servire il fratello e la sorella che sono nel bisogno, scende per essere una parola di benedizione, che cambia la vita, che ci mostra un percorso nuovo, che ci apre nuovi orizzonti. La Parola scende in un preciso momento storico perché Gesù, l’incarnazione di Dio, la sua passione non sono belle favole per bambini stupidi, donne e uomini creduloni, ma al contrario il grande mistero d’amore di un Dio che si fa uomo nella storia per incontrare gli uomini nella loro vita personale e per farne una storia di salvezza. La Parola scende nel deserto perché il deserto è il luogo del silenzio, dove vengono sopiti gli strepitii e i chiacchiericci del mondo e possiamo finalmente aprirci all’ascolto, perché il deserto è il luogo dove si ritorna all’essenziale, a ciò che è necessario per la vita, perché nel deserto non si può camminare da soli, bisogna camminare con gli altri condividendo tutto ciò che si ha a disposizione, se uno si isola e pensa di farsi la propria vita disinteressandosi degli altri non sopravvive. È un invito a tutti noi in questo avvento di preparazione al Natale a cercare momenti di deserto per fare esperienza del silenzio, dell’essenzialità, di comunità e condivisione per accogliere veramente la Parola in noi.
Giovanni, accolta in sé la Parola, è incaricato di annunciare una salvezza ormai presente, l’unica realtà che dà senso alla storia, salvezza che non si impone, ma attende fiduciosa una risposta dell’uomo, come in Maria anche in Giovanni, per assumere la concretezza della testimonianza nella vita di ogni giorno degli uomini e delle donne.
Giovanni parla “nella regione del Giordano”: non è a Roma, capitale dell’impero e centro del mondo allora conosciuto, non è neanche a Gerusalemme, Giovanni predica sul confine dell’impero e della terra santa di Israele. Giovanni Battista è l’uomo dei confini e dei confini aperti, egli insegna che Dio non ha limiti, non ha confini da difendere, ha, al contrario, l’esigenza degli spazi aperti ed infiniti necessari all’amore. In questo momento storico in cui anche la cattolicissima Polonia alza muri contro una possibile invasione di migranti, in questo avvento in cui tutti noi cristiani ci riempiamo la bocca di parole come attesa e accoglienza bisognerebbe aprire una forte riflessione su quanto invece rimaniamo chiusi nel nostro egoismo, sia come singoli che come società. Dio è amore, accoglienza, inclusione, tutto il resto è chiusura, divisione (diavolo) e ostacolo (satana).
Giovanni ricordando le parole del profeta Isaia ci invita a preparare la via del Signore e c’è un grosso lavoro da fare: occorre raddrizzare i suoi sentieri, avere un pensiero e una vita semplice non contorta perché se occorre rendere ragione della fede, della speranza che è in noi è anche vero che quella fede che è esperienza personale di fiducia e abbandono, certamente ragionevole tra le braccia amorevoli di Dio; occorre riempire i burroni dei nostri limiti e delle nostre fragilità senza paura, senza nasconderle perché Dio ci parla proprio attraverso di loro; occorre spianare le montagne del nostro orgoglio e della nostra superbia.
“Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio” (Agostino), ma attraverso quella voce giunge a noi l’invito alla conversione: convertirsi è cambiare radicalmente il nostro modo di pensare, è iniziare un percorso nuovo e se vogliamo che il mondo davvero cambi occorre far entrare Dio nelle nostre vite per diventare testimoni coerenti dell’amore infinito di Dio tra gli uomini.
La conclusione è meravigliosa: ogni uomo vedrà la salvezza! Sì ogni uomo e donna, ogni anziano e giovane, ogni straniero, ogni cristiano, musulmano, ebreo, o di qualunque altra idea religiosa, ogni uomo che riesce a credere o fatica nel suo cammino di fede, perché “ogni uomo che fa esperienza dell’amore, viene in contatto con il Mistero di Cristo in un modo che noi non conosciamo” (Gaudium et Spes 22). Mi vengono i brividi!
Vivi per amore e vivrai per Dio! Vivi nell’amore e sarai per sempre nel cuore di Dio!
La Parola di Dio non scende sui grandi di questo mondo e nemmeno sui sacerdoti del tempio, perché le persone che gestiscono un qualche tipo di potere sono refrattari alla voce del Signore. Così tra quell’incredibile serie di nomi che forse riempiva i discorsi della gente comune, Dio sceglie un giovane asceta che vive nel deserto, Giovanni, figlio di Zaccaria, per farne l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento; scende la Parola di Dio, scende perché chi ama sceglie sempre l’ultimo posto, perché per chi ama il potere è sempre servire il fratello e la sorella che sono nel bisogno, scende per essere una parola di benedizione, che cambia la vita, che ci mostra un percorso nuovo, che ci apre nuovi orizzonti. La Parola scende in un preciso momento storico perché Gesù, l’incarnazione di Dio, la sua passione non sono belle favole per bambini stupidi, donne e uomini creduloni, ma al contrario il grande mistero d’amore di un Dio che si fa uomo nella storia per incontrare gli uomini nella loro vita personale e per farne una storia di salvezza. La Parola scende nel deserto perché il deserto è il luogo del silenzio, dove vengono sopiti gli strepitii e i chiacchiericci del mondo e possiamo finalmente aprirci all’ascolto, perché il deserto è il luogo dove si ritorna all’essenziale, a ciò che è necessario per la vita, perché nel deserto non si può camminare da soli, bisogna camminare con gli altri condividendo tutto ciò che si ha a disposizione, se uno si isola e pensa di farsi la propria vita disinteressandosi degli altri non sopravvive. È un invito a tutti noi in questo avvento di preparazione al Natale a cercare momenti di deserto per fare esperienza del silenzio, dell’essenzialità, di comunità e condivisione per accogliere veramente la Parola in noi.
Giovanni, accolta in sé la Parola, è incaricato di annunciare una salvezza ormai presente, l’unica realtà che dà senso alla storia, salvezza che non si impone, ma attende fiduciosa una risposta dell’uomo, come in Maria anche in Giovanni, per assumere la concretezza della testimonianza nella vita di ogni giorno degli uomini e delle donne.
Giovanni parla “nella regione del Giordano”: non è a Roma, capitale dell’impero e centro del mondo allora conosciuto, non è neanche a Gerusalemme, Giovanni predica sul confine dell’impero e della terra santa di Israele. Giovanni Battista è l’uomo dei confini e dei confini aperti, egli insegna che Dio non ha limiti, non ha confini da difendere, ha, al contrario, l’esigenza degli spazi aperti ed infiniti necessari all’amore. In questo momento storico in cui anche la cattolicissima Polonia alza muri contro una possibile invasione di migranti, in questo avvento in cui tutti noi cristiani ci riempiamo la bocca di parole come attesa e accoglienza bisognerebbe aprire una forte riflessione su quanto invece rimaniamo chiusi nel nostro egoismo, sia come singoli che come società. Dio è amore, accoglienza, inclusione, tutto il resto è chiusura, divisione (diavolo) e ostacolo (satana).
Giovanni ricordando le parole del profeta Isaia ci invita a preparare la via del Signore e c’è un grosso lavoro da fare: occorre raddrizzare i suoi sentieri, avere un pensiero e una vita semplice non contorta perché se occorre rendere ragione della fede, della speranza che è in noi è anche vero che quella fede che è esperienza personale di fiducia e abbandono, certamente ragionevole tra le braccia amorevoli di Dio; occorre riempire i burroni dei nostri limiti e delle nostre fragilità senza paura, senza nasconderle perché Dio ci parla proprio attraverso di loro; occorre spianare le montagne del nostro orgoglio e della nostra superbia.
“Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio” (Agostino), ma attraverso quella voce giunge a noi l’invito alla conversione: convertirsi è cambiare radicalmente il nostro modo di pensare, è iniziare un percorso nuovo e se vogliamo che il mondo davvero cambi occorre far entrare Dio nelle nostre vite per diventare testimoni coerenti dell’amore infinito di Dio tra gli uomini.
La conclusione è meravigliosa: ogni uomo vedrà la salvezza! Sì ogni uomo e donna, ogni anziano e giovane, ogni straniero, ogni cristiano, musulmano, ebreo, o di qualunque altra idea religiosa, ogni uomo che riesce a credere o fatica nel suo cammino di fede, perché “ogni uomo che fa esperienza dell’amore, viene in contatto con il Mistero di Cristo in un modo che noi non conosciamo” (Gaudium et Spes 22). Mi vengono i brividi!
Vivi per amore e vivrai per Dio! Vivi nell’amore e sarai per sempre nel cuore di Dio!
Commento 9 dicembre 2018
Le prime parole del vangelo di oggi costituiscono una introduzione solenne: una sfilza di luoghi, date e sette personaggi importanti nel momento storico di allora. Si resta perfino un po’ imbarazzati di fronte a quei nomi e al senso di potere che ne nasce, il potere politico di imperatori, procuratori e re fantoccio dei paesi lontani dalla città di Roma, il potere religioso in Israele dei sommi sacerdoti Anna e Caifa. Ma tutto questo resta in secondo piano, ciò che conta in questo groviglio di nomi, la vera protagonista della storia è la Parola di Dio, che “venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto”. E la Parola di Dio è sempre una parola di benedizione, che cambia la vita, che ci mostra un percorso nuovo, che ci apre nuovi orizzonti. Questo versetto solenne ci dice come, la Parola di Dio risuona sulle labbra dell’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento in un preciso momento storico; Gesù, l’incarnazione di Dio, la sua passione non sono belle favole per bambini stupidi, donne e uomini creduloni, ma è al contrario il grande mistero d’amore di un Dio che si fa uomo nella storia per incontrare gli uomini nella loro vita personale e per farne una storia di salvezza. Ecco Luca legge la storia come l’“oggi” della salvezza di Dio. Giovanni, accolta in sé la Parola, è incaricato di annunciare una salvezza ormai presente, l’unica realtà che dà senso alla storia; infatti Luca afferma, ed io con lui voglio credere, che sebbene i grandi apparentemente conducono la storia, quella dei potenti è una storia effimera, che termina con la loro opera e che l’unica storia decisiva per la vita di ogni donna e uomo è quella portata avanti da Dio. I luoghi di questa storia non sono i palazzi imperiali o i templi, ma il cuore assetato di ogni persona. La storia è costituita da fatti ed il fatto fondamentale è dato dall’attività della Parola di Dio che porta la salvezza. Salvezza che non si impone all’umanità ed attende fiduciosa una risposta dell’uomo, come in Maria anche in Giovanni, per assumere la concretezza della testimonianza degli uomini e delle donne. Significativo è infatti il luogo dove Giovanni predica il suo battesimo di conversione, siamo nel deserto lungo il Giordano. Giovanni parla “nella regione del Giordano”: non è a Roma, capitale dell’impero e centro del mondo allora conosciuto, non è neanche a Gerusalemme, Giovanni predica sul confine dell’impero e della terra santa di Israele. Egli è l’uomo dei confini e dei confini aperti, egli insegna che Dio non ha limiti, non ha confini da difendere, ha, al contrario, l’esigenza degli spazi aperti e infiniti necessari all’amore. Forse bisognerebbe aprire una forte riflessione in questo periodo in cui ci riempiamo la bocca di parole come attesa e accoglienza su quanto invece noi rimaniamo chiusi nel nostro egoismo, sia come singoli che come società. Dio è amore, accoglienza, inclusione, tutto il resto è chiusura, divisione (diavolo) e ostacolo (satana). Giovanni parla “nel deserto”: non è nel tempio dove avrebbe dovuto essere in quanto sacerdote, ma nel deserto, segno di una grande novità che Dio vuole immettere nella storia; il deserto, infatti, richiama il ritorno all’essenziale, la sobrietà ed il silenzio. Giovanni ci invita a preparare la via del Signore e per far questo il primo passo è la conversione: convertirsi è cambiare radicalmente il nostro modo di pensare, è iniziare un percorso nuovo e se vogliamo che il mondo davvero cambi occorre far entrare Dio nelle nostre vite per diventare testimoni coerenti dell’amore infinito di Dio tra gli uomini. Giovanni si presenta come la voce che grida nel deserto; sant’Agostino commenta: “Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio”. Ma è anche vero che senza la voce la Parola rimane inespressa, auguro, allora, a me stesso e a tutti di diventare come Giovanni “voce” per proclamare con le nostre vite la gioia e l’amore di Dio.
Commento 6 dicembre 2015
In questa seconda domenica di avvento ci viene incontro la straordinaria figura di Giovanni, la cui grandezza ci é testimoniata dallo stesso Gesù: “fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11,11).
Nella Parola di domenica, mi sembra di poter trarre alcuni spunti: innanzitutto Luca, il grande teologo della storia, vuole determinare con precisione la storicità di quanto va raccontando (Lc 3,1-2): ciò che stiamo per celebrare, l’incarnazione di Dio nella storia dell’uomo, non è una favoletta per bambini o uomini stupidi, è al contrario il grande mistero d’amore di un Dio che si fa uomo nella storia per incontrare gli uomini nella loro storia personale. Cari amici, o meglio fratelli nel Signore, non riuscirò mai a vivere questo come qualcosa di normale; ogni volta che parlo di Dio come accadde ai discepoli di Emmaus sento il cuore ardere: la fede é amore o non é fede; il mio incontro con Dio nell’eucaristia come nella preghiera personale per essere vero deve essere incontro d’amore.
Giovanni apparteneva probabilmente alla comunità degli Esseni, coloro che si stavano preparando nel deserto (a Qumran sulle rive del Mar Morto) per la battaglia finale, loro i “figli della luce”, guidati dal Messia che doveva venire, contro coloro che appartenevano alle tenebre. Ed ecco “La Parola di Dio venne su Giovanni” e Giovanni inizia un nuovo percorso, coglie che la prima e più vera battaglia è contro il peccato in noi per la conversione e propone a tutti un nuovo battesimo per indicare a ciascuno che inizia una vita nuova. Mi viene in mente quando la Parola di Dio è venuta su di me? In quell’occasione, attraverso quel fatto o quella persona incontrata la Parola è venuta su ciascuno di noi. E la Parola di Dio è sempre una parola di benedizione, che cambia la nostra vita, che ci mostra un percorso nuovo, che ci apre a nuovi orizzonti.
Giovanni parla “nel deserto”; abbiamo bisogno oggi nel deserto della vita di qualcuno che parli a noi e ci spinga a superare le difficoltà; abbiamo bisogno di testimoni credibili che ci indichino il sentiero che porta alla felicità, che ci invitino costantemente ad abbassare i colli e i monti del nostro orgoglio e a rendere diritte le strade dei nostri sentimenti e dei nostri pensieri troppe volte contorti. Proseguire quindi il cammino verso il Signore che ci viene incontro vuol dire essere in primo luogo pronti ad iniziare un percorso di conversione ed essere quindi quei testimoni coerenti attraverso i quali, il Signore può rendersi presente nei deserti della nostra vita.
Buon cammino!
Nella Parola di domenica, mi sembra di poter trarre alcuni spunti: innanzitutto Luca, il grande teologo della storia, vuole determinare con precisione la storicità di quanto va raccontando (Lc 3,1-2): ciò che stiamo per celebrare, l’incarnazione di Dio nella storia dell’uomo, non è una favoletta per bambini o uomini stupidi, è al contrario il grande mistero d’amore di un Dio che si fa uomo nella storia per incontrare gli uomini nella loro storia personale. Cari amici, o meglio fratelli nel Signore, non riuscirò mai a vivere questo come qualcosa di normale; ogni volta che parlo di Dio come accadde ai discepoli di Emmaus sento il cuore ardere: la fede é amore o non é fede; il mio incontro con Dio nell’eucaristia come nella preghiera personale per essere vero deve essere incontro d’amore.
Giovanni apparteneva probabilmente alla comunità degli Esseni, coloro che si stavano preparando nel deserto (a Qumran sulle rive del Mar Morto) per la battaglia finale, loro i “figli della luce”, guidati dal Messia che doveva venire, contro coloro che appartenevano alle tenebre. Ed ecco “La Parola di Dio venne su Giovanni” e Giovanni inizia un nuovo percorso, coglie che la prima e più vera battaglia è contro il peccato in noi per la conversione e propone a tutti un nuovo battesimo per indicare a ciascuno che inizia una vita nuova. Mi viene in mente quando la Parola di Dio è venuta su di me? In quell’occasione, attraverso quel fatto o quella persona incontrata la Parola è venuta su ciascuno di noi. E la Parola di Dio è sempre una parola di benedizione, che cambia la nostra vita, che ci mostra un percorso nuovo, che ci apre a nuovi orizzonti.
Giovanni parla “nel deserto”; abbiamo bisogno oggi nel deserto della vita di qualcuno che parli a noi e ci spinga a superare le difficoltà; abbiamo bisogno di testimoni credibili che ci indichino il sentiero che porta alla felicità, che ci invitino costantemente ad abbassare i colli e i monti del nostro orgoglio e a rendere diritte le strade dei nostri sentimenti e dei nostri pensieri troppe volte contorti. Proseguire quindi il cammino verso il Signore che ci viene incontro vuol dire essere in primo luogo pronti ad iniziare un percorso di conversione ed essere quindi quei testimoni coerenti attraverso i quali, il Signore può rendersi presente nei deserti della nostra vita.
Buon cammino!